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POSSIBILI, MA CHE NON SONO GRADITI, E SONO CONTROLLABILI ATTRAVERSO

L’UTILIZZO DI SO ] (ad esempio Pediococcus è sgradito in quanto porta alla formazione di

2

ammine biogene).

Se ci sono delle ragioni enologiche che richiedono che una fermentazione malo-lattica debba

avvenire, bisogna favorire lo sviluppo di Oenococcus Oeni dal punto 30 (sulle ascisse) in poi. Se

invece le ragioni enologiche non prevedono questo tipo di fermentazione, allora occorre

impedire questo sviluppo.

L’unico metodo, assieme alla temperatura, che viene utilizzato per favorire lo sviluppo di

Oenococcus, è il bilanciamento della concentrazione di anidride solforosa.

La fermentazione malo-lattica viene definita disacidificazione; in realtà si tratta di una

trasformazione da acido malico ad acido lattico: la ragione del termine “disacidificazione” è

attribuibile alle diverse caratteristiche di acidità dei due diversi acidi, l’acido malico infatti è

più acido e più astringente.

Durante la fermentazione malo-lattica si ha inoltre una leggera effervescenza dovuta alla

produzione di una molecola di CO .

2 57

La fermentazione malo-lattica, dal punto di vista biochimico, prevede il passaggio attraverso

la produzione di acido piruvico, e questo può avvenire attraverso due strade: la prima è

catalizzata dall’enzima malico e porta direttamente alla produzione di acido piruvico + CO ,

2

mentre la seconda porta alla formazione di acido piruvico + CO grazie all’enzima malato

2

deidrogenasi attraverso la produzione di acido ossalacetico. In fine l’acido piruvico viene

convertito ad acido lattico grazie all’enzima lattato deidrogenasi.

Parallelamente a questa reazione avvengono reazioni secondarie che portano alla formazione

di altri composti e che normalmente si liberano contemporaneamente a carico anche della

degradazione dell’acido citrico. Questo porta chiaramente alla liberazione di composti

aromatici piacevoli, ma dall’altro lato della medaglia porta ad un cambiamento

dell’acidità.

I vini che traggono benefici dalla fermentazione malo-lattica sono vini che vengono prodotti

à

da uve con un’alta concentrazione di acido malico e che normalmente richiedono

l’invecchiamento prima del consumo. Per quei vini ottenuti da uve raccolte a maturità non

eccessiva.

I vini che perdono in seguito ad una fermentazione malo-lattica sono i vini che hanno una

à

bassa acidità, ma quell’acidità li contraddistingue, ovvero è una caratteristica (ad esempio la

leggera acidità dei vini bianchi freschi e giovani). Per vini ottenuti da uve mature.

MECCANISMI IN GRADO DI FAVORIRE LO SVILUUPO DI OENOCOCCUS

Il primo meccanismo, è ovviamente aggiungere Oenococcus come starter. Questa pratica è

comune ma non diffusissima. Un’altra pratica è quella di giocare sui fattori ecofisiologici, e che

fanno si che il LAB naturalmente presente nel vino si sviluppi. I fattori sono

fondamentalmente due:

I. Aggiunta SO : se non si gradisce la fermentazione malo-lattica, occorre aumentare la

2

concentrazione di anidride solforosa,

II. Temperatura: al termine della fermentazione alcolica, se si intende favorire la

fermentazione malo-lattica, occorre aumentare la temperatura (o in linea di base non

bisogna diminuirla) fino circa a 25°C. Se non si gradisce la fermentazione, si comincia a

far maturare il vino ad una temperatura di circa 12-15°C. Il leggero innalzamento della

temperatura ha l’effetto di innescare la fermentazione malo-lattica.

La durata della fermentazione malo-lattica è da una settimana in avanti, a seconda della

temperatura che si sceglie di tenere.

I batteri lattici, inoltre, come Oenococcus, sono nutrizionalmente esigenti, ed hanno bisogno di

azoto. L’azoto dei LAB è quello proteico e presente nei polipeptidi, e questi sono presenti nel

pericarpo degli acini: quindi la fermentazione malo-lattica è particolarmente favorita nelle

vinificazioni in rosso indipendentemente dal colore dell’uva. 58

I BATTERI ACETICI

Per quanto riguarda i m.o. coinvolti nella vinificazione, il ruolo principale è svolto dai lieviti

Saccaromyces, ma lieviti non Saccaromyces dotati di forte vigore fermentativo e basso potere

alcoligeno sono coinvolti nelle prime fasi della fermentazione (che vedono parallelamente

anche la fermentazione gliceropiruvica); mentre alla fine della fermentazione (in funzione al

gradimento) è possibile la presenza di fermentazione malo-lattica gestita da LAB: se questi si

sviluppano utilizzando gli zuccheri del mosto causano malattie, se invece si sviluppano

utilizzando acido malico, questo viene trasformato in acido lattico, modificando la

composizione aromatica del vino.

Un altro gruppo di m.o. sono i batteri acetici: questi per il vino sono sempre negativi, perché

sono responsabili della trasformazione ossidativa dell’etanolo. (dettagli inerenti ai batteri

acetici sono discussi successivamente trattando l’aceto).

L’unico aspetto che vale la pena citare: poiché sono sempre negativi, ed il loro sviluppo è

strettamente legato alla presenza di ossigeno, un modo per impedirne lo sviluppo è limitare il

potenziale redox (principalmente dovuto ai travasi in cantina con pompe che trasportano il

fluido da una posizione all’altra).

LE MUFFE

Le muffe coinvolte nel processo di vinificazione, sono sempre

negative quando sono responsabili delle malattie che attaccano

la pianta. Non sono mai malattie del mosto o del vino. Le più

comuni sono le antracnosi e le botriti. La botrite è data dalla

presenza di una muffa che è Botrytis cinerea, e provoca questo

tipo di ammuffimento; tuttavia la presenza di questa muffa in

alcune tipologie di vinificazioni è strettamente legata alla

qualità del prodotto (vedere pag. 64).

Direttamente sul vino, le muffe possono recare danni legati ad

aspetti igienico-sanitari grazie alla presenza di micotossine

nell’uva e successivamente nel mosto e nel vino (aspetto poco frequente) o mediante il loro

sviluppo sul sughero o sulle botti (provocando danni di tipo organolettico, aspetto più

frequente). Le muffe sono le principali responsabili del sapore di tappo nel vino proprio perché

si sviluppano sulla superficie del sughero del tappo; queste, sul sughero, sviluppano metaboliti

in presenza di elevata umidità (quindi occorre prestare attenzione alle modalità di produzione

di tappi e botti). Oggigiorno sono sempre più superate queste problematiche sostituendo il

sughero con altri materiali plastici. 59

CONTROLL O DELLA F ERM E NTAZIONE

Per poter comprendere come deve essere regolato lo sviluppo di m.o. (quali? E quando?)

occorre riflettere sui diversi momenti della fermentazione del mosto. Normalmente l’uva viene

raccolta una volta l’anno, e quindi la trasformazione del mosto in vino è annuale: la riuscita

della fermentazione è strettamente fondamentale ed è necessario controllarlo. Il mosto si

trasforma in vino se la fermentazione avviene correttamente, ovvero se:

TUTTI GLI ZUCCHERI DEL MOSTO (FRUTTOSIO E GLUCOSIO) VENGONO

CORRETTAMENTE E COMPLETAMENTE TRASFORMATI.

Tutto questo in tempi compatibili con la fermentazione in funzione della tipologia di vino in

accordo con le modalità aziendali. Se questo non avviene la fermentazione si arresta, fino a

recare un danno (è il danno più grande e grave dal punto di vista produttivo del vino).

Per comprendere come questa debba avvenire correttamente occorre ritornare al concetto di

“fermentescibilità del mosto”, assieme allo studio della promozione/inibizione dello sviluppo

dei lieviti. I principali fattori di sviluppo/inibizione sono:

• Di natura chimica: come le carenze nutritive (fattori intrinseci, ad esempio carenza

di composti azotati) o la presenza di inibitori.

• Di natura chimico-fisica: (generalmente fattori espliciti) come la presenza di

ossigeno (nelle fasi intermedie di vinificazione), la temperatura o la chiarificazione

(eliminazione delle vinacce).

• Di natura microbiologica: prevenendo lo sviluppo di m.o. indesiderati ed

antagonisti.

Occorre quindi tenere sempre monitorata la concentrazione dello zucchero nel mosto durante

tutto il processo di vinificazione, per fare questo è possibile analizzare direttamente la

concentrazione zuccherina, oppure monitorare la concentrazione dei prodotti di fermentazione

(come l’etanolo o la CO ), così come

2

utilizzare conte microbiologiche. Tutte

queste modalità sono fattibili, ma

dispendiose in termini economici e di

tempo: per cui quello che di norma si fa, è

la considerazione della trasformazione

degli zuccheri in metaboliti, monitorando

la densità del mosto. Si utilizza uno

strumento chiamato densimetro. La

densità del mosto è più alta rispetto a

quella dell’acqua perché sono presenti gli

zuccheri, a mano a mano che questi

vengono consumati e trasformati in etOH

e CO diminuisce la densità. Quando la

2,

temperatura viene controllata

accuratamente, si assiste ad una 60

diminuzione progressiva di zucchero. Se al termine previsto per la fermentazione, la densità

presenta valori superiori allo 0,9999… periodico, questo significa che la fermentazione si è

arrestata prima, dando luogo alla “stuck fermentation”. Nel grafico riportato, con il simbolo ∎,

si vede il controllo della temperatura. Da una temperatura iniziale di circa 18°C, diminuisce

parallelamente in modo rapido la densità, dato dal veloce sviluppo dei lieviti (reazione

esotermica), innalzando così la temperatura, arrivando naturalmente fino a circa 30°C. a

questo punto il tank di fermentazione viene raffreddato a circa 27°C. la temperatura ritorna a

salire, il tank viene nuovamente raffreddato: in questo modo, correggendo sempre la

temperatura, si ha un corretto sviluppo dei lieviti, con una normale curva di fermentazione; se

questo non avvenisse in modo corretto, si avrebbe l’ottenimento di una curva con un arresto

prematuro della fermentazione (stuck fermentation). Quindi, ciò che regola la capacità di

duplicazione dei lieviti, non è l’indisponibilità dello zucchero, ma la resistenza all’etanolo

prodotto (potere alcoligeno). La concentrazione dello zucchero ha effetto sullo sviluppo

cellulare del lievito entro i valori compatibili (entro 200g/L), ma la trasformazione totale

dipende dalla resistenza all’etanolo (fino ad un grado medio di 12/13%). Per arrivare ad un

grado alcolico al di sopra del 14% (amarone o altri vini) avviene qualcosa di particolare dato da

una modificazione della concentrazione di zucchero nel mosto e una modificazione della

gestione della fermentazion

Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
101 pagine
SSD Scienze agrarie e veterinarie AGR/16 Microbiologia agraria

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher enrico.97 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Microbiologia degli alimenti e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Parma o del prof Gatti Monica.