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PET>PP>PTFE>PVDF
Il polietilene tereftalato è il materiale con una maggior bagnabilità, seguito dal polipropilene e seguiti a notevole
Il Teflon è il materiale che ha una bagnabilità bassissima (→ è un materiale
distanza da Teflon e PVDF.
idrofobico); infatti, il Teflon e il PVDF, vengono utilizzati proprio quando si vuole evitare l'adesione perché questi
materiali sono altamente idrofobi. In caso di utilizzo di Teflon o PVDF c'è una ridotta interazione del filamento
della rete con il tessuto e quindi una ridotta formazione di tessuto cicatriziale.
Nella Prima Immagine è mostrato in sezione il tessuto in un’istologia in cui c'è la rete, in cui si possono
distinguere i diversi filamenti da cui è costituita, che viene circondata da un tessuto cicatriziale costituito da un
granuloma interno ed uno esterno e poi la rigenerazione di un normale tessuto sano. Dal punto di vista del
confronto degli spessori di granuloma e di tessuto che si formano attorno ad un filamento, vedete qui
schematizzata la differenza tra un filamento in PVDF e un filamento in polipropilene (PP).
Il polipropilene ha una bagnabilità molto maggiore: questo vuol dire che ci sarà una maggiore interazione e la
formazione di un granuloma più spesso intorno ad ogni singolo filamento della rete. Se combiniamo questo
aspetto, legato esclusivamente alle proprietà del materiale, con le diverse possibili strutture della rete vedete
che possiamo avere diversi effetti di interazione con il tessuto in seguito la rigenerazione.
Il ruolo della porosità
Tenendo conto della bagnabilità anche la porosità è un parametro di fondamentale importanza perché influisce
sia sulle proprietà meccaniche e strutturali della rete, ma anche sulle proprietà di interazione con il tessuto,
perché vedremo successivamente che, nel momento in cui si forma il tessuto cicatriziale, questo va a diminuire
la dimensione dei pori che rimangono liberi nella rete.
Il parametro di porosità è così di fondamentale importanza che spesso viene utilizzato per classificare le reti. È
comunque un parametro siamo abbastanza controverso nel senso che, se andate a vedere com'è strutturata
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una rete chirurgica (in Figura, immagine al microscopio ottico) ci sono dei pori più ampi, come quello indicato
dal cerchio arancione che ha una determinata area, ma ci sono anche delle regioni, tra i filamenti intrecciati,
molto più piccole che però dal punto di vista di tutte le macromolecole biologiche delle proteine, delle cellule non
sono di dimensioni trascurabili.
In realtà, quindi, quella che viene definita come porosità della rete è un parametro che potrebbe essere
misurato in modo diverso e non ha uno standard codificato.
Generalmente, per definire la porosità della rete, si utilizza il rapporto tra l'area totale dei pori e l'area della rete.
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Per determinare l'area dei pori si considerano dei pori che abbiano dimensioni elevate, quindi superiori al mm
come area (vengono trascurati in realtà tutti i pori di dimensioni più basse).
Questo tipo di classificazione viene usata dalle aziende produttrici per proporre la rete, cioè identificandola
come una rete che ha una certa porosità e confrontandola con altre in cui la porosità, viene misurata con lo
stesso metodo (→ quindi un termine di confronto tra reti diverse).
Dal punto di vista, invece, dell'interazione del tessuto considerando la bagnabilità del materiale e la dimensione
dei pori, bisogna tenere conto del fatto che se i poi sono di piccole dimensioni e il materiale ha una bagnabilità
elevata è possibile che, nel momento in cui va a formarsi il tessuto cicatriziale intorno alla rete, quest’ultimo non
va a occludere completamente la porosità della rete (in Figura vedete rappresentato il filamento della rete
(bianco), in colore rosa/fucsia quello che può rappresentare il granuloma interno e in blu quello esterno). Però
se la porosità fosse più piccola, ci sarebbe il rischio che lo spazio all'interno dei pori della rete venisse riempito
da tessuto cicatriziale.
Questa cosa è mostrata meglio qui in cui vengono confrontate due reti, una che viene identificata come una rete
a bassa porosità e una con una rete a porosità elevata, e sono mostrate delle immagini in sezione, in cui il
filamento in sezione è quello bianco ed intorno, in rosa il primo strato di granuloma interno, in rosso quello di
granuloma esterno. in questo caso di dimensione <600μm, si forma un unico tessuto cicatriziale che
Nel caso di porosità piccola,
va ad inglobare tutta la rete. Questo tipo di reazione prende il nome della formazione di una placca cicatriziale,
che dà origine a un tessuto estremamente rigido che incapsula tutta la rete chirurgica e che dà problemi in
seguito ad intervento come senso di fastidio, scarsa possibilità di movimento, o anche dolore elevato fino a
richiedere l’esportazione della rete e quindi di un nuovo intervento chirurgico.
Nel caso in cui, invece, la porosità sia sufficientemente elevata, quello che avviene è che la formazione di un
granuloma interno e uno esterno, i quali non vanno ad occludere completamente la porosità della rete e quindi
rimangono delle zone vuote in cui avviene la rigenerazione di un tessuto con caratteristiche analoghe a quelle
del tessuto sano su cui era stata apposta la rete. La fibrosi peri-filamentare, ad esempio, è una simulazione
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con dei pori di una dimensione >3 mm con una rete come quella rappresentata accanto in cui rimane uno
spazio libero in cui può avvenire la rigenerazione del tessuto.
Problematiche legate alla scelta della rete chirurgica
Vediamo quali sono alcuni problemi aperti legati tutt'ora all'utilizzo delle reti chirurgiche. Al momento ci sono sul
mercato circa un centinaio di diverse tipologie di reti chirurgiche, costituite prevalentemente dai 4 materiali che
abbiamo visto e tante diverse conformazioni strutturali, quindi diverse tipologie di filamenti e diverse proprietà
dal punto di vista della conformazione strutturale della rete. Al momento non ci sono linee guida specifiche per
indirizzare il chirurgo alla scelta di una determinata rete e queste reti tutt'ora provocano effetti collaterali e una
diminuzione della qualità di vita del paziente dovuta a un senso di fastidio e dolore in corrispondenza della
rete.
Per la caratterizzazione meccanica delle reti non ci sono delle normative specifiche di riferimento. Vengono
spesso utilizzate dai produttori le normative relative alla caratterizzazione dei tessuti; quindi, vengono trattate
esattamente allo stesso modo perché sono ottenute con una tecnologia simile, anche se la loro applicazione è
completamente diversa. Quindi, spesso potete trovare degli studi che prendono a riferimento queste specifiche
normative riferite ai tessuti per caratterizzare invece le reti chirurgiche.
Prove di trazione monoassiale
Le prove che vengono svolte più frequentemente per la caratterizzazione sono: prove di trazione monoassiali
svolte tagliando provini in direzioni diverse della rete. Ciò per tener conto di un comportamento meccanico che
è generalmente anisotropo. Pertanto, in base a come è strutturata la rete, vengono selezionate le direzioni
ritenute con maggior rigidezza della rete e lungo queste direzioni vengono tagliati dei provini su cui verranno
effettuate delle prove di trazione monoassiale.
In Figura vedete un confronto tra prove di trazione (grafici di forza per unità di larghezza in funzione della
deformazione) per diverse tipologie di reti chirurgiche.
Generalmente si usa la quantità della forza per unità di larghezza perché non è facile definire uno spessore:
invece di valutare la tensione in funzione della deformazione (dal momento che per valutare la tensione
dovremmo dividere la forza per l’area della sezione, ma lo spessore della rete non è omogeneo), si usa la
quantità forza per una unità di larghezza (quindi, si divide esclusivamente per la larghezza del provino).
Sono confrontarti comportamenti meccanici di diverse reti (i colori diversi identificano vari modelli) e vedete che
c’è un’estrema variabilità: comportamenti meccanici molto diversi tra di loro sia in termini di modulo elastico che
di rigidezza meccanica, ma anche in termini di anisotropia. Infatti, ci sono reti maggiormente isotrope e reti
invece fortemente anisotrope. 176
Da questo punto di vista non sembra che ci sia stato alla base uno studio per cui sono state definite determinate
proprietà meccaniche della rete, in base alla anisotropia del tessuto della parete addominale o della regione
pelvica in cui la rete viene applicata. C'è un po' di tutto, qualsiasi genere di risposta meccanica.
Inoltre, bisogna anche precisare che il fatto di caratterizzare una rete chirurgica con delle prove monoassiali, in
realtà comporta delle condizioni di carico che non sono realistiche perché il tipo di sollecitazione a cui la rete
sarà soggetta in vivo non è una sollecitazione di tipo monoassiale. Quindi, anche in questo caso le prove
vengono utilizzate spesso come confronto tra reti diverse, però non sono delle prove adatte per prevedere
quello che sarà il comportamento in vivo della rete chirurgica.
Un'altra tipologia di prove di trazione che vengono spesso effettuate sulle reti chirurgiche sono prove in cui
viene confrontata la rete prima dell'impianto con un espianto in cui c'è la rete e il tessuto che si è rigenerato, che
è cresciuto all’interno dei pori della rete. In questo modo si può valutare sia la stabilità della rete, nel caso di reti
sintetiche permanenti, sia il processo di rigenerazione del tessuto, valutando la variazione di proprietà
meccaniche prima e dopo l'impianto (questo viene fatto spesso come studio su modello animale per valutare le
caratteristiche di capacità della rete di favorire la rigenerazione del tessuto attraverso porosità).
Prove di trazione biassiali
Un'altra tipologia di prove meccaniche che viene svolta sulle reti in questo caso in condizioni di carico che
maggiormente si avvicina a quella che la rete subisce dopo l'impianto sono le prove di trazione biassiale. In
Figuta vedete diverse setup, presi da alcuni articoli di letteratura, in cui viene mostrato come si svolge la prova
di trazione biassiale con dei particolari atterraggi. dall’alto) che entrano
Nella Figura (e) c'è un provino di rete quadrato su cui sono posizionati degli aghetti (visti
nei fori della rete e vanno a fissarli e poi viene fatta la prova biassiale, esercitando una trazione equidiassiale
con lo spostamento dei motori in questa direzione (frecce rosse).
Oppure vengono uti