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MERONIMI E OLONIMI
Infine abbiamo le relazioni di meronimia e olonimia. Sono quelle relazioni in cui uno dei lessemi rappresenta la parte (meronimo), l'altro il tutto (olonimo). Per esempio petalo è meronimo di fiore che è l'olonimo. Se le relazioni di iponimia e iperonima non includono l'uno nell'altro, nelle relazioni di meronimiae olonimia, il meronimo è parte dell'olonimo cioè parte dell'oggetto indicato dall'olonimo (sono inclusive), parte dell'automobile (sportello è una).
RAPPORTI SINTAGMATICI
COLLOCAZIONI
Quando le relazioni tra parole diventano stabili si parla di collocazioni. In questo tipo di relazione ogni parola interessata conserva il suo significato singolo, ma la scelta di usarne una condiziona l'utilizzo dell'altra, per esempio "dare un preavviso", in questa espressione, e in altre simili, possono essere utilizzati soltanto questi termini e non sinonimi. Le collocazioni
Possono essere formate da:
- VERBO+NOME (bandire un concorso);
- NOME+VERBO (la situazione precipita);
- VERBO+AVVERBIO (discutere animatamente);
- NOME+AGGETTIVO (giornata nera).
POLIREMATICHE
Un'altra relazione si può trovare nelle parole polirematiche che sono costituite da due o più parole che si comportano come parole uniche. Le combinazioni possono essere:
- NOME+AGGETTIVO (anima gemella);
- NOME+NOME (effetto serra);
- AGGETIVO+NOME (alta tensione);
- AVVERBIO+AGGETTIVO (diversamente abile);
- NOME+PREPOSIZIONE+NOME (borsa di studio).
Le relazioni polirematiche fanno sì che sia impossibile:
- la sostituzione delle parole con sinonimi, effetto serra e non conseguenza da serra;
- inserimenti di altri elementi nella loro struttura, un ferro da stiro caldo e non un ferro caldo da stiro;
- la dislocazione dell'ordine delle parole, effetto serra e non serra effetto.
Mentre le polirematiche non aggiungono elementi al loro interno (ferro caldo da stiro).
stiro non va bene) lecollocazioni le aggiungono (bandire un bel concorso)
ESPRESSIONI IDOMATICHE
Infine, abbiamo le espressioni idiomatiche, o modi di dire, che sono espressioni convenzionali fissate nele caratterizzate dall'associazione di significanti fissi a significati non sempre riconducibili alla lorotempoaccezione originaria. Per esempio essere al verde (rimanere senza soldi): questo modo di dire non sispiega sommando i significati dei singoli elementi nella frase, ma si rifà a una formula che si è cristallizzatanel tempo e che secondo alcuni studiosi faceva riferimento in origine alle candele, il cui fondo era dipinto diverde, per cui quando la candela stava per finire era giunta al verde.
"BREVE STORIA DELLA LINGUA ITALIANA"
CAPITOLO 1: STORIA DELLA LINGUA ITALIANA
BISOGNA AGGIUNGERE FILE APPENDIX PROBI NEL TEAMS DELLA PROFESSORESSA:
- Dal-latino-allitaliano_MARCO-MAGGIORE-1.pdf
LA RUSTICA ROMANA LINGUA
Il vero e proprio distacco tra la lingua scritta
della cultura popolare e sono testimonianze importanti per comprendere la storia e l'evoluzione delle lingue volgari italiane. Un esempio di scripta volgare è il "Placito Capuano", un documento del X secolo scritto in volgare campano, che riguarda una controversia tra due famiglie nobiliari. Questo testo ci permette di osservare le caratteristiche linguistiche e grammaticali del volgare dell'epoca. Un altro esempio è il "Cantico delle Creature" di San Francesco d'Assisi, scritto nel XIII secolo in volgare umbro. Questo testo poetico è una delle prime testimonianze di un volgare italiano utilizzato in ambito letterario. Le scriptae volgari sono importanti anche per la diffusione della cultura e della conoscenza tra le persone comuni, che spesso non avevano accesso alla lingua latina. Grazie a queste testimonianze, possiamo comprendere meglio la vita quotidiana, le credenze e le tradizioni del popolo italiano nel corso dei secoli. In conclusione, le scriptae volgari sono documenti preziosi per lo studio della storia delle lingue volgari italiane e per la comprensione della cultura popolare dell'epoca.culturali locali differenti anche se vengono elaborate in centri diversi e presentano tendenze comuni (ibridismo linguistico dovuto alla mescolanza di forme locali con elementi latini; la variabilità economica e l’alfabeto latino; la specificità locale che instabilità dovuta ai problemi della resa grafica di suoni volgari caratterizza le scriptae dei vari centri e le rende molto diverse tra loro). Relativamente alle scriptae medievali, si parla di plurilinguismo e policentrismo. Per quanto riguarda la provenienza dei primi documenti in volgare vi sono grandi differenze. La distribuzione geografica dei testi che si sono conservati indica come area privilegiata l’area di Montecassino fino all’Umbria dove vi era la cultura dei monaci benedettini. In Toscana, il primo documento che abbiamo, invece, è un elenco di spese navali scoperto in un codice della biblioteca di Filadelfia e proveniente da Pisa che risale al XII secolo, mentre di un secolo piùTardo risale il Libro di conti di un banchiere fiorentino.
PLACITO CAPUANO
La prima attestazione in volgare scritta in un documento ufficiale fu il Placito (decisione) Capuano (di Capua) risalente al 960. Esso è il primo di quattro testimonianze giurate e fu scritto in Campania ad oggi conservate al monastero di Montecassino. Il Placito è un verbale scritto in latino su pergamena, costituito anche da formule di giuramento dei testimoni scritte in volgare. Il notaio, invece di scrivere la formula in latino la scrisse in volgare, rispetto a come era stata pronunciata. Il documento tratta di una controversia tra l'abbazia di Montecassino e un proprietario terriero. Nella formula un testimone affermò che quelle terre, oggetto della controversia, erano state possedute per 30 anni dall'abbazia di Montecassino e quindi appartenevano ad essa. Il testo è ricco di tecnicismi del linguaggio giuridico e molti latinismi. Come sappiamo il Placito Capuano fu scritto da
un notaio, figura importante del Medioevo che scriveva perché era mediatore linguistico culturale tra il latino e il volgare. Insieme a questa figura spiccano anche:- i mercanti che di solito non conoscevano il latino, ma sapevano scrivere e dovevano usare il volgare per esigenze pratiche
- i religiosi, che dovevano farsi comprendere dagli illetterati
Sao Ko Kelle per kelle fini que ki contene trenta anni le possette parte Sancti Benedicti
So che quelle terre, entro i confini di cui qui si dice, trenta anni le possedette il monastero di S.Benedetto.
ANALISI
Il passaggio delle testimonianze orali alla verbalizzazione scritta comporta una notevole perdita di tratti dell'oralità spontanea e si avverte il forte peso della formularità del latino notarile e della sua tradizione grafica (parte sancti Benedicti). Tuttavia la scripta notarile lascia trasparire il parlato nel costrutto marcato kelle terre... le possette parte sancti dove abbiamo una dislocazione.
sinistra del tema con ripresapronominale con il pronome le. Notevoli sono anche gli elementi volgari nella grafia (k in Ki Kontene Kelle)e nella fonetica Ko (lat quod), kelle (eccum ille, chelle si usa anche in Italia centro Meridionale), Ki (eccumhic) . Sao è probabilmente una forma meridionale, su cui poi prevalse Saccio da sapio. Inoltre sanctibenedict è un latinismo. Sul piano grafico abbiamo la presenza della K, occlusiva velare sorda presente neitesti antichi.
ATTESTAZIONI NOTARILI E RELIGIOSE
Al filone notarile appartengono altri testi di aria mediana in cui il latino si alterna al volgare (La postillaamiatina, La Carta osimana, La Carta fabrianese, La Carta Picena ecc..). Dalla Liguria proviene invece laDichiarazione di Pagia, un elenco di beni, mentre la Carta Pisana, primo testo toscano è un elenco dispese navali che rinvia all’ambito marinaresco commerciale. Di ambito religioso sono invece Formula diche i fedeli dovevano dire a voce e
L'Iscrizioneconfessione umbra del Camposanto di Pisa. Importantifurono anche una raccolta di 22 prediche in volgare piemontese, I Sermoni subalpini
INDOVINELLO VERONESE
Un caso ancora dubbio è rappresentato dalla lingua del cosiddetto Indovinello Veronese che da molti è definito un testo non in volgare ma piuttosto un testo latino intriso di volgarismi. Si tratta di una nota incorsivo che allude all'atto dello scrivere e risale al 960, prima del decimo secolo. L'indovinello fu aggiunto, insieme ad un'altra nota in latino corretto, su una pagina di un codice scritto in Spagna e poi arrivato a Verona. Il testo fu scritto a Verona all'inizio del XIV secolo e si trova nella parte bianca nel margine di un manoscritto, probabilmente fu un'aggiunta apportata da un copista che si divertì a scrivere nel margine bianco del manoscritto.
TESTO:
Se pareba boves alba pratalia araba & albo versorio teneba & negro semen seminaba (gratias tibi
(agimus omnipotens sempiterne deus). Spingev avanti i buoi, arava bianchi campi e teneva un aratro bianco e seminava un seme nero (rendiamograzia a te onnipotente semipaterno Dio)
ANALISI
L'aggiunta dell'indovinello è accompagnata da una scritta in latino (gratias tibi agimus omnipotens sempiterne deus). pareba, araba, teneba, seminava sono volgari perché cade la t del verbo latino originario boves e semen: sono latinismi negro: il latino aveva la i breve per indicare questa parola ovvero: nigro, mentre qui abbiamo negro quindi risulta essere una forma volgare. alba: bianco è latinismo
ISCRIZIONE DELLA CATACOMBA DI COMMODILLA
Il più antico testo sicuramente volgare è la iscrizione della catacomba di Commodilla a Roma, una frase graffita sulla parete come invito al celebrare la messa a voce bassa. Il testo nel graffito si presenta scritto in colonna:
TESTO
nondicereillesecritaabboce "Non dicere ille secrita a bboce"/ Non pronunciate le orazioni
segrete a voce alta
ANALISI
La lingua utilizzata è un idioma volgare ancora immaturo, che si presenta molto vicino al latino. La parolaille, dal latino ILLAE (o ILLAS) "quelle", non conserva il significato originario, ma ha valore di articolo femminile plurale in questo caso. Quanto a secrita, si tenga conto che la lettura corretta è "secreta", con la E chiusa invece della I, secondo una grafia in uso nelle scritture pre-carolinge. Interessantissima è la formabboce: in principio, la parola era stata scritta come boce, ma in seguito qualcuno, non si sa se lo stesso scrivente o qualcun altro, forse accortosi che la grafia non rispecchiava in pieno la pronunzia, aggiunse, in piccolo, una seconda B. Questo è un preziosissimo indizio, utile a ricostruire la pronunzia dei parlanti romani dell'epoca, caratterizzata da due fenomeni, il raddoppiamento fonosintattico, cioè la tendenza, tipica ancor oggi nella zona, ad allungare le co