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A A A A A A
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Generazioni
Gli organismi viventi cambiano, anche se lentamente
➢ Omnis cellula e cellula: ogni organismo vivente deriva da un altro (o da altri due) organismi.
➢ Gli organismi attuali differiscono da quelli che esistevano tempo fa.
➢ Gli organismi attuali derivano da organismi diversi.
➢ È possibile ricostruire una filogenesi.
➢ L’unitarietà del mondo vivente fa ritenere che tutti gli organismi attuali derivino da un progenitore
comune, LUCA: Last Universal Common Ancestor. Esempi di unitarietà del mondo sono
l’universalità del codice genetico e la presenza di ribosomi per la sintesi proteica.
La conseguenza di avere un antenato comune è l’esistenza di una similarità residua tra le specie. Consideriamo
la conseguenza del fatto che la specie A dà origine a due linee nella progenie che non possono incrociarsi
0
ulteriormente tra loro.
Dopo un sufficiente lasso di tempo, durante il quale si accumulano le mutazioni, la prima linea potrebbe
cambiare abbastanza da essere definita come una nuova specie, A , idem per il secondo gruppo che diventerà
1
nello stesso intervallo di tempo A .
2 A
1
A
0 A
2
Poiché le due linee hanno accumulato cambiamenti indipendentemente (non ci sono stati incroci) molti di
questi cambiamenti nei due gruppi saranno differenti. Le due specie mantengono una similarità residua con
A , il loro più recente antenato comune, e quindi devono mantenerla anche tra loro. Molte delle somiglianze
0
tra le specie odierne sono dovute proprio al loro antenato comune.
Identità e diversità biologica dei procarioti attuali
I procarioti sono dotati di una struttura molecolare complessa ma presentano piccole dimensioni. Hanno
pertanto una morfologia relativamente semplice. Persino a livello ultrastrutturale non è facile distinguere
batteri da archei.
La diversità biochimica, metabolica e fisiologica dei procarioti è, al contrario, grandissima, e riflette le
innumerevoli strategie messe in atto per ottenere “materia” ed “energia” per la propria riproduzione.
I procarioti sono stati ritrovati in tutti gli habitat dove vivono anche gli eucarioti. Inoltre li ritroviamo in
ambienti “estremi” per temperatura, pH o concentrazione salina, spesso non colonizzati da eucarioti.
I procarioti possono vivere:
- Liberi, come singole cellule;
- In aggregati (colonie, biofilm...)
- Comunità e associazioni microbiche
- In associazione con organismi:
- uni- o pluri-cellulari;
- piante, animali, funghi;
- extracellularmente o intracellularmente
I procarioti:
- Possono ottenere carbonio:
- dalla CO autotrofi
2
- da sostanze organiche eterotrofi.
- Possono ottenere azoto:
- da N azoto fissatori
2
- da N combinato (e in varie forme) non N fissatori.
- Possono ottenere energia:
- dalla luce fototrofi
- da reazioni chimiche con composti inorganici chemiolitotrofi
- da reazioni chimiche con composti organici chemioorganotrofi
“bruciandoli”: respirazione
-
- trasformandoli in altri composti organici: fermentazione.
Motori che hanno generato la diversità
La varietà dei procarioti attuali è il risultato di un processo evolutivo avvenuto per mutazione, ricombinazione
e selezione naturale. Mutazioni e trasferimento genico orizzontale sono infatti i motori che hanno generato
questa diversità. La selezione naturale elimina poi le varianti non favorite.
I sistemi di ricombinazione nei batteri si dividono in:
• Dovuti a “trasferimento genico orizzontale” tra individui diversi. Essi sono: trasformazione,
coniugazione e trasduzione e possono portare a sostituzione di informazione genetica con
informazione genetica equivalente (omologa) oppure aggiunta di nuova informazione genetica.
• Dovuti a “riarrangiamenti interni” al genoma di un singolo individuo.
Problematiche nella classificazione dei procarioti
Non riproducendosi per via sessuale non è possibile applicare il tradizionale concetto di specie nel classificare
i procarioti. Normalmente definiamo specie un insieme di popolazioni capaci di riprodursi e dare origine a una
altri insiemi e “occupanti” uno specifico posto in natura.
prole fertile, isolate riproduttivamente da
Una definizione possibile per le specie procariotiche è un insieme di ceppi che mostrano un grado elevato di
somiglianza fenotipica e si distinguono da altri gruppi di ceppi correlati per un gran numero di caratteri
indipendenti. Un’altra definizione può essere quella con base genetico – molecolare ovvero un insieme di ceppi
con similarità DNA/DNA superiore al 70%.
Classificazione su base morfologica, funzionale e metabolica
L’approccio classico per studiare il mondo dei procarioti è quello di isolare dall’ambiente, e coltivare in
–
laboratorio, cloni di cellule, per poi caratterizzarli sotto vari punti di vista: ad es. morfologico funzionale,
fisiologico, genetico ecc.
Dagli albori della microbiologia ad oggi è stata collezionata una grande varietà di cloni, che normalmente
vengono chiamati isolati o ceppi. Nonostante si disponga di ricche collezioni di ceppi, queste non sono
nell’ambiente, in quanto non si è ancora riusciti a trovare
veramente rappresentative della varietà dei procarioti
le condizioni per coltivare molti ceppi.
Analogamente ai botanici e agli zoologi, anche i microbiologi si sono posti il problema di classificare i loro
oggetti di studio, ossia la molteplicità dei ceppi nelle collezioni.
Pur in mancanza di approcci soddisfacenti per costruire una classificazione naturale dei procarioti, i
microbiologi non hanno rinunciato a fare tassonomia. Il risultato di questa classificazione è un volume
intitolato Bergey’s Manual of Determinative Bacteriology in cui si definisce la specie come “un insieme di
ceppi (isolati) che presentano caratteristiche comuni che li differenziano da altri ceppi”.
Anche per i procarioti vale la nomenclatura binomiale con i due termini in latino e in corsivo di cui il primo
indica il genere e il secondo la specie. Entrambe i termini possono avere un valore descrittivo e si possono
–
riferire ad es. a caratteri metabolici, morfologico cromatici, al nome dello scopritore, al luogo geografico di
isolamento ecc. Ad es. Bacillus indica una morfologia a bastoncello mentre Escherichia prende il nome da
Theodor Escherich.
Caratteristiche generalmente utilizzate per la classificazione dei procarioti
- Struttura della parete (colorazione di Gram)
- Percentuale di G + C nel genoma
- Temperatura di crescita
- Capacità di formare endospore (o altri tipi di spore)
-
- Tipo di accettore di e per la respirazione
- Capacità di fare fotosintesi
- Motilità: presenza o meno di flagelli
- Morfologia della cellula
- Fonti di C utilizzabili
- Fonti di N utilizzabili
- Auxotrofie (ad es. per vitamine o aminoacidi).
Classificazione su base genetico molecolare
Per filogenesi s’intende la storia evolutiva degli organismi viventi. È possibile utilizzare similitudini a livello
–
genetico molecolare per determinare i rapporti di parentela degli organismi viventi. Parliamo di filogenesi
molecolare.
Le macromolecole informazionali (DNA, RNA, Proteine) sono utilizzabili per ricostruire alberi filogenetici.
La distanza evolutiva tra due organismi può essere misurata tramite differenze nella sequenza nucleotidica.
Gli alberi filogenetici sono diagrammi formati da rami che connettono nodi.
Caratteristiche di un marcatore (ad es. un gene, o un tratto definito di DNA) perché sia utilizzabile per
una filogenesi molecolare di organismi
1. Il gene deve essere presente in tutti gli organismi di cui si vuole studiare la filogenesi ed essere
implicato in funzioni cellulari essenziali/centrali.
2. Le varie copie del gene devono mostrare un livello appropriato di conservazione di sequenza tale per
cui si possa ragionevolmente postulare un’origine comune. In altre parole le sequenze considerate
devono essere funzionalmente omologhe.
3. Il gene deve essere stato ereditato in tutte le specie per trasmissione verticale e non deve essere stato
soggetto a trasferimento laterale (trasmissione orizzontale).
I geni codificanti per l’RNA ribosomale sono adatti per gli studi di filogenesi. Essi infatti sono presenti in tutti
gli organismi viventi e sono adatti per fare alberi filogenetici universali.
Uno dei due geni (16S (procarioti) / 18S (eucarioti)) è abbastanza piccolo ma sufficientemente informativo.
L’RNA ribosomale si può facilmente isolare e si può, meno facilmente, sequenziare direttamente.
Alcune regioni non possono cambiare facilmente e pertanto sono adatte per identificare diramazioni antiche.
Altre regioni invece possono cambiare facilmente e pertanto sono adatte per identificare diramazioni recenti.
La presenza di regioni conservate combinate con recenti tecniche di amplificazione del DNA permettono
approcci sperimentali rapidi ed efficaci.
Negli anni ’80 Carl Woese propone l’albero filogenetico universale, basato sul confronto delle sequenze
nucleotidiche dell’RNA ribosomale 16/18 S.
primitiva aveva una temperatura media molto più alta di quella attuale inoltre l’atmosfera era priva di
La terra
. L’ossigeno che successivamente risulta presente nell’atmosfera è prodotto dagli organismi fotosintetici. I
O
2 Alla base dell’albero filogenetico troviamo il phylum
primi organismi fotosintetici furono i cianobatteri.
Aquifex/Hydrogenobacter costituito da batteri anaerobi ipertermofili. Altri organismi ipertermofili, in grado di
resistere a T intorno agli 80°C, sono i Thermotoga.
Al phylum dei Deinococci appartengono invece organismi particolarmente resistenti alle radiazioni. Si tratta
di un taxa poco numeroso che risulta positivo alla colorazione di Gram ma che tuttavia, da un punto di vista
filogenetico, non è imparentato con i Gram +.
Sempre all’interno del phylum dei Deinococci troviamo Thermus aquaticus, l’organismo da cui per la prima
volta è stata purificata la DNA polimerasi termostabile usata per la PCR.
Fotosintesi clorofilliana
Cinque dei principali gruppi filogenetici dei batteri includono generi fotosintetici. Data la complessità del
processo è improbabile che questo sia stato concepito da zero più volte. Sembra invece molto più probabile
nell’evoluzione degli Eubatteri e sia stato poi perso, o acquisito
che esso abbia avuto origine precocemente
tramite trasferimento orizzontale, in molte linee.
I gruppi che divergono per primi nel dominio dei batteri non presentano membri fotosintetici. Questo
suggerisce, ma non prova, che la fotosintesi clo