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TOLLO

Quindi, tutti i tempi derivati dal tema del presente si formano da questa radice indoeuropea FER. Mentre i due temi del perfetto e del supino non appartengono alla stessa radice fer ma derivano dalla radice TL. Fero ha ovviato la mancanza del suo perfetto e del suo supino desumendo il perfetto e il supino da un altro verbo e da un'altra radice: TOLLO. Tollo originariamente aveva come tema del tuli latumperfetto e tema del supino (da tl) e (da tlatum) per cui fero li ha sottratti al verbo tollo. Quindi, si è verificato un suppletivismo da parte di fero.

Fero tolloPerché è stato possibile questo suppletivismo? vuol dire "portare", voleva dire "sollevare" e, normalmente, si solleva qualcosa per poi portarla da un luogo all'altro. Quindi, questa giustapposizione di significati ha fatto in modo che i due verbi entrassero in concorrenza. Fero era molto più utilizzato dai parlanti latini, quindi, finì per sottrarre, per suppletivismo.

Le forme verbali atollo. Noi studiamo il latino classico e, quindi, vediamo il paradigma già formato, quando il suppletivismo era ormai avvenuto. Tollo è anch'esso indoeuropeo. Tollo, is, sustuli, sublatum, ĕre. Tollo, a sua volta, ha agito per suppletivismo: Tollo sustuli sublatum ha semplicemente preso e che sono il perfetto e il supino subtollo, di un suo composto, il quale a sua volta, ha recuperato il perfetto e il supino sustinui e sustentum sustineo, anche come perfetto e supino, non solo del verbo ma anche del verbo subtollo. Una particolarità, inoltre, si può osservare anche in relazione ai significati di fero, perché proprio per le sue caratteristiche di estrema versatilità, fin da subito, anche se nasce in un ambito di lessico concreto, di uso pragmatico della lingua, come portare nel senso di portare un peso da un luogo ad un altro, ha assunto due

significati metaforici: - "sopportare", quindi, portare un peso morale, spirituale, non fisico; - "tramandare", o anche "riferire", "trasferire", "portare da un luogo all'altro o da un tempo all'altro un'informazione, una notizia, un dato, un racconto". In questo senso è utilizzato con diverse costruzioni come un verbo dicendi et narrandi. Dignus dignus/indignus: sono due aggettivi che troviamo all'interno della sintassi del caso ablativo. Anche se, in realtà, la costruzione con l'ablativo non è l'unica costruzione posseduta da dignus. Spesso, si trovano in concorrenza costruzioni molto più frequenti. dignus laude: Es. "degno di lode" ma posso trovare anche "degno di essere lodato". Usando uno strumento non nominale ma verbale, troviamo ben 3 costruzioni possibili: dignus laudari: infinito presente passivo dignus laudatu: supino passivo dignus Entrambi

si trovano in costruzione con perché hanno una sfumatura di tipo limitativo. In alternativa, possiamo trovare anche una proposizione dignus qui laudetur (degno di essere lodato): vuol dire una persona tale che risulta passibile di lode, la cui lode risulta possibile. Quindi, la lode è considerata, in qualche modo, una conseguenza della personalità, delle qualità di questa persona. In questo caso possiamo pensare ad una proposizione consecutiva, ad una relativa impropria con valore consecutivo. In alternativa, proprio perché la consecutiva marca la conseguenza delle caratteristiche, chi dice che siamo di fronte ad un congiuntivo caratterizzante mette più in evidenza proprio le caratteristiche, le qualità che questa persona, che questo oggetto, che questa azione deve avere per essere degna. Allora non è più una relativa impropria, perché non è un'altra proposizione circostanziale ma il congiuntivo è

una sfumatura che caratterizza le qualità, quindi, è una relativa propria con sfumatura caratterizzante. laudatur Non una relativa attributiva perché non c'è (con l'indicativo) malaudetur (con il congiuntivo). Quo uteretur quo: è un ablativo e, in realtà, è un oggetto indiretto: "usare qualcosa". Questo tipo di ablativo, che indica un oggetto indiretto del verbo, si può trovare, non solo in dipendenza da ma anche da altri verbi come fungor, vescor, potior. uterque nostrum All'interno di questa proposizione relativa, abbiamo uterque. Uterque è un pronome aggettivo indefinito che indica "entrambi", come spesso accade quando c'è nel suffisso, in qualsiasi tipo di termine. Secundus Alter Uterque, è il secondo tra molti, è il secondo tra due. Come molti indefiniti, può essere costruito, come in questo caso, con il genitivo partitivo (nostrum). La traduzione

letterale sarebbe “entrambi noi” ma, in italiano, non è bellissimo. Che ci si riferisca ad un noi lo si capisce dal verbo. Cui qui pareat cui is qui pareat,: è come se ci fosse scritto quindi, c’è unacui, ellissi dell’antecedente del secondo relativo perché il primo, ha come philosophĭa.

Qui parĕat: congiuntivo caratterizzante. Qui caratterizza il gruppo dei filosofi, di coloro che si dedicano alla filosofia.

Possit degĕre: congiuntivo consecutivo.

Maria Concetta Carugno 21[3] Ma, riguardo a tutti gli altri argomenti e ho detto molto e spesso parlerò, al contrario, in merito alla vecchiaia, ho dedicato a te questo libro. Invece, ho attribuito l’intero discorso non a Titòno, come fa Aristone di Ceo (infatti, ci sarebbe stata poca autorevolezza in un mito), ma a Marco Catone il vecchio, affinché il discorso avesse una maggiore autorevolezza. Presso costui immaginiamo Lelio e Scipione in atto di ammirazione.

percorso da seguire. E questa scelta è quella di prendere come esempio Catone il Vecchio, un uomo che ha vissuto fino a una vecchiaia avanzata e che ha affrontato con saggezza e serenità questa fase della vita. Cicerone ci invita quindi a ascoltare il discorso di Catone sulla vecchiaia, perché è proprio attraverso le parole di quest'uomo che possiamo comprendere appieno il suo punto di vista sull'argomento. Cicerone sottolinea che quando parla di "noi", si riferisce in realtà a se stesso. Quindi, quando parla di Catone, sta parlando di se stesso e delle sue esperienze personali. Infine, Cicerone ci informa che ha già riservato e intende riservare in futuro altri discorsi su altri argomenti, ma che in questo momento si dedicherà specificamente al tema della vecchiaia.

personaggio che di questo argomento dovrà trattare. Sappiamo che la scelta di Catone senex (Catone il Censore) è una scelta che va in direzione della presentazione di un personaggio che abbia una incredibile auctoritas, una autorevolezza che altri personaggi non storici, non romani potrebbero non avere. Quindi, il discorso potrebbe avere meno presa. È proprio questo che Cicerone ci dice in questo paragrafo terzo. La scelta non cade su un personaggio di una fabula, dove fabula sta per mito, come Titòno. Titòno era uno dei tanti fanciulli di cui si innamorò Aurora. Aurora chiese per lui l'eternità, l'immortalità ma si dimenticò di chiedere l'eterna giovinezza e, quindi, Titono fu destinato a diventare sempre più vecchio, tanto che, ad un certo punto, Aurora gli fece subire una metamorfosi perché non poteva più sostenere la vista del suo amato ormai così consumato dalla vecchiaia.

Personaggio di Titono erastato scelto da Aristone di Ceo per trattare dello stesso tema ciceroniano, cioè del tema della vecchiaia. Ma Cicerone sostiene che il mito potesse mancare diauctoritas. Quindi, decide di utilizzare non un personaggio del mito ma un personaggio della storia romana come Catone il Censore.

Dixĭmus/dicemus: poliptoto verbale.

Parum auctoritatis: genitivo partitivo.

Quo maiorem auctoritatem haberet oratio quo: è una congiunzione utsostitutiva di finale. Lo troviamo, normalmente, quando nella proposizione maiorem, finale è presente un comparativo, come in questo caso o anche, più raramente ma è possibile trovarlo, un superlativo. In questo caso, il latino quo ut, preferisce di gran lunga l'uso di all'uso della congiunzione in caso di finale affermativa. In caso di finale negativa il latino vuole l'uso della congiunzione negativa.

I tempi sono: congiuntivo presente, in dipendenza da un tempo principale, e congiuntivo imperfetto.

in dipendenza da un tempo storico. Altra modalità per esprimere la finale esplicita: proposizione relativa di tipo improprio, proprio perché non è una proposizione attributiva ma circostanziale. Quindi, qui/quae/quod + congiuntivo sempre presente o imperfetto.

Maria Concetta Carugno 22Apud quem: nesso relativo. Facimus Laelium et Scipionem admirantes: si tratta di una particolare funzione del participio: funzione predicativa. Siamo all'interno del valore verbale del participio. Il participio può avere due valori perché partecipa di due nature: la natura nominale e la natura verbale, quindi, può avere valore nominale e valore verbale.

All'interno del valore nominale noi abbiamo 2 funzioni possibili che il participio può svolgere all'interno di un contesto frasale: sostantivata e attributiva. All'interno del valore verbale il participio può svolgere 3 funzioni differenti: congiunta, assoluta, predicativa. La funzione predicativa,

Come in questo caso, si ha quando il participio si pone insieme ad un elemento nominale infacimus Laelium et Scipionem admirantesdipendenza stretta da un verbo: es. :facimusda è retto sia il complemento oggetto, Laelium et Scipionem, e, nellaEt eum respondentem eum,seconda espressione ( ), sia il participioadmirantes respondentem.predicativo e poi il secondo, Se al posto delparticipio predicativo avessimo avuto un elemento nominale, avremmo parlatodi complemento oggetto e complemento predicativo dell'oggetto. Quindi,anche l'elemento nominale avrebbe svolto comunque una funzione predicativae non attributiva perché viene indicata, dal participio predicativo, l'azione che si osserva, si immagina, si pensa, si vede, si comprende, si sente svolgere.

Dettagli
A.A. 2019-2020
91 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/04 Lingua e letteratura latina

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher maryconcetta90 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Lingua latina e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Riboldi Chiara.