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terzi. Lo stesso potere di godimento può essere definito come la
possibilità data al titolare del diritto di trarre dal bene le utilità
coerenti con la funzione della situazione soggettiva, che pur sempre
è funzione sociale. Difatti gli elementi costitutivi della fattispecie del
divieto di atti emulati si possono individuare nel comportamento del
titolare della situazione soggettiva, nella qualità del comportamento,
nella mancanza di utilità per il titolare della situazione e nel
pregiudizio, svantaggio, danno che subisce un altro soggetto. Nel
comportamento viene altresì ricompresa la condotta omissiva, ad
esempio di chi abbia una facoltà di costruire ma non la eserciti.
Mentre secondo una interpretazione restrittiva del divieto di atti
emulativi, improntata a canoni di ragionevolezza, negli stessi non si
possono ricomprendere condotte omissive, in quanto il
comportamento emulativo si deve sostanziare in una condotta
materiale, dunque deve essere solamente commissivo. Riguardo la
mancanza di utilità e il pregiudizio della vittima, vi è chi considera
sufficiente l'esistenza di una qualche minima utilità per il proprietario
ai fini della inconfigurabilità dell'atto emulativo. Ma questa teoria
rende praticamente inoperante il divieto di atti emulativi in quanto
sarà sempre possibile al proprietario dimostrare che l'atto compiuto
gli arreca una qualche minima utilità. Per quel che riguarda il
pregiudizio della vittima, la giurisprudenza ritiene che lo stesso
sussiste da un punto di vista economico, per cui un modesto
pregiudizio non sarebbe rilevante. Parte della dottrina invece ritiene
che la mancanza di utilità per il proprietario e il pregiudizio della
vittima vanno considerati in relazione: tra gli stessi, e fini della in
configurabilità dell'atto emulativo, si richiede un rapporto di
proporzionalità. Il vantaggio del proprietario deve essere diretto, di
rilevanza sociale ed oggettivamente valutabile. Pertanto laddove ci
si trovi in presenza di un atto, posto in essere dal proprietario, il
quale arreca allo stesso un minimo vantaggio, ma comporti ad un
altro soggetto un grosso pregiudizio, si configurerà atto emulativo.
Secondo una parte della giurisprudenza ai fini della configurabilità
dell'atto emulativo sarebbe necessario l'elemento soggettivo
dell'animus nocendi, ossia della intenzione di nuocere ad altri, ma in
questa tesi si richiede, quale requisito dell'atto, un elemento
soggettivo che la legge non richiede. L'atto emulativo rientra in ciò
che viene definito come abuso del diritto, ipotesi che va tenuta
distinta dall'eccesso di potere. L'abuso del diritto si configura quale
esercizio di storto, contrario ed estraneo alla funzione della
situazione soggettiva. Il comportamento nell'abuso non è
giustificato dall'interesse che riguarda la funzione del rapporto
giuridico, in definitiva si ha abuso laddove l’atto posto in essere,
pur coincidendo formalmente con il contenuto del diritto, in
sostanza ne costituisce una deviazione. Diversa è l'ipotesi di
eccesso di potere: si tratta, non di esercizio deviato di un potere
che si ha, ma della ipotesi in cui il potere manchi del tutto( falso
rappresentante) o, si superino i limiti imposti. A tal proposito si parla
impropriamente di abuso del diritto dell'usufruttuario in quanto la
fattispecie rientra in realtà nel eccesso di potere, poiché in tale
ipotesi ne vende la proprietà. Altro caso di limite privatistico al diritto
di proprietà attiene alla nozione di luci e vedute: luce è l'apertura
che consente l'accesso alla luce naturale ed all'aria senza la
possibilità di guardare sul fondo del vicino; veduta, al contrario, è
quell'apertura che consente in ogni caso la possibilità di vedere sul
fondo del vicino. La loro regolamentazione è dettata dagli articoli
901,903 e 905 del codice civile ed attiene in particolare alle
distanze da osservare e alla struttura delle aperture. Analogo limite
è la comunione forzosa del muro e specifiche distanze previste per
pozzi e cisterne. Nella stessa prospettiva va inquadrata
l'impossibilità da parte del proprietario di impedire le immissioni di
fumo o di calore, i rumori e così via, se non quando superino la
soglia della normale tollerabilità. Collegate alla problematica dei
limiti sono le limitazioni assolute o relative della proprietà
conseguenti all'esercizio del potere di espropriazione della pubblica
amministrazione. Lo stesso articolo 42 della costituzione al comma
quarto stabilisce che la proprietà privata può essere, per motivi di
interesse generale, espropriata nei soli casi previsti dalla legge e
salvo indennizzo. L'interesse generale sotteso alla espropriazione
deve corrispondere ad una funzione socialmente utile. Si parla di
occupazione appropriativa laddove la pubblica amministrazione
proceda il legittimamente, ossia occupando il bene ed eseguendo
direttamente l'opera programmata: in tale ipotesi non è soltanto
dovuto l'indennizzo ma anche il risarcimento del danno. Per quel
che riguarda la tutela del diritto di proprietà, le azioni che si
possono esperire sono diverse, ciascuna dettata per una funzione
specifica, ma a tal riguardo non esiste nel nostro ordinamento una
azione in generale inibitoria, infatti a tal proposito si suole parlare di
tutela inibitoria. Le azioni che svolgono una tutela preventiva sono
l'azione negatoria, le azioni di nunciazione queste ultime distinte in
azione di denuncia di nuova opera e di danno temuto e l’azione di
manutenzione per quel che riguarda il possesso. Con l'azione
negatoria il titolare del diritto di proprietà tende a far negare
l'esistenza sulla sua situazione di diritti altrui al fine di evitare un
pregiudizio sia da situazioni di fatto sia di diritto. Il proprietario deve
solamente dimostrare un valido titolo di acquisto. Il titolare del
diritto, anche reale, ha altresì a disposizione ulteriori due azioni: con
l'azione di denuncia di nuova opera si mira ad impedire pericoli sul
godimento del proprio diritto derivanti da costruzioni di nuova opera
o da attività intraprese da altri sul fondo vicino; l'azione di danno
temuto, per contro, tende a prevenire il pericolo di un danno grave
ed imminente sul proprio fondo da parte di una qualsiasi cosa già
esistente sul fondo del vicino. Entrambe le azioni possono dar
luogo a provvedimenti provvisori che l'autorità giudiziaria applicherà
nell'ipotesi di necessità ed urgenza secondo i dettami dell'articolo
700 c.p.c. sussistendone i presupposti del fumus boni iuris e del
periculum in mora. Si tratta dunque di azioni, quelle inibitorie, che
intervengono in un momento antecedente al danno e con la finalità
di prevenirlo. Per cui se il presupposto dell'azione risarcitoria è
l'esistenza di un danno, nelle azioni inibitorie si richiede
semplicemente il pericolo del verificarsi di un danno, pertanto in
queste ultime il danno non si è ancora verificato, ma vi è in
sostanza la possibilità del verificarsi di una pregiudizio. Pertanto
l'azione inibitoria mira a prevenire il danno, in quella risarcitoria al
contrario si tende alla ristoro per equivalente di un pregiudizio già
verificatosi. Nell'area delle azioni a tutela del possesso, come per
l'azione negatoria nell'ambito della tutela del diritto di proprietà,
ritroviamo quella che ha ad oggetto un petitum a carattere inibitorio:
si tratta dell'azione di manutenzione. Quest'ultima si distingue da
quella di reintegra/spoglio per i suoi presupposti: difatti non si
richiede uno spoglio ma una molestia, pertanto il primo incide
direttamente sul bene, tale potendo essere solo un bene mobile, la
seconda al contrario riguarda l'attività di godimento del bene il quale
per converso non può che trattarsi di un immobile oppure di
universalità di immobili. Pertanto la molestia si rivolge contro
l'attività di godimento del possessore, disturbandone l'esercizio o
rendendolo più scomodo. In essa il giudizio si svolge in due fasi:
una a carattere cautelare nella quale il giudice deve indagare
l'esistenza del fumus e la quale si conclude con un'ordinanza di
reintegrazione nel possesso; l'altra a carattere di merito, si conclude
con una sentenza che accerta la fondatezza o meno del diritto
preteso. In tale fase è fatto divieto al proprietario di opporre il suo
diritto di proprietà fino a quando il giudizio possessorio non sia
definito. Di contro se nel corso del giudizio petitorio intervengono
domande possessorie, trattandosi queste ultime di domande
incidentali, verranno assorbite nella giudizio petitorio. Le azioni
inibitorie, ma anche risarcitorie sono altresì poste a tutela del diritto
del proprietario che lamenti immissioni di fumo, calore, esalazioni e
simili che superino la normale soglia di tollerabilità ex articolo 844
c.c. Il limite oltre il quale il proprietario è tenuto a sopportare le
immissioni è quello della normale tollerabilità; pertanto facendo
riferimento a quella determinata dal giudice di volta in volta in
relazione alle caratteristiche del caso concreto. Oltre tale limite è
l'immissione è considerata intollerabile, pertanto il giudice può
trovarsi di fronte a due situazioni: 1) quando quest'ultimo consideri
prevalenti le ragioni della produzione nazionale, autorizza
l'immissione, ma allo stesso tempo assicura il proprietario un
indennizzo; 2) al contrario laddove il giudice ritenga prevalenti le
ragioni del proprietario, l'immissione sarà considerata illecita e al
proprietario spetterà la tutela inibitoria e risarcitoria. In passato si
riteneva che in caso di immissioni, le due azioni spettassero al solo
proprietario, ma in seguito si considerarono legittimati anche coloro
che potevano vantare diritti reali e personali. Il risarcimento del
danno subito può ricomprendere in sé sia il danno alla persona sia
il danno alla proprietà. Bene è precisare che l'azione inibitoria ex
articolo 844 c.c. può essere azionata dal proprietario del fondo
immesso, dubitandosi che la stessa possa anche essere esperita
dal mero possessore, il quale già risulta già tutelato da un'azione di
manutenzione. La questione si amplia ancor di più in relazione al
detentore qualificato poiché l'articolo 1535 c.c. attribuisce al
conduttore la facoltà di agire avverso le molestie materiali in nome
proprio, ma anche in quanto ciò viene confermato dalla Cort