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REATO DEVE ESSERE VISTO COME L’EVENTUALITÀ CHE NON SI POTEVA
PREVEDERE. Altro elemento a favore del profilo penalistico riguarda l’ACCERTAMENTO
DEL FATTO DI REATO, che è indefettibile. Bisogna tenere anche conto della teoria della
immedesimazione organica che consente che il fatto di reato commesso dalla persona
fisica inserita nella struttura aziendale sia imputabile anche all’ente. Se così non fosse, si
violerebbe l’ART. 27 COMMA 1 COST. che esprime il divieto di responsabilità per fatto
altrui.
2. Chi invece sostiene gli ELEMENTI AMMINISTRATIVI, guarda soprattutto al lato testuale
(«responsabilità amministrativa»)
riprendendo la COSTITUZIONE (ART. 27), nel punto in cui la responsabilità è
ritenuta personale e
considerando che la funzione rieducativa nei confronti dell’ente è difficile (visto che
turn over
c’è un ente e non una persona, e che il delle posizioni non permette una
rieducazione in tal senso).
Inoltre, ci sono determinati istituti incompatibili con la disciplina penalistica come le
vicende modificative dell’ente. TERTIUM GENUS
3. Infine vi è la terza teoria. Vede una natura definita (un terzo di tipo di
responsabilità) che vede il proprio fulcro nel compimento di un reato: una
RESPONSABILITÀ DERIVANTE DA REATO, che si colloca a cavallo tra quella penale e
amministrativa ma come tale comunque da non considerare come penale o
amministrativa. Le sezioni unite, con la sentenza Thyssen, si sono affermate in tal senso,
cioè una responsabilità derivante da reato.
Sotto questo profilo di responsabilità si dà alla società l’unica possibilità di difendersi tramite
la dimostrazione della non responsabilità del reato. Il punto focale è l’auto-organizzazione,
tramite i MOG, che permettono all’ente di dimostrare di non essere il colpevole: il MOG deve
essere aggirato in modo fraudolento. L’ente che si dimostra virtuoso, se, da una parte, può
scongiurare l’applicazione della misura cautelare interdittiva, dall’altra parte, può ottenere
una forte diminuzione della misura pecuniaria. Ma tutto questo a condizione che vi sia da
parte dell’ente un comportamento di un certo tipo, vuoi organizzativo, vuoi risarcitorio e di
messa a disposizione del profitto. Questo meccanismo risarcitorio obbedisce ad una
consolidata tradizione del diritto processuale penale, nei riti speciali. Il rischio, in queste
condotte riparatorie, è che il magistrato possa vedere un’ammissione di colpevolezza.
LE FONTI
Il DECRETO LEGISLATIVO 231 DEL 2001 ha visto la spinta propulsiva nelle fonti
sovrannazionali, in seguito a direttive in ambito europeo. Si ribadisce, come FONTE
IMMEDIATA, la LEGGE 300 DEL 2000. In essa sono presenti tanti reati in relazione ai quali
dovrebbe trovare attuazione la disciplina amministrativa della società. Siccome è stata
introdotta nel 2001, si è avuto paura a dare attuazione a tutte le previsione codicistiche tutte
in un colpo. È stato infatti un lavoro molto scremato. Prima erano previste le sole norme dei
reati contro la pubblica amministrazione e reati contro lo stato. Poi nel tempo si è evoluta,
ampliando il novero dei reati-presupposto, avendo però sempre un occhio alla legge delega.
Le FONTI IMMEDIATE sono:
LEGGE DELEGA E IL DECRETO
LEGISLATIVO 231 DEL 2001
FONTI MEDIATE tutte le DISCIPLINE SOVRANNAZIONALI
che hanno portato tutte queste serie di
innovazioni sul piano della LEGGE
231/2001.
Dal punto di vista sostanziale, non sono previste alcune situazione che la LEGGE DELEGA
prevedeva: come il RECESSO e la RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DEI SOCI (prevedeva il
fatto che amministratore e soci, che fossero coinvolti all’interno del compimento del reato,
fossero coinvolti nella sanzione civile). Dall’altra parte, si è ritenuto di porre in essere in
maniera dettagliata i MOG, applicata come esimente.
Sempre dal punto di vista delle fonti, si trova anche una produzione legislativa eterogenea.
primis,
In si fa riferimento al DECRETO LEGISLATIVO 31 DEL 2008 (in materia di
SICUREZZA): l’ART. 30 prevede un MOG particolare e tipico per tutelare la società
nell’ambito dei reati in caso di violazione di norme antiinfortunistiche.
In secondo luogo vi è un DECRETO LEGISLATIVO DEL 2007, in materia di
INTERMEDIARI FINANZIARI E DI ASSICURAZIONE: gli artt. 54 e 55 prevedono alcuni
obblighi riguardo alla vigilanza.
In terzo luogo, esistono delle normative, a livello regionale, che impongono la presenza e
l’obbligo di una organizzazione che passa attraverso l’implementazione di questi livelli al
fine di poter partecipare a gare pubbliche, o aggiudicarsi appalti. Si tratta di un sistema
di controllo interno. Tutte queste sono intese come FONTI REGIONALI.
SONO GARANTITI I DIRITTI COSTITUZIONALI?
Non esiste un vero e proprio metodo interpretativo delle norme in relazione alla Costituzione:
alcune sono applicabili, mentre altre sono di più difficile applicazione.
1. Innanzitutto, ricordiamo il PRINCIPIO DI COLPEVOLEZZA: la responsabilità penale è
personale. Si fa riferimento alla TEORIA DELL’IMMEDESIMAZIONE, vedendo, sotto un
certo profilo, il salvataggio del principio della colpevolezza. Questo perché si ha una
sorta di imputazione a due stadi: la prima è quella necessaria, cioè l’imputazione alla
persona fisica del reato-presupposto; il secondo invece riporta sulla persona giuridica la
fattispecie che è stata compiuta dalla persona fisica a vantaggio della persona giuridica.
Tuttavia, abbiamo due LIMITAZIONI.
Da un lato, la società potrà esimersi dalla responsabilità quando dimostrerà
l’elusione fraudolenta della persona fisica che ha compiuto il reato.
Dall’altra parte, esiste un’autonomia dell’ente che, ai sensi dell’ART. 8 COST., vede
incidenter tantum la società responsabile quando non è accertata la responsabilità
della persona fisica.
2. Le pene devono tendere alla RIEDUCAZIONE DEL CONDANNATO (ART. 27 COST.).
turn over
In questo caso, essendo la persona fisica soggetta ad una sorta di nelle
posizioni apicali, difficilmente sarà efficace la rieducazione.
3. In relazione al PRINCIPIO DI LEGALITÀ, la disciplina deve trovare attuazione
correlativamente in quegli illeciti che sono stati incamerati nell’ambito applicativo della
LEGGE 231/2001.
4. Altro principio riguarda la PRESUNZIONE DI NON COLPEVOLEZZA. Ai sensi dell’ART.
7 LEGGE 231/2001, la SENTENZA THYSSEN delle Sezioni Unite si è pronunciata in
questa direzione: non c’è nessuna inversione dell’onere della prova e cioè L’ONERE
DELLA PROVA È SEMPRE IN CAPO ALL’ACCUSA, riconoscendo all’ente la capacità di
difendersi. L’altro punto che non rispetta la presunzione di non colpevolezza è previsto
laddove si afferma che le misure cautelari sono uguali alle sanzioni. Qui non si può non
dire che la regola di trattamento sia rispettata. Si prevedono, nella loro struttura, delle
sanzioni già definitive.
5. ESTENSIONE DELLA DISCIPLINA RELATIVA ALL’IMPUTATO. Consideriamo gli ART.
34 e 35 LEGGE 231/2001 che estendono tutte le garanzie e tutele dell’imputato
all’ente.
6. Il PRINCIPIO DEL GIUSTO PROCESSO è generalmente rispettato.
7. Emerge l’OBBLIGATORIETÀ DELL’AZIONE PENALE. Vige, infatti, l’obbligo di
esercitare l’azione penale quando sussistono i presupposti. Occorre che l’organo terzo
faccia un controllo sia sull’azione che sull’inazione. Ci si trova in difficoltà perché i
controlli sull’esercizio dell’azione, o inazione, è posto dal procuratore generale
(controllo interno e non esterno). Controllo che può sfociare in un’avocazione o meno
del processo. Ma ciò che importa è che non vi è un controllo esterno di un terzo.
I SOGGETTI DESTINATARI DELLA NORMATIVA
CHI SONO I SOGGETTI DESTINATARI? Si trovano nell’ambito dell’ART. 1 DECRETO
LEGISLATIVO 231/2001. Il presente decreto legislativo disciplina la responsabilità degli enti
per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato. E di volta in volta, dato che non sono dati dei
veri e propri criteri per individuare gli enti soggetti a questo decreto, si deve fare un
discernimento in base ai successivi commi.
Il COMMA 2 afferma il CRITERIO DELL’ATTRIBUZIONE DELLA PERSONALITÀ GIURIDICA,
cioè le disposizioni in esso previste si applicano:
agli ENTI FORNITI DI PERSONALITÀ GIURIDICA e
alle SOCIETÀ E ASSOCIAZIONI ANCHE PRIVE DI PERSONALITÀ GIURIDICA.
NON SI APPLICANO
allo Stato,
agli enti pubblici territoriali,
agli altri enti pubblici non economici nonché
agli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale.
In modo più approfondito, il DECRETO LEGISLATIVO 231/2001 NON si applica a:
articolazioni amministrative dello stato, centrali e periferiche; enti pubblici territoriali; enti
pubblici non economici; enti che si avvalgono di istituti di diritto privato ma che erogano un
servizio pubblico senza scopo di lucro; enti pubblici associativi che non esercitano pubblici
poteri (come la Croce Rossa); enti che perseguono finalità tipiche dello Stato (INAIL, ISTAT,
INPS); autorità indipendenti con funzioni di controllo; partiti politici e sindacati (funzioni di
rilievo costituzionale).
Dopo un primo momento in cui si era detto che non era additabile a società fallite, dopo
essersi ripresa, questa potrà essere attivata contro il fallimento.
Unico modo in cui la società può morire è la cancellazione dal registro delle imprese.
PRINCIPIO DI LEGALITÀ.
L’applicazione del principio di legalità e dei suoi corollari (riserva di legge, determinatezza e
tassatività nell’individuare le fattispecie di reato-presupposto, non retroattività) sono
assicurati dall’ART. 2 DECRETO LEGISLATIVO 231/2001, il quale stabilisce che l’ente non
può essere ritenuto responsabile per un fatto costituente reato se la sua responsabilità
amministrativa in relazione a quel reato e le relative sanzioni non sono espressamente
previste da una legge entrata in vigore prima della commissione del fatto.
LA SUCCESSIONE DI LEGGI.
È espressamente disciplinata dall’ART. 3 COMMA 1 DECRETO LEGISLATIVO 231/2001 che
prevede che l’ente non possa essere ritenuto responsabile per un fatto che secondo una legge
posteriore non costituisce più reato o in relazione al quale non è più prevista la responsabilità
amministrativa dell’ente. Si tratta