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Intervento pubblico e legge dell'offerta e domanda

In molti paesi lo stato è intervenuto a controllare i prezzi per sedare il malcontento sociale, con prezzi del petrolio regolamentati, salari minimi imposti, affitti massimi prescritti per legge. Ma le proteste che inducono l'intervento pubblico sono fondate su due errori:

Qualcuno è ritenuto colpevole delle variazioni di prezzo, quando in realtà sono le forze di mercato che le determinano, e che spingono proprietari e produttori ad alzare i prezzi improvvisamente. E' vero, però, che può trattarsi di un accordo tra produttori, come nel caso dell'OPEC nel 1973. Nel caso di guerre successive però non si è verificato un accordo ma un concatenarsi di eventi che ha portato a questo effetto.

Gli stati, per quanto potenti, non possono abrogare la legge dell'offerta e della domanda, e col loro intervento porteranno tali forze in una situazione di squilibrio.

Esempi del tentativo di scavalcare la legge dell'offerta e domanda

Da parte dello stato sono i prezzi massimi (price ceilings) ed i prezzi minimi (price floors). Stabilire prezzi massimi è sempre sembrato un modo per assicurare a più persone possibile un determinato bene, ma ha sempre creato una penuria del bene in questione, poiché a tale prezzo i produttori non sono incentivati a produrre quanto i consumatori domandano.

Il controllo degli affitti è un esempio di prezzo massimo, adottato per assicurare a più persone possibili un appartamento. Ciò crea, però, una penuria nel lungo periodo, perché è possibile che i proprietari non siano motivati a ristrutturare gli stabili e ad abbandonarli progressivamente, visti gli esigui profitti. Inoltre si avrà un aumento nelle vendite ed i costruttori potrebbero non ritenere profittevole costruire nuovi edifici perché i canoni non sarebbero sufficienti a coprire adeguatamente le spese. Il controllo degli affitti avvantaggia soltanto i locatari.

giustificare l'intervento dello stato per stabilire dei limiti. Tuttavia, questa pratica può avere effetti negativi sul mercato, limitando la concorrenza e impedendo la crescita economica. Un altro esempio di intervento dello stato è l'imposizione di salari minimi. Questa misura è stata adottata per garantire un reddito minimo ai lavoratori e combattere lo sfruttamento. Tuttavia, l'imposizione di salari minimi può avere conseguenze negative, come la perdita di posti di lavoro e l'aumento dei costi per le imprese. In conclusione, gli interventi dello stato nell'economia possono essere necessari per garantire l'equità e proteggere i cittadini più vulnerabili. Tuttavia, è importante valutare attentamente gli effetti di queste misure per evitare di limitare la libertà economica e ostacolare la crescita.costringere per esempio le aziende a non interrompere la produzione, anche in caso di calo della domanda, solo per non perdere le proprie quote. Ciò impedisce la rotazione delle coltivazioni, e ha portato anche gli USA a favorire l'esportazione verso stati come il Messico che, però, hanno subito un duro contraccolpo nei rapporti economici con l'Argentina e nella ristrutturazione agricola interna. Se lo stato vuole sostenere i lavoratori non qualificati, sarebbe uno strumento più adeguato del salario minimo l'incentivo per le fabbriche disposte ad assumerli ed un percorso di formazione professionale che ne aumenti la domanda e di conseguenza il salario. La decisione di consumare 12I soggetti compiono quattro decisioni fondamentali: - di spendere - di lavorare - di risparmiare - di investire Queste, pur essendo scelte microeconomiche hanno grandi conseguenze sulla macroeconomia. Il problema fondamentale della scelta del consumatore è cosa fare del

proprioreddito al netto delle imposte, da allocare tra beni alternativi. Egli non può fare tutto perché vi è scarsità. L'insieme delle alternative possibili è circoscritto dai vincoli cui egli è soggetto, prima di tutto il vincolo di bilancio. L'inclinazione del vincolo di bilancio indica il trade-off ed è proporzionale al prezzo relativo di un bene rispetto all'altro, o di una combinazione di beni rispetto ad un'altra combinazione. L'economia sostiene che ogni soggetto sceglierà un qualche punto lungo il proprio vincolo di bilancio, variabile al margine secondo i gusti personali, ma spesso mai corrispondente ad uno dei punti estremi. Quando il reddito di un soggetto aumenta egli ha a disposizione più risorse da allocare. Il suo consumo di beni aumenterà, ma non per tutti i beni sarà lo stesso, e alcuni addirittura diminuiranno o scompariranno. L'elasticità della domanda rispetto

Al reddito misura quanto aumenta la domanda di un bene particolare all'aumento del reddito. L'elasticità della domanda rispetto al reddito = Var.% consumo / Var.% reddito.

L'elasticità della domanda rispetto al reddito è la variazione percentuale del consumo che deriverebbe da un incremento del reddito dell'1%.

Con l'aumento progressivo del reddito cambia anche il tipo di merci domandate. Il consumo di certi beni diminuisce all'aumentare del reddito ed essi sono chiamati beni inferiori (es. le auto economiche o l'abbigliamento del mercato = elasticità rispetto al reddito negativa). I beni che, invece, vedono aumentata la domanda all'aumento del reddito e sono detti beni normali (elasticità rispetto al reddito positiva).

Un aumento di prezzo genera normalmente un calo della domanda. Questo è definito effetto reddito, poiché sostanzialmente muove il vincolo di bilancio verso il basso, proprio come se il reddito

fosse diminuito. La grandezza dell'effetto reddito dipende da due fattori: quanto la merce è importante per l'individuo (cioè quanto grande è la frazione del proprio reddito che l'individuo è disposto a spendere nella merce) e quanto grande è l'elasticità rispetto al reddito. Nella maggior parte dei casi gli individui spendono una parte relativamente piccola del proprio reddito in un particolare bene, ma l'effetto reddito si fa molto pesante nel caso di affitti, che occupano in media ¼ dei redditi.

In corrispondenza al prezzo più alto di un bene, rinunciarvi significa permettersi di più di altre merci. I beni diventati più costosi possono essere sostituiti da altri meno costosi. Questo è detto effetto sostituzione ed è tanto più grande tanto più si possa effettuare facilmente tale sostituzione, a maggior ragione se il bene meno costoso ha mantenuto il prezzo

invariato. Bisogna saper distinguere tra gli effetti di reddito e gli effetti di sostituzione per due motivi: Capire le reazioni alle variazioni di prezzo: La distinzione migliora la nostra comprensione delle reazioni dei consumatori alle variazioni di prezzo. L'effetto reddito condurrebbe ad una diminuzione di tutti i consumi, ma l'effetto sostituzione induce un aumento nel consumo dei beni sostitutivi o succedanei. Capire le inefficienze associate alle imposte: Lo scopo dell'imposta è ottenere delle entrate tramite quali lo stato può acquistare merci: un trasferimento del potere d'acquisto dalle famiglie allo stato. Dunque, più lo stato ottiene risorse, meno gli individui ne consumano. Qualunque imposta ha, dunque, un effetto reddito. Esse spesso distorcono l'attività economica: la distorsione è associata all'effetto sostituzione, tanto che gli individui sono indotti a ridurre i consumi dei beni soggetti ad imposte, edal variare dei rispettivi prezzi relativi, asostituirli con altri. Gli individui, dunque, scelgono un punto lungo il proprio vincolo di bilancio confrontando i benefici derivanti dal consumare una maggiore quantità di un bene con i costi, ovvero la quantità di un bene diverso cui essi devono rinunciare. La combinazione è scelta con criterio di utilità, ciò non indica un'utilità nel senso stretto, bensì una soddisfazione ed una variazione di benessere dell'individuo. Per misurare l'utilità possiamo considerare quanto una persona sia disposta a pagare per ottenere una cosa piuttosto che un'altra (es. per avere una casa a Torino anziché a Milano). Quanto una persona è disposta a pagare non rappresenta quanto effettivamente deve pagare: i prezzi dipendono dal mercato, le disposizioni a pagare dalla propria preferenza. L'incremento di utilità di un unità in più di un bene, misuratadalla somma aggiuntiva che il soggetto è disposto a pagare è detta utilità marginale. Man mano che una combinazione di beni contiene quantità maggiori di un bene, ciascun incremento successivo aumenta in misura minore la propria utilità marginale. Legge dell'utilità marginale decrescente. Il soggetto è nella posizione migliore all'interno del proprio bilancio quando si trova ad allocare risorse in beni con la medesima utilità marginale e medesimo prezzo. In caso di prezzi differenti, l'utilità marginale deve essere proporzionale al prezzo. Il rapporto tra utilità marginale e prezzo dovrebbe essere lo stesso per tutti i beni, ovvero l'utilità marginale ponderata. La differenza fra ciò che il soggetto paga effettivamente e ciò che sarebbe disposto a pagare per un bene è il surplus del consumatore. Bisogna dire come non sempre questo modello corrisponda allarealtà, decisamente più variegata. Non tutti gli individui hanno preferenze ben definite, non tutti conoscono bene i prezzi sul mercato, e non sempre, soprattutto in seguito a fenomeni di moda o snobismo, il bene con prezzo più basso vede aumentata la propria domanda, proprio perché generalmente un prezzo più basso riflette minore qualità. Le curve di indifferenza rappresentano tutte le combinazioni di beni che sono indifferenti per un individuo in quanto generano lo stesso livello di utilità. L'inclinazione di una curva di indifferenza misura il numero di beni cui l'individuo è disposto a rinunciare per ottenere un'unità in più di un altro bene, ovvero il saggio marginale di sostituzione. Si parla però di quanto l'individuo è disposto a rinunciare, non quanto deve rinunciare, che è determinato da vincolo di bilancio e prezzi relativi. I costi dell'impresa
Dettagli
Publisher
A.A. 2009-2010
27 pagine
1 download
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/01 Economia politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher flaviael di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Microeconomia I e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Non --.