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ILLOCUZIONE VS PERLOCUZIONE
Le attività locutive sono quelle che si fanno attraverso il proferimento di un verbo
performativo e vanno distinte da quelle perlocutive.
Lista di attività che si fanno illocutivamente e che corrispondono a verbi performativi:
ordinare (vi ordino di uscire)
asserire (asserisco che oggi è una giornata fresca)
insultare
permettere (vi permetto di prendere appunti)
rifiutare
concludere (concludo che tutti sono presenti)
Dietro il proferimento di queste frasi performative io realizzo l’atto predicato dal verbo, ho
il potere di fare quella determinata attività illocutiva per il fatto che proferisco quel
determinato verbo che ha in se un potere (quando dico “ti ordino” faccio un ordine).
Lista di attività che si fanno perlocutivamente:
convincere (vi convinco che la linguistica è bellissima)
scandalizzare (vi scandalizzo per le parolacce che dico)
ingannare (vi inganno portandovi a pensare che una certa cosa è vera)
umiliare (vi umilio all’esame perché non sapete qualcosa)
indurre a fare (vi induco al suicidio)
dissuadere (vi dissuado ad andare ad una materia che non mi piace)
aiutare (vi aiuto a superare l’esame)
Tutte queste attività perlocutorie sono svolte attraverso il linguaggio senza il proferimento di
questi verbi, i quali non porterebbero al compimento dell’atto: devo compiere una serie di
attività al fine di convincere, dissuadere, ingannare… senza però proferire questi verbi che
in se non hanno alcun potere. Es. Quando io ti dico davanti a tutti “vai a vuotare il cesto
della spazzatura!” ti umilio, ma lo faccio senza esprimere il verbo “umiliare”: l’atto di
umiliare viene fatto attraverso il linguaggio ma senza il proferimento del verbo.
Queste due liste differiscono perché: nella prima lista ci sono verbi performativi che se
proferiti permettono la realizzazione degli atti predicati dai verbi stessi; nella seconda lista
ci sono verbi che non devono essere proferiti per far sì che si compia l’atto. Mentre nel
primo caso le attività linguistiche si realizzano per convenzione, nel secondo le attività
linguistiche non si realizzano per convenzione. Ci sono quindi atti che si realizzano
convenzionalmente e atti convenzionali che io utilizzo per svolgere altre attività linguistiche
chiamate perlocutive. Le attività illocutive hanno determinazione linguistica, mentre le
attività perlocutive che si realizzano nel mondo attraverso il linguaggio sono tentative,
possono avere successo oppure no. Le attività illocutorie sono convenzionali; le attività
perlocutorie si svolgono attraverso il linguaggio ma non sono convenzionali: entrambe si
svolgono e si realizzano simultaneamente all’esecuzione dell’atto: quando cerco di
convincerti realizzo simultaneamente l’intenzione di convincerti assieme alla mia asserzione
“la gonna lunga ti nasconde le gambe storte”.
A questo punto possiamo definire l’atto linguistico come esecuzione simultanea di atto
locutorio, illocutorio e perlocutorio.
LA CLASSIFICAZIONE DEGLI ATTI LINGUISTICI
Fatta sulla base degli studi di Austin e di Searle, i quali dicono che attraverso la teoria del
linguaggio si è mostrato che una delle caratteristiche fondamentali del linguaggio è la
possibilità di svolgere attività differenti tra di loro (cioè attraverso il linguaggio non svolgo
semplicemente l’attività di parlare ma di ringraziare, promettere, ordinare, domandare,
concludere, benedire, condannare…): ma quante sono le attività linguistiche? Una risposta
potrebbe essere: visto che le attività linguistiche hanno per lo più verbi performativi che le
eseguono, basta contare i verbi performativi nel dizionario per trovare quante attività
linguistiche ci sono. Ma non è così, perché potrebbe essere che un verbo sia performativo in
una lingua ma non lo sia in un’altra.
Per cui il modo migliore potrebbe essere quello di classificare i verbi performativi
raggruppandoli in classi:
asserire/dedurre/ipotizzare/concludere
ordinare/pretendere/domandare/comandare/richiedere/permettere/proporre
Queste due liste individuano verbi performativi diversi, ciascuno dei quali si riferisce ad una
attività linguistica diversa, ma i verbi performativi che appartengono alla stessa classe hanno
qualcosa di simile tra loro e sono tutti diversi rispetto ai verbi dell’altra classe.
La metodologia per fare classificazione si basa sul fare delle tassonomie, cioè raggruppare
tra loro degli oggetti simili in modo da formare delle classi diverse tra loro. Le prime
tassonomie sono quelle linneane di Linneo per la classificazione del mondo vegetale.
E’ possibile fare delle classi di verbi performativi, di attività linguistiche?
Negli anni ’60 sia Austin che Searle hanno fatto una classificazione.
CLASSIFICAZIONE SEARLIANA
L’idea da cui parte Searle è che classificare le attività linguistiche non è semplice, perché
noi conosciamo le attività linguistiche attraverso i verbi performativi, ma ci sono attività
linguistiche come indicare, esclamare, chiamare basilari nell’ontogenesi del linguaggio che
non hanno verbo performativo e quindi non posso partire dai verbi performativi per fare la
classificazione di attività linguistiche. Comunque comincio facendo una classificazione dei
tipi di attività linguistiche identificando tutti i verbi performativi, cioè identificando tutti i
verbi che dato una proposizione “andare al cinema” possano realizzare questa proposizione
con forze illocutorie diverse “ti chiedo di andare al cinema/concludo che devi andare al
cinema/ti domando di andare al cinema”: ciò che faccio è prendere il verbo performativo e
metterlo davanti ad una proposizione, identifico la tipologia di attività linguistiche
considerando i verbi performativi. Ottengo quindi una classificazione indiretta: classifico le
attività attraverso le espressioni che servono per realizzare quelle attività. Certamente ho
l’idea che possano esistere attività che non hanno un’espressione corrispondente
“es.chiamare” ma che in teoria potrebbero avercela→principio di esprimibilità.
Sappiamo quindi che la classificazione di atti linguistici è indiretta attraverso la
classificazione dei verbi performativi; per fare questo devo ipotizzare che esista un verbo
performativo possibile non realizzato in una lingua ma che potrebbe esserci in teoria;
identifico la nozione di proposizione con forza illocutoria, che si chiama enunciato:
p=Q(a a ) →formula della proposizione
1, n
F(p)=u →formula dell’enunciato
L’enunciato è una proposizione che ha forza illocutoria, è la forza che si applica ad una
proposizione determinando il proferimento di un enunciato.
Se “p” è l’applicazione di un predicato ad uno o più argomenti, “u” è l’enunciato che è
l’applicazione di una forza su una proposizione.
Su questa base classifichiamo gli atti linguistici.
Classificazione di Searle degli atti linguistici
Per classificare qualcosa bisogna individuare proprietà relativamente alle quali si
classificano gli oggetti. Nel caso degli atti illocutori le proprietà, i parametri di
classificazione sono relativi a tre fattori che sono detti convenzionali degli atti illocutori.
Questi sono parametri essenziali che non possono essere negati, perché sono convenzionali
cioè inerenti a quegli atti→prova empirica di negazione a cui sottostà ciò che è
convenzionale.
Scopo dell’attività, il fine dell’attività identificato come scopo illocutorio
convenzionale
Es. Se dico “ti ordino di andare a vuotare il cassetto della spazzatura” ho come
scopo vero (scopo perlocutivo non convenzionale) quello di umiliare quella persona
davanti a tutti, non tanto quello di far vuotare la spazzatura (scopo convenzionale).
Lo scopo può variare perlocutivamente ma rimane fisso da un punto di vista
illocutorio.
Se prendo le due serie di atti (asserire/dedurre/ipotizzare/concludere vs
ordinare/pretendere/domandare/comandare/richiedere/permettere/proporre) vedo che
hanno in comune qualcosa che è anche diverso fra l’uno e l’altro: cioè la prima serie
ha come scopo dell’attività l’impegno sulla verità di ciò che si dice anche se in
maniera diversa in base al verbo, la seconda serie ha in comune come scopo
dell’attività che l’interlocutore faccia qualcosa anche se in maniera diversa in base al
verbo. Posso quindi mettere insieme tipi di atti linguistici che hanno come proprietà
comune uno scopo illocutorio, e così facendo ottengo:
Atti linguistici rappresentativi (asserire/dedurre/ipotizzare/concludere)
Atti linguistici direttivi (ordinare/pretendere/domandare/comandare
/richiedere/permettere/proporre)
Condizione di sincerità o condizione intenzionale convenzionale
Cioè dimensione intenzionale che il parlante si prevede che abbia quando si impegna
con la verità di ciò che dice, quando fa quell’atto; si pensa che quando io mi impegno
nella verità di ciò che dico io creda in ciò che dico→questa è la condizione di
sincerità degli atti rappresentativi. Invece si pensa che quando io dico una cosa che
l’interlocutore deve fare io voglia che l’interlocutore faccia qualcosa→questa è la
condizione di sincerità degli atti direttivi.
Direzione di adattamento
Gli atti rappresentativi e direttivi individuano due diversi rapporti tra le parole e il
mondo, due diverse direzioni di adattamento. La direzione di adattamento è una
proprietà formale della relazione tra le parole e il mondo. Nel caso degli atti
rappresentativi devo adattare, adeguare le parole a come è il mondo se lo voglio
descrivere correttamente; nel caso degli atti direttivi adatto il mondo alle parole,
poiché faccio qualcosa che tende a modificare il mondo, adeguo il mondo a come
sono dette le parole.
Es. Ho due liste della spesa: 1° carote/cipolle/broccoli→lista delle cose da
comprare, dove devo adattare il mondo alle parole; 2° carote 2,30/cipolle 1,40/patate
3,20→lista che riporto dopo la spesa con il prezzo, dove devo adattare le parole al
mondo. Se torno a casa è la moglie dice che ho sbagliato perché ho comprato
broccoli e avevo scritto patate: in questo caso posso correggere, cancello patate e
scrivo broccoli. Ma se torno a casa e mia moglie vede che invece di broccoli ho
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