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Fonemi consonantici dell'italiano
Si possono classificare in base a più criteri:
- Modo di articolazione (colonna di sinistra): le consonanti possono essere
- Occlusive (pronunciate con un'occlusione del canale orale e poi una sua brusca riapertura, dette anche esplosive)
- Nasali (aria esce dalle cavità nasali, possono essere prolungate come suoni)
- Laterali (l'aria fuoriesce ai lati della bocca)
- Vibranti (la lingua vibra contro il palato)
- Fricative (l'aria fuoriesce dalle labbra con i denti che poggiano contro il labbro inferiore)
- Affricate (consonanti miste pronunciate da un'unione di una consonante occlusiva e una fricativa)
- Luogo di articolazione (colonna orizzontale)
- Sonorità/sordità:
Se le vocali sono dei fonemi sempre sonori (le corde vocali vibrano), le consonanti possono essere sia sorde che sonore.
I simboli per i diversi fonemi sono indicati e stabiliti dall'alfabeto fonetico internazionale.
Fonemi j e w (approssimanti,
valore a metà strada tra quello vocalico e quello consonantico), fonemi vicini alle vocali i e u ma di durata più breve che si possono trovare in dittonghi ascendenti (dove l'accento cade sulla vocale successiva a j e w) o in dittonghi discendenti (dove l'accento cade sulla vocale che precede questi due fonemi). DITTONGHI ASCENDENTI – J e W semiconsonanti piede ['pjɛ:.de]; uomo ['wɔ:.mo] DITTONGHI DISCENDENTI – J e W semivocali faida ['fa:j.da]; feudo ['fɛ:w.do] Se il dittongamento toscano è una palese dimostrazione della fiorentinità della nostra lingua ci sono però alcuni tratti fonetici del fiorentino parlato che non sono mai stati accolti dallo standard. Fenomeno della gorgia: la spirantizzazione delle occlusive sorde intervocaliche, per cui per esempio Coca (La hoha, perché C in posizione intervocalica). Inoltre, un altro tratto che non è passato in italiano è la pronuncia.- fricativa delle affricate intervocaliche: non pronunciano /ʃ ʒ/ ma [‘pa. e] e non ragione ma [ra. ‘ o.ne]. Esempi di trascrizione fonetica.
- Si fa riferimento all’alfabeto fonetico internazionale
- Parola tra parentesi quadre
- Sillabe individuate con punti bassi
- Apostrofo posto all’inizio della sillaba accentata
- I due punti (:) vengono usati per indicare un suono pronunciato lungo.
- Incongruenze tra il sistema fonetico e quello grafico.
- Sistema grafico cioè il modo nel quale vengono rappresentati i fonemi nella scrittura.
- Per esempio:
- Stesso grafema per fonemi diversi: Strano, sberla la stessa lettera/ grafema è usato per la sibilante sorda di strano e per la sibilante sonora di sberla. Sia per la coppia minima pesca (sia è che è). Gola/ gelo (occlusiva velare sonora/ affricata palatale sonora)
- Grafemi diversi per lo stesso fonema: chilo, calo, cuore, quota
- Grafema privo di rispondenza fonologica ma dal valore
Grafema che non ha un suo fonema di riferimento, come per l'H.anno/hanno, valore diacritico dell'H che serve a distinguere due parole.
Due grafemi per un solo fonemaCoppie di lettere per un solo fonema.-bisogno (nasale palatale, due grafemi che prendono il nome di digramma)
Aspetti fonetici da approfondire:
- Dittongamento toscano/ monottongamento toscano
- Sistemi vocalici alternativi a quello fiorentino a 7 vocali toniche
- Possibile annullamento di alcune distinzioni fonologiche (il caso di e e di s) dovute a variazioni diatopiche di pronuncia non regolamentate da una corretta grafia fonetica.
Dittongamento toscano= fenomeno per il quale da pedem (latino) abbiamo piede, da bono- buono; è una spia fonetica importante della fiorentinità della nostra lingua. "Novo vocabolario della lingua italiana secondo l'uso di Firenze". Perché non usare "nuovo"? Dobbiamo ricordarci che è stato pubblicato nella seconda
metà dell'Ottocento come adeguamento al criterio del fiorentino vivo dell'uso colto proposto da Manzoni e che intorno al sei-settecento in Toscana era avvenuto il fenomeno opposto al dittongamento, cioè il monottongamento da "UO" a "O"; ragione per la quale ancora oggi i fiorentini non dicono "uovo" ma "ovo", non "buono" ma "bono", non "nuovo" ma "novo". Il dittongamento toscano è un fenomeno che ha avuto origine a Firenze in tempi precoci (intorno all'VII/IX sec. d.C) ma molto più tardi, nel Sei-Settecento, Firenze ha vissuto il fenomeno opposto. Manzoni aveva cercato di monottongare il più possibile le forme che presentavano "uo" per adeguarsi al canone del fiorentino vivo dell'uso colto. Questo intervento era stato sistematico soprattutto nelle parole che terminavano in "uolo" e nella parola "Giuco", quando c'è il dittongo "uo" avveniva dopo suono palatale. Già Manzoni nella sua quarantana scriveva "gioco".c'è da dire però che il tipo originario, quello che si era originato a Firenze prima del monottongamento, ossia "giuoco", sopravvive ancora oggi soprattutto nel "regolamento del giuoco del calcio." Ancora nel regolamento calcistico troviamo la forma giuoco.
Il sistema vocalico dell'italiano deriva da quello fiorentino ed è un sistema composto da 7 vocali toniche che possono essere rappresentate nel cosiddetto triangolo vocalico.
Va detto che esistono diverse distinzioni diatopiche in Italia e quindi esistono anche sistemi vocalici alternativi al fiorentino, tra questi il vocalismo tonico del sardo e del siciliano.
In particolare, il sistema vocalico del sardo non presenta l'opposizione qualitativa tra vocali aperte e chiuse, sia anteriori che posteriori, ma presenta soltanto la e e la o chiuse, quindi è un sistema a 5 vocali toniche.
Non è esclusivo della Sardegna perché riguarda anche la cosiddetta area Lausberg.
(dal nome dello studioso tedesco che l'ha proprio individuata nel 1939), è un'area che si estende dalla Lucania alla Calabria e comprende principalmente la Lucania meridionale e la Calabria settentrionale. Anche il sistema vocalico del siciliano presenta 5 vocali in posizione tonica e non 7. In questo caso scompaiono la e e la o chiuse mentre abbiamo soltanto e ed o aperta. Vocalismo atono (cioè dei fonemi vocalici in posizione non accentata). Il fiorentino ha 5 vocali in posizione atona che sono quelle rappresentate in questa tabella: 33 Ma il siciliano si contrappone fortemente a questo vocalismo atono perché in posizione non accentata presenta solamente le vocali a, i, u. Differenze diatopiche (pronuncia della e e della s) Esistono diversi tipi di incongruenze tra il sistema fonologico dell'italiano e il suo sistema grafico. Non c'è sempre una corrispondenza biunivoca tra il fonema dell'italiano e il grafema usato.Per rappresentarlo. Esempi di usi di è aperta in italiano standard (laddove per italiano standard nella pronuncia si intende un italiano di matrice prettamente fiorentina), dove dovremmo pronunciare con e aperta le parole con dittongo, quelle del gerundio (-endo) etc.
- IE (dittongo): ièri, piède, mièle, diètro
- EI - EBBE - EBBERO (desinenze del condizionale)
- ETTI - ETTE - ETTERO (desinenze del pass. remoto): credètti, credètte, credèttero)
- ENDO/A/E/I (gerundi e non): leggèndo, bevèndo, tenèndo, volèndo, faccènde
- ELLO/A/E/I: castèllo, battèllo, anèllo, padèlla, campicèlli
- ENSO/A/E/I: pènso, sènso, mènsa, forènse
- ENTO/A/E/I: perdènte, sènto, indulgènte, polènta, gènte
- ESTRO/A/E/I: maèstro, canèstro, minèstra, bimèstre, terrèstri
- EFICO/A/E/I: benèfico
malèfico
ENZIO - ENZA/E : silènzio, partenza, sènza, potenze, cadenze
Quando è seguita da una vocale: colèi, fèudo, idèa, assemblèa, marèa
Quando la parola è sdrucciola: telèfono, mèdico, telègrafo
In molte parole isolate (vèngo, tèngo, poèta, poèma, apèrto, offèrta, aspètto, bène, ecc.)
Tutte rese ortoepiche, legate alla pronuncia, che potrebbero far storcere il naso a un parlante settentrionale.
é (chiusa) in italiano standard (alcuni esempi):
ESSE - ESSI - ESTE ESSIMO - ESSERO (desinenze dell'imperfetto congiuntivo): volésse, voléssi, voléste, voléssimo, voléssero
RESTI - REMMO - RESTE (desinenze del condizionale): crederésti, crederémmo, crederéste
EVO - EVI - EVA - EVANO: volévo, volévi, voléva,
volévano ERE (desinenza dell'infinito dei verbi): tenére, avére, cadére MENTE - MENTO: sinceraménte, veraménte, sentiménto, moménto ESCO/A: principésco, pazzésco, trésca, frésca, grottésche ESO/A/E/I– ESIMO: paése, tésa, illési, inglése, feudalésimo, battésimo ESSO/A/E/I: contéssa, stésso, spésso, dottoréssa, méssi ETTO/A/E/I: pezzétto, tétto, bollétta, frétta, cassétti (ma: corrètto, lètto, gètta, rètta, sètte) EZZO/A/E/I: debolézza, ribrézzo, tenerézza, dolcézza, freschézza (ma: pèzzo, mèzzo,prèzzo) EVOLE – EFICE: amichévole, piacévole, artéfice, oréfice, pontéfice ECCIO/A/E/I-EGGIO/A: tréccia, fréccia, campéggioparchéggio, manéggio (ma: règgia)
ECCHIO: orécchio, parécchio, sécchio (ma: vècchio, spècchio)
Quando è finale di parola tronca: perché, finché, poiché, scimpanzé (ma: ahimè, cioè, Mosè,Noè, caffè e alcune parole di origine straniera)
Nei monosillabi e nei pronomi dimostrativi: ré, tré, ché, mé, sé, quésto, codésto, quéllo
Macro-distinzioni di pronuncia tra il Nord e il Sud Italia: a livello diatopico.
Al Nord:
- e aperta in sillaba chiusa (termina per consonante) (frèddo; ma davanti a nasale é: vénti*,préndi) e in parole tronche: perchè
- e chiusa in sillaba libera (termina per vocale) (béne, tréno, ciélo, piéde)*ma in Lombardia orientale: vènti
Al Sud:
- Ca