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PIU’ INFETTIVA
Parlando di variazione di tropismo favorevole alla capacità infettiva di un virus si
prende come esempio il virus ebola; tipico nei pipistrelli, si è adattato benissimo
all’organismo ospite, provoca infezioni asintomatiche; può, successivamente ad
opportune mutazioni genetiche, acquisire la capacità di infettare altre specie e
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provocare infezioni gravi nell’uomo. Un altro esempio è il virus dell’influenza
aviaria comunissimo negli uccelli ai quali non provoca alcun tipo di problema, ma in
caso di opportune mutazioni può acquisire la capacità di infettare l’uomo con effetti
devastanti.
Quindi più è alto il tasso di mutazioni maggiori sono le possibilità che il virus ha di
diffondersi anche in specie diverse con conseguenze di gravità variabile.
La capacità di un virus all’interno di un ospite di andare incontro a mutazioni può dare
diversi tipi di vantaggi: sviluppare resistenza agli anticorpi dell’organismo ospite
i quali impiegano più tempo ad adattarsi alla mutazione. Questa mutazione del
genoma scatena una rincorsa del sistema immunitario dell’ospite ed è tipica delle
infezioni croniche; sviluppare resistenza a determinati farmaci e terapie,
perché ogni farmaco/terapia è mirata ad agire su determinati bersagli e nel caso
mutino non sono in grado di eliminarli.
Prendendo in considerazione le mutazioni a cui può andare incontro un virus si è
iniziato a parlare di fitness ovvero quanto quel determinato virus è stato in grado fino
a quel momento di adattarsi all’ospite che ha infettato e quanto in esso è in grado di
replicarsi con facilità.
Esistono delle mutazioni che aumentano la fitness, mentre altre la diminuiscono infatti
in seguito ad alcune mutazioni può capitare che il virus perda totalmente o in parte
alcune capacità quali potersi replicare utilizzando i processi replicativi dell’ospite che
fino al quel momento era stato in grado di utilizzare. O addirittura mutazioni che
mutazioni letali
rendano il virus incapace di replicarsi in qualsiasi ospite ( ).
Quindi una mutazione che determina un aumento della fitness avrà un aumento della
replicazione e quindi, a causa dell’aumento della velocità replicativa del virus
modificato sulle altre popolazioni di virus presenti, la popolazione di virus modificato
prevarrà sulla popolazione di virus non modificato; si crea quindi una barriera
selettiva. Nel caso in cui si verifichi una mutazione che va a diminuire la fitness di un
determinato virus, questa popolazione verrà “schiacciata” dalle altre popolazioni,
sparirà dall’organismo ospite. In conclusione una mutazione si fissa in una
popolazione se è in grado di aumentarne il fitness con l’ospite. Nonostante le
quantità enormi di particelle virali presenti in un organismo sottoposto a terapia per
inibirne la replicazione, basta che se ne venga a formare solo una resistente a quel
tipo di terapia per far sì che in pochissimo tempo all’interno di quell’organismo si
Il virus HIV con
possa rilevare solo quel tipo di popolazione mutata resistente.
genoma composto da RNA, che presenta quindi una frequenza di mutazioni molto
alta, risulta essere molto particolare in quanto è in grado di eseguire la retro-
trascrizione ovvero è in grado di sintetizzare DNA a partire da RNA attraverso la retro-
trascrittasi inversa che oltre a non avere un’attività di controllo nei confronti dei miss-
match possiede un meccanismo di funzionamento che è soggetto a mutazioni. Questi
due fattori uniti insieme nel complesso sistema di replicazione del virus aumenta
notevolmente la frequenza di mutazioni genetiche, si arriva addirittura all’aumento di
10 volte rispetto alla frequenza replicativa dei normali virus a RNA. HIV possiede circa
10000 basi ed una frequenza di mutazione di 1 ogni 10 , ciò vuol dire che ogni
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genoma avrà da 1 a 10 mutazioni; questo fa sì che all’interno di un soggetto con
un’infezione cronica da HIV non esista una particella virale che abbia lo stesso
genoma delle altre particelle presenti. Le differenze tra i genomi delle varie particelle
virali sono minime. Queste variazioni se considerate in percentuale sono poche quindi
si parla di quasi-specie. Quindi un soggetto infettato da HIV avrà una quasi-specie
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dominante, che costituisce quasi la totalità della popolazione virale presente, poi una
miriade di quasi-specie più o meno differenti dalla quasi-specie predominante.
Nonostante vi sia la predominanza di una quasi-specie su altre non è una situazione
stabile ed immutabile, visto che le mutazioni avvengono con frequenza si evolve
continuamente; le variazioni possono avvenire senza causare conseguenze anche se
l’aspetto principale è: una volta che la quasi-specie dominante verrà bloccata dal
sistema immunitario si avrà la prevalsa di un’altra. Lo stesso problema si riscontra
con la resistenza ai farmaci: una volta inibita l’azione della quasi-specie dominante si
avrà la prevalsa di un’altra quasi-specie immune alla terapia; questo rende
impossibile per le conoscenze attuali trovare un vaccino in grado di eliminare
completamente le particelle virali di HIV. Attualmente esistono delle terapie mirate,
che cambiano nel tempo per tenere bassa la carica virale del virus agendo man mano
su un tipo di quasi-specie diverso.
La Replicazione Virale
La replicazione di un virus è composta da tappe , che avvengono
contemporaneamente o sono sfasate di un tempo pressoché nullo. Avendo a
disposizione poco materiale, utilizzano i meccanismi della cellula che infettano
pirateria molecolare
per portare a termine la propria replicazione ( ); si crea
un’interazione tra le componenti virali e quelle cellulari, ma questi meccanismi
cellulari non si sono sviluppati nel tempo per adattarsi a questo tipo di
interazione al contrario è il virus che col tempo è stato in grado di evolversi in
modo tale da aggirare i meccanismi di difesa cellulari. Le fasi sono:
1. Attacco del virus alla superficie della cellula: il virus per poter entrare
nella cellula ospite deve creare un legame con la membrana cellulare del
un
bersaglio. Non si attaccano casualmente, ma possono legarsi solo a cellule con
recettore per il proprio anti-recettore. Gli anti-recettori sono localizzati
sull’envelope (virus vestiti) o sul capside (virus nudi) ed è per questa
rivestiti sono più labili
localizzazione più esterna degli anti-recettori che i virus
rispetto a quelli nudi; le strutture che permettono l’interazione con la cellula,
nel primo caso si trovano su un rivestimento più fragile in quanto formato da
fosfolipidi e se questo rivestimento viene distrutto il virus perde la capacità di
creare un legame con le cellule bersaglio e quindi la sua capacità infettiva.
L’attacco è un processo che non richiede né che la cellula sia
metabolicamente attiva né che sia viva: frammenti di membrane cellulari che
posseggono il recettore sono in grado di legare il virus. L’interazione tra
recettori e anti-recettori comporta una modifica conformazionale di entrambi
questi elementi che comporta l’attivazione della tappa successiva, quindi un
processo a cascata che porterà all’ingresso del virus. I recettori sono:
a. Proteici: molto specifici in quanto ogni popolazione cellulare esprime
determinate proteine sulla propria superficie;
b. Glucidici: sono poco specifici in quanto le catene saccaridiche esterne
(ad
delle glicoproteine sono costituire sempre dagli stessi zuccheri
esempio l’acido sialico ovvero uno zucchero presente non solo sulla
superficie di tutte le cellule anche in maniera molto abbondante, ma si
trova libero nel muco quindi si parla di una molecola diffusa);
c. Lipidici.
Quindi il tropismo cellulare dipende dall’interazione chiave-serratura; un virus è
in grado di infettare tutte le cellule che esprimono i recettori specifici per il
Esistono anche virus come HIV o gli Herpes Virus in
proprio anti-recettore.
grado di utilizzare più recettori cellulari per permettere la penetrazione del 27
proprio genoma nell’ospite, possiedono uno spettro di cellule bersaglio
maggiore ad altri tipi di virus. In alcuni casi, come per HIV, per permettere la
penetrazione del virus nella cellula bersaglio non è sufficiente l’interazione con
un’unica molecola ovvero le modifiche conformazionali che avvengono dopo la
prima interazione non sono sufficienti; quindi prima si ha un’interazione con il
recettore e si crea un legame a bassa affinità dopodiché il virus si lega ad una
seconda molecola detta co-recettore il quale si attiva solo in un secondo
momento. Una volta legato anche il co-recettore si passa alla tappa successiva.
Esistono anche dei meccanismi di ingresso virale nell’ospite aspecifici quindi
ad esempio sulla
che non si avvalgono del meccanismo recettore-anti-recettore,
superficie di macrofagi e su molte cellule del sistema immunitario sono presenti
dei recettori in grado di riconoscere e legare il frammento costante delle
immunoglobuline attivando la fagocitosi. Può accadere che a queste cellule si
leghi un anticorpo legato ad un virus, ovvero legano immunocomplessi virali e
quindi successivamente alla fagocitosi di questi complessi si ha come risultato il
fatto che il virus sia entrato nella cellula senza però aver mai interagito con essa
direttamente tramite recettore; questo in alcuni casi può provocare effetti
devastanti sui soggetti in cui si verifica;
2. Ingresso o penetrazione;
3. Uncoating: il virus perde i suoi rivestimenti perché la parte essenziale è il suo
genoma. Può avvenire insieme alla fase 2;
4. I virus a RNA rimangono nel citoplasma dell’ospite mentre quelli a DNA
si spostano nel nucleo: il passaggio dal citoplasma al nucleo è molto difficile
infatti la cellula ospite prova in tutti modi ad evitare che il genoma virale si
replichi, quindi questo passaggio viene evitato dai virus a RNA in quanto non
necessitano degli enzimi presenti nel nucleo per replicarsi al contrario del DNA.
Nonostante questa distinzione esistono delle eccezioni:
virus influenzali: pur avendo il genoma a RNA vanno nel nucleo;
retrovirus sono anch’essi a RNA, vanno nel nucleo con modalità
diverse in quanto una volta entrati nel citoplasma vanno incontro a
retro-trascrittasi diventando a DNA e solo dopo si spostano nel nucleo;
i Poxvirus nonostante posseggano un genoma a DNA sono in grado di
codificare talmente tanti enzimi che non necessitano di quelli presenti
nel nucleo cellulare per replicarsi.
5. tra