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Entrambe queste parti agiscono in maniera integrata, in una specie di loop: quanto
immagazzinato deve essere riattivato dal recupero articolatorio e depositato nel
magazzino fonologico e così via.
In questo modo, le informazioni si riproducono per il tempo necessario al loro utilizzo.
Il funzionamento del circuito fonologico e nello specifico delle due sue componenti
dipende da due fattori:
L'effetto di somiglianza fonologica: il compito di recuperare le informazioni
→ immagazzinate nella memoria di lavoro è assai più difficile quando le informazioni
da mantenere sono simili da un punto di vista fonologico, cioè quando hanno lo
stesso suono.
Il recall di stringhe di lettere dal suono simile (D B C T P G) è più difficile del recall di
lettere con sonorità differenti (C F L R Q S).
L'effetto della lunghezza degli stimoli: la prestazione di un compito di recupero è
→ peggiore quando le informazioni da mantenere sono item più lunghi ed articolati,
piuttosto che brevi e concisi.
È più difficile recuperare una lista di parole lunghe (come "università, individuale,
operazione") piuttosto che una lista di parole brevi (come "casa, mare, sole").
La lunghezza in sé costituisce un fattore discriminante per l'aumento dei tempi di
risposta, tuttavia è stato visto che parole con sillabe fonologicamente simili -anche
se lunghe- come voodoo, igloo, etc. sono altrettanto facili da ricordare. Questo
sembra essere perché non è tanto la lunghezza della parola a rallentare quanto il
tempo di enunciazione della parola: più tempo è richiesto per il recupero di un
item, maggiore sarà la possibilità che questo sarà eliminato dal deposito
fonologico.
Deposito e recupero sono due attività che si compensano in loop ma sono indipendenti
l'una dall'altra. Longoni et al. (1993): propongono un disegno fattoriale 2x2 dove vanno a
manipolare sia la lunghezza delle parole proposte, che la loro similarità. In tal modo
possono tenere sotto controllo sia i singoli fattori che la loro relazione.
Il compito richiesto è, chiaramente, un compito di recall degl'items. Quanto osservarono è:
• le parole uguali sono ricordate meno delle parole diverse (la percentuale del riscontro
delle simili è minore rispetto che a quella delle dissimili);
• le parole lunghe sono ricordate meglio di quelle corte;
• i due fattori, lunghezza e somiglianza, sono indipendenti (entrambi rendono la
memorizzazione più complessa ma in maniera indipendente l'uno dall'altro: le lunghe sono
inevitabilmente più difficili delle corte a prescindere che siamo simili o dissimili, così come
le parole dissimili sono più facili da ricordare rispetto alle simili, a prescindere dalla loro
lunghezza).
Prove neurologiche:
Baddeley e Wilson (1985): sono interessati a capire se il rehaersal articolatorio sia un
processo che ha a che fare con la memoria a breve termine (quindi costituisce una
funzione cognitiva centrale), oppure se ha a che fare con componenti periferiche.
Per indagare ciò, mettono su il medesimo esperimento di Longoni et al., quindi vanno a
vedere la differenza nella performance di recall proponendo parole lunghe o brevi, simili o
dissimili. Quello che cambia è che somministrano il test a pazienti affetti da disatria
(disturbo della componente articolatoria).
L'ipotesi è che se i pazienti presentano lo stesso pattern, allora vuol dire che il meccanismo
fonologico è collocabile a livello centrale.
Quanto osservato conferma la prima ipotesi: i pazienti ottenevano punteggi analoghi ai
Per indagare ciò, mettono su il medesimo esperimento di Longoni et al., quindi vanno a
vedere la differenza nella performance di recall proponendo parole lunghe o brevi, simili o
dissimili. Quello che cambia è che somministrano il test a pazienti affetti da disatria
(disturbo della componente articolatoria).
L'ipotesi è che se i pazienti presentano lo stesso pattern, allora vuol dire che il meccanismo
fonologico è collocabile a livello centrale.
Quanto osservato conferma la prima ipotesi: i pazienti ottenevano punteggi analoghi ai
pazienti sani, pertanto il magazzino fonologico costituisce un'operazione cognitiva centrale
e non periferica.
Paulesu et al. (1993): costituiscono uno studio tramite l'osservazione via PET di un
campione di soggetti anglofoni ai quali sottopongono due simbologie da memorizzare:
delle lettere (che hanno, quindi, dei fonemi) e dei simboli grafici dell'alfabeto coreano (che
nessuno conosceva).
Quello che poterono osservare era una dissociazione nelle attivazioni: mentre per i fonemi
vi era un'attivazione della memoria fonologica, per quanto riguarda le lettere coreane,
l'unica attivazione riscontrata era quella della memoria visiva.
Dal punto di vista neurofisiologico l'attivazione coinvolgono due aree principali: la
corteccia frontale inferiore e la corteccia parietale inferiore.
In una seconda parte dell'esperimento, atta a discriminare le azioni specifiche delle due
aree, aggiungono un ulteriore task: una volta proposte entrambe le simbologie, chiedono
ai partecipanti di rispondere alla domanda "L'item proposto fa rima con la lettera B?". In
questo modo è possibile discriminare sia le componenti di memorizzazione nel circuito
fonologico che le componenti di reharsal.
Quanto poterono osservare tramite esame PET fu un'attivazione in entrambi gli
esperimenti della corteccia frontale inferiore, ma non un'attivazione della corteccia
parietale inferiore nel secondo.
Conclusero che, mentre la parietale è più collegata all'immagazzinamento fonologico, la
frontale è maggiormente legata al recupero fonologico.
A livello più pratico, a cosa serve di fatto il circuito fonologico? Sembrerebbe giochi una
funzione principale nell'apprendimento del linguaggio, sia da parte del bambino con la
lingua madre, che per l'apprendimento di altre lingue straniere.
Gathercole et al. (1992): attuano uno studio longitudinale su bambini osservati ad
intervalli regolari dai 4 agl'8 anni per vedere l'associazione tra memoria fonologica e
sviluppo del lessico.
Quanto trovano è che il livello di abilità dei bambini nel ripetere le parole senza senso
predice in modo significativo l'ampiezza del loro vocabolario nell'anno successivo.
• Taccuino visuo-spaziale: altra componente della memoria a breve termine secondo il
modello di Baddeley e Histch adibita allo storing delle informazioni visive e spaziali. Essa ci
permette di creare immagini mentali, nelle quali possiamo navigare/possiamo osservare le
sue componenti.
Brooks (1968): mostra ai partecipanti una lettera scritta a caratteri pieni (F) e chiede di
percorrere i suoi bordi in senso orario a partire da un punto specifico segnalato da un
asterisco.
Dopodiché chiede di dire se l'angolo fosse interno (risposta IN) o esterno (risposta OUT)
nel ripercorrerlo. Ad alcuni chiese di dire la risposta ad alta voce (risposta vocale diretta),
ad altri chiede di scriverlo (risposta manuale con interferenza).
L'ipotesi era quella che se la decisione fosse dipesa dal taccuino visuo-spaziale, allora
l'indicare la risposta avrebbe interferito con la risposta. Ciò che ottennero era lo stesso di
quanto si aspettassero: i partecipanti hanno impiegato circa il triplo del tempo nel
compiere il compito quando dovevano indicare la risposta piuttosto che quando dovevano
pronunciarla.
In un secondo esperimento propone una struttura analoga: propone una frase ai
partecipanti (poi rimossa) e chiede di rispondere sì o no se la parola richiesta fosse un
nome. Anche in questo caso le modalità di risposta erano sia vocali che manuali.
Quanto trovato è l'opposto del risultato precedente studio: la performance vocale ha
compiere il compito quando dovevano indicare la risposta piuttosto che quando dovevano
pronunciarla.
In un secondo esperimento propone una struttura analoga: propone una frase ai
partecipanti (poi rimossa) e chiede di rispondere sì o no se la parola richiesta fosse un
nome. Anche in questo caso le modalità di risposta erano sia vocali che manuali.
Quanto trovato è l'opposto del risultato precedente studio: la performance vocale ha
richiesto un maggior impiego di tempo rispetto a quella manuale.
Dedusse due conclusioni importanti:
Bootleneck: stimoli e risposte competono per la stessa risorsa cognitiva;
- C'è un'interazione a croce tra i risultati di questi due esperimenti, il che da prove a
- favore della necessaria distinzione tra due magazzini di memoria che operano
assieme (uno per l'informazione visivo-spaziale e uno per l'informazione
fonologica).
Dal punto di vista neurale si ipotizza che la capacità del taccuino visuo-spaziale di
permetterci di orientarci nel nostro spazio mentale dipenda dal sistema cerebrale che
pianifica il movimento degl'occhi (e di altre parti del corpo), al pari dei sistemi del
linguaggio che permettono l'azione del magazzino fonologico.
Questo sistema di pianificazione del movimento potrebbe anche essere alla base del
recupero spaziale, il processo di "aggiornamento" mentale che dedica spazio per
mantenere queste informazioni disponibili.
L'elaborazione visuo-spaziale dipende molto dall'attenzione diretta al luogo: sulla base di
questo proposito ci si è chiesti se sia più facile orientare l'attenzione verso un luogo che già
manteniamo in memoria.
Awh et al. (1998): strutturano un esperimento per valutare gli effetti dell'allocamento
dell'attenzione sulla performance della memoria visuo spaziale. Presentano una prima
schermata con una lettera, poi una schermata con un simbolo e poi un'altra schermata con
un'altra lettera. Due condizioni:
Nella prima chiedono di dire la forma del simbolo e di dire se la seconda lettera
- fosse nella stessa posizione della prima;
Nella seconda chiedono di dire la forma del simbolo ma di dire se la seconda lettera
- fosse la stessa della prima.
La scelta di distinguere i task era volta a misurare i due diversi livelli di analisi (uno visivo e
uno fonologico).
I risultati ottenuti sostenerono la tesi iniziale: la decisione relativa alla classificazione della
forma è stata compiuta più velocemente quando il simbolo e la lettera comparivano nella
stessa posizione, ma solo nella condizione in cui i risultati dovevano ricordare la posizione
delle lettere.
Questo dimostra che mantenere un luogo nella memoria di lavoro facilita l'orientamento
dell'attenzione verso quel luogo (migliorando la velocità di esecuzione del compito di
elaborazione).
Le informazioni elaborate dal taccuino visuo-spaziale possono essere di due