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PREVENZIONE:
adottare misure igieniche che impediscano il contagio;
- in caso di viaggi in zone endemiche, bere sempre acqua in bottiglie
- sigillate, non usare ghiaccio, lavarsi con acqua minerale;
assumere vaccini orali. Il vaccino orale contro il colera contiene il
- Vibrio cholerae ucciso e la subunità B della tossina colerica. In questo
modo, viene prodotta un’immunità mucosale (anticorpi) che protegge
l’epitelio intestinale dall’adesione della tossina. Questo tipo di vaccino
non protegge però da O139. Esiste anche un vaccino che contiene sia
O1 che O139 uccisi. Entrambi forniscono una protezione in ca. il 50%
dei casi nel corso del primo anno dopo la vaccinazione.
EVOLUZIONE DI CEPPI PATOGENI = il Vibrio cholerae è una specie
ambientale che vive nell’acqua sulla superficie dei crostacei. Molti ceppi
progenitori non erano patogeni perché non in grado di produrre i determinanti
di patogenicità, ossia le adesine (pilo TCP) e la tossina colerica. Da essi si
sono evoluti ceppi patogeni che possono diffondere in modo pandemico
(traendo quindi un vantaggio). Questi ceppi hanno acquisito un’isola di
patogenicità (VPI), ossia un blocco di materiale genetico (dato da plasmide
o batteriofago) che porta i geni per i determinanti di patogenicità. Il vibrione
ambientale ha evidentemente integrato nel proprio genoma questo segmento
di DNA, acquisendo la capacità di sintetizzare il pilo TCP e diventando in
grado di colonizzare l’intestino umano (hanno acquistato una nuova nicchia
ecologica). Nella maggior parte dei casi, questi geni sono portati da
batteriofagi, virus batterici che possono infettare i batteri integrando nel
cromosoma batterico (cromosoma 1) il loro materiale genetico (più o meno lo
stesso meccanismo dell’HIV nei confronti dell’uomo). Questo fenomeno
prende il nome di conversione lisogena e consiste quindi nell’acquisizione
da parte del batterio di un nuovo carattere grazie all’infezione da parte di
batteriofago.
Un ceppo in grado di produrre il pilo TCP è colonizzante ma non tossigeno,
perché non sintetizza la tossica colerica. I geni che codificano per la tossina
sono contenuti nella cosiddetta cassetta genetica CTX, che codifica per le
subunità A e B della tossina colerica. Quando il vibrione ha acquisito anche
questo blocco di geni, diventa patogeno. Anche in questo caso i geni sono
spesso portati da un batteriofago (CTX): il genoma del batteriofago si integra
anche in questo caso nel cromosoma 1 e conferisce al batterio la capacità di
produrre la tossina. Anche in questo caso si parla quindi di conversione
lisogena.
L’evoluzione dei vibrioni colerici da ceppi ambientali a ceppi patogeni è stata
causata quindi da due fenomeni successivi di integrazione di genoma di
origine batteriofagica.
Il secondo batteriofago riesce ad infettare il vibrione grazie al pilo TCP, che
viene utilizzato come un recettore. Quindi, molto logicamente, solo i ceppi
che hanno il pilo possono acquisire la tossina.
Un secondo modello di patogenicità consiste nell’infezione locale e nel
rilascio di tossine con effetto a distanza. In pratica, la tossina viene prodotta
nella sede d’infezione, ma agisce su un’altro distretto.
Il principale esempio paradigmatico è il tetano, malattia tipicamente causata
da una tossina proteica.
TETANO
CASO CLINICO = un uomo di 78 anni (è importante sapere l’età; questo
paziente, ad esempio, appartiene ad una fascia di non vaccinati) si è
procurato una ferita lacero-contusa al piede con un utensile agricolo. Dopo 2
giorni, la ferita è suppurata (appare arrossata ed è dolente). Dopo ulteriori 3
giorni, il soggetto presenta disfagia (difficoltà ad inghiottire) e crampi
muscolari: una volta contratti i muscoli, non riesce a rilasciarli. I crampi e gli
spasmi muscolari evolvono fino a dare luogo ad un segno caratteristico: la
contrazione dei muscoli pellicciai genera una distorsione della mimica molto
ben riconoscibile. Nei casi più gravi, l’evoluzione della malattia sfocia anche
in difficoltà respiratorie, in seguito al blocco dei muscoli respiratori (in specie il
diaframma) e a laringospasmo, con conseguente chiusura delle vie
respiratorie. È possibile quindi, nelle fasi più avanzate, la morte per
soffocamento. Il soggetto viene portato in pronto soccorso, dove gli vengono
subito somministrati farmaci miorilassanti e si procede alla ventilazione
meccanica.
AGENTE EZIOLOGICO = Clostridium tetani. Si tratta di un bacillo Gram-,
appartenente alla categoria degli anaerobi obbligati. È anche una specie
sporigena.
Significa che il batterio è in grado di trasformarsi in spora (o endospora)
batterica, una forma di resistenza del batterio al calore e agli agenti chimici e
fisici. La spora è metabolicamente inerte: non cresce e non si divide. Rimane
in forma latente. È una forma cellulare che si genera a partire dalla cellula
vegetativa (forma che si accresce, si divide e ha un metabolismo attivo),
all’interno della cellula stessa, attraverso un processo di differenziamento
detto sporulazione. Solo alcuni batteri sono in grado di eseguire la
sporulazione e ogni batterio sporigeno forma un’unica spora. È un processo
che viene indotto da condizioni ambientali sfavorevoli ed è legato ad una
riprogrammazione dell’espressione genica. I batteri che possono formare la
spora portano una serie di geni che codificano per le funzioni di sporulazione.
Una volta che i batteri sono esposti alle condizioni ambientali sfavorevoli,
attivano questi geni. I batteri sporigeni sono tutti Gram+ e ne esistono solo 3
o 4 specie importanti per la patologia umana. Se osservata al microscopio
ottico a contrasto di fase, la spora appare più rifrangente rispetto alla cellula
vegetativa che la circonda. Appaiono quindi come aree più rifrangenti che si
trovano all’estremità del bacillo (possono anche debordare al di fuori di essa,
tipico del C. tetani) o al centro di esso. Le spore possono rimanere vitali per
centinaia di anni e, quando le condizioni ambientali tornano ad essere
favorevoli, possono dare nuovamente origine ad una cellula vegetativa.
Contengono quindi sempre il materiale genetico. Esso si presenta come un
nucleoide condensato e complessato con proteine SASP (piccole proteine
acido-solubili tipiche della spora), che hanno funzione protettiva nei confronti
del cromosoma. Anche il citoplasma della spora è analogo a quello della
cellula vegetativa, ma con stato chimico-fisico diverso: si presenta infatti
fortemente disidratato (come se fosse “liofilizzato”). All’interno del citoplasma,
inoltre, si accumula una sostanza, sale calcico dell’acido dipicolinico, che
ha la funzione di proteggere la spora dal calore. Questa struttura appena
descritta, circondata dalla membrana plasmatica, forma il core della spora,
una struttura cellulare metabolicamente inerte. Il core della spora è rivestito
da una serie di involucri protettivi: quello più interno è detto corteccia e
ricorda la parete batterica dei Gram+, costituita da peptidoglicani, ma con
meno legami crociati. All’esterno della corteccia si trova un altro involucro
tipico della spora, detto mantello o coat, costituito da proteine prodotte
durante la sporulazione. Queste proteine sono ricche di Cys, quindi
contengono numerosi ponti disolfuro, e sono importanti per proteggere la
spora dagli agenti chimico-fisici (soprattutto dai raggi UV). All’esterno della
spora può esservi un rivestimento di membrana, l’esosporio, vestigio della
cellula vegetativa all’interno della quale la spora si è formata. L’esosporio può
essere perso con il tempo senza che sia arrecato alcun danno alla spora. Le
spore possono essere uccise solo esponendole a calore umido a 121°C o a
calore secco ad almeno 150°C. Inoltre, non tutti i disinfettanti sono sporicidi.
Le spore hanno la funzione di resistere a condizioni ambientali avverse e
devono poter dare nuovamente origine a cellule vegetative quando le
condizioni ambientali tornano ad essere favorevoli: lo fanno attraverso un
processo detto germinazione.
Le spore del tetano, in particolare, contaminano l’ambiente e sono presenti
abbondantemente nel terreno. Il tetano vive normalmente come commensale
nel tubo digerente di vari animali erbivori, come cavalli e bovini (fa parte del
loro microbiota). Quando gli animali lo emettono con le feci, il batterio viene
esposto all’ossigeno e produce spore. Le spore del tetano, quindi, sono
potenzialmente più frequenti in zone dove ci sono animali al pascolo e nel
concime di tipo animale.
PATOGENESI = spesso i casi di tetano derivano da contaminazione di ferite
con spore di C. tetani. La ferita diventa permissiva se a livello di essa si
creano zone anaerobie. Tipi di ferite che favoriscono la condizione anaerobia
sono: ferita aperta con contusione (presenza di zone necrotiche);
- ferita suppurata (infezione da parte di altri batteri anaerobi).
-
In questo modo si crea un ambiente ideale per la germinazione delle spore di
tetano (bassa tensione di ossigeno), con moltiplicazione delle forme
vegetative. Le forme vegetative producono tossine proteiche dette tossine
tetaniche. A livello della ferita la tossina viene assorbita, entra in circolo e si
localizza in maniera elettiva a livello del sistema nervoso centrale, in
particolar modo negli interneuroni inibitori, che normalmente hanno la
funzione di inibire l’attività dei motoneuroni agendo attraverso il rilascio di
glicina. Se l’interneurone non funziona, il muscolo subisce una contrazione
continua e permanente, dando luogo a paralisi spastica (l’opposto della
paralisi flaccida). La tossina, infatti, blocca il rilascio del neuromediatore a
livello degli interneuroni inibitori. La paralisi spastica è responsabile dei
crampi, degli spasmi e della disfagia.
La tossina tetanica, come si è già accennato, è una tossina di natura
proteica. È più piccola rispetto a quella colerica ed è prodotta sotto forma di
un’unica catena polipeptidica che poi viene clivata in due componenti, una
catena pesante, più grande, e una catena leggera, che rimangono attaccate
fra loro mediante ponti disolfuro. La catena pesante è responsabile della
localizzazione: localizza la tossina a livello della cellula bersaglio, ossia sulla
membrana dell’interneurone inibitore, e la fa aderire su di essa. A questo
punto, è in grado di trasportare all’interno della cellula bersaglio la catena
leggera, che ha funzione tossica, cioè blocca il rilascio di glicina. Il rilascio
del neuromediatore è bloccato perché la catena leggera è una
zincoproteasi: degrada in man