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L
ogni lavoratore. La formula è:
Il prodotto marginale del lavoro, o MP (Marginal Product of Labor), è la quantità di output
L
addizionale viene prodotta quando l’impresa varia leggermente (al margine) il quantitativo di lavoro
che usa. Con leggermente intendiamo quindi la quantità minima di lavoro che un’impresa può
aggiungere o sottrarre. Se sono disponibili solo operai full-time, ∆L = 1, se sono disponibili solo
operai part-time, ∆L = ½, se l’impresa può assumere operai a giornata e i giorni lavorativi sono 5 e
misuriamo il lavoro a settimane, ∆L = 0,2. La formula è:
Dove ∆L sono quindi le unità marginali di lavoro e ∆Q è la variazione di output causata dalle unità
marginali.
Aumenti successivi nell’impiego di un input producono aumenti sempre minori dell’output, oltre una
data quantità di input impiegata, in termini analitici MP diminuisce. Un esempio può essere il fatto
L
che i lavoratori, aumentando, si iniziano ad intralciare.
La previsione per cui il prodotto marginale di un input finirà per calare man mano che il suo uso
aumenta, fermi restando altri input (spazio nel garage), è chiamata legge dei rendimenti
marginali decrescenti.
Esempio numerico:
Quando l’impiego di lavoro è piccolo, al crescere di L, MP cresce per un effetto di
L
specializzazione. Quando l’impiego di lavoro è grande, al crescere di L, MP cala per un effetto di
L
inefficienza.
Il prodotto medio e il prodotto marginale di un input sono strettamente correlati. Il prodotto
marginale ci dice quanto output aggiunge il lavoratore marginale: se è più produttivo della media,
quest’ultima si alzerà, se è meno produttivo della media, quest’ultima si abbasserà.
Quando il prodotto marginale di un input è maggiore/minore/uguale del prodotto medio, le unità
marginali di input aumentano/diminuiscono/non fanno variare il prodotto medio.
Curve di prodotto medio e marginale
Quando il lavoro è perfettamente divisibile, possiamo rappresentare i prodotti medi e marginali
sotto forma di curve in un grafico, illustrandone la variazione al variare della manodopera assunta.
Per qualsiasi punto della curva, la pendenza della retta che lo collega all’origine del piano equivale
all’output in questo punto diviso per il quantitativo di lavoro usato per produrlo. Per definizione
corrisponde al prodotto medio.
Per qualsiasi punto della curva, la pendenza della retta tangente alla funzione di produzione in
quel punto corrisponde al prodotto marginale.
Supponiamo che la variazione più piccola possibile sia ∆L’; aggiungere unità di lavoro ∆L’ implica
un movimento lungo la funzione di produzione da B ad A. Questo cambiamento implica l’aumento
di output della quantità ∆Q’ = F(L) – F(L - ∆L’). Il prodotto marginale del lavoro MP = ∆Q’/∆L’ è
L
quindi pari all’aumento dell’output lungo la funzione di produzione fra i punti B e A: la pendenza
della linea retta di colore grigio chiaro che connette questi punti. Lo stesso vale per la quantità
addizionale ∆L’’.
Nella figura, la pendenza della retta di colore azzurro che passa per il punto A, è pari alla
variazione dell’output per ogni minimo cambiamento nell’input lavoro, a partire dal punto A. Si
tratta del prodotto marginale del lavoro,misurato come rapporto fra la variazione della variabile
misurata sull’asse verticale e quella della variabile misurata sull’asse orizzontale. Tale retta è la
tangente della funzione di produzione al punto A.
Quando gli input del lavoro sono perfettamente divisibili, la curva AP :
L
- è crescente quando giace al di sotto della curva MP
- è decrescente quando giace al di sopra di MP
- raggiunge il suo massimo nel punto in cui le curve di AP e MP si intersecano
- quando si tende a L=0, la produttività dei pochi lavoratori è molto vicina a quella dei
lavoratori marginali.
Il tutto per il principio dei rendimenti marginali decrescenti.
Funzione di produzione con due input variabili
Pochi processi produttivi usano un sono input variabile; in realtà la maggior parte ne richiede più di
uno. Gli economisti suddividono spesso gli input in quattro categorie: lavoro, capitale, materiali e
terreno.
Gli input di capitale sono i beni durevoli (impianti, macchinari, veicoli). I materiali sono input
consumati totalmente nel processo di produzione. Il lavoro comprende tutti i servizi resi dalle
persone. E il terreno è lo spazio fisico disponibile.
Come già visto prima, tutti gli input di un’impresa sono variabili nel lungo periodo. Chiameremo
questi due input lavoro(L) e capitale (K). Entrambi sono omogenei, nel senso che ciascuno dei due
sia ugualmente produttivo.
La funzione di produzione dell’impresa in questo caso è quindi Q = F(L,K). Essendo gli input
variabili nel lungo periodo, l’impresa può produrre un dato quantitativo di output con molte
combinazioni di input.
Come visto prima, aumentando la quantità di tutti gli input, il quantitativo di output che un’impresa
può produrre aumenta strettamente (se si usano tecnologie efficienti). Tale formula è definita
principio della produttività dei fattori.
Isoquanti
Supponiamo che un’impresa voglia produrre un certo numero di output usando capitale e lavoro.
Quali combinazioni di input possono produrre il quantitativo desiderato di output?
Un modo di rappresentare la tecnologia delle imprese è tramite l'uso degli isoquanti.
Un isoquanto identifica tutte le combinazioni di input che producono in maniere efficiente un
determinato livello di output.
C’è uno stretto parallelismo tra gli isoquanti e le curve di indifferenza: un isoquanto identifica le
combinazioni di input che producono con efficienza un dato livello di output, una curva di
indifferenza identifica le diverse combinazioni di beni di consumo che portano a un dato livello di
benessere.
Caratteristiche generali:
- Gli isoquanti sono sottili: se un isoquanto fosse spesso, ci sarebbero due combinazioni di
input sullo stesso livello di output. Come A e B, per cui una avrebbe più quantità dello
stesso input dell’altre e secondo il principio della produttività dei fattori, ciò non può
accadere.
- Gli isoquanti hanno pendenza negativa: se così non fosse ci sarebbero allora due diverse
combinazioni di input sull’isoquanto come A e B, per cui una avrebbe più quantità di ogni
input rispetto all’altra. Per il principio di produttività dei fattori questo non è possibile. La
curva quindi si declina verso il basso, da nord ovest a sud est, cosicché quando poniamo
due punti a confronto su questo isoquanto, osserviamo che se in un punto vengono usati
più operai, nell’altro viene usato più spazio nel garage.
- Un isoquanto è il confine fra le combinazioni di input che producono di più e quelle che
producono meno di un dato quantitativo di output: sempre per il principio di produttività dei
fattori.
- Gli isoquanti per una stessa tecnologia non si incontrano: se così non fosse, ci sarebbero
due punto A e B, uno dei quali utilizza maggiore quantità di input dell’altro, ma produce
meno output e ciò, per il principio della produttività dei fattori, non può accadere.
- Gli isoquanti di livello più alto sono più lontani dall’origine: dal momento che usare più
quantità di tutti gli input porta a un maggior output.
Prodotto marginale e medio con più di un input
Per la legge dei rendimenti marginali decrescenti, ci si aspetta che tenendo fissi gli altri input, il
prodotto marginale di un input finisca per calare man mano che ne aumenta la quantità utilizzata.
Il prodotto marginale di un input quando viene aggiunta maggiore quantità di altri input invece
aumenta.
La famiglia di isoquanti di un’impresa consiste negli isoquanti corrispondenti a tutti i livelli di
output. La mappa di isoquanti si ottiene quindi facendo variare il livello di produzione.
Sostituzione fra input
Un importante fattore di cui un manager deve tener conto nello scegliere la migliore combinazione
di input per la propria impresa è il saggio di sostenibilità di un input con l’altro.
Gli input sono sostituibili: K e L possono essere sostituiti per mantenere costante il livello di
produzione. Il saggio di sostituzione del lavoro con il capitale è misurato con la proporzione -
(∆K/∆L) che dice quanti ore macchina di capitale dobbiamo aggiungere per ogni ora di lavoro.
Il trade-off tra input è descritto dalla pendenza di ciascun isoquanto. In quanti questo ha pendenza
negativa, il rapporto ∆K/∆L darebbe un numero negativo ed è per questo che si moltiplica per -1
per rendere tale proporzione positiva e quindi più facilmente confrontabile.
La pendenza dell’isoquanto indica in che misura occorre aumentare un input a fronte di una
riduzione unitaria dell’altro per mantenere costante il prodotto totale.
l’inclinazione della tangente all’isoquanto in un punto è il SMST, saggio marginale di
sostituzione tecnica, per un dato livello di output.
Tale misura è strettamente collegata con il saggio marginale di sostituzione di un consumatore,
SMS, in quanto quest’ultimo corrisponde al tasso al quale il consumatore può sostituire un bene
con un altro senza variare il benessere e il SMST è il tasso al quale un0impresa può sostituire un
input con un altro senza variare l’output.
La convessità degli isoquanti implica che, spostandosi lungo qualsiasi isoquanto e riducendo un
input per incrementare l’altro, il SMST del secondo input per il primo è decrescente.
La relazione tra SMST e il prodotto marginale
Il prodotto marginale di un input, come detto precedentemente, coglie il valore di quanto output
extra si può ottenere per ogni unità aggiuntiva di input, quando l’aumento di input è minimo.
Cambiamo adesso la quantità di lavoro ∆L e la quantità di capitale ∆K. Moltiplicando il prodotto
marginale MP per la quantità di lavoro aggiunta o tolta ∆L, otteniamo la variazione di output
L
dovuta alla variazione nel lavoro. Allo stesso modo, moltiplicando il prodotto marginale del capitale
MP per il quantitativo di capitale aggiunto o tolto, ∆K, otteniamo la variazione di output dovuta alla
K
variazione di capitale.
Se ∆L e ∆K sono scelti in modo da mantenere invariato l’output (ovvero se restiamo sullo stesso
isoquanto), questi due effetti devono dare zero:
Riformulando tale espressione troviamo che: