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Concentrazione dell’agente. Spesso ma non sempre una maggiore
3. concentrazione dell’agente antimicrobico comporta una maggiore azione ed una
maggiore rapidità nella distruzione di microrganismi. Bisogna ricordare che però ciò
non è sempre vero, infatti a volte oltre una certa concentrazione, l’esposizione
all’agente non porta ad alcun vantaggio; ad esempio una concentrazione di etanolo
è più efficiente al 70 % che al 95%, questo poiché l’azione antimicrobica è
aumentata se l’etanolo è unito all’acqua.
Durata dell’esposizione all’agente. Ovviamente maggiore è il tempo di
4. esposizione all’agente e maggiore sarà il numero di organismi che vengono uccisi.
Per ottenere sterilizzazione, è necessario ottenere la riduzione di possibilità di
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sopravvivenza a 10 o meno dei microrganismi.
Temperatura. Solitamente l’innalzamento della temperatura favorisce l’azione
5. dell’agente antimicrobico.
Condizioni ambientali locali. La popolazione microbica che si vuole controllare
6. mediante un agente, non risulta isolata bensì immersa in un ambiente che presenta
diversi fattori che possono risultare protettivi o nocivi verso i microrganismi; ad
esempio a pH acido il calore uccide più rapidamente. Inoltre bisogna considerare
l’eventuale presenza di materiale organico che possa rende maggiormente difficili
l’uccisione o l’inibizione di microrganismi, proprio per questo motivo spesso è
necessario pulire prima un oggetto per poi passare alla sterilizzazione o alla
disinfezione.
Metodi di controllo fisici
I quattro agenti antimicrobici fisici maggiormente usati sono: il calore, le basse
temperature, la filtrazione e le radiazioni.
Il calore
Il calore umido e secco, è ancora oggi uno dei più efficaci metodi per distruggere i
microrganismi. Il calore umido uccide rapidamente virus, batteri e funghi. L’esposizione
all’acqua bollente per 10 minuti è sufficiente infatti a distruggere le cellule vegetative e le
spore eucariotiche. La temperatura di ebollizione dell’acqua, 100° C non è però sufficiente
e a distruggere le endospore batteriche, che possono resistere a ore di bollitura. Per
questi motivi la bollitura non è sufficiente a sterilizzare un oggetto.
Data la grande importanza del calore nella distruzione dei microrganismi, si usano diverse
unità di misura che ne consentono di visualizzare la sua efficacia:
• TDT – Tempo di morte termico, è definito come l’intervallo di tempo più breve
necessario per distruggere tutti i batteri presenti in una sospensione ad una
determinata temperatura ed in precise condizioni.
• D – Tempo di riduzione decimale / valore D, poiché spesso anche mediante
prolungata esposizione non è possibile distruggere tutti i microrganismi, il valore D
indica il tempo necessario a distruggere il 90% dei microrganismi presenti in un
campione ad una determinata temperatura. In genere il valore D è accompagnato
da un pedice che indica la temperatura alla quale si applica.
• z –Valore z, corrisponde all’aumento di temperatura necessario per diminuire di
1/10 il valore D o per ridurlo di un logaritmo.
• F –Valore F, è il tempo , espresso in minuti, necessario ad uccidere una
popolazione di cellule o spore ad una determinata temperatura (in genere 121 °C,
250 F)
I valori D e z sono molto usati nell’industria alimentare.
Autoclave. La sterilizzazione con calore umido richiede molto spesso temperature
superiore a 100°C al fine di distruggere tutte le spore batteriche, inoltre è spesso
necessario vapore saturo e sotto pressione. La sterilizzazione a calore umido, in
particolare vapore, è ottenuta mediante autoclave, uno strumento simile ad una pentola a
pressione, inventato da Chamberland nel 1884.
Nell’autoclave l’acqua viene fatta bollire per produrre vapore che viene poi raccolto,
attraverso la camicia, verso la camera. L’aria inizialmente presente nella camera deve
essere necessariamente espulsa mediante valvole di scarico, per poter permettere la sola
presenza di vapore all’interno della camera. Il vapore continua ad entrare nella camera fin
quando non si raggiungono le condizioni di temperatura e pressione desiderati,
solitamente 121 °C e 1 atm di pressione. In presenza di queste condizioni, il vapore saturo
distrugge in 10-12 minuti tutte le cellule vegetative e le spore presenti in un piccolo
campione di liquido; molto spesso per un maggiore margine di sicurezza, il tempo di
esposizione viene prolungato per 15 minuti.
Per poter ottenere l’effettiva sterilizzazione, è necessario tenere delle accortezze: bisogna
evitare di stipare strumenti nella camera, poiché il vapore deve circolare liberamente nella
camera; nel caso in cui si voglia sterilizzare un maggiore volume di materiale bisogna
prolungare i tempi di esposizione, ad esempio per 5 litri di liquido sono necessari almeno
70 minuti.
Per motivi di sicurezza, solitamente insieme al materiale autoclavato viene immesso un
campione biologico, un indicatore biologico che permette di verificare l’efficacia della
procedura.
Il campione consiste in una fiala di terreno sterile inoculato con spore di Bacillus
stearothermophilus o di Clostridium; nel caso in cui l’autoclavatura sia andata a buon fine,
se la coltura viene incubata per alcuni giorni non si ottiene crescita batterica. Altre volte gli
indicatori possono essere costituiti da nastri speciali sui quali compare la scritta sterile o
che cambia colore in caso di procedura andata a buon fine.
Si ritiene che l’efficacia del calore umido dipenda dalla degradazione degli acidi nucleici.
Pastorizzazione.Molte sostanze sono sottoposte a trattamenti controllati in cui si
raggiungono temperature molto inferiori di quella di ebollizione. Tale processo è detto
pastorizzazione, in onore di Louis Pasteur che ne fu l’inventore. Pasteur usò tale metodo
per risolvere il problema del deterioramento dei vini , che nel 1860 stava per minare
l’industria vinicola francese; Paster riconobbe in alcuni microrganismi la causa di tale
deterioramento e mise a punto il metodo della pastorizzazione, che attraverso un breve
riscaldamento a 55-60°C distruggeva i microrganismi e consentiva di conservare per
lunghi periodi il vino.
Nel 1886 dei chimici tedeschi utilizzarono questo metodo per il latte, ottenendone una
maggiore possibilità di conservazione ed una minore possibilità di malattie infettive.
Attualmente si sottopongono a pastorizzazione latte, birra e numerose altre bevande.
Bisogna ricordare che la pastorizzazione non sterilizza bevande ma uccide qualunque
patogeno presente e rallenta i processi di deterioramento riducendo il livello di
microrganismi non patogeni che ne sono la causa.
Vi sono 2 metodi per pastorizzare il latte: il metodo più datato consiste nel riscaldare a
63°C il latte per 30 minuti; attualmente per pastorizzare grandi quantità di latte si usa la
pastorizzazione-flash HTST che consiste in un breve trattamento a 72° gradi per 15
secondi, seguito da un rapido raffreddamento. Nell’industria casearia è molto usata la
sterilizzazione ad altissime temperature UHT in cui il latte e i suoi derivati sono
sottoposti a temperature di 140-150°C per 1-3 secondi. Il latte UHT non richiede
refrigerazione e si conserva a temperatura ambiente per circa 2 mesi senza alterazione
del sapore.
Con molti oggetti la sterilizzazione è più efficace in assenza di acqua, cioè ricorrendo ad
un processo di sterilizzazione a calore secco. Il materiale da sterilizzare viene collocato
in una apposita stufa per 2-3 ore a 160-170°C. La morte dei microrganismi pare dipendere
dalla ossidazione delle componenti cellulari e dalla denaturazione delle proteine. Il calore
secco è meno efficace di quello umido ma non corrode la vetreria e gli strumenti metallici
come fa invece quello umido. Nonostante questi vantaggi, la sterilizzazione a calore secco
richiede più tempo e non è adatta a materiali sensibili alle alte temperature, come oggetti
di plastica o di gomma.
Le basse temperature
Le basse temperature, raggiunte con refrigerazione o surgelamento, possono inibire la
crescita e la riproduzione dei microrganismi. Questi metodi sono molto usati nella
microbiologia degli alimenti.
Surgelando i cibi a -20°C , o a temperature inferiori, la crescita microbica viene arrestata
sia dalla bassa temperatura che dalla mancanza di acqua liquida. Alcuni microrganismi
vengono uccisi per rottura delle membrane cellulari ma altri possono non rimanere uccisi.
Addirittura invece il surgelamento, se eseguito in modo appropriato, consente di
conservare a lungo termine campioni microbici.
Bisogna ricordare che poiché gli alimenti congelati possono contenere molti
microrganismi, una volta scongelati devono essere preparati e consumati dopo poco
tempo.
La refrigerazione rallenta molto i processi di crescita e riproduzione microbica ma non li
arresta completamente; è quindi un metodo per conservare gli alimenti ed altri materiali
solo per brevi periodi di tempo.
La filtrazione
La filtrazione è un eccellente metodo per ridurre la popolazione microbica. Anziché
distruggere direttamente i microrganismi contaminanti, la filtrazione li rimuovere soltanto.
Esistono in generale 2 tipi di filtri: i filtri di profondità e le membrane filtranti.
I filtri di profondità sono costituiti da materiali granulari/fibrosi che formano dei
canali contorti di piccolo diametro; il passaggio della soluzione attraverso il filtro è dovuto
ad una pompa a vuoto, Questi filtri sono spesso costituiti da farina fossile, porcellana non
vetrificata, fibre di amianto e materiali simili.
Le membrane filtranti, che hanno sostituito i filtri di profondità in molti usi, sono
costituite da membrane porose, spesse poco più di 0,1mm, composte di acetato di
cellulosa, nitrocellulosa, policarbonato ecc. In genere
le membrane usate presentano pori con diametro di
circa 0.2 micro metri capaci di filtrare la maggioranza
delle cellule vegetative ma non i virus. Anche in questo
caso la soluzione da filtrare viene spinta grazie ad una
pompa a vuoto o ad un meccanismo simile, la
soluzione poi filtrata può passare in un contenitore
precedentemente sterilizzato.
Anche l’aria può essere sterilizzata per filtrazione, basti pensare alla mascherine
chirurgiche. Le cappe o cabine di sicurezza biologica a flusso laminare fanno uso di
filtri HEPA, capaci di rimuovere il 99,97 % dei microrganismi e particelle in generare di
dimensioni 0,3 micrometri. In queste cappe viene creata una cortina di aria sterile che
separa l’ambiente di lavoro dall’ambiente esterno e dal