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La disoccupazione da carenza di domanda
Alavoro è pari a L, quella che prima garantiva la situazione di equilibrio. AB è la disoccupazione di disequilibrio da carenza di domanda. I salari non si riducono (salaridi efficienza e modelli "insider-outsider") perché:
- i sindacati non lo permettono per difendere i lavoratori;
- le imprese stesse non vogliono ridurre il salario, perché è la variabile economica che aiuta a tenere la motivazione dei lavoratori relativamente alta.
Se le imprese riducessero il salario reale, potrebbero vedere ridursi la motivazione dei lavoratori e diminuirebbe la spesa per consumi e si rientrerebbe nel ciclo che vedrebbe diminuire la produzione e quindi la domanda di lavoro si ridurrebbe ulteriormente, perché la domanda aggregata si sposterebbe ancora di più a sinistra.
Questa disoccupazione è la più problematica perché è accompagnata alla recessione e fin quando l'economia non riprende, la disoccupazione non migliora.
Crescita dell'offerta di lavoro
Se l'offerta di lavoro aumenta, senza un aumento della domanda di lavoro, si avrà una diminuzione del salario reale di equilibrio. In questo caso a fronte di un livello salariale più basso avremmo un numero di lavoratori più elevato, quindi non è preoccupante come la disoccupazione da carenza di domanda. I salari sono rigidi (non possono abbassarsi) quindi la disoccupazione da crescita dell'offerta di lavoro si legge lungo il segmento eA o L L L'offerta di lavoro si sposta verso dx perché:
- il paese si apre all'immigrazione;
- l'aumento demografico (una causa più lenta);
- aumento dell'età lavorativa.
3 differenti tipologie di disoccupazione di equilibrio
- Disoccupazione frizionale (o da ricerca): la disoccupazione è causata dalla presenza di informazione imperfetta nel mercato del lavoro. Spesso la ricerca di una nuova occupazione richiede del tempo.
(pur in presenza di posti disponibili) e nel frattempo i lavoratori restano a lungo senza impiego. Un rimedio evidente alla disoccupazione frizionale è una migliore informazione sul mercato del lavoro, a cura di istituzioni pubbliche, ad esempio uffici di collocamento, agenzie private o quotidiani locali e nazionali. Domanda e offerta non si riescono a incontrare.
2. Disoccupazione strutturale
Disoccupazione che emerge dai cambiamenti nella composizione della domanda e dell'offerta in una economia. Le persone in esubero in una parte di un'economia non possono immediatamente trovare una nuova occupazione altrove (anche in presenza di posti disponibili).
La domanda di beni e servizi può cambiare (variazione della domanda), perché cambiano i gusti e le mode dei consumatori, oppure per concorrenza. Un altro motivo di questa disoccupazione è dovuto dalla variazione dei metodi di produzione (disoccupazione tecnologica), disoccupazione strutturale che si verifica a
Seguito dell'introduzione di tecnologia per il risparmio di lavoro (ambito bancario).
Un tipo di disoccupazione strutturale è la disoccupazione regionale, che si manifesta in alcune regioni di un paese i gusti dei consumatori cambiano oppure in alcune aree il sistema produttivo è meno sviluppato che in altre aree. La soluzione sarebbe spostare i lavoratori da una zona in cui c'è disoccupazione ad una zona in cui c'è richiesta di lavoro, ma questo presenta dei costi, anche sociali (sradicamento e spostamento di intere famiglie).
Il livello di disoccupazione strutturale dipende principalmente da 3 fattori:
- il grado di concentrazione regionale dell'industria (concentrazione di industrie);
- la velocità di variazione della domanda e dell'offerta nell'economia (progresso tecnologico e variazione dei gusti);
- l'immobilità del lavoro (no spostamento dei lavoratori).
3. Disoccupazione stagionale
Disoccupazione
La disoccupazione aumenta durante la bassa stagione a causa della variazione della domanda di un certo prodotto. Questo problema è particolarmente importante nelle aree turistiche, dove durante i mesi invernali (o viceversa estivi) la disoccupazione raggiunge livelli molto elevati.
Il tasso di inflazione misura l'aumento percentuale annuo del livello medio dei prezzi. È un tasso di variazione che analizza la velocità dell'aumento dei prezzi. Di solito vengono considerati i prezzi al consumo, ma è possibile calcolare il tasso di inflazione anche con riferimento ad altri tipi di prezzi (deflatore del PIL). La deflazione, invece, misura la riduzione annua del livello medio dei prezzi. I numeri indice tengono conto del valore monetario di beni e servizi e, grazie alla variazione percentuale dei numeri indice, siamo in grado di cogliere l'ammontare stesso dell'inflazione, nonché il tasso di inflazione.
Quando utilizziamo inumeri indice bisogna prendere in considerazione l'anno di riferimento, nonché l'annobase. L'anno base generalmente viene indicato con 100. I numeri indice possono essere di 2 tipi: 1. INDICE DEI PREZZI AL CONSUMO (IPC) è un indice disegnato per seguire l'andamento dei prezzi di un determinato paniere tipico di un consumatore tipo. L'indice dei prezzi al consumo pesa ogni tipologia di spesa e l'indice dei prezzi al consumo non è una media della spesa dei nostri beni, ma è una media pesata per il contributo della spesa. Nel considerare l'indice dei prezzi al consumo bisogna pesare per l'ammontare della spesa. I beni e servizi importati dall'estero e usati sono qui calcolati, ma esclusi dal calcolo del deflatore del PIL. L'ISTAT, ogni anno, analizza il paniere di beni e consumi. Quindi nel paniere di beni facevano parte beni e servizi legati a quello che è il consumo dellafamiglia del consumatore tipo. Nel paniere del 2021 sono incluse le mascherine chirurgiche, le mascherine FFP2 e il gel per le mani. Questi beni e servizi possono entrare e uscire dai panieri perché riflettono le abitudini delle famiglie italiane si sono registrate nuove abitudini di spesa famigliare e altri consumi, invece, si sono consolidati. L'IPC viene utilizzato per valutare il reale potere d'acquisto delle famiglie. I limiti dell'IPC Le decisioni di spesa dei consumatori cambiano nel momento in cui i consumatori osservano che i prezzi dei beni e dei servizi stanno cambiando. Alcuni beni e servizi possono essere direttamente sostituiti, altri no. L'indice del prezzo al consumo non tiene conto della sostituibilità di beni e servizi a fronte di un aumento dei prezzi di questi ultimi, il paniere non si aggiusta a questa sostituzione. Inoltre, non viene inclusa la valutazione qualitativa di beni e servizi (le macchine costano di più ma sono di migliore qualità).qualitativamente diverse da quelle disponibili negli anni precedenti, quindi migliori).
Anno IPC Tasso di inflazione (IPC– IPC )/ IPC * 100t+n t t
2000 100
2001 120 (120 – 100)/100 * 100 =20%
2002 130 (130 – 120)/100 * 100 =8,3%
2003 136 (136-130)/100 * 100 =4,6%
2004 140 (140 – 136)/100 * 100 =2,9%
L’indice dei prezzi al consumo (IPC) è aumentato, ma la velocità diminuisce, quindi il tasso di inflazione è diminuito. Quando si osserva l’inflazione si predilige guardare l’indice dei prezzi al consumo, ma si può usare anche il deflatore del PIL.
Salari reali, salari nominali e IPC
Al fine di calcolare il potere d’acquisto dei lavoratori è necessario calcolare i salari reali. Riesco a depurare dall’aumento del livello dei prezzi il reale potere d’acquisto dei consumatori.
Se aumentano i prezzi, a parità di domanda, gli individui avranno bisogno di più denaro; con un’offerta di moneta
data si determina un aumento dei tassi di interesse che provoca a sua volta una diminuzione degli investimenti effetto di sostituzione intertemporale. Quindi i consumatori preferiranno prendere i loro denari e risparmiarli, le decisioni di investimento vengono posticipate nel futuro. Un aumento del prezzo provoca una riduzione del potere di acquisto dei consumatori che si sentiranno più poveri e consumeranno di meno, ma risparmieranno di più effetto dei saldi reali. L'offerta aggregata è data dalla produzione totale nell'economia; è rappresentata da una curva crescente (inclinata positivamente) nel piano (Y = reddito, p = livello medio dei prezzi). L'offerta aggregata dipende dal prodotto potenziale (utilizzo normale dei fattori di produzione). L'offerta aggregata è determinata dagli stessi fattori che incidono sulla crescita di lungo periodo: la quantità e la qualità del lavoro, la qualità e quantità delcapitale tecnologia e risorse–> –>naturali.
Nel lungo periodo la curva di offerta aggregata è verticale e corrisponde• al prodotto potenziale. È verticale perché il prodotto fornito non dipende né dallivello dei prezzi, né dai costi di produzione che si sono adeguati e sonosostanzialmente indipendenti.
La curva di offerta di breve periodo è inclinata positivamente, perché• dipende da tutte quelle componenti rigide dei costi, come il salario dei lavoratori.
Le imprese reagiscono ad una variazione della domanda aumentando laproduzione o il livello dei prezzi.
I fattori chiave che determinano la curva di offerta aggregata sono:il prodotto potenziale dipende da quanto una nazione può produrre (lavoro,• capitale, terra disponibilità di input) e dalla tecnologia ed efficienza (FPP);–>i costi di produzione sono legati ai salari (come si spostano i salari), ai prezzi• delle importazioni e ai costi degli altri fattori
di produzione (prezzo del petrolio). I prezzi delle importazioni diminuiscono e aumenta l'offerta aggregata (se mi costa meno produrre beni e servizi ne produco di più). Se l'economia cresce in termini di prodotto potenziale, la curva di offerta di lungo periodo si sposta verso destra e ovviamente anche la curva di offerta di breve periodo si sposta verso destra. Il prodotto potenziale è aumentato, ma i costi non sono aumentati.
2014
Salario nominale: 15 euro
IPC: 100
Salario reale: (15/100) * 100 = 15 euro
2015
Salario nominale: 30 euro
IPC: 200
Salario reale: (30/200) * 100 = 15 euro
Nell'arco di 1 anno il potere d'acquisto delle famiglie è rimasto invariato perché, è vero che è raddoppiato il valore nominale (15 -> 30), ma congiuntamente ho osservato un raddoppio dell'inflazione (100%).