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Nell’endecasillabo "a maiore" generalmente è tonica almeno una sillaba prima della sesta, (tipicamente la 1a, la 2a o la
3a).
Molto più raro il caso in cui non ci siano accenti rilevanti prima della sesta sillaba come in questo caso:
« de la trasfigurata mia persona . »
(Petrarca, Canzoniere, XXIII, 42)
Più raro ancora il caso in cui da un accento sulla prima si va subito all'accento sulla sesta:
« Sgombrimisi del petto ogni altra voglia. »
(Bembo, "Perché ‘l piacer", Asolani, 3 VIII, 4)
Tipi di endecasillabi "a minore"
L'endecasillabo a minore ha principalmente due tipi di accentazione rilevanti:
L'endecasillabo con accento sull'ottava, più comune: « Non perciò d'ira al flagellar rovente »
(Alfieri, Due fere donne, anzi due furie atroci)
Schema: 4a-8a-10a « che 'l gran sepolcro liberò di Cristo »
(Tasso, Gerusalemme Liberata, I, 2)
Schema: 4a-8a-10a
L'endecasillabo a minore "di settima" risulta essere più raro rispetto agli altri versi "a minore", poiché il suo ritmo in
passato era considerato poco "sonoro" e perciò adatto, secondo i poeti petrarchisti, a riprodurre la prosodia del parlato:
« ch’io mi sia tardi al soccorso levata, »
( Dante, Inferno, II , 65)
Schema:4a-7a-10a « l’aiuta sì ch’i’ ne sia consolata. »
(Dante, Inferno, II, 69)
Schema:4a-7a-10a
Accenti e ritmo
Giambico, dattilico e anapestico
Come in una composizione musicale, il ritmo è una delle componenti fondamentali da cui deriva l'armonia musicale che
caratterizza il verso. Data la ricchezza ritmica non esiste una classificazione universalmente riconosciuta che riesca a
categorizzare tutti i tipi di ritmi che si possono dare ad un endecasillabo. Tuttavia, prendendo a prestito una
terminologia proveniente dalla metrica classica, è possibile evidenziare alcuni tipi di versi a seconda del loro attacco
definendoli giambici, dattilici e anapestici.
Si definiscono dal ritmo
Giambico quegli endecasillabi con accento sulla 2a, 4a e 6a sede:
« Al cor gentil rempaira sempre amore »
(Guido Guinizzelli, Al cor gentil rempaira sempre
amore) Sill Sill (Sill
Sill 1 Sill 2 Sill 3 Sill 4 Sill 5 Sill 6 Sill 7 Sill 8 Sill 9 10 11 12)
al cor gen til rem pai ra sem pre_a mo re
Un endecasillabo così costruito ha entrambe le sedi principali toniche (4a e 6a sillaba), anche per questo motivo è il
ritmo più semplice e più comune nella poesia italiana. L'andamento giambico (àtona-tònica-àtona-tònica...) fornisce al
verso un ritmo cantilenante e monotono. Questo ritmo era particolarmente adatto a componimenti che dovevano essere
accompagnati da musica.
Tra i versi a minore si riconoscono quelli dal ritmo:
Dattilico con accento sulla 1a 4a 7a 10a o più raramente 1a 4a 7a 9a 10a :
« fatta di gioco in figura d'amore »
(Guido Cavalcanti, Rime, XXX, v. 21)
Sill Sill (Sill
Sill 1 Sill 2 Sill 3 Sill 4 Sill 5 Sill 6 Sill 7 Sill 8 Sill 9 10 11 12)
fat ta di gio co_in fi gu ra d'a mo re
I poeti delle origini utilizzavano questo ritmo lento e discendente (tònica-àtona-àtona-tònica...)per dare al lettore una
senzazione di solennità, o per riprodurre la prosdia del parlato.
Tra i versi a maiore è possibile identificare quelli dal ritmo:
Anapestico: Con accento sulla 3a 6a 10a: « Se Mercé fosse amica a' miei disiri »
(Guido Cavalcanti, Rime, XV)
Sill Sill (Sill
Sill 1 Sill 2 Sill 3 Sill 4 Sill 5 Sill 6 Sill 7 Sill 8 Sill 9 10 11 12)
se mer cé fos se_a mi ca_ai miei de si ri
Il ritmo anapestico (àtona-àtona-tònica...) è ascendente e da un senso di maggiore "scorrevolezza" e velocità al verso.
L'uso del ritmo e la poesia
Volendo trovare una regola generale potremmo dire che il ritmo del verso si fa più incalzante quanto più sono numerosi
e ravvicinati e gli accenti tra loro; lo sfruttare abilmente gli accenti di un verso è parte fondamentale della sensibilità
artistica di un autore. Ecco alcuni esempi che mostrano quanto il ritmo sia importante per dare "colore" al
componimento poetico:
In questo esempio i primi accenti a disposizione dattilica, e l'accostamento di due versi con accentazione simile
contribuiscono a dare un andamento da ninna-nanna e una sensazione di pace:
Lenta la neve fiocca, fiocca, fiocca. (schema:1,4,6,8,10)
Senti: una zana dondola pian piano. (Schema: 1,4,6,10)
(G. Pascoli, Orfano)
Vittorio Alfieri , tragediografo italiano. È con la tragedia in "Sciolti" che il ritmo assume grande valore per dare
"colore" ai versi.
In quest'altro esempio invece gli accenti sono disposti per riprodurre un ritmo calmo e meditativo.
Vaghe stelle dell’Orsa, io non credea (Schema:1-3-6-10)
tornare ancor per uso a contemplarvi (schema:2-4-6-10)
(G. Leopardi, Le ricordanze)
Oppure possono dare un ritmo solenne alla composizione:
O che tra faggi e abeti erma su i campi (schema: 4-6-10)
smeraldini la fredda orma si stampi (schema: 3-6-10)
(G. Carducci, Il comune rustico)
La cesura
Il punto che separa i due emistichi si definisce cesura (dal latino caedo = taglio). Se la cesura è particolarmente forte
spezza il verso in due parti, ma mai una parola a metà.
Tutti gli endecasillabi hanno una cesura, che può venire o meno sottolineata durante la declamazione del verso. Esistono
vari tipi di cesura:
Si ha una "cesura maschile" quando cade dopo un verso tronco:
« Le donne i cavalier, l'arme gli amori »
( Ariosto - Orlando Furioso - I - 1,1)
Sill Sill (Sill
Sill 1 Sill 2 Sill 3 Sill 4 Sill 5 Sill 6 . Sill 7 Sill 8 Sill 9 10 11 12)
Le don ne i ca va lier . l'ar me gli a mo ri
Secondo la metrica canonica infatti (ma non è una regola ferrea), l'incontro di due accenti consecutivi (cavalièr àrme) è
infatti possibile soltanto nel punto in cui il verso presenta una cesura, poiché l' incontro di due accenti rende
obbligatoria una breve pausa per una corretta lettura.
Ecco un altro caso di cesura dopo una parola che abbia subito un troncamento (mar da mare):
(Da notare inoltre come in questo e nel caso successivo, la cesura metrica sia funzionale a marcare una pausa di tipo
sintattico.') « Molti i figli del mar. Tu sempre tremi, »
( Cesarotti - Poesie d'Ossian - I - 11)
Sill 1 Sill 2 Sill 3 Sill 4 Sill 5 Sill 6 . Sill 7 Sill 8 Sill 9 Sill Sill (Sill
10 11 12)
Mol ti i fi gli del mar . tu sem pre tre mi
Oppure può cadere dopo una parola che sia già tronca (come ad esempio un passato remoto, un futuro)
« Disfrondato lasciò: nascente luna »
( Cesarotti - Poesie d'Ossian - I - 21)
Sill Sill (Sill
Sill 1 Sill 2 Sill 3 Sill 4 Sill 5 Sill 6 . Sill 7 Sill 8 Sill 9 10 11 12)
Dis fron da to la sciò . na scen te lu na
La "cesura femminile" o "italiana" si verifica nel caso in cui l'accento cada su una parola piana. Dato che la cesura non
tronca mai una parola, viene spostata alla fine della parola stessa:
« fu stabilita per lo loco santo »
( Dante - inf II - v. 22 ) Sill Sill (Sill
Sill 1 Sill 2 Sill 3 Sill 4 Sill 5 - Sill 6 Sill 7 Sill 8 Sill 9 10 11 12)
fu sta bi li ta - per lo lo co san to
La "cesura lirica" si ha quando la terza sillaba è tonica e la quarta atona:
« che nel lago del cor m'era durata »
( Dante - Inferno) Sill Sill (Sill
Sill 1 Sill 2 Sill 3 Sill 4 . Sill 5 Sill 6 Sill 7 Sill 8 Sill 9 10 11 12)
che nel la go . del cor m'e ra du ra ta
Tuttavia in italiano la cesura non è una regola matematica. È però buona norma sottolineare tale pausa metrica quando è
in corrispondenza delle pause sintattiche (identificate dai segni di interpunzione), e quando è utilizzata volutamente ad
hoc per creare un qualche tipo di effetto metrico.
Endecasillabi non comuni
Esistono una serie di endecasillabi "insoliti" che sono considerati canonici pur essendone al limite.
Endecasillabo epico
La cesura epica
Un tipo di cesura molto particolare è la cesura epica reintrodotta da Giovanni Pascoli per i suoi endecasillabi epici
nell'800 sul calco del decasillabo francese.
Giovanni Pascoli reintrodusse la cesura epica per la sua traduzione della Chanson de Roland.
Tale verso, benché rientri in questa categoria, non è propriamente un endecasillabo. La sua forte cesura non permette in
nessun caso la sinalefe, ed è caratterizzato da una forte pausa tra il primo e secondo emistichio.
Contrariamente a quanto succede nell'endecasillabo canonico, le ultime sillabe atone del primo emistichio non si
contano nel computo del secondo indipendentemente se sia tronco, piano o addirittura sdrucciolo.
Esempio: « ché pur a retro sempre il guida il suo remo »
(Monte Andrea, VI, 96)
Sill Sill Sill Sill Sill Sill Sill Sill Sill Sill (Sill
Sill 1 ... ... .
2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12)
prei
ché pur a re tro . sem gui dail suo re mo
l
Di fatto perciò l'endecasillabo epico equivale alla semplice giustapposizione di un quinario e un settenario.
Endecasillabo crescente
Un ultimo tipo di endecasillabo a metà tra il canonico e il non canonico è quello detto "crescente". Questo tipo di
metrica, già presente in epoca precedente, è stata resa famosa da Pascoli che ne fa uso in diversi casi e non solo usando
l'endecasillabo. Grazie a questo espediente il verso riesce in qualche modo a rientrare nella categoria dei "canonici" pur
essendone al limite, come si può vedere in questo caso: « E non vedeva che a sé stesso il fiato
cerulo, ognuno, e s'ascoltava il gemitoarido, nel
silenzio inabitato.A pini e cerri i pionieri estremi
davan la scure per la lor capanna
e i nuovi aratri, e per la nave e i remi. »
(Pascoli, Gli emigranti della luna, III, 10-13)
Nonostante il secondo verso sdrucciolo dell'esempio (gemito) sembri apparentemente una rima ipermetra, in fase di
lettura diviene una rima perfetta con gli altri due (estremi e Remi) perché l'ultima sillaba "-to" di “gemito” è assorbito
per episinalefe dalla a- di “arido” nel verso dopo.
Un altro caso è quello in cui la sillaba atona del verso precedente va a colmare la sillaba mancante nel verso ipometro
seguente: questa tecnica è stata ripresa dai crepuscolari.
Endecasillabi non canonici [modifica]
Esistono poi una serie di endecasillabi considerati "errati" dai teorici. Non sono ammessi nella poesia classica tutti quei
tipi di versi dove non è poss