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GENITORI E ROBOTICA.
Questo episodio vuole raccontare come un gruppo di adulti si rende partecipe
dentro ai processi di avvicinamento alle nuove tecnologie vissuti dai bambini. A
scuola arriva un nuovo programma informatico, mentre i bambini giocano con i
robot gli viene in mente di costruire una pista per farli gareggiare; i genitori
aiutano i bambini nella realizzazione.
IL CORAGGIO DELL’UTOPIA.
1. La Montessori ha scritto: “partire sempre dal bambino, spostare
concretamente l’azione della scuola dall’insegnamento all’apprendimento,
costruire un ambiente educativo attraverso degli allestimenti”. Le sue parole
rischiano di essere una conquista ancora da realizzare. Le insegnanti
dovrebbero passare da “esecutrici” a “autrici” di percorsi e processi
pedagogici. La documentazione dovrebbe essere una traccia visiva, una
procedura che sostiene l’appendere e l’insegnamento; essa rende visibile
un’esperienza, la fa esistere, e la rende condivisibile e aperta ai “possibili”
(interpretazioni).
2. Un elemento che ha soffocato le dichiarazioni della Montessori, è il fatto che
alla scuola sia stato negato l’accesso al concetto di ricerca: ricerca per
descrivere il percorso individuale e comune, come il rivelarsi di un evento,
come arte. Sarebbe importante anche farla in gruppo, perché essa ha forti
aspetti emotivi e il gruppo è ideale per accogliere i bisogni personali di chi
apprende. Dewey afferma che l’esperienza scolastica dei bambini dovrebbe
avere continuità con la vita del mondo adulto; l’esperienza scolastica potrebbe
contribuire a una definizione di contesto democratico capace di accettare le
sfide proposte dalla globalizzazione. In conclusione l’atteggiamento di ricerca è
l’unico atteggiamento esistenziale proponibile in una realtà così soggetta al
cambiamento.
OSSERVARE IL GRUPPO DA VICINO. 6
Le idee esposte in questi capitoli nascono da un processo definito dagli
educatori di Reggio ricerca pedagogica: questa inizia con l’esperienza degli
insegnanti con i bambini. Gli insegnanti osservano i bambini nel corso
dell’intera giornata scolastica e poi si confrontano per costruire il percorso di
ricerca e definire le attività da documentare. Il processo di ricerca pedagogica è
continuo; si utilizzano linguaggi multiformi per dare visibilità alla ricerca, come
trascrizioni delle conversazioni, fotografie, pannelli.
LA CURIOSITA’ DEL CAPIRE.
L’osservazione e la documentazione sono gli strumenti su ci si basa la ricerca
intorno ai processi educativi e di conoscenza dei bambini. A partire dagli anni
’80 c’è stata la curiosità di capire meglio le strategie di apprendimento dei
bambini, che ha spinto ad approfondimenti osservativi su gruppo più piccoli
(ricerche che prendono il nome di “sonde”) sino ad approdare nei primi anni ’90
alla documentazione dei processi individuali: questo ha fatto notare come la
creatività dei bambini si possa riscontrare più facilmente nei processi piuttosto
che nei risultati.
Individualismo sociale. I bambini sembrano essere consapevoli
dell’importanza dei vantaggi, anche individuali, che derivano dal successo del
lavoro di gruppo; nel corso del lavoro mettono in atto una specie di bon ton,
un misto di regole formali alle quali il gruppo aderisce. È forte il desiderio di
identificarsi singolarmente in un prodotto di gruppo.
La dimensione dei gruppi che permette la comunicazione. Le soglie
numeriche che permettono una buona comunicazione nel gruppo, segnalate
dai bambini quando si mettono a gruppi da soli, sono da tenere in
considerazione nell’approccio alle varie attività. Bambini tra 5-6 anni: un
numero ideale sarebbe di 6 bambini per gruppo. Bambini 3 anni: gruppi più
piccoli.
Sottogruppi nel gruppo. Quando parliamo di gruppo ci riferiamo a bambini
che si aggregano e disgregano in piccole unità di due o tre soggetti. Si è notato
però che spesso il gruppo non segue lo stesso ritmo cognitivo, relazionale, ma
stabilisce più ritmi. Per ottenere dei buoni risultati i bambini sanno servirsi delle
diverse competenze dei membri del gruppo (es dividere i compiti). Cercare e
usare strumenti per raggiungere un buon risultato è un segnale positivo
dell’apprendimento (es usufruire di un libro). Anche se vengono a formarsi dei
sottogruppi, c’è comunque il confronto. Inoltre i gruppi sono aperti per
l’acquisizione o perdita momentanea di un componente.
Progetti autonomi. Molti progetti nascono dai bambini e si realizzano in
maniera autonoma, accade anche che vengano fatti senza che ce ne
accorgiamo. 7
Formazione dei gruppi. Questo argomento è stato trattato da Maria
Krechevsky: l’elenco dei criteri di scelta è lungo, cambia nel tempo, e ogni
insegnante attenta sa che quando propone la composizione di un gruppo, se
vuole che funzioni bene, deve negoziare con i desideri dei bambini. Non
esistono modelli predefiniti, ma è importante verificare ogni volta l’efficacia
della composizione. Per quanto riguarda i bambini “difficili”, essi vanno messi
nella condizione dove possano sperimentare e allenare la relazione e
l’apprendimento sociale.
A cooperare s’impara. La capacità progettuale e la collaborazione non sono
atteggiamenti e processi facili da preservare e far evolvere. La scuola
rappresenta uno dei luoghi privilegiati dove allenare le capacità collaborative. È
importante e motivante avere un contesto significativo nel quale collocare il
lavoro e che le scelte di una collaborazione privilegino il lavoro individuale di
tutti.
L’apprendimento individuale nel gruppo. L’apprendimento può avvenire
non solo quando il gruppo collabora su uno stesso prodotto, ma anche quando
il lavoro e il processo sono individuali ma si costruiscono nella rete di relazioni,
autoverifiche e verifiche del gruppo e nel gruppo.
Sforzo e piacere. I bambini di oggi hanno a disposizione, rispetto al passato,
una grande quantità di immagini, ma questo non vuol dire sapere disegnare
meglio. Infatti i bambini faticano ad accettare un risultato grafico distante dalle
rappresentazioni del reale che vedono.
Ipotesi di progetto. Nella scuola quando si decide di realizzare un progetto
vengono scritte alcune note e ipotesi, in questo caso per disegnare il girotondo.
Delimitazione del campo di indagine e individuazione del tema da
• proporre
Identificazione di un contesto significativo
• Quesiti iniziali (i bambini hanno una previsione delle difficoltà?)
• Prime piste osservative (quali difficoltà vedono nella proposta?..)
• Girotondo: identità di gioco (descrizione del gioco)
• Metodologia della proposta (materiale)
• Autovalutazione e valutazione (si chiedono commenti e difficoltà sul
• disegno realizzato)
Rilancio dei problemi. È importante riproporre delle attività se la
• comprensione di un concetto non è ben chiaro così da consolidarlo. La
documentazione degli accadimenti, il confronto tra i vari disegni realizzati
nel tempo dallo stesso autore, la registrazione, sono tutti materiali
preziosi che permettono una valutazione più ampia rispetto a quella
solamente sul prodotto finito. 8
Indicatori di apprendimento. Esistono degli elementi valutativi che
• aiutano a capire se un gruppo ha appreso e a quale livello? Gli autori del
libro hanno provato a individuare delle voci rappresentative nel
processo di apprendimento: l’uso di un certo linguaggio verbale, la
costruzione di ipotesi, la formulazione di teorie, le strategie d’azione
ecc… Un elenco di riferimento può risultare orientativo, ma non bisogna
attenervisi strettamente. Però negli argomenti ed esperienze legati ai
processi espressivi, dove non c’è problem solving, gli indicatori sono
applicabili con difficoltà.
Il gruppo. La formazione di un gruppo è importante per le dinamiche di
• apprendimento che si attivano al suo interno. La capacità di confrontarsi,
di valutare e autovalutarsi, condizionano gli apprendimenti di ogni
componente e dell’intero gruppo.
Comparazione dei punti di vista. Ai bambini viene proposto di
• disegnare la città. Le bambine: condividono l’idea composta da luoghi
riconoscibili in cui vivono facendo riferimento alle memorie e relazioni tra
le persone che vi abitano; invece i bambini sono più interessati a
descrivere e a raggiungere dei risultati grafici.
PROPOSIZIONI DAI NIDI ALLE SCUOLE DELL’INFANZIA (di Reggio
• Emilia).
Sono state elaborate sette Proposizioni riguardo ai gruppi di
• apprendimento nella prima infanzia.
Proposizione I: i fattori che all’interno del gruppo di apprendimento
• influenzano la formazione, il funzionamento e la dimostrazione
dell’avvenuta comprensione sono la dimensione del gruppo (ideale 2-3-4
bambini, la giusta dimensione è determinata dalle capacità del gruppo di
conversare e lavorare assieme), l’età (per ottenere la massima efficacia
le età non dovrebbero essere troppo divergenti), le competenze, gli
interessi dei bambini, il genere (le femmine tendono a stare in gruppi più
piccoli; sempre più sia maschi che femmine tendono ad adottare la
strategia femminile, più riflessivo), il tempo passato insieme (i bambini
che si conoscono da anni scelgono di solito i propri compagni tenendo
conto delle loro abilità), le amicizie (i bambini accomunati da un legame
di amicizia sono più inclini alla collaborazione e alla manifestazione di
eventuali divergenze), la scelta dei materiali.
Proposizione II: gli individui all’interno dei gruppi di apprendimento
• hanno un loro approccio all’apprendimento che può venire influenzato
dagli approcci altrui. Noi denominiamo questo fenomeno “impronta
digitale modificabile”. I bambini non nascono con un approccio personale
all’apprendimento, ma lo costruiscono grazie all’osservazione e al dialogo
con gli altri.
Proposizione III: nel momento dell’esplorazione collettiva delle idee e
• dei pensieri riguardanti un progetto, i gruppi di apprendimento
concordano su un insieme di regole, implicite ed esplicite. Sembra che i
bambini abbiano due punti di riferimento: un forte senso della giustizia e
il mantenimento di un’atmosfera piacevole. Il gruppo ricorda il lavoro di
ogni componente, ma anche il desiderio di dichiarare il lavoro come
creazione di tutti.
Proposizione IV: i gruppi di apprendimento scelgono le idee secondo
• un’estetica della conoscenza, “la struttura che connette”. I bambini<