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E. Casari, Logiche del non­essere, in “Rivista di filosofia” vol.C, n.1, aprile 2009 pag.

27

51 40

prospettiva ontologica Meinongiana che però si divise in due distinti

percorsi.

2.Uno dei filosofi più significativi in quel periodo fu sicuramente

Terence Parsons che con la sua opera Nonexistent Objects, divenne

uno dei massimi esponenti della prospettiva ontologica. Egli cercò di

ricostruire il punto di vista di Meinong accettando però dei punti

essenziali della teoria di Frege e Russell. È necessario, dunque in

questa sede fare una breve digressione in merito al pensiero di Frege.

Über Sinn und Bedeutung del 1892, è sicuramente l’articolo a cui si

deve fare riferimento quando si parla di esistenziali negativi. Per

comprendere il punto da cui partì Frege è necessario citare una frase

delle confessioni di Sant’Agostino che afferma: “Quando (gli adulti)

nominavano qualche oggetto, e, proferendo quella voce, facevano un

gesto verso qualcosa, li osservavo e ritenevo che la cosa si chiamasse

col nome che proferivano quando volevano indicarla. (…) Così,

udendo spesso le stesse parole ricorrere al posto appropriato in

proposizioni differenti, mi rendevo conto poco a poco di quali cose

esse fossero i segni e avendo insegnato alla lingua a pronunziarle,

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esprimevo ormai con esse la mia volontà». Frege chiaramente

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giudicò tale visione troppo superficiale per cui secondo il filosofo il

significato di una parola non si esaurisce solo nell’oggetto che essa

denota. Frege distinse la denotazione (bedeutung), cioè l’oggetto per

cui la parola sta, dal senso (sinn), ossia il suo valore informativo. Il

referente (bedeutung) è certo l’oggetto fisico in alcuni casi, ad

esempio se si dice “il presidente Obama” è chiaro che corrisponde ad

una persona reale, mentre se si dice “la radice quadrata di quattro”

essa corrisponde ad un numero perciò esiste oggettivamente come

entità astratta ma in un “terzo regno” distinto sia dalle entità fisiche

che da quelle psichiche. La distinzione tra senso e referente vale sia

per i termini singolari, sia per i predicati e sia per gli enunciati. Dei

termini singolari fanno parte i nomi propri e le descrizioni definite

(cioè quelle locuzioni con cui ci si riferisce ad un termine singolare,

ad esempio “il maestro di Aristotele”). Secondo Frege un nome

rappresenta un’abbreviazione di una descrizione definita perciò il

senso di esso è quello che si evince dalla descrizione definita,

chiaramente però è difficile stabilire a quale descrizione definita

A.A. d’Ippona, Confessioni, I, 8

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corrisponde quel determinato nome e quindi quale senso abbia, ad

esempio il nome “Platone” può essere collegato sia alla descrizione

definita “lo scrittore di libri che hanno come personaggio principale

Socrate” ma anche, appunto “il maestro di Aristotele” ecc., per cui

Frege sottolineò il primo difetto del linguaggio naturale,

l’impossibilità, cioè, di attribuire uno specifico senso ad un nome. In

un linguaggio ideale ciò sarebbe possibile invece. Per cui il senso è ciò

che richiama in un discorso l’ente che gode della o delle proprietà che

sono state espresse dal senso stesso e che permette di chiamarlo con il

suo nome. Il senso porta con se un certo grado di soggettività poiché

ogni individuo può attribuire allo stesso nome un senso diverso, solo

in un linguaggio ideale ad ogni nome corrisponderebbe un solo senso.

Inoltre il senso è ben differente dalla rappresentazione, mentre le

rappresentazioni sono nozioni psicologiche, il senso è una nozione

logica che può essere afferrata da chiunque e su questo si basa la

possibilità della comunicazione per mezzo del linguaggio. Il senso non

coincide neanche col tono di una rappresentazione, e per tono si

intende il differente modo linguistico con cui si da lo stesso senso (ad

esempio “la regina di Inghilterra” ha lo stesso senso della “la Reine

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d’Angleterre sebbene abbia un tono diverso). Per quanto riguarda i

predicati, Frege li vide come espressioni incomplete che devono

appunto, essere completate da un nome per formare un enunciato. I

predicati a due posti, a tre posti ecc. (“…ama…”ad esempio) vengono

visti da Frege esattamente come delle funzioni insature nel senso

insiemistico­matematico. “Ora, secondo Frege, il referente di un

predicato a n posti è una funzione a n argomenti il cui dominio è dato

dall’insieme di tutti gli oggetti e il cui codominio è dato dai valori di

verità, ossia il Vero e il Falso” . Il Vero e il Falso sono visti da Frege

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come due oggetti astratti. La funzione viene da lui denominata

concetto. Invece “l’esser buono” o “la sincerità” non sono concetti veri

e propri ma correlati di concetti dato che sono nominalizzazioni del

predicato. Ora per quanto riguarda gli enunciati, un enunciato è una

proposizione a cui si attribuisce un valore di verità, difatti una delle

tesi di Frege afferma che “l’estensionalità è la denotazione di una

F. Orilia, Ulisse, il quadrato rotondo e l’attuale re di Francia, edizioni ETS, 2002,

29

pag. 66

N. Grana, Epistemologia della matematica. Ontologia, verità, valutazione, L’Orientale

editrice, 2001, pag 191 44

proposizione che assume il vero e il falso” . Chiaramente se un

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enunciato è vero vuol dire che quello a cui l’enunciato si riferisce

corrisponde alla descrizione dell’enunciato nella realtà. Il referente di

un enunciato risulta, nella visione fregiana, dall’unione di un

predicato P e di un termine singolare t. “Poiché il referente di P è una

funzione (insatura), è in grado di saturarsi ospitando come argomento

il referente di t e dando come valore un valore di verità” . Quindi il

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referente di P(t) è identificato col Vero oppure col Falso. Il senso di un

enunciato è, invece, rappresentato dal pensiero. Per pensiero non si

intende un’entità psichica ma un’entità che esiste nel terzo regno di cui

si è detto precedentemente per cui esso esisterebbe anche se non ci

fosse alcun essere pensante. Gli esseri pensanti però catturano con la

loro attività psichica delle proposizioni. È interessante notare che

secondo Frege, il senso determina il referente ma non viceversa e ogni

senso ha solo un referente ma è possibile che un espressione abbia

senso ma non abbia un referente (“la fenice” ad esempio) oppure che

espressioni con lo stesso senso abbiano lo stesso referente. Se si

30 F. Orilia, Ulisse, il quadrato rotondo e l’attuale re di Francia, edizioni ETS, 2002,

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pag. 67 45

prende in considerazione l’enunciato considerato da Frege stesso

“Ulisse approdò ad Itaca immerso in un sonno profondo”, è possibile

notare che qui non si sta parlando di un personaggio esistente e Frege

arriva alla conclusione che questi enunciati non siano né veri né falsi.

Ma perché? Perché essi esprimono un senso, un pensiero perché i

termini in essi presenti esprimono concetti individuali ma non hanno

significato perché privi di referente. Infatti dal momento che Ulisse

non ha referente la funzione a cui si riferisce il predicato “approdò ad

Itaca immerso in un sonno profondo” non può venire saturata e quindi

non può generare né un valore di verità né uno di falsità. Nel caso in

cui, però, gli enunciati che contengono un termine non denotante si

trovino in un contesto intensionale essi acquistano un referente

(es.“Maria crede che la fenice ha le piume azzurre”), in questo caso

chiaramente gli enunciati sono o veri o falsi. Anche i contesti

paratestuali come ad esempio “Nell’Odissea si dice che Ulisse…” si

parla di contesto intensionale. In questo modo Frege riuscì a dare un

valore di verità a termini singolari non denotanti senza postulare gli

oggetti inesistenti. Dopo questa lunga digressione è necessario

ritornare a Parsons che riprese la teoria della quantificazione di Frege

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intendendo però i quantificatori in senso anti­attualista. Quindi

secondo Parsons, il quantificatore esistenziale spazia sia su oggetti

esistenti che inesistenti e va letto come «c’è almeno un oggetto x tale

che…» e non «esiste almeno un oggetto x tale che» ” Frege invece

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affermò che “un concetto di primo livello C cade sotto il quantificatore

esistenziale se e solo se vi è (ossia, esiste) almeno un oggetto che cade

sotto C” . Intendendo per concetto di primo livello delle funzioni che

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vengono saturate da oggetti, mentre quelli di secondo livello vengono

saturati da altri concetti. Comunque la speculazione di Parsons si

mosse dalla dualità delle proprietà e relazioni nucleari e proprietà e

relazioni extranucleari. Per avvallare tale teoria, già precedentemente

presa in considerazione da Mally (come già visto, sebbene Mally

avesse usato una diversa nomenclatura), Parsons mostrò dunque,

qualche esempio per distinguerle senza fondare però dei criteri precisi.

Le proprietà nucleari sono quelle concretizzanti (l’essere rosso,

l’essere rettangolare ecc.) mentre le proprietà extranucleari sono

. Orilia, Ulisse, il quadrato rotondo e l’attuale re di Francia, edizioni ETS, 2002,

32 F

pag. 137

. Orilia, Ulisse, il quadrato rotondo e l’attuale re di Francia, edizioni ETS, 2002,

33 F

pag. 75 47

l’esistenza, l’essere possibile ecc. ma anche proprietà derivanti da

relazioni intenzionali (pensato da Kant, visto da Ada ecc.). Quindi in

merito alle proprietà nucleari, Parsons accettò il principio degli

indiscernibili, che afferma che se x e y hanno le stesse proprietà

nucleari allora x=y. Le proprietà nucleari sono quelle proprietà che

l’oggetto ha a prescindere da ciò che venga pensato su di esso e che lo

distinguono da tutti gli altri oggetti e che quindi non sono collegate

alla sua esistenza o alla sua non­ esistenza. “Si chiami nucleo di x,

l’insieme delle proprietà nucleari di x. Si supponga che Meinong stia

pensando all’oggetto incompleto il cui nucleo è costituito dalle sole

proprietà quadrato e rotondo. Dunque, tal

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Publisher
A.A. 2014-2015
63 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/02 Logica e filosofia della scienza

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Daesdaymon di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Logica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Grana Nicola.