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HIV
L’HIV fa parte delle retroviridae. Questi virus necessitano dell’enzima trascrittasi inversa, al fine
E’ un virus a RNA. Questo virus è particolarmente diffuso nell’Africa
di potersi replicare.
Subsahariana (dove, oggi, i casi sono aumentati, ma i morti sono diminuiti).
Le modalità di trasmissione possono essere diverse:
1. Sesso fra uomini (42%)
2. Sesso fra eterosessuali (32%)
3. Droghe endovena (5%)
4. Trasmissione madre-figlio (<1%)
Esistono due tipologie di HIV:
1. HIV-1, più diffuso
2. HIV-2, meno diffuso, meno aggressivo, presente prevalentemente in certe
regioni africane.
Il core del virus è costituito da due filamenti di RNA, con stessa polarità (genoma diploide). A
ridosso dell’RNA è presente l’enzima trascrittasi inversa. Oltre a questo, ci sono altri due enzimi
che consentono l’integrazione del genoma virale in quello cellulare.
importanti, chiamati integrasi,
Inoltre, è presente anche una proteasi, che serve per la maturazione delle proteine virali. Queste 3
componenti (trascrittasi inversa, integrasi e proteasi) sono tipiche del virus: sono stati, infatti,
studiati come bersaglio di farmaci antivirali.
centrale, c’è il capside virale, formato
Attorno al core da una proteina chiamata P24. Ancora più
esterno è presente un envelope, dove sono inserite due glicoproteine: GP120, che sporge all’esterno,
e GP41, che attraverso interamente l’envelope (transmembrana).
L’HIV può infettare i linfociti T-CD4 (li distrugge) e i macrofagi (non li distrugge). Altre cellule
infettate dall’HIV sono le cosiddette CD4-.
Ma come avviene l’infezione?
In primo luogo il virus si lega al recettore cellulare attraverso la GP120; l'envelope del virus si
fonde, quindi, alla membrana della cellula, attraverso l'azione della GP41. Dopo questo legame,
però, il virus deve formare un altro legame, questa volta con un corecettore (per eseguire un legame
Una volta rilasciato all’interno il contenuto, l’enzima trascrive l’RNA
stabile). trascrittasi inversa
virale in DNA. Questo viene portato nel nucleo della cellula (linfocita T-CD4), dove va ad
integrarsi, attraverso le integrasi, nel genoma della cellula. Una volta integrato, possono accadere
due cose: se la cellula è quiescente, non si ha replicazione virale (infezione latente); se, invece, il
linfocita T viene attivato, viene attivata anche la replicazione virale, facendo progredire l’infezione.
Nel momento in cu il virus si replica, dopo le varie fasi di sintesi dei vari componenti, attraverso la
gemmazione, le particelle virali usciranno da ciascun linfocita infettato.
Esistono diversi stadi di espressione di HIV nelle cellule infettate:
1. Completa latenza
2. HIV mRNA
3. mRNA e proteine
4. Produzione nuovi virioni
L’HIV è un virus estremamente variabile. Ciò che varia è:
1. Tropismo cellulare
2. Cinetica di replicazione
3. Citopaticità
4. Capacità di formare sincizi
5. Latenza e inducibilità
6. Antigeni iniziale dell’infezione, i ceppi che prevalgono sono quelli che infettano i
Normalmente, nello stadio
macrofagi. Nel secondo stadio di infezione, invece, prevalgono quei ceppi che infettano i linfociti T,
provocando un’infezione molto più grave.
La sindrome primaria da HIV settimane dopo l’infezione. I primi sintomi sono
I sintomi di HIV sono visibili solo circa 6-12
relativamente aspecifici (non caratteristici). Una cosa importante da tenere presente è che, per
diagnosticare un’infezione da HIV, la prima cosa che si fa è cercare gli anticorpi verso il virus;
questi sono dosabili solo dopo 6 settimane dall’infezione vera e propria.
tuttavia,
All’inizio dell’infezione, i linfociti sono attorno ai 1000. Dal momento in cui il virus dell’HIV
comincia a replicarsi in grandi quantità, i linfociti CD4 si dimezza, raggiungendo quantità variabili
intorno ai 500 circa. Tuttavia, anche se la concentrazione è diminuita, questi linfociti sono
comunque ancora sufficienti a garantire una protezione contro le infezioni più comuni (non si
hanno, quindi, manifestazioni particolari). Per un lungo periodo di tempo si ha, poi, la cosiddetta
latenza clinica: il virus, dopo questa prima fase di replicazione, è mantenuto sotto controllo dalla
risposta immunitaria (la quantità di virus si abbassa notevolmente). Col passare degli anni e di
questa fase, ad un certo punto cominciano a manifestarsi dei sintomi (indebolimento, insonnia,
sudorazione, ecc.), che porteranno all’immunodepressione, legato ad un crollo della quantità dei
linfociti T (al di sotto dei 200) e ad un aumento vertiginoso della carica virale.
Alcune malattie legate all’HIV sono il sarcoma di Kaposi, la candida e il virus di Epstein-Barr.
Esistono molte varianti del virus HIV-1. Il gruppo M è quello più diffuso.
Diagnosi di infezione da HIV
La prima cosa da fare è la ricerca degli anticorpi. Se questa risulta positiva, viene effettuato un test
di conferma più specifico (più costoso). Se viene confermata la positività, si procede con alcuni
dosaggi quantitativi del DNA virale e, a volte, anche della proteina P24 (proteina del capside che,
tuttavia, si trova in circolo solo nel caso di infezione estremamente alta).
A volte è possibile eseguire test per la ricerca di acido nucleico virale anche nelle urine o nella
saliva.
Un problema della terapia antivirale è che esistono delle resistenze: il virus è soggetto a grandi
variazioni. Sotto la pressione dell’azione dell’antivirale, emergono delle varianti resistenti del virus;
sono, infatti, necessari tanti farmaci diversi, che agiscano su numerosi bersagli.
uno dei quali è l’HAART,
Oggi, inoltre, vengono utilizzati i cosiddetti cocktail di farmaci anti HIV,
nel quale sono presente una grande quantità di farmaci diversi.
Ma quando si cominciano i trattamenti? Inizialmente, si pensava di cominciare il trattamento
quando i CD4 erano sotto i 200/µl; oggi si comincia subito la diagnosi.
I micobatteri
Ogni anno le infezioni da micobatteri sono circa 8 milioni in tutto il mondo, tra cui ben 2 milioni
sono rappresentati dai morti.
I micobatteri sono batteri a forma di bastoncello, molto sottili, acido-alcol resistenti, aerobi
obbligati, immobili e con lenta replicazione, sia in vivo che in vitro.
La loro parete cellulare è ricca di lipidi e cere, che donano una grande impermeabilità alla cellula.
tuorlo d’uovo
Questi micobatteri sono coltivabili in terreni molto ricchi, come quelli con o con
tuttavia, come già detto, nonostante l’ambiente favorevole sono
acido oleico-albumina,
estremamente lenti a replicarsi.
La parete cellulare è costituita da una serie di strati lipidici, tra cui il peptidoglicano. Questi lipidi
sono i responsabili della colorazione acido-alcol resistente, della lenta crescita e della loro
resistenza ai detergenti.
Tra i componenti della parete è presente una sostanza detta fattore cordale, chiamato così perché fa
sì che questi batteri restino ammucchiati a formare dei cordoni.
I micobatteri si suddividono in:
1. Complesso tubercolare
2. Micobatteri non tubercolari, divisi in 4 gruppi in base alla velocità di crescita e alla
produzione di pigmento
La sorgente e la fonte di infezione è sempre rappresentata dall’uomo. La trasmissione è aerogena
(aerosol). E’ importante, tuttavia, notare il fatto che gli individui infetti eliminano pochi micobatteri
e, per infettarsi, ne sono necessari moltissimi. Di conseguenza, per infettarsi, è necessaria una
prolungata esposizione.
Se questi micobatteri raggiungono le vie respiratorie, vengono fagocitati da parte dei macrofagi
alveolari, che tuttavia, essendo ancora inattivi, non digeriscono i batteri ingeriti. Questi, dunque,
restano all'interno del macrofago, dove si possono moltiplicare.
I micobatteri hanno la capacità di inibire e bloccare la fusione del patosoma ingerito con i granuli
del lisosoma: questa fusione, quindi, non avviene e i batteri riescono a sopravvivere.
Si viene così a formare un tubercolo, in cui il batterio sopravvive dopo il primo incontro.
Col passare del tempo, questa infezione latente diviene la vera e propria malattia attiva, seguita da
un abbassamento delle difese immunitarie, dove compaiono manifestazioni tipiche della
tubercolosi. quindi, è l’attivazione dei macrofagi e il
La reazione da primo contatto col micobatterio,
contenimento dell’infezione, con la formazione del tubercolo (se un soggetto è, ovviamente
Se l’infezione primaria fosse contratta da soggetti immunodeficienti, il
immunocompetente).
risultato non sarebbe un tubercolo (in cui i batteri sono tenuti fermi e viene loro impedito di
moltiplicarsi), ma si verrebbero a formare tutta una serie di lesioni, accompagnate da necrosi
tubercolosi diffusa a tutto l’organismo.
caseosa, batteriemia e
A volte, una riattivazione di un complesso primaria, può provocare una nuova reazione
infiammatoria, sia nei soggetti immunocompetenti che in quelli immunodeficienti.
Fino al momento in cui i batteri sono racchiusi nel tubercolo, la malattia è latente e non può essere
trasmessa; se c’è una riattivazione, invece, questa può provocare il contagio di altri soggetti e la
manifestazione dei sintomi.
La risposta all’aggressione “reazione
dei micobatteri è una di ipersensibilità ritardata cellulo-
mediata”.
Diagnosi indirette e dirette
Al fine di capire se il soggetto ha avuto realmente un’infezione da micobatteri, attraverso il test
della tubercolina. Viene inoculata un derivato proteico purificato della tubercolina e si guarda, dopo
48ore, se c’è positività; questa è data dalla misurazione del diametro di indurimento della zona, che
deve essere maggiore o uguale a 15mm (per essere positiva). La positività non significa avere la
tubercolosi attiva, ma sottolinea il fatto che, nella propria vita, c’è stato un incontro col
micobatterio, che ha portato allo sviluppo del complesso primario (tubercolo), asintomatico e
latente.
Oggi, in alternativa al test della tubercolina, si utilizza un altro test, che viene eseguito in vitro (e
non in vivo). Viene prelevato del sangue e si osserva se i linfociti di questo individuo, esposti ad
alcune proteine antigeniche batteriche, si attivano. Ma come si capisce se si sono attivati? Si misura
prodotto (che sottolinea proprio l’attivazione dei linfociti).
la concentrazione di interferone-γ
a vedere se è presente un’infezione batterica,
Una diagnosi diretta, che punta procede così:
1. Un esame batterioscopico, att