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La trasformazione dei mezzi di comunicazione e l'evoluzione dei media

Si sono anche modificati gli usi sociali dei mezzi di comunicazione. La massa del pubblico appare più segmentata che in passato, e questa si traduce in una trasformazione dei modi d'uso dei media. La frammentazione dell'uso dei media e l'esigenza di mobilità personale hanno fatto sì che le varie forme di comunicazione abbiano come vero referente il singolo individuo.

Nello studio della storia e dell'evoluzione dei media ciò che risulta più difficile è chiarire le corrispondenze e i legami causa-effetto tra i media e la società. Negli ultimi anni si sta facendo strada l'idea che vede nelle tecnologie della comunicazione il vero motore delle trasformazioni storiche. Su questo tema si confrontano due diversi modelli interpretativi:

  1. I media si presentano come la vera variabile indipendente della vita sociale, la macchina capace di indurre ai consumi, di condizionare i comportamenti e di influenzare le opinioni.
  2. I media sono invece considerati come una variabile dipendente, un riflesso della società e delle sue dinamiche, un prodotto delle relazioni sociali e delle strutture di potere.

Cap.6, Sulla storia sociale dei media: il caso italiano

comportamenti e di imporre i modi di pensare, secondo una relazione lineare di causa ed effetto tra i media e il mutamento sociale. I media vengono intesi come modello di educazione, influenza, persuasione, per cui la relazione tra media e società è comunque di potere: la funzione delle comunicazioni di massa è sia pedagogica, sia manipolatrice.

2. I media si presentano come espressione della società civile, un luogo nel quale le istanze esistenti nel corpo sociale trovino espressione. L'intervento pubblico si presenta in quest'ottica come violenza sulle esigenze degli individui.

Due diverse concezioni della televisione, ad esempio:

  1. Da un lato la tv è vista come strumento di un potere che attraverso di essa plasmerebbe il corpo sociale, nonostante i suoi effetti siano controversi, indiretti e difficili da misurare;
  2. Dall'altro è vista come un mezzo che non ha bisogno né di controlli né di legittimazione dall'esterno, ma
si legittima nell'adesione stessa del pubblico. Questa concezione spontaneistica nasce con lo sviluppo della Tv commerciale: in questa si riconoscono gli ambienti politico-economici vicini alla Tv commerciale e gli intellettuali convinti della fragilità dellatesi manipolatrice. Questi però, affermando che la Tv non fa che esprimere i punti di vista già esistenti, negano le sue capacità di manipolare le opinioni politiche: suppongo oche sia priva di effetti quando si parla di politica, mentre sarebbe efficace nel caso dei consumi. Nello studio della storia sociale in Italia è diffusa l'interpretazione secondo cui fin dal dopoguerra il nostro paese sarebbe stato predestinato ad una crescita dei consumi, ad un'omogeneizzazione dei comportamenti, all'abbandono delle istituzioni sociali e religiose tradizionali in favore di un sistema di comunicazione moderno, vedendo come motore di sviluppo la modernità. In questa chiave, storia sociale.e storia dei media diventano due aspetti complementari della storia dello sviluppo. Questo periodo in Italia può essere suddiviso in tre momenti: a. Protostoria della comunicazione di massa, 1945 (dopoguerra) - 1957 (anno in cui aumentano vistosamente gli abbonamenti televisivi): il periodo è caratterizzato da forti resistenze al processo di massificazione da parte dei cattolici e della sinistra. La massificazione si presenta come rimedio al divario nord-sud nonché come preludio a fenomeni caratteristici della modernità: la caduta della coesione familiare, il materialismo, la scristianizzazione, l'individualismo, l'appiattimento culturale. La radio ebbe una forte crescita prima di cedere il passo alla Tv, mentre il cinema è considerato il medium più popolare. b. Massificazione, 1958 – 1973: in questo periodo di radicale mutamento prese avvio il dominio della Tv, che si presenta come uno strumento di unificazione culturale (nel 1960 era presente

In oltre la metà delle case italiane), e coincide con il boom economico degli anni '58-'63. Emergono nuovi modelli di consumo, incarnati dallo sviluppo dei supermercati, ed il vero punto di riferimento simbolico è l'industria. La divisione culturale fra le generazioni assume un'importanza pari rispetto a quella tra le classi, e ogni forma di resistenza e tabù vengono travolti. In questi anni l'esplodere del broadcasting commerciale svela l'esistenza di un ricco mercato e di una vasta domanda di divertimenti.

Gli anni rosa, 1974 (anno in cui terminano i miracoli economici in Europa)-1994: in questa fase si ha uno sviluppo meno intenso rispetto alla fase precedente, si ha una crescita del settore dei servizi e avviene il passaggio al mondo postindustriale. La dinamica dei consumi si impone come chiave dello sviluppo interno, e viene favorita la grande distribuzione. Nella nuova contrapposizione tra austerità e consumi, incarnati dal

sistema delle televisioni commerciali,èil secondo ad affermarsi.Il mutamento del sistema dei media ha determinato anche uno spostamentodel confine tra i valori accettabili ed inaccettabili, e dei confini tra aree distintedella vita sociale,ridefinendo gerarchie e riferimenti. L’avvento di una nuovaforma di comunicazione è il fattore scatenante di un cambiamento diparadigma che tocca l’intera società. Nell’Italia del dopoguerra quantoavvenuto nel campo delle comunicazioni ha inciso sulle relazioni tra pubblico eprivato, tra modernità e tradizione, tra informazione e divertimento. Es. laconcezione del senso del pudore,in pochi anni, cambiò radicalmente: il nostrapaese fino agli anni ’60 era stato uno dei più restrittivi in termini di moralesessuale, mentre all’inizio del decennio successivo era uno dei più permissividel pianeta. Questo cambiamento può essere relazionato con le trasformazioninel sistema

Dei media, i quali si presentano come terreno di confronto tra i valori in questione.

Cap.7, Lutto e comunicazione

Studi recenti sui mezzi di comunicazione hanno cercato di dare delle interpretazioni antropologiche, cercando nella comunicazione una seconda natura capace di incidere sulla struttura dell'essere umano, condizionandone le percezioni, la struttura del mondo, ed addirittura il sistema nervoso. Alcune delle intuizioni principali sono:

  1. L'idea che i media sia sui rapporti fra le persone sia sui rapporti che l'individuo ha con sé stesso, e quindi definiscono la struttura della personalità.
  2. L'idea che le tecnologie siano dotate di un proprio contenuto.
  3. L'idea che l'umanità sia caratterizzata da una propria totalità di comportamenti e da una cultura che viene identificata con la comunicazione.

Influenza dei media sui cerimoniali del lutto

Negli ultimi anni sono apparsi film quali "Ghost" e "Always".

Incentrati sul tema della morte, che ricostruiscono le tappe di un processo sano di elaborazione del distacco. Questi film sembrano voler fornire allo spettatore delle istruzioni per il lavoro del lutto che dovrà affrontare. Un' impressione analoga è data dall'album "Magic and loss" di Lou Reed, un'opera che tenta di dare un senso alla perdita, ma anche in libri-testimonianza di malattie quali l'AIDS, in quanto la testimonianza sembra essere l'unico modo di comunicare questo particolare sapere. Nei due film il lutto è presentato come qualcosa di incomunicabile, e la persona in lutto cade nell'asocialità. Il processo di distacco tra il vivo e il morto è narrato dal punto di vista del morto, ma entrambi sono isolati di fronte alla stessa perdita e incapaci di comunicare. Questi film mirano ad insegnare un approccio davanti alla morte, ma propongono un adattamento completamente de ritualizzato, viene affrontato come

Un'esperienza individuale ed interiore. Questa visione del lutto ha le sue radici nella creazione di un'immagine psicologica ed interiorizzata del lutto e della morte, fenomeno delle società industriali del dopoguerra, che ha portato una perdita di fiducia nelle istituzioni tradizionali del lutto, come si nota nei due film, dove riti e istituzioni funerarie sono totalmente assenti. Si è verificata una privatizzazione del lutto che ha spinto la psicologia a disciplina cardine del sapere della morte. L'idea che l'elaborazione del lutto debba essere individuale è stata inculcata dai media, ed in particolare dal cinema e dal rock, presentandosi come mezzi di educazione dei sentimenti, e come compensazioni al declino dei riti religiosi. La deritualizzazione può essere considerata secondo De Martino la fine di quello che chiamava il discorso protetto, l'obbligo a trattare il lutto come rottura radicale con la quotidianità dei ritmi vitali.

Era proprio il discorso protetto a consentire l'equilibrio tra la ripetitività senza tempo degli stereotipi spirituali e la presa di coscienza della morte. All'interno del discorso protetto c'è quasi un libretto convenuto di comportamenti e parole.

Le prime conseguenze della de-ritualizzazione sono le difficoltà di ritrovare insieme la ripetitività del rito e l'elaborazione della vicenda privata. Questa può essere considerata la radice dell'inibizione comunicativa nei confronti del lutto, il fenomeno per cui i comportamenti di adesione al lutto (condoglianze, solidarietà), appaiono più fonte di imbarazzo che strumento di consolazione.

Per questo il lutto appare più trattabile sul piano della comunicazione pubblica che su quello privato, nonostante si parli di privatizzazione. D'altra parte il momento privato appare impegnativo fino a essere imbarazzante: l'inibizione al comunicare sta nelle

difficoltà di trovare le parole in una situazione non rituale. Nella comunicazione pubblica lo stereotipo sopprime la vicenda individuale, mentre nella vicenda privata ci si trova dinanzi alla morte del singolo direttamente. Se questo è vero, l'inibizione comunicativa va interpretata come il frutto di un mutamento delle forme di comunicazione adibite al lavoro del lutto collettivo. La tendenza ad introdurre nel rito funebre elementi propri dello spettacolo è l'indice di una diffusa tendenza a cercare nei mezzi di comunicazione una risposta al disagio delle comunicazioni personali. Cap.8, La storia del cinema tra estetica ed economia L'esigenza di una storia del cinema si è fatta sentire tra gli stessi uomini di cinema attorno al 1930, negli anni tra le due guerre. Solo recentemente la storia del cinema come disciplina estetica-letteraria ha cominciato ad interrogarsi sul proprio statuto. Il cinestorico è divenuto il porta
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A.A. 2012-2013
24 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher fabio.dipi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Media: Storia e teoria e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Ortoleva Peppino.