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CONTROLLO DELLA POSTURA
Vestibolo riflessi vestibolari
Propriocezioneriflesso miotatico, riflessi cervico-cervicali e cervico-spinali ecc.
Visione
Quando un individuo è perfettamente fermo, in realtà il suo corpo è soggetto a piccolissime oscillazioni impercettibili.
Queste oscillazioni di pochi millimetri sono assolutamente normali e fisiologiche. Basta chiudere gli occhi, ed ecco che le
oscillazioni diventano molto più ampie. Se un individuo, fermo in piedi, chiude gli occhi, non cade, ma le oscillazioni
diventano subito un po’ maggiori.
La stabilità de corpo, infatti, aumenta grazie alla vista, poiché le afferenze visive vengono integrate con quelle
propriocettive e vestibolari, per migliorare il controllo della postura.
Esistono dei riflessi anche a partenza visiva che aiutano a mantenere il controllo della postura e si chiamano reazioni
o riflessi visuo-posturali. Sono riflessi a partenza visiva, non originano cioè dall’occhio (oculari), ma dalla retina, aiutano
a mantenere la postura e interagiscono con il resto del controllo posturale.
Sostanzialmente, queste reazioni visuo-posturali possono essere evidenziate e dimostrate se si sottopone un individuo
ad un prova, che si può fare in laboratorio, che consiste nel dare al soggetto l’illusione che tutto il mondo intorno a lui
stia ruotando in una certa direzione, per esempio. Se si mette il soggetto in piedi di fronte a uno schermo ampio, che
copre una parte grande del campo visivo, in modo che il soggetto non abbia altri punti di riferimento al di fuori di esso, e
sullo schermo si proietta una scena visiva molto semplice, ad esempio costituita da pallini, e si fa ruotare questa scena
nella stessa direzione, il soggetto ha la sensazione di essere lui stesso a cadere nella direzione opposta rispetto a quella
verso cui ruota la scena. Se i pallini ruotano verso destra, il soggetto, quindi, ha la sensazione di cadere verso sinistra. Il
soggetto, come risposta, attuerà delle risposte posturali, illusoriamente, per raddrizzarsi in realtà, si inclinerà verso
destra pure lui. Quindi, questo soggetto si inclina perché l’informazione visiva ha, in qualche modo, ha ingannato e
sopravanzato l’informazione vestibolare. Se il soggetto si basasse solo sull’informazione vestibolare, sentirebbe di
essere perfettamente dritto, nonostante la rotazione della scena sullo schermo. L’informazione visiva, però, così ampia
riesce a sopravanzare quella vestibolare e a dare un’illusione di movimento, anche se in realtà il soggetto non si sta
muovendo.
Quindi, quando il soggetto percepisce erroneamente di essere inclinato da un lato, ecco che tenderà a raddrizzarsi, ma,
invece, di raddrizzarsi si inclina dal lato opposto. Quindi, il controllo posturale, se si basasse solo sulle afferenze
propriocettive e vestibolari, informerebbe il soggetto che, in realtà, è dritto. Invece, la vista va a sopravanzare gli altri
due sensi. Ovviamente, maggiore sarà questa effetto illusorio, tanto maggiore sarà il campo visivo utilizzato.
Se il campo visivo è molto piccolo e ci sono altri riferimenti, il soggetto vede solo una scena che ruota, senza sentirsi
cadere da una parte. Il campo visivo deve essere ampio e senza riferimenti. In una situazione della vita quotidiana, un
soggetto vede il mondo attorno a lui girare quando in realtà è lui che gira. Quindi, al di là di questa situazione
sperimentale (che serve per isolare l’influenza di un’afferenza piuttosto che un’altra), nella vita reale, le afferenze visive
di tutto il campo visivo che ruota attorno a un soggetto, sono presenti quando è l’individuo stesso che gira.
Nella
vita reale, perciò, le afferenze visive e vestibolari lavorano insieme nel momento in cui il vestibolo registra
un’accelerazione del capo, ecco che anche la visione comunica al soggetto che sta girando. In questo caso il soggetto
non misura solo l’accelerazione il vestibolo misura solo le accelerazioni, ma se il soggetto ruota a velocità costante
allora esso non è sensibile.
La vista, invece, anche se c’è una rotazione costante, continua a misurare la velocità di scorrimento.
Questa è, quindi, una grande differenza tra apparato vestibolare e visivo.
Quindi, la stimolazione visiva di tutto il mondo che gira intorno a un soggetto nella vita reale, si ha quando è l’individuo
a girare. Questo è il motivo per cui una stimolazione visiva a campo visivo pieno (sperimentale, in cui il soggetto è fermo
e la scena ruota), dà al soggetto una sensazione di self-motion ovvero, dà la sensazione al soggetto e al suo SNC di
essere lui in movimento.
Questa esperienza sperimentale, per esempio, può essere ricostruita quando una persona è seduta ferma dentro un
treno in stazione e guarda fuori dal finestrino: se il treno di fianco inizia a muoversi, il soggetto ha la fortissima
sensazione di essere, invece, lui con il treno a muoversi, in senso opposto. Questo non succede se tra il treno in cui trova
l’individuo e l’altro treno c’è qualcosa che occupa il campo visiva e diventa un riferimento.
Una risposta che abbiamo a questa stimolazione visiva, se questa ha un campo abbastanza ampio, che dà l’illusione di
self-motion, è anche il movimento degli occhi. Questa illusione provoca un movimento degli occhi che si chiama
nistagmo, che ha caratteristiche simili a quello vestibolare (nistagmo che si ha quando viene stimolato il vestibolo)
l’occhio va da un parte, risale, poi va da un parte e poi risale e così via. Questo è un nistagmo analogo, che si ha con
una stimolazione visiva, e si chiama ottico-cinetico. In condizioni fisiologiche, al di là di una situazione sperimentale di
laboratorio, le due risposte oculari, cioè il nistagmo vestibolare e quello ottico-cinetico, avvengono
contemporaneamente e hanno un’azione sinergica.
Perciò, nel momento in cui un individuo ruota la testa, quando è in rotazione, gli occhi tendono a cercare di mantenere
lo sguardo più o meno stabile per evitare che tutto il campo visivo davanti si confonda e, quindi, mentre il soggetto
ruota, l’occhio resta fermo, poi riprende rapidamente, poi si ferma e poi riprende e così via. Quindi, il tracciato che si
ottiene per il nistagmo ottico-cinetico è uguale a quello vestibolare, anche se il soggetto ha un’articolazione solo visiva
e assolutamente non quella vestibolare. L’individuo, quindi, ha la sensazione di self-motion, ha il nistagmo e le reazioni
visuo-posturali con i rispettivi aggiustamenti.
Gli aggiustamenti posturali si possono avere anche durante il movimento poiché, in realtà, anche quando si compie un
movimento volontario, questo movimento costituisce, quasi sempre, una perturbazione della postura del corpo. Stando
in piedi fermi e dritti, mantenendo una certa postura, se un individuo vuol afferrare un oggetto in avanti, o raccogliere
qualcosa da terra chinandosi, qualsiasi movimento volontario pone una sfida alla postura ed è una perturbazione
dell’equilibrio posturale, poiché il baricentro si sposta nella direzione verso cui tende il movimento che si vuole fare.
Se non si attivano meccanismi di compenso posturale, anche durante questi movimenti volontari semplici (quando si
avverte una perturbazione esterna volontaria e imprevista, come ad esempio una spinta), non sarebbe possibile alcuna
azione volontaria.
Per poter compiere un gesto volontario, ogni individuo attiva anche una cosiddetta catena di fissazione, cioè una
serie di muscoli si contraggono, permettendo di fissare le articolazioni che danno stabilità al corpo.
Tutti questi aggiustamenti posturali, si hanno nel momento in cui la corteccia motoria invia un comando per un
movimento volontario contemporaneamente la corteccia motoria e tutti i sistemi di coordinazione attivano anche
tutto ciò che serve a mantenere la postura, proprio mentre si compie quell’attività motoria.
Ad esempio, se una persona vuole afferrare la maniglia di una porta, nel frattempo deve attuare anche degli
aggiustamenti posturali per non perdere l’equilibrio occorre fissare la spalla, il tronco, il bacino e l’arto inferiore ipsi-
laterale rispetto al braccio che compie l’azione.
Tutti questi aggiustamenti costituiscono, perciò, una catena di fissazione (di tutti i vari segmenti corporei).
Quando si compie un movimento volontario, si può attivare, in realtà, con lieve anticipo questi meccanismi per il
mantenimento della postura in questo caso, si tratta di aggiustamenti pre-compensatori, cioè aggiustamenti che,
nella previsione della perturbazione che l’atto motorio volontario porta alla postura, permettono di fissare i vari i
segmenti corporei.
Quindi, per esempio, se un soggetto deve flettere un arto inferiore, l’arto controlaterale e il tronco si adatteranno in
modo da spostare il baricentro del corpo, facendolo permanere all’interno della base di appoggio, che, in questo caso, si
è modificata e si è ristretta: si avrà, quindi, un’incurvatura del tronco e un’estensione dell’arto che resta appoggiato a
terra, al fine di migliorare la stabilità della stazione eretta.
CONTROLLO MOTORIO
Midollo spinale reazione riflesse, generatore di modelli;
Tronco encefalico vie discendenti di controllo, mediali e laterali;
Corteccia motoria
La corteccia motoria è quella da cui parte la via cortico-spinale, che fa parte delle vie discendenti laterali del controllo
del movimento. Essa ha un ruolo particolare ha una funzione sia di regolazione e modulazione dei riflessi della
postura, ma ha anche una funzione fondamentale nel comando del movimento volontario.
Ci sono più aree della corteccia che sono coinvolte nell’organizzazione, nella programmazione e nell’esecuzione del
movimento.
*La scissura di Rolando o la scissura centrale rolandica e la scissura laterale di Silvio.
L’area somestesica primaria, aree 3,2,1 di Brodmann, sta subito dietro alla scissura di Rolando.
L’area motoria primaria è l’area 4 di Brodmann e viene definita pre-centrale o pre-rolandica perché sta subito davanti
alla scissura di Rolando, quindi sta subito davanti all’area somestesica primaria.
Le aree motorie della corteccia, però, sono anche altre oltre a quella primaria e sono: l’area 6 di Brodmann, che si
suddivide in area pre-motoria e area supplementare motoria, e le cortecce parietali posteriori, che stanno nel lobo
parietale.
Parlare solo di corteccia motoria è un po’ semplificativo, occorre, quindi, parlare di cortecce o aree motorie della
corteccia.
Esse si distinguono in corteccia motoria primaria, quella che è rappresentata dall’area 4 di Brodmann (B