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HARRIET TAYLOR
Harriet Taylor è nata nel 1807 .
A diciassette anni si sente oppressa da una famiglia patriarcale dove il padre aveva
qualunque potere decisionale sulla moglie e i figli, decide di sposare John Taylor, un
borghese influente e molto più grande di lei che le diede tre figli, ma con cui il
matrimonio non fu il coronamento di un’amore.
Le prime conoscenze le vennero dalla religione: lei si avvicinò al suo pastore spirituale,
e fu proprio lui a presentarla per la prima volta a Stuart Mill.
Nel 1833 Harriet si separò lentamente dal marito.
Durante il periodo di separazione, lei e Mill continuarono a frequentarsi, ciò portò a
diversi scandali nonostante il fatto che i due spiegarono che la loro era una relazione
unicamente intellettuale.
Dopo la morte del primo marito della Taylor, essa si sposò con Mill.
Harriet Taylor era una femminista, il suo obiettivo era quello di raggiungere una
completa parità dei sessi su tutti i campi, sull’istruzione, sul matrimonio e sulla
giurisprudenza. Fece molte proteste contro giornali e quotidiani contro i casi di
violenza domestica nei confronti delle donne.
Harriet morì ad Avignone nel 1857.
Agli occhi di Stuart Mill sua moglie era a tutti gli effetti una sua pari.
La questione dell'emancipazione viene trattata dai due non solo teoricamente, ma
anche considerando i vantaggi che essa potrebbe portare ad un nucleo familiare, come
una migliore distribuzione dei compiti domestici o lavorativi.
Un altro punto importante per Harriet era la dipendenza economica delle donne che
solo in pochi casi avevano la possibilità di guadagnarsi il denaro necessario per
sopravvivere o per contribuire alle spese di casa.
Questa forma di dipendenza era degradante per il sesso femminile che si vedeva
sempre sottomesso.
I due coniugi insistevano anche nel cercare di spiegare che, costruendo una
situazione di eguaglianza tra moglie e marito, si sarebbero potuti diminuire i casi di
abuso e violenza tra le mura domestiche, dovuti ad una condizione di subordinazione.
Se la donna avesse pari diritti e dignità di un uomo, probabilmente non si sentirebbe
costretta a sopportare in silenzio certe forme di violenza.
Tutti questi concetti, erano difficili da accettare nella società.
Il Novecento ne è stato un esempio, quando le donne ottennero la parità, ma gli uomini
dell’epoca non accettarono questo riconoscimento. Perfino nel 21° secolo dove il ruolo
femminile è ormai riconosciuto al 100% e dove le donne possono ricoprire tutte le
attività degli uomini, ci sono ancora mariti e padri che costringono le donne in famiglia
a mortificazioni.
Stuart Mill scrisse The subjection of women nel 1869 e la donna che più lo influenzò
fu sua moglie Harriet Taylor, una delle esponenti più influenti del femminismo,
ricordata in particolare per le critiche mosse contro la giurisdizione in Inghilterra in
quel secolo.
Egli restò affascinato dalle idee innovative della moglie, con la quale intratteneva
anche una relazione intellettuale. Questo libro fu scritto 10 anni dopo la morte della
moglie e, nelle pagine del libro, Mill riporta i pensieri e la voglia di cambiamento che
sua moglie gli aveva trasmesso.
Non fu però solo lei ad influenzarlo, Mill durante la sua giovinezza aveva già una
particolare sensibilità nei confronti delle questione etiche delle donne all’interno della
famiglia. Questo è testimoniato da un episodio nella sua giovinezza in cui venne
arrestato una notte per aver distribuito dei volantini alle operaie che uscivano dalla
fabbrica, un volantino che riguardava il controllo delle nascite.
Egli cerca di rovesciare dei valori morali della sua epoca, rivelandosi un uomo
profondamente convinto della parità del valore dei sessi, sostiene la libertà e
l’emancipazione femminile ed esorta le donne a promuovere iniziative per rivendicare i
propri diritti. A suo parere, l’emancipazione arricchisce l’intera specie: la parità tra i
sessi, la capacità di convivere tra esseri liberi e uguali, l’educazione paritaria e le pari
opportunità accresceranno le qualità intellettuali e morali dell’intero genere umano. La
subordinazione femminile comporta dei costi altissimi, le risorse intellettuali di metà
del genere umano vengono sprecate, i rapporti interpersonali sono regolati da un piano
di soggezione e non su uguaglianza e libertà.
Harriet Taylor, dal canto suo, era convinta che i mezzi necessario per liberare le
donne fossero, l’educazione elementare e universitaria, la partecipazione alle
strutture politiche in modo paritario, il diritto di voto universale e anche quello di
eleggibilità, la possibilità di avere accesso a tutte le professioni ed a tutte le
istituzioni.
Puntava inoltre ad arrivare ad acquisire i diritti fondamentali per intraprendere
attività economiche e imprenditoriali con la possibilità che i guadagni non andassero ai
mariti, bensì ad esse. Dopo avere vissuto la condizione di moglie e di madre, l’autrice
ritiene che l’emancipazione potrà essere raggiunta solo nel momento in cui la donna
sarà liberata dagli impegni e dagli obblighi famigliari che, altrimenti, peserebbero
unicamente sulle sue spalle. Sua immagine ideale è quella di una donna del tutto pari
all’uomo, sia negli impegni familiari sia nelle istituzioni e nel mondo professionale.
RELAZIONI SOCIALI TRA I DUE SESSI:
Secondo Mill, le relazioni sociali dei due sessi, che sottomettono un sesso all’altro in
nome della legge, sono cattive perché costituiscono uno degli ostacoli per il progresso
dell’umanità. Il problema è che non è possibile far cessare una schiavitù che coinvolge
tutta la popolazione mondiale. Ogni opinione è basata sopra i sentimenti. I sentimenti
sull’ineguaglianza dei sessi sono i più sentiti e radicati, per questo sono i più fermi di
tutti ed hanno resistito meglio di tutti alla grande rivoluzione intellettuale e sociale
del tempo moderno.
Per questo il compito di Mill di attaccare un’opinione così universale e radicata, fu
un’impresa molto ardua. Questi principi radicati non riguardano l’universo maschile e
più un pensiero è radicato più risulta difficile da eliminare. Tutto ciò che si fa per
abitudine viene automaticamente percepito come un’azione naturale.
In passato, nel mondo, da sempre si sono susseguite molte forme di schiavismo, ma
tutte queste hanno avuto fine perché sono state abbattute dalla società che riuscì a
difendere chi veniva sfruttato. Comparvero, per fortuna, i pensatori, che con l’aiuto
del progresso della società riuscirono ad abolire la schiavitù maschile. Riguardo alla
schiavitù della donna invece il destino non fu lo stesso degli uomini, questa si modificò
in subordinazione.
La subordinazione della donna non sembra una vera e propria schiavitù perché manca
di una caratteristica comune a tutti gli altri tipi di schiavitù, la costrizione; oramai è
vista come una “tradizione”.
Il luogo in cui più si consuma e si tramanda l’oppressione femminile è la famiglia e il
principale mezzo di asservimento è l’educazione.
“Esiste una costruzione sociale e culturale della donna con le sue caratteristiche
positive e negative, i suoi ruoli sociali già previsti che godono di approvazione sociale.
Esse sono state sottoposte ad una cultura fissata per dare beneficio e piacere ai loro
signori”.
Mill sostiene che il matrimonio è una forma di servitù legalizzata a cui le donne
non si sottraggono, dal momento che “Tutte le donne si allevano dall'infanzia nella
credenza che l'ideale del loro carattere è l'antitesi di quello dell'uomo: esse sono
educate a non volere da sè medesime, a non condursi dietro la volontà loro, ma a
sottomettersi e cedere all'altrui”.
È dunque un egoismo istintivo di cui gli uomini si sono serviti per tenerle in
soggezione,facendo apparire alle donne la dolcezza, la sottomissione e la remissione di
ogni volontà individuale all’ uomo, come un aspetto essenziale dell'attrattiva sessuale.
È attraverso l’educazione quindi che viene plasmato il carattere degli individui.
Tutt’ora al giorno d’oggi l’educazione di maschi e femmine è diversa.
Ci sembra una cosa normale che le bambine giochino con le bambole e un bambino con
le macchinine; come sarebbe normale che alla domanda: “che cosa vuoi fare da
grande?” una bambina risponda: “La mamma” e sarebbe invece insolito che un bambino
risponda “Il papà”.
In nome della morale, il dovere della donna è di vivere per gli altri ed in nome del
sentimento che la natura lo vuole: essa dovrebbe annullare se stessa e che accudisca il
marito e i figli che sono un vincolo fra lei e l’uomo.
La critica che ne viene fuori è: “La subordinazione sociale delle donne sorge come un
fatto isolato, in mezzo alle istituzioni sociali moderne. La società che schiavizza la
donna non rappresenta la natura del mondo, ma una sopravvivenza di un mondo antico,
passato.”.
L’opinione generale degli uomini è quella che la naturale vocazione delle donne sia il
matrimonio e la maternità. “Gli uomini sembrano credere che la pretesa vocazione
delle donne è quella che più ripugna alla loro natura; che se esse avessero libertà di
fare tutt'altro, se loro si lasciasse un mezzo tollerabile d'impiegare il loro tempo e le
loro facoltà, il numero di quelle che accetterebbero la condizione che si dice esser
loro naturale sarebbe insufficiente”.
Certi uomini sentono una vera antipatia per la libertà e l’uguaglianza della donna, hanno
paura che le donne cerchino nel matrimonio condizioni d’uguaglianza, hanno paura che
le donne talentuose e di carattere preferiscano fare tutt’altro piuttosto che sposarsi.
IL MATRIMONIO NEL PASSATO:
Nel principio si prendevano le donne per forza, oppure il padre le vendeva al marito. Il
padre aveva diritto di maritare sua figlia, senza avere riguardo dei suoi sentimenti.
La Chiesa rimaneva ancora abbastanza fedele ad una morale superiore per esigere un
sì formale dalla donna al momento del suo matrimonio; era impossibile ad una ragazza
giovane di rifiutare il volere del padre e di chiedere protezione alla religione.
Una volta sposata, il marito diventava proprietario della donna, e questa non poteva
invocare la legge contro di lui.
Questa costituzione familiare, infatti, limita l'ammissione giuridica e di fatto della
donna alla vita lavorativa e a quella pubblica