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MARKETING DEI PRODOTTI CULTURALI

MICHELE PORCEDDU

Sono prodotti culturali in serie ovvero venduti in abbondanza, sono prodotti che rientrano sotto

una certa cultura, possono vivere quasi sempre per il loro stesso significato (se privati di

significato, cessano di esistere), sono sempre associati ad un autore (a volte questo autore è più

importante del prodotto perché l’autore è conoscibile subito), questi prodotti culturali cessano di

esistere quando la gente non li riconosce più e non gli scegli più, non c’è una formula precisa per il

successo, hanno forte valore culturale.

Non esiste un costo di produzione oppure è difficile capire quale sia. Per esempio un libro una

volta scritto deve essere stampato e pubblicato e questo comporta dei costi, ma l’azione di scrivere

è a COSTO ZERO! Prima di essere culturali sono essenzialmente prodotti. Oggetti prodotti in

quantità elevate. Prodotti il cui successo non è progettato. Sono entità spesso associate ad un

autore. Soprattutto per i prodotti musicali, l’autore è importantissimo. Si compra l’autore del

prodotto e non il prodotto stesso.

I prodotti culturali sono comunque prodotti industriali (per esempio non le opere d’arte).

Inoltre esistono community of Practice (comunità del praticare ) a costo zero che forniscono le

proposte.

Esempi di prodotti culturali sono: libri musica cibo abbigliamento automobile dispositivi tecnologici

riviste tv politica luoghi di intrattenimento sport cinema videogiochi.

Studio degli oggetti culturali: il primo a farlo fu Theodore Adorno e Horkeimer (1944) scrivono il

Dialektik der Aufklarung (la dialettica dell’illuminismo). Manoscritto academico pubblicato in

California dove si parla per la prima volta dei prodotti culturali in maniera tragica. li critica dicendo

che le nostre industrie hanno iniziato a sfornare prodotti culturali, musiche tutte uguali (un esempio

è il Géza: musiche prodotte in serie, Tutti si agitano come delle scimmie, L’umanità è ridotta ad una

massa di robot, genera in Usa la depressione). È una visione oscura e negativa dei prodotti

culturali: il mondo è indirizzato a rendere gli uomini tutti uguali.

Jazz e musica classica, in quel periodo, occupavano due spazi culturali completamente diversi.

Musica classica era una forma espressiva legittimata, ritenuta giusta, non era criticabile. I prodotti

culturali sono quindi anche passibili di un processo di legittimazione.

Il jazz invece è completamente diverso, ritenuta la musica dei gangster, veniva suonato nei locali in

cui venivano serviti alcolici illegalmente.

Mozart è un esempio di autore che è stato delegittimato.

Esempio scrittore Lovercraft, durante la sua vita ha scritto tantissimo, ma non ha mai pubblicato

nessun manoscritto. Durante il funerale, un suo amico autore di successo, prende tutti i suoi

manoscritti e li pubblica. Ora sono considerati best seller, tutti i personaggi e le invenzioni

brevettate.

Hirsh: sociologo importante per il marketing dei prodotti musicali. Nel 1972 dice che i prodotti

culturali sono beni non materiali destinati ad un pubblico di consumatori (sono prodotti fatti in serie

che finiscono nei negozi) per i quali espletano una funzione estetica o espressiva più che

strumentale (Deve coinvolgere i sensi e illustrare leggo di chi lo consuma, le sue aspirazioni e i

suoi valori).

sono beni non materiali perché quando li acquistiamo, vogliamo il loro contenuto, non il supporto

mediatico attraverso il quale viene trasmesso.

Per esempio i video pensi: noi compriamo un gioco ma l’oggetto vero e proprio è un disco. In

realtà noi compriamo il contenuto del disco, Il supporto mediante il quale viene distribuito il

prodotto non fa parte del prodotto ma della distribuzione (place).

Hesmondalgh sociologo importantissimo nel 1972 dice: le industrie culturali sono basate sulla

produzione di massa e sulla circolazione di testi, e fondate sul lavoro di creatori simbolo. Gli autori

di prodotti culturali non solo producono simboli ma sono essi stessi simboli. Riconosce l’esistenza

di industrie culturali, l’arcipelago di industrie che hanno lo scopo di generare prodotti culturali.

MARKETING DELLA MODA

La moda è assolutamente legata alla nobiltà. Se lo possono permettere solo quelli che hanno i

soldi. Il fenomeno della sofisticazione del vestire era associato alla nobiltà, era un modo di vestire

regolato da leggi. Nell’Italia del Rinascimento le dame non potevano sciogliere capelli a meno che

non fossero regina. La culla delle regole è sempre stata l’Italia fino a 700. Le corti medievali e

rinascimentali dettavano le regole per nobili. Per i contadini invece la regola era cercare di vestirsi

per non morire di freddo, Finché il mondo era di tipo feudale,

LUIGI XIV, detto nel sole, si dimostrò un sovrano intelligente, seppur arrogante in particolare per

la frase celebre “lo Stato sono io”. Ehi vuole che la Francia diventi il faro dell’Europa. La sua

strategia segue molte piste: artistica, moda, Navale ecc… egli vuole che la sua corte diventi la

corte d’Europa. Luigi XIV decide che sarà la Francia a dettare le regole della moda. Nasce così

una corsa alla sofisticazione delle look. Ogni mese inventa uno stile e sfida la corte a imitarlo

(attraverso materiali acconciature tagli colori e simboli eccetera). Questo gioco a due conseguenze

importanti:

• La maggior parte della corte finisce sul lastrico, perché cercavano di inseguire il lusso ma non

potevano permetterselo

• Ancora oggi a casa di questo momento zero Dove Luigi XIV detta le regole, La Francia ancora

oggi la nazione che detta le regole della moda. La storia del fashion da questo momento è

francese.

A Luigi XIV succede Luigi XV e a fine settecento ascendere al trono Luigi XVI marito di Maria

Antonietta, la regina bambina. Quest’ultima aveva una sarta che confezionavano abiti: Rose Bertin

all’inizio semplice artigiana che esegue l’abito, ma poi diventa una specie di influenzatrice e

comincia a farsi pagare per le sue opinioni e le sue intuizioni estetiche. Nasce un processo di

imitazione nella corte, che porta ancora a grandi tragedie: Nobili sono di nuovo sul lastrico. Bertin

iniziò ad avere una certa fama per fare abiti anche perché il sesso maschile. Senza saperlo Rose

bertin diventa il prototipo della stilista: si considera un artista. Di fronte alla critica di essere troppo

cara lei risponde: al pittore non pagate solo il costo dei pennelli ma anche l’abilità. Muore

ghigliottinata. è la prima protagonista della storia della moda.

Dopo la rivoluzione francese il direttorio detta che d’ora in poi tutti hanno la possibilità di vestirsi

come vogliono. L’unica regola è che non esistono più regole. Ma nasce un paradosso: arriva a

Parigi Charles Frederick Worth (il primo stilista dell’umanità) con soldi, progetti di telai. porta la

mentalità industrializzata inglese in Francia. Incarna perfettamente la figura dello stilista: creativo,

arrogante, svagato, sicuro di sé, non accetta compromessi. Mette su una produzione in serie di

abiti per la borghesia, in particolare i cantanti di operette, ma anche gli nobili. Si comporta da

stilista e impone il suo stile. Non accetta ordini ma li detta. Il suo marchio è prestigioso. Inventa ciò

che per noi oggi è scontato:

• Mette la firma si propri abiti in: ricama il suo cognome nelle creazioni

• per illustrare alle principesse europee le sue creazioni adotta un metodo: mentre prima si usavano

bambole, micromanichini dove il vestito veniva fatto in miniatura investendo poco materiale, in

modo da vedere il prodotto finito, lui allestisce un grande salotto dove prepara i suoi prototipi di

abiti e li fa indossare da bellissime ragazze parigine che sfilano nel suo salotto, vestite con i suoi

abiti. inventa così la sfilata di moda. nel suo salotto ospita le cantanti di operetta. senza saperlo

inventa anche lo sfruttamento del testimonial celebrity. i suoi salotti diventano ambienti esclusivi,

dove le belle ragazze e i suoi collaboratori si incontrano e si scambiano idee, si parla di look e di

politica. più lui diventa famoso e + diventa arrogante, al punto che durante una sfilata non lascia

entrare una duchessa che lo aveva criticato.

Nell’ottocento erano nati i grandi magazzini per la borghesia.

Paul Poiret, Sarto incaricato di fare gli abiti per la borghesia. Sarto delegato alla produzione di

serie nella maison Worth. produrre per la borghesia da più risultati che produrre per i nobili. Si può

dire che è il primo industriale. Prende molto di più perché l’abito per i nobili e uno, quello per la

borghesia ha un margine ridotto, ma ne può fare tanti.

Ai primi del novecento il suo stile venne copiato dagli americani. copie perfette grazie all’industria

americana e la catena distributiva che erano molto più avanzate. Tornato a Parigi parla con gli altri

industriali, E pensa a un dispositivo che protegga le sue invenzioni. Pensa che gli stilisti debbano

rinunciare al proprio ego per riunirsi tutti insieme in una lobby, Creare un sindacato, Creare un

sistema per dare e avere.

Chambre syndacale: associazione esistente ancora oggi. Viene creato questo sindacato e chi ne

è membro è riconosciuto e legittimato come grande stilista della moda francese. I grandi stilisti

vengono così legittimati. Chi rimane fuori dalla chambre rimane fuori anche dalla moda. Qui

vengono stabilite anche le date delle sfilate e chi invitare. le sfilate di moda vengono

istituzionalizzate. Le sfilate non sono aperti a tutti ma solo su invito, quindi a porte chiuse. Gli

americani non sono nemici ma potenziali clienti. Possono copiare gli abiti ma devono mettere la

griffe. Per riconoscere la paternità dell’opera conviene a tutti mettere le griffe.

Poi sempre Poiret inizia a considerare gli americani non come nemici ma come potenziali clienti. Si

rivolge ai grandi magazzini americani e li invita alle sfilate chiedendo loro quali modelli di abiti tra

quelli proposti potrebbero piacere agli americani. Per quelli selezionati da loro tutte le indicazioni

per confezionarlo (carta modello), autorizzandoli a copiarlo ma in cambio di denaro, una sorta di

copyright. Devono quindi indicare il nome dello stilista. Riconoscere la paternità creativa. Questo

fatto di griffare un abito conviene allo stilista che acquisisce fama e anche ai grandi magazzini

perché l’abito diventa più importante perché porta con sé la mitologia del sistema moda francese.

L’abito quindi diventa un prodotto in serie dal forte valore culturale quindi un prodotto culturale.

Ma chi può far capire alla ricca donna americana il significato degli abiti di origine francese? I

giornalisti. Viene fatto un patto

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
11 pagine
2 download
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/08 Economia e gestione delle imprese

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher stc.iusve di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Marketing dei prodotti culturali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Istituto Universitario Salesiano Venezia - IUSVE o del prof Porcheddu Michele.