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Putnam pone l’accento sugli aspetti della vita sociale, reti, norme e fiducia che facilitano l’azione

collettiva.

Tra questi fattori individua la civicness (cultura civica). La cultura civica è identificata con la

diffusione di un’ampia fiducia interpersonale che facilita la cooperazione tra i cittadini per obiettivi

comuni e il funzionamento delle istituzioni politiche. Sul piano empirico la civicness viene misurata

con riferimento alla partecipazione ad associazioni.

Considerando che Putnam considera capitale sociale anche le reti associazionistiche ci si può

chiedere quale sia l’apporto dell’associazionismo privato, oggi, nella produzione di capitale sociale.

Come è stato osservato da molti, la nozione di capitale sociale proposta da Putnam rappresenta una

concettualizzazione macro di un fenomeno che ha del resto dato avvio ad una numerosa serie di

riflessioni teoriche nell’ambito della teoria economica e della sociologia: quella dell’impatto

economico delle relazioni interpersonali. In una versione leggermente diversa dalla precedente,

l’attenzione degli studiosi si è invece rivolta all’analisi micro del comportamento degli agenti

economici. Qui il focus principale è rivolto alle azioni degli individui, i quali nel relazionarsi sia

attraverso puri scambi relazionali, sia attraverso transazioni economiche, creano una risorsa che può

essere a sua volta utilizzata da loro stessi per realizzare un beneficio economico. L’autore che più

ha dato popolarità al concetto “micro” di capitale sociale è stato Coleman (1990). Nella definizione

di Coleman, il capitale sociale è un bene pubblico, un attributo della struttura sociale nella quale un

individuo si trova inserito: non è quindi una proprietà privata di una persona che lo utilizza a suo

beneficio. Come suggerito da Piselli (2000), per Coleman il capitale sociale è un bene relazionale

situazionale, e spesso esso non è altro che il by-product di attività iniziate per altri scopi. Poiché è

inerente alla struttura delle relazioni esistenti tra certe persone, il capitale sociale non è

completamente fungibile, ma lo è solo in relazione ad attività specifiche. In alcuni casi la sua

attivazione porta alla creazione di valore economico, in altri casi no. Il capitale sociale non è un

oggetto che possa essere facilmente definibile perché è prodotto indirettamente dall’azione

intrapresa dagli agenti economici per altri fini: può essere creato, consumato o venir eroso, può

produrre o non produrre alcun risultato economico.

La diversità dei due approcci salta immediatamente agli occhi: nel primo caso il capitale sociale è

chiaramente identificabile come una risorsa sociale a base territoriale, nel secondo come una risorsa

individuale, anche se creata dall’azione collettiva. Per Putnam il capitale sociale è un elemento

rilevante della political economy perché interferisce con le istituzioni, e con la capacità di generare

risultati economici positivi basati sulla cooperazione sociale e su scelte politiche condivise. Per

Coleman è soprattutto un modo per analizzare lo scambio sociale (La Valle, 2000), i modelli di gift-

giving, quelli che creano reputazione e status, e per mettere in crisi il paradigma neoclassico della

scelta razionale. Coleman, dimostrando il valore economico di relazioni non basate sul beneficio

economico diretto, dà spessore “relazionale” all’agente economico neoclassico, ed amplia la sua

possibilità di azione, togliendolo l’homo economicus dalla prigionia della stretta polarità di scelte

che vengono attivate esclusivamente sulla base della dicotomia mercato-gerarchia, ovvero guidate

dalle opportunità di mercato o comandate dall’esercizio del potere.

Questa duplice natura macro-micro è forse all’origine della varietà e inderminatezza con cui spesso

il concetto di capitale sociale è entrato nella letteratura economica, politologia e sociologica, tanto

da essere applicato a cose talmente differenti da perdere ogni distinto significato (Portes, 1998) e da

far nascere il sospetto che non ci spossa più “fidare” di questo concetto (Sobel, 2002). Di

conseguenza, ciò ha anche aperto un ampio dibattito sulla verifica della sua misurabilità, perché,

come ha giustamente osservato Solow (1995), se il capitale sociale è qualcosa di più di un mero

“buzzword” esso dovrà pur essere misurabile in qualche modo, anche se non esattamente. E di

rimando, è curioso osservare che proprio Dasgupta (1999) ha proposto a questo proposito la

metafora del residuo, una metodologia per cui proprio Solow prese il Nobel, ovvero di un fattore

scalare difficilmente contabilizzabile ma che entra nella misurazione aggregata della ricchezza o del

reddito, così come tentativamente presentato da Narayan e Pritchett (1997), che hanno mostrato

come il capitale sociale esistente in alcuni villaggi della Tanzania (misurato attraverso il parametro

della vita associativa) abbia un effetto sul reddito dei suoi abitanti, un effetto che essi definiscono

“empirically large, definitely social, and plausibily causal” (p. 872).

Sia che si adotti un approccio macro, sia che si preferisca analizzarne la dimensione micro, tutto il

dibattito sul capitale sociale si fonda teoricamente sull’analisi della dimensione interpersonale (Gui,

2000) all’interno della sfera economica, e della reciproca influenza che si attiva tra la dimensione

comunicativa/affettiva (Foa, 1973) e l’area della transazione economica e dello scambio.

Il capitale sociale è un concetto sociale che si applica a vari ambiti. E’ UNA RISORSA PER

L’AZIONE. Coleman appartiene alla “scelta razionale”, ma egli apporta modifiche criticando

l’individualismo estremo classico e neo-classico. Dall’800 si potenziano le capacità individuali,

dopo che il secolo precedente studiava le “realtà di gruppo”. La società consiste in una serie di

individui indipendenti l’uno dall’altro. Esiste nell’uomo una tendenza innata al commercio, al

baratto, al guadagno. Per Polaniy non è così e lui dimostra che 10 mila anni prima l’economia

funzionava grazie a reciprocità e re-distribuzione. Il cambiamento sarebbe stato imposto

dall’esterno. L’economia è stata inserita nelle relazioni sociali. I mercanti venivano da fuori. Quelli

di lunga distanza furono i primi a puntare al profitto, mentre prima c’era equilibrio. Coleman vuole

combattere l’individualismo e far emergere l’importanza del contesto sociale, mantenendo

comunque la “rational choice”. Egli introduce le variabili di contesto. Attraverso vari scambi, gli

attori interagiscono con altri per raggiungere un risultato. Prendono corpo relazioni che possono

diventare capitale sociale. Esso è produttivo perché rende possibile all’attore il conseguimento di

fini altrimenti non raggiungibili. Il capitale sociale è risultato di strategie di investimento

(intenzionali e non) orientate a costituzione e riproduzione di relazioni durature.

“Sono risorse relazionali di famiglia, di amicizia, che rafforza le differenze di classe” (cit.

Bourdieu). Bourdieu aggiunge: “L’insieme di risorse effettive o potenziali, che derivano dal

possesso di un network durevole di relazioni, più o meno istituzionalizzate di mutua conoscenza e

riconoscimento; derivano dall’appartenenza a un gruppo come insieme di individui dotati di

proprietà comuni e uniti da legami permanenti e utili”. Per Bourdieu, la variabile decisiva è il

capitale economico. Per Coleman, i fini non sono solo egoistici perché il contesto condiziona

l’azione. Le relazioni sono componenti della struttura sociale e risorsa per l’individuo. Le risorse

per l’individuo sono: 1) capitale fisico (tutti i mezzi monetari, beni strumentali tangibili); 2) capitale

umano (capacità acquisite dalle persone nel tempo); 3) il capitale sociale è costituito dall’insieme

delle risorse relazionali, che l’individuo in parte eredita e in parte costruisce da solo all’interno della

famiglia. Come componente della struttura sociale, il capitale sociale si concretizza in

caratteristiche strutturali e normative di un certo capitale sociale. Il capitale sociale è dinamico,

cambia nel tempo. L’individuo ha 3 tipi di risorse: fisiche, sociali, umane. Il capitale umano si crea

con l’accumulo di conoscenze; il capitale sociale si crea quando le relazioni tra le persone cambiano

in modo che facilitino l’azione; il capitale fisico è tangibile, misurabile (finanziario, materiale). Il

capitale umano è meno tangibile perché soggetto a variazioni dovute alle competenze. Il capitale

sociale è ancora meno tangibile perché le relazioni tra le persone sono sfuggenti.

1) Credit-slip (titoli di credito), obbligazioni e aspettative; 2) canali informativi; 3) norme e sanzioni

efficaci; 4) relazioni di autorità; 5) organizzazioni vere e proprie; 6) associazioni volontarie.

Il prestito a rotazione è basato sulla fiducia reciproca, ed è un rapporto simmetrico. E’ la reciprocità

bilanciata, quindi se A fa qualcosa a B, ha fiducia che gli sarà restituito il favore. Ha un titolo di

credito che può esigere. Il capo di una famiglia patriarcale ha una forte concentrazione di capitale

sociale; è una struttura piramidale verticale a-simmetrica. La reciprocità degli agricoltori è invece

orizzontale. Un’altra asimmetria è la relazione medico-paziente. I mediatori politici, la mafia, sono

tutti attori razionali e fanno piaceri quando il costo è minimo ed è chiaro il vantaggio.

Le relazioni sociali riducono i costi d’informazione, e permettono di seguire obiettivi altrimenti

irraggiungibili. Dove le norme si rispettano al 100%, c’è capitale sociale. Per es., avere strade sicure

costituisce il capitale sociale. Certe norme studiate in antropologia danno prestigio alla generosità.

Se il contesto avvalora l’istituzione, c’è più motivazione all’istruzione. Ci sono trasferimenti di

autorità che cambiano i sistemi di controllo. Se uno ne riceve tante ha molto capitale sociale perché

le persone hanno fiducia in lui. Coleman introduce variabili di contesto, e critica l’egoismo della

scuola classica e neo-classica. L’individuo è inserito in reti, quindi non persegue solo fini egoistici.

Le reti si basano su cooperazione. Le organizzazioni intenzionali vere e proprie sono strutture

d’autorità in cui c’è rappresentazione, con varie morfologie. E’ una struttura di posizioni che sono

occupate da persone con obblighi reci

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
13 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/10 Sociologia dell'ambiente e del territorio

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giovy86 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Modelli di città e politiche urbane e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Piselli Fortunata.