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AS’
A
e salari tendono a scendere, quindi vi è una discesa
P = P B dei prezzi (motivata dalla modifica dele
C aspettative), la quantità reale di moneta
aumenta, il tasso di interesse diminuisce, gli
investimenti salgono e il reddito aumenta.
Y Y
N
EFFICACIA DELLA POLITICA FISCALE RESTRITTIVA
In A e C il reddito è lo stesso, ma in A i prezzi sono più bassi, la quantità di moneta è maggiore e il tasso di interesse è
minore.
( ) (, )
= − + +
( ) ( ) ( )
= → = − + , +
In A e in C il consumo (c) è lo stesso
Una spesa pubblica eccessiva ha effetti negativi sugli investimenti (spiazzamento) nel medio-lungo periodo.
Se G↓ allora I↑
Differenza rilevante tra i due equilibri: il reddito è lo stesso ma la composizione della Domanda Aggregata è diversa;
la politica fiscale nel medio periodo non è efficace sul livello del Reddito Naturale, ma è efficace dal punto di vista
della sua incidenza sulla composizione della domanda aggragata (sia in senso negativo che in senso positivo).
DUE CONCLUSIONI IMPORTANTI La moneta è neutrale
I disavanzi pubblici (del bilancio pubblico) generano effetti negativi nel lungo
periodo: spiazzano gli investimenti.
TASSO DI VARIAZIONE DEI PREZZI (INFLAZIONE)
LA CURVA DI PHILLIPS
Nasce come un’osservazione empirica in un arco di tempo lunghissimo (1861-1957), osservata anche negli Stati
Uniti. Questa osservazione segnalava la relazione inversa (trade off) tra tasso di inflazione e tasso di disoccupazione
(all’aumentare della disoccupazione diminuisce l’inflazione e viceversa). Essa si interrompe negli anni ’70 a causa
della crisi del petrolio e dunque dell’esplosione dei prezzi. Si osservò inoltre che inflazione e disoccupazione
potevano crescere insieme e “muoversi” insieme.
= ∙ (1 − , ) ∙ (1 + )
Derivo la curva di Phillips dalla funzione dell’offerta aggregata
−+
(, )
= parametro 41
log(1 )
log = log + + − +
log(1 )
log − log − 1 = log − log − 1 + + − +
log = log + log(1 + ) − +
−1 −1
−−1 −−1 (1 )
log 1 + = log 1 + + log + − +
−1 −1
Tasso di inflazione Tasso di inflazione atteso per questo periodo
log 1 + = log 1 + + log(1 + ) − +
( )
= + + − curva di Phillips ricavata dalla funzione AS
Il tasso di inflazione dipende dal tasso di inflazione atteso
L’attesa di un’inflazione elevata comporta tassi di crescita dei prezzi e dei salari più elevati e dunque tassi di
inflazione più elevati.
Se aumenta la forza contrattuale dei lavoratori, date le aspettative, il tasso di inflazione sarà più elevato
(analogamente se aumenta il mark up)
Se aumenta la disoccupazione, l’inflazione sarà più bassa poichè si è ridotta la forza contrattuale dei lavoratori.
La curva di Phillips si è modificata nel tempo:
( )
= + + −
Se fosse uguale a 0 oggi si attendono i prezzi che c’erano ieri (costanza dei prezzi); dunque ci si
attende che i prezzi al tempo t siano uguale ai prezzi al tempo t-1
( )
= + −
Esprime la nascita della curva di Phillips (la curva iniziale)
e rappresenta l’analisi empirica che evidenziava lo stretto
Spirale salari-prezzi legame tra inflazione e disoccupazione, come un rapporto
inverso.
Supponiamo che la disoccuoazione scenda: se u scende, allora aumentano i salari (i lavoratori hanno più forza
contrattuale), aumentano i prezzi, riaumentano i salari, riaumentano i prezzi ecc...
Dunque, se varia la disoccupazione si innesa un processo a spirale, perchè le attese sono ferme (=0)
Questa scrittura, quindi, conduce a un errore sistematico di previsione poichè non è possibile che un
aumento/diminuzione a spirale dei prezzi produca un tasso di inflazione atteso uguale a 0 (se c’è un processo
inflazionistico in atto è difficle che si attendano gli stessi prezzi dell’anno precendente). Questo errore non crea/ha
creato danni nel periodo analizzato da Phillips, ovvero quando l’inflazione era in media costante, uguale a zero;
dunque questa scrittura è coerente con l’analisi eqmpirica ed era buona al tempo dell’osservazione. Inoltre con
questa scrittura si può concludere che l’economia è disposta a pagare un prezzo per mantenere una bassissima
disoccupazione, ovvero un’altissima inflazione.
Quindi, questa curva di Phillips non va più bene quando si osserva sia un aumento dell’inflazione che della
disoccupazione:
= l’inflazione del periodo precedente incide sulle attese dell’inflazione del periodo t in una certa
−1
= 0),
misura θ che può essere =0 (caso precedente 0<θ<1 o =1. Curva di Phillips
( )
= + + −
Con θ=1 si avrà −1 modificata per le
( ) ( )
= + + − − = + − aspettative
−1 −1 42
La curva di Phillips modificata per le aspettative supera il problema degli errori sistematici poichè dimostra che la
disoccupazione incide sulla variazione del tasso di inflazione (non strettamente sul tasso di inflazione) e dunque
rende possibile la presenza contemporanea di inflazione e disoccupazione:
↑
Se allora l’inflazione scende
ma ci possono essere contemporaneamente
↓
Se allora l’inflazione sale
Per cui non sarà più possibile pagare per una bassa disoccupazione con un’alta inflazione, poichè viene considerata
anche l’azione delle attese.
Tuttavia, non viene menzionato il tasso naturale di disoccupazione (c’è solo il tasso effettivo). Il modello AD-AS ci ha
e
chiarito che nel medio-lungo periodo non vi sono errori di aspettative, quindi c’è costanza dei prezzi (equilibrio P=P )
quindi applichiamo questo concetto alla curva di Phillips modificata per le aspettative:
= =
Con θ=1 : se le aspettative sono verificate rimaniamo su questa uguaglianza:
−1
( )
− = + −
−1 +
= = − = 0
Se le aspettative sono verificate: ricavo u =
N
−1 −1
Tasso naturale di disoccupazione
nell’ipotesi che le aspettative siano
verificate
+
− = −( − )
−1
− = −( − )
−1
u = NAIRU = tasso di disoccupazuone che non accelera l’inflazione (la mantiene costante)
N
Se siamo su u u = u e dunque l’inflazione è costante
N t N
Tasso effettivo di disoccupazione
Se u < u il tasso di inflazione scende
t N
Se u > u il tasso di inflazione sale
t N
Se u = u il tasso di inflazione è costante
t N
VARIAZIONI DEL TASSO DI DISOCCUPAZIONE E VARIAZIONI DELLA PRODUZIONE
LA LEGGE DI OKUN
Le imprese non decidono solamente la fissazione dei prezzi ma anche la quantità della produzione.
Funzione della produzione:
= (, ) lavoro
capitale
= =
con A=1 la produttività è costante (innovazione tecnologica costante), ovvero, ciascun
lavoratore produce un’unità quindi la produzione è uguale al numero dei lavoratori.
∆ = ∆
Se vi è una variazione di produzione negativa, questa mi dà l’esatto aumento della disoccupazione:
−∆=nuovi −∆ = +∆ = −∆
disoccupati; quindi: 43
− = −
−1
Tasso di crescita del reddito nel periodo t
Se > 0 in questo periodo il prodotto nazionale sta scendendo: ↑u e ↓Y
Nel mondo relae la forza lavoro cresce (la popolazione cresce) e il progresso tecnico cresce (le stesse quantità le
posso produrre con un numero più basso di lavoratori ↑u e ↓Y). Se la forza lavoro aumenta, allora aumenterà
anche la disoccupazione e le quantità rimarranno le stesse.
Supponiamo una crescita di forza lavoro e di progresso tecnico; di quanto deve crescere la produzione perchè il tasso
di disoccupazione rimanga costante?
Esempio:
- La forza lavoro cresce annualmente dell’1,7%
- La produttività cresce dell’1,3%
La produzione dovrà crescere del 3% poichè deve crescere dell’1,7% per rendere occupata la nuova forza lavoro e
dell’1,3% per consentire ai lavoratori espulsi dal processo produttivo di essere reintegrati nonostante l’aumento del
processo tecnico e quindi della produttività.
Confrontiamo questa relazione (↑) con la relazione effettiva tra crescita della produzione e variazione del tasso di
disoccupazione, nota come LEGGE DI OKUN.
Il tasso di crescita necessario a mantenere costante il tasso di disoccupazione è chiamato tasso normale di crescita
̅̅̅̅).
della produzione ( Tuttavia, una crescita dell produzione superiore all’1% rispetto al tasso normale produce una
riduzione del tasso di disoccupazione solo dello 0,4% e non dell’1%, questo perchè:
- A seguito di deviazioni della crescita della produzione dal suo tasso normale, le imprese aggiustano l’occupazione
in misura meno che proporzionale, poichè alcuni lavoratori risultano necessari a prescindere dal livello di
produzione e poichè la formazione di nuovi lavoratori è costosa, e spesso le imprese preferiscono chiedere ai
propri impiegati di svolgere lavori straordinari piuttosto che assumerne altri (“labor hoarding”);
- Un aumento del tasso di occupazione non produce una riduzione del tasso di disoccupazione di egual misura,
poichè quando l’occupazione aumenta, non tutti i nuovi posti di lavoro sono atttribuiti a disoccupati.
Per entrambe le ragioni, la disoccupazione diminuisce in misura minore rispetto all’aumento dell’occupazione