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MACROECONOMIA

normale’’ di utilizzo della risorsa lavoro . Ad esempio, l’Italia ha un sistema economico

anormale in quanto il grado di disoccupazione è ben oltre la media, 11%, mentre gli

Stati Uniti sono a 4%.

Un sistema economico in equilibrio vorrebbe che il numero di lavoratori in cerca di

lavoro fosse uguale al numero di posizioni da ricoprire.

C’è, in relazione alla fase congiunturale – si sta parlando ora non della normalità ma

della eccezionalità- particolarmente buone un Pil effettivo che tende a superare il Pil

potenziale, al contrario in fasi cattive (2008-2009) il Pil effettivo può essere molto al di

sotto del Pil potenziale. La differenza tra Pil effettivo e Pil potenziale si chiama gap del

Pil (o divario del Pil).

Se il Pil effettivo è minore del Pil potenziale allora il gap sarà negativo [(Pil effettivo –

∙100

Pil potenziale)/Pil potenziale] . Si calcola la percentuale di divario rispetto al Pil

potenziale Nel 2010, secondo le stime, nell’economia italiana il Pil effettivo è stato

del 2.3% inferiore rispetto al Pil potenziale. Questa è la perdita di

percentuale di Pil potenziale dovuta al fatto che le risorse sono state

sottoutilizzate, perché? Per il fatto che l’economia si è trovata in una

fase congiunturale avversa, l’economia era stagnante.

Il gap del Pil è diminuito nel 2011 e aumentato di nuovo nel 2012 dove

il Pil effettivo è diminuito e una volta che il Pil effettivo diminuisce va al

di sotto del Pil potenziale (il gap del Pil in valore assoluto è aumentato).

CONCLUSIONE: quando si focalizza l’attenzione sul Pil e sulle sue determinanti, si

devono considerare due ordini di fattori che possiamo separare:

1. da un lato il Pil potenziale: quali sono le potenzialità dell’economia italiana?

formazione di capitale, quantità e qualità del lavoro, efficienza dei mercati,…;

2. ma non è detto che l’economia italiana riesca a produrre il proprio Pil potenziale,

ecco allora che a questo fattore determinante del Pil si sovrappone il gap del Pil, cioè

tutti quei fattori di carattere congiunturale che fanno che si che l’economia italiana

produca o al di sotto o temporaneamente al di sopra del proprio Pil potenziale (fase

congiunturale della domanda, competitività, stabilità finanziaria).

Il gap del Pil dipende dalla dinamica della domanda (domanda di consumi. Se la

domanda interna di consumi in Italia non si schioda, difficilmente il gap del Pil può

riprendersi) e può essere positivo in fasi di espansione pronunciata (boom economico),

ovvero quando le imprese cercano più lavoro di quello che c’è. Non vuol dire zero

disoccupazione, ma tasso al di sotto del livello normale.

21. IL CALCOLO DEL PIL

Finora ci siamo riferiti al Pil in modo generico, tuttavia se si cerca di dare dati concreti

ed empirici, qualcosa non va. Serve più dettaglio per calcolare a che cosa si riferisce

effettivamente il Pil.

Vediamo un esempio nel settore agroalimentari, produzione e raccolta di pomodori. In

un certo anno si raccolgono pomodori i quali vengono venduti ad imprese

agroalimentari (Mutti, Cirio, Heinz,..) le quali comprano, elaborano, inscatolano ed

inviano ai supermercati i pomodori.

MACROECONOMIA

Ma se si considerasse il prodotto iniziale e quello finito (parlando di Pil) non si

andrebbe in realtà a calcolare due volte i pomodori come raccolto? Questo processo,

fatto con qualsiasi impresa/prodotto, ad esempio una casa e il materiale per costruirla,

andrebbe a creare un duplice conteggio nel calcolo del Pil.

I beni e servizi intermedi sono beni e servizi prodotti da un’impresa e interamente

consumati nella produzione nel periodo in considerazione.

Ad esempio la farina prodotta viene in parte consumata per la produzione di pasta e

pane (bene intermedio) oppure venduta come tale al consumatore nei supermercati

(bene finale).

Quindi nel calcolo del Pil dobbiamo escludere il valore dei beni e servizi intermedi, e

tenere in considerazione solo i beni finali (per esempio i beni per consumo,

investimento, esportazioni nette).

Il Pil è quindi il valore dei beni e servizi finali prodotti dalle imprese residenti in un

certo territorio, nell’unità di tempo.

Per territorio si intende che se un’impresa estera lavora in Italia, tale impresa verrà

conteggiata nel Pil italiano e viceversa.

Per unità di tempo si intende che le statistiche del Pil sono trimestrali e annuali.

La differenza che vi è tra il valore della produzione in un certo anno e il valore dei beni

e servizi intermedi prodotti da altre imprese è il valore aggiunto, il quale va a

remunerare la produzione, e quindi corrisponde con i salari.

Ad esempio: dalla produzione dei pomodori in scatola, bisogna togliere i pomodori,

l’energia elettrica, l’acqua e tutti quei prodotti che vengono acquistati per la

produzione finale di pomodori.

Il valore aggiunto dell’intero sistema economico si ottiene sommando i valori aggiunti

di tutte le imprese, nell’unità di tempo. Non ci sono imprese che creano beni intermedi

e finali, si deve fare il calcolo del valore aggiunto (la differenza) così da conteggiare

solo i beni finali ed escludere i beni intermedi. Ci sono tante imprese e ciascuna crea

valore aggiunto.

Il bene finale è il Pil. Nell’esempio

abbiamo l’impresa R (materia prima), I (intermediario), F (finale).

22. ANCORA SUL PIL

Pil come somma di valori aggiunti.

Questo è il percorso logico che seguiamo quando vogliamo misurare il Pil, il quale si

crea con il lavoro e capitale (servizi dei fattori produttivi). Quindi, se si vuole misurare

il Pil si deve andare a vedere il momento della creazione del Pil (tante imprese che

contribuiscono con il proprio valore aggiunto).

MACROECONOMIA

E’ anche utile vedere il pil dal punto di vita della sua utilizzazione: quindi una volta

detto che il Pil non si calcola con statistiche universali, piuttosto con un campione di

imprese e si va a stimare il Pil. Di questo Pil che utilizzo viene fatto?

L’ Istat con la stessa frequenza con il quale pubblica il Pil, pubblica anche il conto

economico delle risorse e delle imprese. (attenzione: non si parla di risorsa come

capitale umano, capitale fisico e risorse naturali. Si tratta di beni e servizi pronti per

l’uso finale). Il Pil è già prodotto e creato, che utilizzo si può fare).

Le risorse comprendono: Pil e importazioni;

Gli impieghi, cioè che uso finale si può fare di queste risorse, sono:

- consumi finali interni (privati e pubblici);

- investimenti fissi lordi, o zero o positivi. Non possono essere negativi, in quanto sono

investimenti (lordi: al lordo dell’ammortamento);

- variazione (non le scorte);

- esportazioni.

Le risorse e gli impieghi devono essere uguali:

PIL+ IM = C + I + G + X dove NX= IM – X (esportazioni nette=

importazioni – esportazioni) una sintesi su due punti di

vista del prodotto interno lordo:

- in rosso: punto di vista del

valore aggiunto, della

creazione di Pil;

- in nero: punto di vista di

utilizzo di Pil.

Mette in luce come i valori

complessivi siano uguali: in

rosso 386 calcolato come

somma di valori aggiunti e in

nero, 386 corrisponde alla

somma degli utilizzi.

Distinzione tra domanda

interna, variazioni scorte,

esportazioni nette. La somma

tra domanda interna ed

esportazioni nette da per forza

100%, il risultato totale. Può

accadere che la domanda

interna (gli utilizzi di Pil)

ecceda il Pil? Si, è possibile se il Pil in eccesso è dato dall’estero. È appropriato dire che in un

paese dove la domanda interna supera il Pil stesso, si vive al di sopra dei mezzi cioè il Paese di

indebita. A livello macroeconomico questi sono i movimenti di capitale. NX può quindi essere

maggiore o minore di zero, e la domanda interna può anch’essa essere maggiore o minore di 0.

La spesa per consumo delle famiglia è la spesa più importante (60% circa), i consumi sono

circa il 20% e gli investimenti fissi sono circa il 17%. L’Italia è un’economia fortemente aperta

agli scambi internazionali (circa 30% export e 27% import).

La formazione di Pil (contributo alla formazione del Pil): la percentuale di agricoltura è minima e

quella dell’industria va sempre più calando. Nei servizi (67%) il valore aggiunto tende ad essere

maggiore rispetto all’agricoltura.vi è un’elevata intensità di lavoro, mentre nell’industria tende

ad esserci un alta intensità di capitale e una quasi nulla intensità di lavoro. Il comparto nel

quale affluisce valore aggiunto al lavoro è il comparto dei servizi.

23. IL CONSUMO AGGREGATO: GENERALITA’

MACROECONOMIA

Nella contabilità nazionale C (consumi), S (risparmi), T (imposte nette, al netto dei

trasferimenti), G (spesa pubblica in beni e servizi), NX (esportazioni nette) sono

grandezze realizzate, si può prendere un tempo trascorso e possiamo porci il

problema di misurare tutto questo. Questi valori sono il risultato di molteplici fenomeni

accorsi in quel periodo. La macroeconomia aiuta a capire perché consumo, risparmio,

ecc sono quello che sono, cosa ha concorso a determinare quelle grandezze. E quindi

le stesse grandezze vengono viste dal punto di vista della loro formazione. Dobbiamo

andare a vedere quali scelte economiche, interazioni nel mercato e intenzioni hanno

provocato, dato il funzionamento del sistema economico, questo certo Pil (cosa

concorre nel senso di quali scelte economiche).

Per fare questo dobbiamo capire le varie variabili come grandezze, ma non più

riguardanti un periodo già finito, ma come grandezze che guardano al futuro, le

cosiddette grandezze programmate. Cosa concorre a determinare il consumo

aggregato delle famiglie, cosa concorre a determinare le decisioni di investimento

delle imprese, le importazioni e le esportazioni? Sono scelte economiche, il libero

mercato e il libero manifestarsi di scelte da parte di un numero elevatissimo di

persone. Secondo questo nuovo punto di vista, questa stessa somma C+I+G+NX

viene considerata come spesa aggregata programmata. Perché mentre nella

contabilità nazionale ciascuno di questi elementi era un elemento di spesa realizzata,

adesso queste stesse grandezze vengono viste come programmate (per il futuro, quali

scelte vengono prese con riguardo a ciascun di queste grandezze e a quali variabile

economiche ciascuna di queste scelte è sensibile?).

Inizieremo analizzando il consumo privato, e siccome il consumo privato è una parte

del reddito disponibile e l’altra parte è il risparmio allora significa che parlare del

consumo &e

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
38 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/01 Economia politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher naomi-anselmi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istituzioni di economia politica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Opocher Arrigo.