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CAP. 3 OPPOSIZIONE, RIFIUTO E CONFLITTO EDUCATIVO
Sebbene varino luoghi, persone e contesti, alcune dinamiche sostanzialmente ricorrono: l’educatore
formula una richiesta; l’educando si rifiuta, procrastina, mostra interesse a fare altro. Ovviamente
non ci proponiamo di insegnare come farsi obbedire degli educandi. Intendiamo al contrario invitare
gli educatori a riflettere su cosa fanno dinanzi ai comportamenti oppositivi e su cosa possono fare di
diverso, senza dimenticare che il comportamento degli educandi non dipende in modo lineare
dall’azione educativa. Ciascuno infatti, dispone delle proprie opzioni e benché l’educatore possa
realizzare interventi ineccepibili sul piano educativo, l’educando ha la facoltà e la prerogativa di
poter decidere di continuare ad opporsi, oltre a fare altro.
1. MODALITA’ COMUNI PER GESTIRE LA RESISTENZA DELL’EDUCANDO
Di seguito ci si soffermerà su due tipologie tra quelle comunemente impiegate dagli educatori per
far fronte al’’opposizione dell’educando.
1.1Modalità vessatorie
Uno degli stili comunemente usati dagli educatori, dinanzi al bambino che rifiuta di
accondiscendere alla richiesta di fare una cosa, è quello vessatorio. Va inoltre rilevato che, in certi
casi, la frustrazione legata ad una certa situazione viene ulteriormente acuita in seguito
all'atteggiamento aspro, brusco, secco da parte dell'educatore. Lo stile vessatorio, persecutorio,
perentorie, alimenta facilmente dinamiche distruttive a spirale crescente: inizialmente i toni sono
delicati, via via il clima degenera e facilmente diventa teso, ostile e a volte violento. Alcune forme
di intervento impiegate per gestire la demotivazione ed il rifiuto risultano piuttosto svalutanti e a
volte maltrattanti: basta pensare che a volte gli educatori diventano particolarmente pressanti e in
certi casi si accaniscono nei confronti dell'alunno. Come già evidenziato, uno degli aspetti più
preoccupanti delle strategie che si fondano sulla scotomizzazione, comune nelle forme di intervento
maltrattanti, é l'autoperpetuazione.
l. 2. Modalità manipolatorie
Nel realizzare importanti obiettivi, pur di eludere la resistenza o il rifiuto dell'altro, non é facile, in
certe occasioni, resistere alla tentazione di ricorrere all'inganno. Il ricorso al sotterfugio non e raro
se si pensa ad alcuni messaggi usati dai genitori con i bambini, dai docenti con gli allievi. Ma
sembra ancora più diffuso in alcune interazioni non strettamente educative. Quando dirigenti,
manager, politici, formulano dei progetti, ma temono che altri possano non condividerne obiettivi,
tempi, modi, non e facile resistere alla tentazione di dire una cosa per un'altra, di ricorrere ad
interventi strategici non sempre autentici, pur di realizzare quanto ideato. Il ricorso al sotterfugio ha,
però, dei costi notevoli, se si raffrontano i benefici conseguiti. Le rette e buone intenzioni, infatti,
sempre ammesso che lo siano, passano attraverso una piattaforma relazionale che non si può
considerare pulita: si fonda sulla disconferma dell'interlocutore, sottende una posizione del tipo io
ne so più di te , tu sei una specie di ostacolo scomodo , bisogna fare a modo mio, anche se non sei
d'accordo e, in fondo, non mi importa di te .
2. IL CONFLITTO EDUCATIVO
L'educatore spesso richiama verso un dover essere, l'educando intende conservare e preservare ciò
che é con tutti i suoi bisogni, desideri, interessi. Si tratta di stabilire fino a che punto e in che misura
l'azione educativa non soffochi, anzi sviluppi la personalità del soggetto; fino a che punto sia
rispettosa dell'interiorità e del momento evolutivo di colui che é destinatario dell'educazione. Non é
raro, infatti, che l'educazione si trasformi in azione manipolativa, oppressiva, come e stato
evidenziato altrove, nonché nei paragrafi precedenti. Stimolare la crescita dell'educando dal suo
interno assecondandone gusti, desideri, bisogni, tendenze, inclinazioni, interessi, o aiutarlo a
realizzare un dover essere da cui derivino valori, obblighi, regole, aspettative. L'educando, secondo
questa proposta, deve essere aiutato ad attualizzare, realizzare, portare a compimento le sue
potenzialità e diventare tutto quello che é ed é capace di diventare.
L'efficacia passa attraverso la ricerca di equilibrio tra quello che l'educando è e quello che dovrebbe
essere, tra quello che vorrebbe fare e quanto ci si aspetta che faccia. Ogni intervento educative che
privilegi uno dei due orizzonti delineati a scapito dell'altro risulta inadeguato dal punto di vista
pedagogico e fallimentare, deleterie, distruttive, dal punto di vista operativo. Risultano improduttive
le strategie direttive volte a cancellare, annullare la volontà dell'educando perché si confermi a
quante proposte, come avviene negli interventi impositivi. Alla stessa stregua si rivela inefficace
assecondare ogni comportamento, richiesta espressa e manifesta, da parte dell'educando. Si tratta,
allora, di dosare in maniera di volta in volta equilibrata e proporzionata, il rispetto del bambino, da
una parte, e l'invito a fare qualcosa, dall'altra. Un primo criterio basilare del successo, dal punto di
vista operativo, e dell'efficacia, dal punto di vista pedagogico, risulta quello di invitare l'educando
piuttosto che imporre in maniera autocratica: occorre, in una parola, preservare la sua libertà
consentendogli di poter esercitare il suo potere e la sua facoltà di scelta.
3. LA RICERCA DI OPZIONI EFFICACI: SUGGESTIONI E RIFLESSIONI
Diversi tipi di intervento tendono a incoraggiare ragioni diverse per impegnarsi a fare una certa
cosa.
3. 1. La logica dell’opposto e del più di prima
La logica dell'opposto e del più di prima si può tranquillamente individuare nelle modalità
vessatorie su cui ci siamo soffermati nelle pagine precedenti. L'uso di interventi via via decisamente
più duri, per di più, rischia di attivare l’adempimento di una sorta di effetto boomerang. il
meccanismo descrive molto bene l'effetto legato all'uso di atteggiamenti ed interventi
esageratamente intransigenti che, a lungo andare, producono effetti paradossali: ribellione piuttosto
che compiacenza; dissentimento piuttosto che ascolto, inibizione piuttosto che superamento della
paura.
3. 2. Il paradosso
Abbiamo osservato che alcune strategie comunemente impiegate per gestire e risolvere i problemi
legati alla demotivazione e al rifiuto da parte dell'educando, a volte si rivelano paradossali. La
pedagogia ha cercato di sensibilizzare gli educatori a tenere stili meno direttivi nell'interazione con
l'educando; ma non sempre é bastato a consentire di uscire dai paradossi. Non esiste, infatti,
modalità non direttiva per chiedere agli studenti di impegnarsi nello studio; se si lasciasse loro la
scelta di decidere ciò che vogliono e ciò che non vogliono studiare, se alzarsi o meno la mattina
sarebbe il caos.
3. 3. Unilateralità e bilateralità nell’esperienza educativa
Pretendere che l'educando compiaccia l'educatore quando non ne ha voglia eseguendo
pedissequamente quanto richiesto, implica delle conseguenze relazionali che vale la pena di
esplicitare. L'educando é persona diversa dall'educatore ed ha diritto di riappropriarsi delle sue
opzioni ed esercitare la sua facoltà di scelta, la sua volontà, il suo diritto di esistere. Sembra una
constatazione banale e ovvia, su cui probabilmente é facile trovarsi d'accordo; eppure se ne
prescinde con una certa facilità. Siamo dinanzi ad uno dei paradossi più insidiosi: l'educatore ha il
compito di educare, ma non può farlo se l'educando non collabora il docente é pagato per motivare
gli allievi e insegnare loro la matematica, ma non può fare il suo mestiere se i discenti non
collaborano o non intendono imparare. Occorre partire dal prendere atto che il nostro educando è
una persona diversa, che ha le sue opzioni e diventa difficile interessarle se ha deciso di non farsi
coinvolgere, motivarle se ha scelto di non farsi interessare. Non é possibile accettare di buon grado
una richiesta se non esiste possibilità di rifiutarsi, di dire di no . La scelta é un atto che implica, per
definizione, la presenza di più opzioni, di più alternative. L'imposizione nega all'interlocutore il
potere e la sua facoltà di decidere.
3. 4. Soppressione e integrazione
Gli interventi e le strategie impiegate nei contesti educativi, dinanzi al rifiuto ed alla resistenza
dell'educando, non sempre risultano rispettosi, ma soprattutto non sempre tengono conto di ogni
parte , di ogni polarità della personalità.
3.4.1 soppressione di una parte sull’altra nelle dinamiche intrapsichiche
Prescindere dalla considerazione dei propri bisogni e delle proprie preoccupazioni determina un
conflitto interno e risulta notevolmente dispendioso. Le opzioni efficaci passano attraverso il
prestare attenzione, considerare, ascoltare ogni parte di sé. La guerra volta a cancellare qualche
parte di sé non produce i risultati sperati. Qualcosa di analogo, tuttavia, avviene anche nel conflitto
interpersonale di tipo educativo.
3. 4. 2. Resistenza e integrazione
L'educatore che si trova a dover gestire l'allievo demotivato, che procrastina o che rifiuta é in una
posizione del tutto analoga a quella dello psicoterapeuta che si trova a interpretare e trattare le
resistenze del cliente. Per tradizione, quando si parla di comportamento oppositivo, di resistenza, si
presuppone che vi siano degli obiettivi verso cui il soggetto dovrebbe muovere: si tratterà di
obiettivi educativi, come nel nostro caso, o di obiettivi del cambiamento psicoterapeutico. Ogni
ostacolo, ogni barriera nel muoversi in una data direzione viene concepita come una resistenza. Si
tratta di una barriera che va abbattuta perché l'obiettivo possa essere raggiunto. Quella che resiste è
considerata e trattata come una forza sabotatrice. Per l'educatore occorre mettere da parte quelle
modalità autocratiche, direttive e svalutanti dei vissuti dell'educando che facilmente possono
stimolare l'opposizione. Egli é piuttosto chiamato ad accogliere l'educando nella sua totalità,
comprese le sue resistenze. Cosi facendo getterà le basi per la realizzazione di interventi educativi
efficaci: è facile, infatti, che la resistenza si ammorbidisca, diventi meno rigida e lasci spazio ad
altre opzioni.
4. INDICAZIONI E PROPOSTE OPERATIVE
Di seguito ci si soffermerà sugli aspetti operativi: verranno proposte delle linee guida perché gli
educatori possano agire in maniera pedagogicamente fondata e ps