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METODOLOGIA

Come si disegna uno studio clinico.

Abbiamo fatto spesso riferimento, parlando delle varie categorie di farmaci, a studi clinici fatti per confermare l'azione e l'efficacia di

un farmaco. A volte le cose confermano, altre volte confermano ma svelano effetti collaterali e poi impediscono l'uso clinico del

farmaco, poi abbiamo visto studi che non mostrano una maggiore efficacia del farmaco rispetto allo standard che già esisteva.

A volte l'interpretazione dell'andamento clinico di un farmaco non è di chiara interpretazione. Per esempio gli anticoagulanti orali: ci

sono tutti gli effetti positivi e poi ci sono casi di infarto superiori alle aspettative. Se valuto l'incidenza di quegli eventi emorragici con

quelli dei pz che prendevano il Warfarin, un po' le preoccupazioni scendevano.

Il come si disegna uno studio clinico è importante per la vita del farmaco. Se lo studio è stato strutturato bene ok, sennò può significare

la morte del farmaco, oppure il farmaco poi si comporta diversamente. È importante che gli studi clinici siano disegnati il meglio

possibile.

Quale studio clinico vogliamo fare?

Esistono vari tipi.

Osservazionale.

È uno studio relativamente semplice. Si intende che semplicemente osservo quello che succede a un pz all'andamento della malattia e

non ci metto nulla di mio: non metto un nuovo farmaco, una valutazione diagnostica della malattia diversa dal solito. Osservo

l'andamento della malattia in un contesto clinico approvato. Oppure mi limito a osservare l'insorgenza di una malattia o di una

complicanza. L'osservazionale è proprio diretto.

Mi dicono che se prendo il Warfarin, perché sono un fibrillante atriale, avrò una minore incidenza di complicanze trombo-emboliche,

ma ho un aumento di emorragie intracraniche. Le cose che leggo non mi convincono, per cui ridefinisco le varie cifre. Non cambio il

dosaggio del Warfarin, non cambio i pz, non cambio nulla. Sto lì a guardare che succede.

Se voglio mettere a fuoco un rapporto causa effetto tra un qualcosa e una malattia fumo-cancro del polmone; oppure estroprogestinici

e cancro della mammella; uso di statine e rabdomiolisi ecc. Gli studi osservazionali possono essere fatti son 2 approcci:

studio coorte → prendo un gruppo di pz e li seguo nel tempo. Conosco il soggetto fumatore, lo trascrivo su un registro e lo seguo nel

tempo e poi vedo se e quando dopo x anni avrà una neoplasia del polmone. Se è un pz che prende una categoria di farmaci avrà una

malattia o un beneficio legato a quei farmaci. È uno studio prospettico che guarda in avanti su soggetti che scelgo all'inizio e seguo nel

tempo.

studio caso-controllo → guarda indietro e segue un approccio a scremare un'informazione. L'informazione me la costruisco. Vado a

cercare 2000-3000 diagnosi di tumore del polmone di rabdomiolisi e all'interno di questi vado a cercare quanti anamnesticamente erano

fumatori, sotto statine ecc. è un approccio opposto.

Se studio 2000-3000 pz ho bisogno di tanti centri. All'inizio stabilisco i criteri di esposizione: i criteri per definire un fumatore (chi

fuma 1 sigarette, un pacchetto ecc.). Nello studio di coorte ci sono delle persone che all'inizio stabiliscono dei criteri. La popolazione

risponde a questi criteri. È uno studio più impegnativo. Anche qui avrò dei criteri di inclusione o esclusione dallo studio.

Se cambia il criterio è il limite di tutti gli studi. Dobbiamo distinguere il cambiamento della valutazione della malattia, oppure l'azione

del farmaco.

L'esempio del fumo è particolare. Se decido di non prendere i fumatori, oggi il criterio è che non ha mai fumato. Se io ho un signore

di 50 che fino a 10 anni prima fumava, è cmq un fumatore, perché si riconosce alla patogenesi delle complicanze del fumo di sigarette

una progressione nel tempo. Per il farmaco è diverso: se c'è una indicazione a una statina questa mi accompagna tutta la vita. La stessa

cosa vale per un antipertensivo.

Lo studio coorte proprio perché è impegnativo, quando disegna lo studio deve porre questi criteri e poi deve dire quanti per esempio

avranno diagnosi di tumore cmq diagnosticata.

Questo tipo di studio fornisce risultati migliori.

Lo studio caso controllo è più semplice. Vado agli archivi e mi trovo tutti quelli a cui è stato diagnosticato il tumore. Se si ha accesso

a banche dati e si lavora con i computer, il lavoro è più rapido. Il dato si sporca nel capire bene il livello di esposizione. Il pz è finito

nel registro per via della malattia, ma non riporta se era fumatore o non fumatore, se prendeva statine, piuttosto che fibrati. Il problema

è identificare con certezza se c'è stata esposizione o no.

Lo studio prospettico è per definizione uno studio di serie A: uno si è posto una domanda, sì è posto dei criteri e poi al loro interno

formula una ipotesi.

Nello studio retrospettivo la qualità dei dati è inferiore.

Studio interventista.

Ai pz viene dato o fatto qualcosa che io decido per arrivare a una conclusione. Lo studio interventista è che io do u farmaco per vedere

se si modifica il corso della malattia. Oppure do un farmaco che ha una certa indicazione e voglio vedere di svelare, chiarire meglio il

suo meccanismo d'azione facendo un prelievo di sangue e dosando una certa sostanza. È cambiato il prelievo di sangue, che è una cosa

che nella pratica clinica di tutti i giorni non farei. È interventista anche uno studio che inserisce un accertamento che esula dalle

operazioni di tutti i giorni. Questo ovviamente richiede un consenso informato. Ammettiamo di avere una statina e una PET/RM,

nessuno dice al pz di farsi la PET/RM. Se dico al pz di farlo, ci vuole il consenso informato. Per un prelievo di sangue alla vena del

gomito, del tutto innocente, ma che esula dalla pratica clinica, devo chiedere il consenso.

Prendiamo un pz iperteso. Se pensiamo che l'ormone natriuretico ci dia informazioni in più sull'efficacia della terapia, allora devo

chiedere il consenso.

Lo studio interventista è un qualunque stipo di studio in cui inserisco qualcosa che è frutto della mia ipotesi di lavoro.

Se lo studio è sponsorizzato significa che alle spalle c'è una industria farmaceutica, che porta un suo interessa nel disegno dello studio.

L'industria fa il suo lavoro e vuole trovare al suo farmaco una nicchia all'interno della quale questo farmaco possa essere usato.

Uno studio pagato di tasca mia, io come persona oppure una società scientifica, è uno studio che vuole arrivare a una conclusione che

è più culturale. Le pressioni su questo studio sono diverse.

Studio di un farmaco.

Studio di fase I.

il farmaco per la prima volta viene somministrato all'uomo. Viene fatto su pz che in realtà sono dei soggetti sani normali, oppure pz

che si ritiene non avranno beneficio dal prodotto. Questo significa che molti farmaci antitumorali fanno il loro debutto in pz in uno

stato talmente avanzato di malattia, generalmente pz metastatizzati che non rispondono più alle varie linee chemioterapiche, e a questi

si dà un nuovo farmaco antitumorale. La possibilità che una storia clinica coì avanzata possa trarre giovamento dal farmaco, è vicina a

zero.

Si fa così perché chiedo solo come viaggia il farmaco nell'organismo, oppure se fa qualcosa di chiaramente nocivo. Ma certo non mi

aspetto di vedere un risultato terapeutico.

D'altra parte non potrei dare un antitumorale ad un soggetto sano perché può essere mutageno. Lo stesso vale per un farmaco contro

l'AIDS.

Andrebbero atti solo in centri che hanno una loro esperienza e si sono attrezzati per concluderli.

In Italia c'è un problema per cui si fanno pochi studi di fase I.

nei paesi avanzati gli studi di fase I sono anche piuttosto elaborati. Posso fare la somministrazione di un nuovo farmaco antipertensivo

o di un nuovo ipnotico in un volontario sano normale. Siccome ho un centro apposito metto in atto tutte precauzioni e poi faccio tanti

prelievi. Quello che vedo già in fase 1 è come cambia la farmacocinetica se il pz è sano normale ma ha una disfunzione renale, se

voglio vedere come cambia la farmacocinetica se lo do a un nefropatico. Oppure posso vedere se interagisce con altri farmaci: PPI

ecc.

Oppure siccome la prima volta che do un farmaco a un uomo, il primo criterio è la sicurezza. Il NOAEL è l'indice di garanzia. Lo

divido poi per 10 o 100 per tenere presenta la differenza tra una persona e un animale. Posso avere persone che usano dosi più alte: uso

schemi incrementali che mi consentono odi anticipare. Nel roditore la dose alta che non dà problemi è questa. Nell'uomo posso

spingermi fino a quest'altra. In un caso come nell'altro i pz sono pochi.

Il problema ora è passare alla fase II.

Fase II.

La cominciamo a fare su un numero un po' più ampio. Le domande che rivolgiamo a uno studio di fase II cambiano. Non facciamo una

sola somministrazione, ma più somministrazioni. Questo farmaco sembra avere qualche effetto. Possiamo cominciare a chiederci se ci

sono miglioramenti nella malattia per cui il farmaco è stato pensato. La facciamo con pz che dovrebbero essere gli utenti di quel

farmaco. Se è stato fatto per un K mammella lo diamo solo a pz con il K.

A lor volta gli studi id fase 2 si dividono in:

tipo a → somministriamo solo il farmaco e vediamo quale è la dose minima e la dose massima in cui c'è sicurezza ed eventualmente

la risposta terapeutica.

Tipo b → non tutti i pz prendono i farmaco, ma un certo numero di pz o prende placebo, oppure un altro farmaco attivo su quella

malattia. Se è un nuovo sartano, posso o confrontarlo a placebo e il pz non sa se sta prendendo il farmaco o il placebo, oppure lo

confronto con un altro sartano. Questi sono studi di fase 2b.

Fase III.

Questo è il problema più grande. Il numero minimo di pz è 1000, ma si può arrivare anche a 5000. la dimensione del campione dipende

anche dai pz che stiamo studiando.

Ora volgiamo sapere se il farmaco funziona: se il K regredisce, se la pressione si normalizza, oppure se il farmaco è veramente sicuro.

Se il farmaco induce tossicità in 1% dei pz, per la legge del caso potrei anche non beccarlo nello studio di fase I.

il grosso problema è che fare uno studio di fase III costa milioni. È l'investimento più grande per una industria e se lo sbagliamo può

risultare come un fallimento. Per lo studio di fase III servono soldi. Bisogna fare un'analisi di quanto è rischioso passare dalla fase I

alla fase II o alla fase III.

Prima di passare alla fase III, ci sono tutti gli elementi per dire che quello è un farmaco nuovo?

Tutti i dati clinici sono

Dettagli
A.A. 2012-2013
4 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/14 Farmacologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Gabriel_strife di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Farmacologia generale e farmacoterapia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Campus Bio-medico di Roma o del prof Minotti Giorgio.