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Rivoluzione organizzativa e crescita dimensionale nell'impresa fordista
Il binomio tecnologia-produzione Prende dunque forma una forma complessa di organizzazione per integrare tra loro le operazioni meccanizzate. Man mano che questa esigenza organizzativa cresce, cresce anche la rilevanza del manager, professionista specializzato in ruoli di connessione e governo. Inoltre, siccome il capitale da investire è ingente, il capitale di rischio viene raccolto in borsa, e l'imprenditore-fondatore diviene così un semplice azionista accanto a tanti altri. Dunque il manager si trova ad avere una forte autonomia, poiché tiene le redini dell'organizzazione e non è soggetto a un solo "padrone", bensì a un insieme di azionisti. Si parla pertanto di capitalismo manageriale. L'area di impegno cruciale diviene l'organizzazione dei macchinari e degli uomini. Il risultato di questa attenzione organizzativa è logicamente.quello di una fortecrescita dimensionale. Poiché i costi organizzativi sono elevati (anche se meno appariscenti di quelli materiali relativi a macchine, capannoni ecc), è necessario che l'impresa disponga di risorse dotate di professionalità specifiche come tecnici, ingegneri, operai specializzati. Inizia così la crescita di concentrazione su aree funzionali "esterne" alla fabbrica e alla mera produzione, come la logistica, la ricerca, gli approvvigionamenti, ecc. Cresce dunque l'importanza delle risorse umane. Il problema chiave: come ridurre il peso dei costi organizzativi. L'organizzazione non può essere dettata da leggi scientifiche che la rendano riproducibile e standardizzabile. Servono soluzioni ad hoc, e ogni situazione genera del know-how specifico, che quindi costa molto. Due importanti conseguenze: per fare economie di scala sull'organizzazione, le imprese devono accrescere le vendite, si va così verso ilmeccanizzazione e i costi dell'organizzazione che ne consegue. Nell'ambito della produzione di massa, le soluzioni a questa dicotomia si possono riassumere nella tendenza a raggiungere significative crescite dimensionali, sia di tipo quantitativo (economie di scala) che qualitativo (economie di regolazione sistemica):
- economie di scala: si originano dalla convenienza a sfruttare la ripetitività dei grandi volumi in tutte le fasi della produzione, con conseguente tendenza a massimizzare la standardizzazione dei prodotti
- economie di regolazione sistemica: si originano dalla convenienza a centralizzare l'elaborazione delle informazioni e delle decisioni necessarie a gestire le connessioni tecnologiche e organizzative tra le attività interne in un unico centro manageriale (top management); si tende a definire un codice di comando (norma che identifichi potere, responsabilità) e applicarlo alle varie decisioni; da qui si possono generare anche economie di scopo
1.3 PROBLEMI APERTI NEL RAPPORTO TRA IMPRESA E AMBIENTE
Il bisogno di controllo: soggettività e stakeholder
Per ottenere economie di scala e di regolazione, l'impresa procederà creando una struttura organizzativa basata sulla specializzazione e divisione del lavoro tra manager per funzioni (produzione, marketing, lavoro, finanza, approvvigionamenti). L'effetto però è anche una riduzione della flessibilità del sistema-impresa a eventi non previsti o imprevedibili, con alti rischi legati agli investimenti immobilizzati nel lungo periodo e all'instabilità del mercato.
Pertanto sorge la necessità di rapportare la crescita dimensionale a un ambiente stabile e prevedibile. Tendenza a espandere il controllo all'esterno, creando una stretta collaborazione tra impresa e ambiente. Così lavoratori,
Fornitori, clienti e finanziatori ora tendono a legarsi in un rapporto di reciproca dipendenza, rimanendo "fedeli" a una certa impresa con l'obiettivo comune della soddisfazione di tutti gli stakeholders.
Il negoziato diventa il passaggio di routine, in cui le parti riconoscono i reciproci interessi e in cui l'impresa cerca di incanalare i comportamenti lungo direttrici preordinate.
La finanza del capitalismo manageriale
La finanza ricopre un ruolo importante, e se i profitti dell'impresa non sono soddisfacenti, i finanziatori rischiano di vedere diminuire le proprie quote: pertanto non sono tagliati fuori dal comando, anche se "scambiano" parte della propria influenza cedendola ai manager, con la garanzia da parte di questi del rendimento stabile e affidabile dell'impresa.
Il top management è dunque garante neutrale di interessi plurimi.
Questa tendenza a regredisce dagli anni '80, poiché inizia a prevalere
L'instabilità nei rapporti di mercato e i manager, in concorrenza reciproca, tendono a innescare scalate e ricambi di persone ai vertici aziendali. Questa tendenza ha due conseguenze: i manager vengono vincolati ai propri risultati, e tendono a monetizzare sempre di più la propria reputazione. Questo rivisita la funzione dei manager, togliendone il carattere neutrale tipico del classico manager fordista.
Impresa e ambiente competitivo
Impresa e consumatore non hanno "codici traduttori": parlano linguaggi sostanzialmente diversi. L'incremento dei volumi porta a un eccesso di capacità, col rischio di alti costi di inutilizzazione della capacità produttiva. Serve riorganizzare i mercati per una maggior controllabilità del consumo e della concorrenza. L'obiettivo di forzare gli sbocchi di mercato agendo sulla domanda viene affidato al marketing, per costruire rapporti diretti col consumatore attraverso il potenziamento della forza di vendita.
attraverso strumenti quali le politiche di marca e la pubblicità. Dagli anni '60 la capacità di assorbimento dell'offerta è giunta al limite, occorre differenziare la propria offerta (si ha dunque una segmentazione dei consumatori). Le imprese rivolgono uno sforzo notevole alla produzione di nuovi significati da far assumere al consumo, cercando di aggregare e orientare il più possibile i consumatori. Ora è dunque l'innovazione a giocare un ruolo fondamentale, tramite una continua sollecitazione della frontiera tecnologica e dei bisogni. Dal punto di vista interno ciò avviene tramite lo sviluppo di grandi laboratori di Ricerca e Sviluppo. Quando il prodotto diventa imitabile, l'impresa deve agire in anticipo con innovazioni di processo per meglio gestire il ciclo di vita del prodotto. In un oligopolio è possibile trovare un equilibrio tra spinte innovative e riconoscimento delle posizioni reciproche, tempificando ritmi e strategie.tempi delle politiche di innovazione per non collidere con altre grandi imprese dello stesso settore. Tuttavia il mercato non è in grado di autoregolarsi. Dalla crisi del '29 (considerabile come una crisi di eccesso di offerta) è emersa la consapevolezza che il mutamento industriale in atto non poteva essere affidato alle sole forze del mercato. Si viene a creare una sorta di patto Stato-impresa, col primo che garantisce interventi sul territorio, istruzione, formazione, sanità, pensioni, e la seconda che ricambia con occupazione, redditi, qualità del lavoro. L'espansione dei servizi: croce e delizia del fordismo maturo Nel tempo, con lo sviluppo del fordismo cresce la difficoltà nel rapporto tra impresa e ambiente, pertanto bisogna investire tempo e denaro per far sì che questo rapporto dia frutti positivi. Le imprese iniziano a investire sempre più sulla promozione e regolazione della domanda, così come sul rapporto con