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Riassunto esame Matematica Finanziaria per le Imprese, prof. Corazza, libro consigliato Elementi di Matematica Finanziaria, Basso, Pianca Pag. 1 Riassunto esame Matematica Finanziaria per le Imprese, prof. Corazza, libro consigliato Elementi di Matematica Finanziaria, Basso, Pianca Pag. 2
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L’ipotesi che il tasso d’interesse rimanga invariato in un intervallo non sempre si verifica in pratica. Tale

assunzione si può sostituire con l’assunto che nel tempo si osservino diversi tassi d’interesse i , che

k

rimangono costanti lungo il periodo di lunghezza k.

In questa ipotesi allora abbiamo che, in interesse semplice I è uguale a:

( ) ( )

∑ ∑

[ ]

In regime di interesse composto abbiamo che: ∏( )

L’ipotesi che il potere della moneta rimanga inalterato nel tempo è inverosimile. Il tasso i è in effetti un

tasso apparente (nominale) in quanto gli importi monetari non conservano in generale il potere di acquisto

che avevano all’istante t. Se tale degradazione del potere d’acquisto della moneta si manifesta a un tasso

uniperiodale costante g, all’epoca t per avere lo stesso potere d’acquisto offerto dalla somma C all’epoca t

0 0

si deve disporre della somma ( )

Indicato i il tasso di interesse reale, cioè quello che tiene conto della perdita del potere d’acquisto della

r

moneta, il montante può essere scritto come:

( ) ( )( )

Da qui possiamo calcolare direttamente il tasso di interesse reale come:

Possiamo quindi notare che:

 Se il tasso di inflazione è maggiore del tasso nominale allora il tasso reale sarà negativo

 Se si trascura il prodotto allora il tasso reale è la differenza tra il tasso nominale e l’inflazione

Il tasso d’inflazione varia nel tempo, ma si può calcolare un tasso medio relativamente a un periodo di

tempo.

Indicato con p l’indice dei prezzi al consumo il tasso di inflazione relativo è:

i

E il tasso medio di inflazione è: ( )

Per rischio di cambio s’intende la possibilità di subire perdite a causa della traduzione di un importo

espresso in una certa valuta in un importo denominato in una valuta diversa. Il tasso di cambio rappresenta

il prezzo di una delle due valute utilizzando l’altra valuta come unità di conto.

Il tasso di cambio nei confronti di una valuta è semplicemente il reciproco del tasso di cambio prendendo

l’altra valuta come unità di conto.

Il tasso effettivo uniperiodale dell’operazione di investimento in valuta estera è il tasso che risolve

l’equazione: ( )

( ) α.

Supponiamo inoltre che il tasso di cambio vari in base ad un tasso uniperiodale che indicheremo con In

questa ipotesi il tasso di rendimento diventa la soluzione di questa equazione:

( )

( ) ( )

Il tasso effettivo risulta quindi:

Alcune considerazioni:

 Se α > 0, allora la moneta si rivaluta, quindi i < i e quindi in questo caso vi è una diminuzione del

eff F

tasso di costo di un indebitamento in valuta, ma anche un guadagno effettivo di un investimento.

 se α < 0, allora la moneta si svaluta, quindi siamo nel caso contrario a prima, dove aumenta il

guadagno, ma anche il tasso di costo di un indebitamento in valuta.

Consideriamo una particolare operazione finanziaria che consiste nello scambio di un unico importo

monetario contro la corresponsione di un insieme di pagamenti esigibili a scadenze prefissate. Chiamiamo

rendita questo insieme finito o infinito di pagamenti e rata l’ammontare monetario di ciascun pagamento.

Definiamo:

 Periodo (o intervallo di pagamento), l’intervallo di tempo fra due rate consecutive (di solito è

costante).

 Durata, l’intervallo di tempo fra l’inizio del primo periodo e la fine dell’ultimo.

Ora classifichiamo le rendite:

1. Anticipate: se il pagamento avviene all’inizio di ogni periodo

2. Posticipate: se il pagamento avviene alla fine di ogni periodo

3. Continue: se l’ampiezza del periodo tende ad annullarsi

4. Aleatorie: se il pagamento delle rate avviene subordinatamente al verificarsi di eventi aleatori

5. Certe: se il pagamento delle singole rate avviene con certezza e non dipende dal verificarsi di eventi

aleatori

6. Costanti: se gli importi delle rate non variano nel tempo

7. Variabili: se le rate non sono costanti

8. Temporanee o perpetue: rispettivamente se la durata della rendita è finita o non

9. Immediate: se il primo pagamento avviene all’inizio o alla fine del primo periodo

10. Differite: se il primo pagamento è successivo al primo periodo.

Se l’importo che si ritiene equo scambiare contro l’insieme di pagamenti è previsto in un epoca non

successiva all’epoca del primo pagamento, allora tale importo è detto valore attuale della rendita; se invece

l’importo è previsto in un’epoca non antecedente l’ultimo pagamento, allora s dice montante della rendita.

Il valore attuale della rendita è la somma dei valori attuali di tutte le rate:

( )

∑ ( )

Analogamente il montante è dato dalla somma dei montanti finali di tutte le rate:

( )

Le rate di una rendita si possono intendere come le rate di ammortamento di un debito di entità pari al

valore attuale delle rate.

Sono rendite le cui rate hanno importo costante e possono essere anticipate o posticipate. Di seguito le

formule per calcolare il valore attuale e il montante di tali rendite.

Rendite posticipate: ( )

( )

Rendite anticipate: ( )

( )

̈ ̈ ( ) ( )

̈ ̈

Rendite differite: ( )

( ) ( )

Un’operazione di leasing prevede che un’azienda (locatrice) ceda in locazione a un’altra azienda (locataria)

un bene strumentale, mobile o immobile, per un prefissato periodo di tempo. Il bene viene ovviamente

ceduto contro la corresponsione di determinati canoni e al momento della scadenza del contratto è a volte

prevista la possibilità, per l’azienda locataria, di riscattare il bene in uso mediante il versamento di una

somma che è pari a una percentuale prefissata del valore del bene al momento dell’acquisto.

Inizialmente è nato come leasing operativo, cioè operazione di locazione di beni industriali il cui costo era

troppo elevato per essere acquistati dalle imprese. Il leasing operativo vede il locatore come casa

produttrice stessa, il quale offre assistenza e supporti tecnici.

Successivamente la gamma di prodotti concessi con un leasing è aumentata, portando alla nascita di

imprese finanziarie che gestiscono i rapporti tra casa produttrice e società richiedenti.

Per le società finanziaria il costo di leasing include non solo il costo di acquisizione del bene, ma anche

canoni e costi di riscatto finale, questo perché esse devono sostenere le spese di gestione e realizzare un

utile.

Per la società richiedente il leasing è una forma particolare di finanziamento, che offre la possibilità di

utilizzare il bene strumentale. Le società quindi possono confrontare la convenienza di un leasing

confrontando lo stesso con un classico finanziamento.

La formula che permette di determinare il prezzo del bene concesso in leasing è:

( )

Dove:

L = Prezzo del bene concesso in leasing

A = Importo iniziale

R = Canoni di importo costante

n = numero di canoni da effettuare

F = Importo di riscatto finale del bene

i = Tasso uniperiodale

Supponendo che l’anticipo e il costo di riscatto vengano espressi come percentuali del prezzo del bene,

allora abbiamo che: ( ( )

Quando l’importo di un mutuo è rilevante, è usuale che la restituzione venga frazionata nel tempo

mediante il pagamento di diverse rate. L’insieme di queste rate è un esempio di rendita.

In questo caso l’ammortamento del debito viene frazionato nel tempo con la seguente modalità: il capitale

mutuato S viene ripartito in quote di ammortamento (quote capitale) da corrispondersi in epoche

equintervallate, in queste stesse epoche vengono di norma corrisposti anche gli interessi.

Le rate quindi che il debitore è tenuto a versare si possono scrivere come:

.

Il debito residuo ad ogni epoca è la somma delle quote capitale ancora da corrispondere subito dopo il

pagamento della rata, cioè la differenza tra l’importo mutuato e la somma delle quote capitali già restituite:

Il valore attuale delle rate ancora da corrispondere è detto valore residuo o corso dell’ammortamento e

viene calcolato in base a un tasso di valutazione che normalmente risulta diverso dal tasso tecnico di

remunerazione del prestito ed è legato ai tassi di interesse in vigore nel mercato al momento della

valutazione del prestito. Il valore residuo è composto da due componenti: la nuda proprietà e l’usufrutto.

Quando si necessita di un finanziamento di importo molto elevato, si ricorre al frazionamento del prestito

in un certo numero di quote. Questi prestiti “divisi” si chiamano prestiti obbligazionari e ciascuna quota

costituisce un titolo di credito chiamato obbligazione.

Le obbligazioni possono essere suddivise in:

1. Obbligazioni con cedola: le cedole sono dei pagamenti periodici effettuati dal debitore che vengono

incassati dal creditore mediante lo stacco materiale della cedola dal titolo di credito.

2. Obbligazioni senza cedola (ZCB): prevedono che il prezzo di restituzione comprenda sia

l’ammontare mutuato, sia tutti gli interessi accumulati.

3. Obbligazioni convertibili: si collocano a metà tra titoli di credito e titoli azionari. Prevedono lo

stacco periodico delle cedole, ma consentono al sottoscrittore di decidere se continuare nella

posizione di creditore o convertire le obbligazioni in titoli azionari e partecipare direttamente ad

utili e perdite della società.

Per la maggior parte dei prestiti obbligazionari il rimborso delle obbligazioni avviene in corrispondenza di

un’unica scadenza, ma vi sono esempi di prestiti dove le obbligazioni vengono suddivise in serie che

vengono rimborsate in epoche diverse.

Anche se per molto tempo si sono considerati i titoli obbligazionari come privi di rischio, ci sono molti

fattori legati all’acquisto di un’obbligazione che determinano la nascita di possibili rischi.

Di seguito l’analisi di alcuni di questi:

1. Rischio di insolvenza: riguarda la possibilità che qualche cedola e/o il valore nominale non vengano

rimborsati al creditore. Vengono valutati dalle società di rating, e per i titoli nelle classi di rischio più

elevate vengono richiesti dal mercato tassi di rendimento più elevati, che incorporano anche un

premio per il rischio che gli investitori si assumono.

2. Rischio di tasso di cambio: per le obbligazioni emesse in valuta estera è sempre presente, in

quanto la consistenza dei flussi di cassa dipende dall’andamento futuro del tasso di cambio fra le

valute utilizzate.

3. Rischio di prezzo: detto anche rischio del tasso d’interesse, riguarda le obbligazioni che vengono

rivendute prima della loro scadenza.

4. Rischio di inflazione: &eg

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
9 pagine
3 download
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-S/06 Metodi matematici dell'economia e delle scienze attuariali e finanziarie

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher icio88 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Matematica finanziaria per le imprese e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Ca' Foscari di Venezia o del prof Corazza Marco.