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INTERPRETA, ORDINA E CLASSIFICA GIORNO PER GIORNO =
QUOTIDIANO AGENDA ≠ QUOTIDIANO REGISTRATORE (anni ’70) che
si proponeva come specchio della realtà e che te la restituiva senza
darle un ordine.
2. Ragioni per le quali il “modello Repubblica” trova rapidamente radici
ed estensioni più o meno in tutta la stampa italiana
Il “modello Repubblica” trova presto due straordinari fattori propulsivi per
espandersi prima a “La Stampa” e poi al “Corriere della Sera”: 1)
l’applicazione che ne fa Mieli appunto a “La Stampa” e al “Corriere della
Sera” 2) la stagione decisiva di Mani Pulite questa vicenda, tra il ’92 e il ’94
ha fatto si che i giornali mettessero in rilievo quotidianamente solo due o tre
fatti, offrendo cosi non solo spazio, approfondimento e rilevanza alle notizie di
giornata, ma creando soprattutto una gerarchia netta tra i temi che devono
iscriversi nell’agenda dell’opinione pubblica. Quando la “tempesta
giudiziaria” di Mani Pulite si calmò, e si ritornò ad una stagione relativamente
calma, ormai questo modello giornalistico era entrato nella tradizione delle
redazioni. Questo modello, voluto da “Repubblica” si basa su un rapporto di
stretta identificazione tra le opzioni del giornale e quelle dei suoi lettori. Dare
spazi e rilevanza maggiori ad alcuni temi di giornata rispetto a tutti gli altri
può essere giustificato da due sole opzioni: in un caso sono gli eventi stessi
che si impongono, nell’altro è il background di interessi, scelte politiche o
culturali, oppure meglio la condivisione di un’identità comune.
Modello “Repubblica” = struttura a stella attorno ad un nucleo
centrale dell’articolo che riporta le novità salienti di giornata stanno una serie
di satelliti: la parola ai protagonisti con le interviste, i pezzi di sfondo e
ricostruzione degli antecedenti, gli interventi degli esperti in funzione di
interpretazione o di anticipazione dei possibili sviluppi, le schede con dati o
altre informazioni accessorie, i retroscena, i gossip e quant’altro. Questo
modello ha un carattere particolare, che va ben oltre il trattare in profondità
ogni singolo evento, è il modello dossier, che era un tempo riservato alle
notizie in esclusiva o alle campagne condotte da un quotidiano, e che ha
trovato in Italia, negli anni ’90 una sua funzione distinta rispetto
all’informazione televisiva. L'info’rafica ha dato il colpo finale, avendo offerto
l’opportunità tecnica di costruire velocemente una pagina evidenziando gli
elementi salienti, collegando visivamente le informazioni di dettaglio, sintesi
o contesto, abbinando il testo alle immagini o al trattamento grafico dei dati.
Limiti del “modello Repubblica” : il fatto che i lettori non sempre abbiano
il tempo o l’interesse di seguire un tema fino ai suoi più nascosti dettagli +
privilegio accordato ad alcuni temi a discapito dell’estensione e della
ricchezza delle cronache.
3. È da rintracciare nelle innovazioni, nette e sostanziali, che la formula
ha trovato negli ultimi 10 anni (quelli di Ezio Mauro)
Oggi il giornale non è più uno strumento che offre soltanto notizie e
approfondimenti, ma ha sviluppato anche altre attitudini che possiamo
giustificare si come motivazioni di mercato, ma anche come una
specificazione più raffinata della sua missione civile o delle sue funzioni di
cultura o politica culturale. Oggi non si legge più il giornale soltanto per avere
notizie, quel mezzo ha assunto oggi una funzione precisa: accompagna il
cittadino giorno per giorno nella cronaca e nell’interpretazione degli eventi
quotidiani, ma riesce ad affiancare una batteria di prposte che scandiscono
con ritmi diversi la quotidianità: dai supplementi generali o specializzati,
come sono i diversi magazine allegati ai vari giornali, passando per libri,
dischi, film, enciclopedie, per arrivare agli strumenti veri e propri di
espansione della cronaca quotidiana come sono il “Diario” o il
“Domenicale” della “Repubblica”.
Es. “Affari & Finanza” al lunedi, settimanale maschile dedicato al denaro;
“Viaggi” e “Salute”, gratuiti al giovedì; il “Venerdì” storico magazine,
abbinato a “D – La Repubblica delle Donne” , con il supplemento della
domenica dedicato alle buone letture o allo svago. Se a tutto questo si
affiancano la miriade di prodotti come libri e dischi, risulta chiaro che il
giornale è diventato ben più di un supermercato: è un centro commerciale
dove si può fare la spesa all’ingrosso, cosi come si piò trovare l’articolo di
dettaglio nella boutique specializzata.
L’editore
De Benedetti converte una delle sue società più quotate, la Cdb Web Tech, ne fa un
fondo per la ristrutturazione di piccole e medie imprese italiane in crisi. Aderiscono
subito alcuni imprenditori che hanno bisogno di quel denaro, tra cui Luca Cordero di
Montezemolo e Diego Della Valle. Aderisce anche Berlusconi, tra lo stupore generale
(era un uomo di destra, mentre De Benedetti era azionista di maggioranza -50,5%
-della Repubblica e quindi di sinistra). Stupore soprattutto perché i due erano
diventati nemici per antonomasia negli anni precedenti con tanto di avvocati e aule
di tribunale nel mezzo. Dopo tutto questo tempo d’intenso rancore si vedono invece
a collaborare. L’indignazione è totale e parte dal “Corriere della Sera” e dall’”Unità”.
Parte Giovanni Sartori, autorevole politologo e commentatore del “Corriere” che si
dimette da garante di Libertà e Giustizia, l’associazione che ha tra i principali
promotori proprio De Benedetti. Prosegue con gli attacchi di Labini (“una scelta
immorale”) – Biagi (“torni indietro e chieda scusa”) – Padellaro (“è l’accordo tra due
affaristi”).
Tra il luglio e l’agosto del 2005, si vivono giornate di acuta tensione tra i due
principali quotidiani italiani. Lo sfondo è chiarissimo, dominato dalla guerra sulla
diffusione che si gioca più o meno alla pari con il “Corriere della Sera” che vince la
battaglia delle copie vendute e “la Repubblica” che lo sopravanza in quella dei
lettori. La tempesta passerà quando De Benedetti ha gentilmente rifiutato la
disponibilità alla collaborazione offertagli da Berlusconi e i due non avranno più
rapporti economici, ma solo qualche strascico giudiziario da risolvere.
De Benedetti era entrato nella compagine azionaria del Gruppo Espresso-Repubblica
alla metà degli anni ’80, quando il gruppo aveva deciso di acquisire la proprietà
completa della Manzoni, la concessionaria di pubblicità. Poi negli anni la quota
aumenterà progressivamente fino all’acquisto delle partecipazioni di Caracciolo e
Scalfari e all’ingresso del gruppo nella Mondadori. La battaglia legale,
imprenditoriale e politica per il constrollo dell’azienda di Segrate si concluderà con
la “mediazione Ciarrapico”. Spartito il colosso editoriale a De Benedetti resta il
controllo del Gruppo Espresso. Lui ha la maggioranza delle azioni, Scalfari non ne ha
più, Caracciolo ne tiene ancora un pacchetto consistente e diventa presidente.
Sebbene discreta, la presenza di De Benedetti aveva comunque cambiato
radicalmente l’impostazione del gruppo che, nel frattempo, aveva continuato a
crescere. All’inizio la gestione era per così dire “garibaldina”. Con l’ingresso della Cir
tutto prende un’altra direzione: c’è la quotazione in Borsa, c’è l’impennata della
new economy con Kataweb e lo sbarco su Internet, dopo i successi della
Repubblica.it, ci sono una dopo l’altra iniziative di marketing. Quando la bottega
artigiana de “La Repubblica” si trasforma in grande industria De Benedetti si ritrova
proprietario del gruppo mediatico più diversificato e articolato che esistesse in
Italia. (“La Repubblica”: nove edizioni locali, quattro radio, la divisione Internet con
la Repubblica.it e Kataweb e una rete televisiva, ovviamente la concessionaria di
pubblicità e infine un pacchetto di riviste di nicchia. Al tutto si aggiungono un po’ di
tipografie e la società di e-commerce ). Gli artefici di questa trasformazione sono
stati sicuramente i direttori e i manager del gruppo, ma l’impronta è sicuramente
industriale.
Il gruppo è cresciuto nel frattempo ma nessuno poteva prevedere cosa sarebbe
successo in seguito, e cioé la vera forza della “Repubblica”: l’effettivo dispiegarsi
del carattere del gruppo = l’affermazione di quel carattere “immateriale” della
produzione giornalistica, che è esattamente il suo valore aggiunto, la differenza che
stacca l’impresa editoriale da qualsiasi altra impresa produttrice di beni di consumo.
Il primo “inserto” uscito gratuitamente con Repubblica fu Il nome della rosa di
Umberto Eco, seguito da innumerevoli altri libri. Ma la Biblioteca di “Repubblica”
non è marketing. Non si allega qualcosa al giornale per supportare le vendite. Si
vende, insieme al giornale, un altro prodotto, e l’editoria giornalistica diventa
editoria a tutto campo, sfruttando il canale di vendita delle edicole, che erano state
per decenni la vera strozzatura del mercato. Dopo i libri vengono tanti altri prodotti,
dalle enciclopedie ai Cd-rom, ripescando dischi, guide, dizionari, storie e altre
collezioni. Quando i giornali scoprono le loro potenzialità come vettori di cultura non
confinata all’attualità quotidiana, in quel momento vengono fuori le loro identità più
profonde.
L’offi cina delle identità
“La Repubblica” è oggi in Italia una officina dell’identità per la sinistra incerta. E’
questa la sua risposta al paese mancato e alla mancanza, in Italia, di una sinistra
capace di affrontare la sostanza culturale del confronto con una modernità che ha
completamente stravolto i suoi canoni. “La Repubblica” si propone oggi al suo
lettore come un’agenzia culturale, come un agente di socializzazione: offre tutti i
giorni un pacchetto di strumenti che vanno dall’indagine sulle opzioni di fondo alle
informazioni di servizio, sui grandi temi del dibattito culturale e poi passa con
apparente leggerenza, attraverso gli stili di vita, i consumi, il tempo libero, gli
investimenti e le divisioni generazionali.
Il nodo di fondo è la costante che quel giornale ha saputo conservare e coltivare nel
rap