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ANALISI DELLE POLITICHE PUBBLICHE

In Italia dal punto di vista scientifico, dal punto di vista culturale del paese, fino agli anni 90 e; mancata la cultura

dell’analisi delle politiche pubbliche. Avevamo già detto che in inglese i termini di politica hanno significati diversi:

Politics: ha a che fare con i rapporti strutturali della politica, quindi Governo, elezioni, ecc.

- Policys: le politiche pubbliche.

- Politic: comunità nazionale.

-

Nel nostro paese è prevalsa un impostazione alo studio strutturale della politica, i partiti, il Governo, i meccanismi che

regolano la pubblica amministrazione.

Lo studio delle politiche pubbliche ha delle pretese teoriche e analitiche inferiori agli altri studi. Soprattutto dal punto di

vista prescrittivo.

Chi studia le politiche pubbliche capovolge la prospettiva: si parte dal basso (attraverso l’analisi empirica) per cercare di

arrivare a delle generalizzazioni, ma di livello inferiore.

Infatti Harold Lasswell, uno dei fondatori delle Policy sciences, parka delle “scienze delle politiche”, intendendo la

necessità di fare riferimento a più approcci, in un’ottica pluralista. Studiare le politiche necessita di un’elasticità sia a

livello di approccio, sia a livello metodologico.

Pasquino critica l’analisi delle politiche pubbliche dicendo di non essere stata capace di porsi come un insieme di teorie

fondate dal punto di vista metodologico. Questa eccessiva elasticità risulta come una mancanza di formalizzazione.

La politica pubblica cos’è? Tutto parte dall’individuazione di un problema pubblico. La concezione stessa di “pubblico”

diverge non poco tra quella statunitense e tra quella europea continentale. Generalmente nell’Europa continentale di

concetto di “pubblico” si ricollega allo Stato, mentre nella traduzione americana che si rifa’ alla filosofia pubblica

d’eccellenza, cioè il Pragmatismo, il concetto di “pubblico” rimanda a quella tensione che spinge gli individui ad agire

collettivamente per risolvere problemi.

L’analisi delle politiche pubbliche ha origini statunitensi. Nel XIV secolo negli USA si va affermando il “Progressive

Movement” (Movimento Progressista) che si basa sull’idea di gestione della cosa pubblica che deve fondarsi su un

approccio di tipo scientifico, non può essere lasciata alla politica. Uno dei fondatori di questa svolta fu Wilson (presidente

degli USA e politologo) e nella sua visione, la nuova scienza progressista della politica doveva aiutare le istituzioni

americane e rafforzare la presidenza, attraverso un’amministrazione professionalizzata.

Sotto questo punto di vista, la scienza politica americana è impregnata dal Pragmatismo che dice che il pensiero umano

è un’attività che è sempre e comunque orientata a trovare soluzioni a situazioni problematiche. Ne discende che i grandi

costrutti teorici dell’Europa non vanno molto bene; per cui una buona politica è una politica che risolve il problema.

In Italia è prevalso sempre lo studio della Politics; quello che mancava fino agli anni 90 era la cultura delle Politiche

Pubbliche (si iniziò a studiarla a Milano e a Torino con il figlio di Norberto Bobbio).

L’impostazione statunitense risente, come detto, della filosofia del Pragmatismo. Muovendo da questo presupposto

particolaristico, l’attenzione si sposa su fenomeni più vicini all’osservatore e si punta allo studio delle risoluzioni concrete

della realtà.

La politica pubblica è un costrutto analitico i cui contorni li definisce il ricercatore, il quale cerca di ricostruire l’insieme

delle azioni che una collettività decide di intraprendere per risolvere un problema di pubblica rilevanza: ad un certo punto

nella collettività si manifesta una sfasatura tra ciò che i cittadini vorrebbero e ciò che vivono in realtà.

Harold Lasswell parlava di scienze politiche, proprio per la pluralità metodologica. In Italia questa pluralità è stata vista

come una mancanza di formalizzazione, poiché’ non si è riusciti a dare un’identità precisa alle politiche pubbliche.

DISTANZA CULTURALE TRA USA E EUROPA: Altra grossa differenza di tipo culturale è che in Italia siamo abituati a

pensare che le politiche pubbliche siano le leggi, quindi il policy making viene fatto coincidere con quello che si definisce

il Law Making, ma in realtà sono due cose distinte tra loro. Le leggi, da sole, non sono le politiche pubbliche.

Si diffonde l’idea che per risolvere problemi sociali c’è bisogno di raccogliere dati in ambiti come la povertà, le

emergenze abitative, ecc.

L’approccio che si sviluppa è il comportamentalismo, cioè il Behavioralismo, sviluppatosi tra gli anni 50 e 60, che è il

punto di partenza dell’analisi delle politiche pubbliche.

Rispetto al passato, l’analisi delle politiche pubbliche comincia a rinsaldare sistematicamente i rapporti tra politica,

accademia e ricerca (per il continuo ricorso ad esperti e analisti delle politiche pubbliche, che diventano una

professione).

Nel 1933 viene istituito il National Planning Board (commissione presidenziale per la questione pubblica).

Si sente il bisogno che gli scienziati politici si carichino sulle spalle i problemi per cercare di risolverli.

Nel dibattito sulla possibilità di definire l’essenza di una politica pubblica, vi è stata una contrapposizione tra chi fa

focalizzato l’attenzione sull’autorità’ costituita che introduce le politiche pubbliche e che, invece, ha negato questa

centralità dell’autorità costituita.

Una definizione è stata data da Day, per cui una politica pubblica sarebbe tutto ciò che un governo decide di fare e non

fare. Il focus è sull’autorità; ma ridurre solo ad un attore istituzionale la pluralità delle politiche pubbliche è un errore

valutativo.

Ci sono altri tipi di concezioni, per cui ad esempio le politiche pubbliche sono delle pianificazioni dei progetti deliberati.

Come vedremo un filone specifico dell’analisi delle politiche pubbliche nega la possibilità di pianificazioni, poiché

siccome la realtà è complessa, i progetti deliberati e le pianificazioni falliscono necessariamente di fronte

all’Implementazione, cioè la traduzione pratica dei piani e dei programmi.

La definizione, che, per omaggio ai fondatori delle Policy sciences (Lasswell e Kaplan), viene prese in considerazione è

la seguente: Una policy è un programma progettato di valori, fini e pratiche per raggiungere quegli obiettivi posti.

DIMENSIONI ANALITICHE DELLE POLITICHE PUBBLICHE: Secondo Regonini la mappa degli approcci e delle

dimensioni delle politiche pubbliche è una mappa tridimensionale: due sono le dimensioni tradizionali e più sviluppate

dal punto di vista metodologico; la terza dimensione, contestando gli assunti delle altre due si pone in una condizione di

minoranza e viene definita “post comportamentalista”.

Costruiamo una tipologia, differenziamo sulla base della ricerca:

­ Prima categoria: FINALITA’ DELLA RICERCA. Può essere:

1) Prescrittiva: ossia scienze per il policy making; le ricerche che sono orientate a fornire indicazioni operative a chi fa le

politiche. Le ricerche sono basate su un approccio e un metodo di tipo causale.

2) Descrittiva: scienze del policy making; si interessa di studiare il fenomeno della politica pubblica e non a dare delle

indicazioni.

In entrambi i casi, comunque un ruolo fondamentale è affidato alla descrizione, poiché è il primo passo per innescare il

processo di conoscenza scientifica. Attraverso la descrizione si ha la spiegazione.

­ Seconda categoria: METODO. Può essere:

1. Di tipo deduttivo: adotta una logica dimostrativa, basa cioè le conclusione su precise assunzioni iniziali circa le

caratteristiche degli attori e i contesti in cui agiscono. Questo implica che, soltanto se queste premesse sono vere, le

conclusioni saranno vere. La disciplina parascientifica in questo caso è l’economia che si fonda su assunti teorici in

base ai quali si cerca di spiegare i comportamenti e le scelte. Muove dall’alto e va verso il basso.

2. Di tipo induttivo: si parte dalla raccolta di informazioni e dati che confermano o smentiscono le ipotesi. Quindi parte dal

basso per arrivare alla teoria.

Adottare un metodo rispetto ad un altro porta ad esiti diversi della ricerca.

PRESCRITTIVE DESCRITTIVE

DEDUTTIVO Analisi Razionale delle Politiche Teorie della Scelta Pubblica

Pubbliche

INDUTTIVO Policy Inquiry (inchiesta delle politiche Studio del Policy Making

pubbliche)

Analisi Razionale delle Politiche Pubbliche: applica il paradigma economico in chiave prescrittiva. Ricerche che

puntano a trovare parametri per la valutazione delle politiche e che puntano ad evidenziale le condizione che permettono

di utilizzare l’adozione delle politiche ottimali e che si fondano su una costante di dati che servono per i monitoraggi.

Policy Inquiry: nasce e si sviluppa partendo proprio dalla critica serrata all’analisi razionale delle politiche pubbliche,

poiché criticano l’assunto di razionalità, propone sempre in chiave descrittiva di studiare le mappe cognitive degli attori, i

loro criteri di pensiero e i loro valori, ciò che gli spinge a prendere delle decisioni piuttosto che altre.

Teorie della Scelta Pubblica Policy Making:

e lo studio del si pongono le domande tipiche della scienza politica.

Soltanto che, le teorie della scelta pubblica si rifanno al principio di razionalità economica (anche se le declinano a

finalità descrittive), mentre li studi del policy making non si rifanno a questo principio e utilizzano il metodo induttivo.

ANALISI RAZIONALE DELLE POLITICHE PUBBLICHE

In questa prospettiva, l’analisi deve fondarsi su criteri scientifici, oggettivi, di derivazione economica, attraverso i quali poi

bisogna monitorare, progettare e valutare gli interventi pubblici.

Questo approccio si sviluppa tra l’800 e il 900, quando si sente l’esigenza di dare all’amministrazione pubblica un

carattere orientato più ai risultati. La disciplina che, più di ogni altra, caratterizza questa analisi è l’economia.

I concetti fondamentali dell’economia che sono alla base dell’analisi razionale sono:

Scarsità delle risorse;

- Necessità di compiere delle scelte.

-

Per compiere la scelta migliore di fronte a problemi sociali bisogna usare il criterio della razionalità economica.

Pareto, sociologo e economista italiano parla del CRITERIO DELL’OTTIMO PARETIANO (in economia il problema della

scelta viene affrontato a partire da questo concetto): una situazione è ottima in senso paretiano se non è possibile

modificarla senza che anche

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A.A. 2015-2016
17 pagine
2 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/04 Scienza politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher MarikaTFabbri di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Scienza politica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Pizzimenti Eugenio.