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ESPERIMENTO DI PERDECK:
Perdeck fece un esperimento che rimase famoso. Lui catturò in Olanda degli storni in migrazione,
animali che avevano le aree di nidificazione intorno al Baltico e se ne andavano a svernare sulle
coste dell’Irlanda, dove passa la Corrente del Golfo.
Perdeck volle capire qual era il comportamento di questi animali che si muovevano seguendo una
navigazione vettoriale e allora li catturò in Olanda e con un aereo li portò a Zurigo, li inanellò e li
liberò. Dal recupero degli anelli che aveva messo, attraverso la ricattura, ci si accorse di un fatto
particolare: la freccia bianca è la rotta dei giovani che erano stati rilasciati dopo la dislocazione
passiva e vediamo che il baricentro degli animali ritrovati è sub parallela alla rotta di migrazione
generale tra i due luoghi di nidificazione e dislocamento, quindi è come dire che gli animali giovani,
pur dislocati, si muovevano come se nulla fosse accaduto. Perdeck disse allora, che i giovani, nel
loro spostamento, avevano solo usato l’informazione genetica di carattere vettoriale che gli era
stata trasmessa dai genitori.
La freccia blu invece sono gli animali adulti, che avevano già fatto traslocazioni migratorie lungo
questa rotta, i quali una volta dislocati furono capaci di rendersi conto che erano molto più a sud
del loro normale tragitto e quindi furono capaci di rifare il punto e presero di conseguenza un’altra
rotta, giusta, per arrivare nei luoghi di svernamento specifici. I risultati di Perdeck furono molto
chiari e li spiegò in modo semplice: gli animali alla prima migrazione non sono capaci di
navigazione ma solo di una migrazione vettoriale mantenendo l’angolo di migrazione che gli è
stato trasmesso, mentre gli adulti sono capaci di vera navigazione, quindi hanno potuto realizzare
l’effetto dislocatorio e da qui prendere la via giusta.
È come se io navigante, dopo una tempesta con barca a vela, non so più dove sono ho due
strategie: continuare per la rotta che avevo prima dalla tempesta che mi farà senz’altro sbagliare
perché sono stato dislocato, oppure scendere sottocoperta e con lo strumento, il sestante, aspetto
la sera, punto su una stella fissa e così faccio il punto, rispetto alla stella fissa, di dove sono: se
allora sono finito a sud capisco che devo andare a nord per tornare a casa.
Quindi la vera navigazione è proprio questo: cioè la possibilità, dopo dislocazione passiva, di
poter realizzare dove sono e di conseguenza, siccome ho una meta, ricalcolare la rotta per poterla
raggiungere. Per seguire una rotta ho bisogno di una bussola, mentre per navigare e produrre una
performance di vera navigazione, ho bisogno di un bussola per capire dove sono e dopo anche del
sestante, per capire dove andare. Quindi un sistema di navigazione, che è quello che usano anche
i colombi viaggiatori, ha bisogno anche di un sestante per stabilire dove andare, oltre alla bussola.
Le conclusioni di Perdeck sono state mal digerite dalla comunità scientifica e quindi ci sono state
delle critiche. Qualche anno dopo sono stati fatti degli esperimenti (Baldaccini) che fecero capire
che le conclusioni di Perdeck non erano poi così corrette.
Perdeck lavorò con gli storni e negli esperimenti successivi si lavorò invece, con le rondini, quindi
sono anche due specie diverse quindi chiaramente le cose potevano essere un po’ diverse. Il
discorso però fu che vennero catturate delle giovani rondini in migrazione autunnale al Parco di
Massaciuccoli, erano giovani durante il primo spostamento migratorio e furono testate in imbuti di
Emlen. Questi imbuti di Emlen erano imbuti coperti completamente da un coperchio da cui entrava
la luce ma da cui non si vedeva né il cielo né nulla, e intorno agli imbuti sono stati messi dei
cerchioni di bicicletta su cui è stato passato un conduttore di energia e tramite cui si poteva
spostare il campo magnetico. Così si poteva vedere allora il comportamento dell’animale.
Gli animali, alla prima migrazione, allora, furono traslocati rispettivamente a sud e a nord, e sono
stati testati in condizioni tali che non potessero vedere il paesaggio circostante e non avere
informazioni di carattere astronomico se non la disponibilità di una piena conoscenza delle forze
innate.
In questo caso si è trovato, almeno in 2 casi 3, una piena coincidenza della direzione scelta dagli
animali con la direzione di dislocazione, quindi il fatto che i giovani animali, alla prima migrazione,
non sappiano navigare, questo esperimento lo smentirebbe.
Quindi con ogni probabilità gli uccelli, siano essi alla prima migrazione o alle migrazioni
successive, hanno una capacità di vera navigazione, già completamente stimabile nonostante
l’età.
Un fattore esperenziale, certamente, può aiutare gli animali che hanno già fatto uno spostamento
migratorio, quindi ancora una volta vediamo che l’innato è bello ma anche l’esperienza aiuta.
Effettivamente l’esperimento di Perdeck non è mai stato ripetuto mentre questo esperimento si,
quindi ha un valore senz’altro maggiore.
Il problema della pluridirezionalità nel viaggio migratorio è un elemento molto importante che forse
non può essere completamente capito e esprimibile con il comportamento, ad esempio, che Pardi
aveva attribuito ai talitri, perché nel meccanismo dei talitri c’è un sistema che è unidirezionale, ma
quando si va incontro ad uno spostamento che in un periodo va verso sud e un altro periodo va
verso nord e che ha anche cambi di direzione allora è qualcosa che è molto più difficile da mettere
in campo. Effettivamente allora il sistema posseduto dagli uccelli è molto più ricco del sistema che
è stato attribuito ai talitri e in ogni caso, ci devono essere anche dei fattori esterni di carattere
esperienziale che vengono in aiuto agli animali: il viaggio del piovanello, che è un grande
migratore, nidifica nello Stretto di Bering, e va a svernare in Australia, si mantiene su borderline
sulla costa del mare, attraversa tutta l’Indocina, Sumatra, fino a raggiungere l’Australia.
Effettivamente, allora, ci deve essere una grande possibilità di migrazione insita nel meccanismo
posseduto dall’animale in cui i processi, non maturativi, ma esperenziali possono spiegare le
manifestazione che gli animali possono mettere in moto.
Ecco allora che una popolazione di rondini che è alla prima migrazione ha una probabilità di
mortalità dell’80% e non viene cacciata. Quando invece una popolazione migratrice è composta da
adulti è molto meno della metà che va incontro a morte. Nell’evoluzione della migrazione però c’è
da scegliere una strada e la scelta della migrazione è quella che prevede un grande popolazione e
allora anche la possibilità di fare grandi sacrifici, a differenza di una popolazione sedentaria, che
deve affrontare la fatica, non del viaggio, ma del clima: regione per cui nelle grandi regioni
nordiche noi ritroviamo solo popolazioni migratorie e invece le popolazioni stanziarie le ritroviamo
solo a latitudini più basse.
I fattori di innattività molto completi e possono essere migliorati dall’esperienza: le caratteristiche
genetiche sono senz’altro molto importanti, ma un gene è sempre trasmesso, ma l’esperienza è
quella che caratterizza ogni individuo per conto proprio e che può portare ad un miglioramento.
SINTESI EVOLUTIVA DELLA MIGRAZIONE DEGLI UCCELLI:
Il costume migratorio è un fenomeno multiforme ed è più popolazione specifico che specie
specifico.
Vediamo ne l’evoluzione con un esempio: il verzellino è un piccolo passeriforme che, prima
dell’800, era definito stanziale ed era una specie sedentaria del Mediterraneo. Ora, invece, è
parzialmente migratorio, infatti si è esteso fino al Mar Baltico (svernano da noi) a causa di
cambiamenti ambientali, per cui ha esteso il suo areale di nidificazione. Tale processo di
migrazione è un evento che si sta ancora evolvendo.
Per quanto riguarda le capinere, invece, alcune sono migratori corti, che svernano in Germania),
altre migratori lunghi, che svernano sotto il Sahara. È stata scoperta, poi, una popolazione che,
invece, ha una direzione di migrazione totalmente diversa, verso nord-ovest (Canale della
Manica/Inghilterra).
Il pensiero di Helbig fu quello che non solo le relazioni filogenetiche di una popolazione o di una
specie determinano il processo di migrazione ma soprattutto è l’ECOLOGIA, l’istanza ambientale.
Le capinere tedesche che vanno in Inghilterra hanno comunque relazioni con le altre della
Germania ma evidentemente hanno istanze ambientali che le portano a mutare direzione.
L’origine filogenetica di una specie ed evoluzione di un comportamento quale la migrazione sono
due fenomeni biologici che non necessariamente avvengono nella medesima area geografica.
Zink evidenzia, infatti, ha evidenziato inoltre la necessità di tenere distinta l’origine del fenomeno
migratorio di per se dal suo mantenimento e modificazione nel tempo.
Nel discutere di un tratto fenotipico quale il comportamento migratorio ci si deve chiedere se
abbiamo a che fare con un carattere oppure con un attributo, ossia con la manifestazione di più
componenti indipendenti. Si deve distinguere la genesi dalla forma, per esempio, la specie
capinera, ha in sé la migratorietà come attributo e si può manifestare su varie modalità.
Gli uccelli derivano da rettili diapsidi e si deve valutare se dalla linea filetica, si è poi evoluto tale
taxon che ha avuto questo apomorfismo, la migratorietà, o se l’antenato ancestrale era migratore e
quindi anche i vari discendenti. Anche i rettili terapsidi erano migratori? Chi lo sa!
Forse l’Hesperornis era già un migratore, infatti si vede che in certe zone vengono ritrovate uova
vicino ai ritrovamenti, mentre in altre zone no, quindi si può supporre che alcune zone fossero il
sito di nidificazione e altre le zone di svernamento.
Il fenomeno migratorio risale negli uccelli almeno a 100 milioni di anni fa. Quello che oggi vediamo
è molto più giovane, ristretto al Quaternario e posteriore alle sue glaciazioni. In molti casi la sua
età sarebbe di non più di 5 mila anni: ad esempio si vede che le terne neartiche tropicali hanno un
sistema di migrazione siberiano, paleartico (dal Nord Europa all’Africa) e contorna l’Oceano
Pacifico da ovest con luoghi di svernamento o in Africa, in India e in Australi.
Si ha quindi come mission lo spostamento con vari pattern multiformi.
Ma qual è la finalità della migrazione?
La MIGRAZIONE PALEARTICA OCCIDENTALE (dalla zona ovest Urali all’Etiop