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TENDENZA A RICOSTRUIRE LE RELAZIONI DANNEGGIATE
Ciò che la Klein ritiene fondamentale è la ricerca dell’individuo di ricostruire il legame positivo. Questo
meccanismo riparatorio, secondo la Klein segna l’evoluzione della situazione di lutto.
Il lutto e la sua connessione con gli stati maniacodepressivi.
Una caratteristica con cui uno sperimenta la vulnerabilità della relazione, in termini psicologici, dal
punto di vista della teoria metapsicologica questa condizione la Klein la descrive attraverso un processo
d’identificazione con oggetti morti/morenti /profondamente danneggiati. Ciò corrisponde a quel tipo di
vissuto che è caratteristico del tenore depressivo, la sensazione di essere in una condizione senza
speranza, che sia tutto grigio.
Secondo la Klein, ciò che avviene nella melanconia (situazione depressiva clinicamente significativa) è
che l’io non riesce a uscire dal rapporto con questo oggetto rotto, morente e mortifero, è legato a un
altro che non è più vitale o perché è assente e non risponde o perché la relazione è sentita come
definitivamente danneggiata dall’aggressività che circola nel rapporto.
Per esempio: una cosa fondamentale nei bambini è rendersi conto che le persone adulte resistono alle
componenti di ostilità presenti nei rapporti. La mamma si può arrabbiare con me ma non vuol dire che
non mi vuole più bene, la relazione di mantiene anche se è presente una quota di ostilità.
È come se l’oggetto fosse talmente fragile che al primo accenno di contrasto, l’oggetto diventa assente
e si ritira.
Nella melanconia, la presenza dell’ostilità si traduce nella distruzione dell’oggetto amato e la persona si
porta dentro questa situazione devastata e soffre di una condizione di disperazione.
Nel lutto, la differenza è che, non esiste solo il rapporto con un oggetto distrutto ma noi siamo in grado
di ricontattare quegli elemento di contatto con l’oggetto vivo. Nella situazione di lutto dobbiamo gestire
la possibilità che noi viviamo la morte come un abbandono e quindi ci fa soffrire la lontananza della
persona amata.
Ma quella non è l’unica dimensione con l’oggetto amato perché noi abbiamo la possibilità di ricordare
quando quella persona era presente e quando la relazione era fonte di una sensazione di vitalità e
sostegno.
Secondo la Klein nel lutto c’è una sorta di battaglia fra la relazione con l’oggetto perduto e la relazione
con l’oggetto interiorizzato.
Come si risolve il lutto?
Si risolve perché se nella psiche dell’individuo in lutto è stata interiorizzata la presenza di un oggetto
buono, a un certo punto il ricordo della persona viva prenderà il sopravvento sul dolore della
constatazione dell’assenza della persona amata. Quando questo avviene allora l’oggetto perduto può
essere reinteriorizzato nell’io come oggetto buono.
Il lutto comincia a risolversi quando le persone sono in grado di ricordarsi i momenti felici. Finché è tutto
buio non c’è modo di risollevarsi perché il lutto è in una fase di elaborazione. L’uscita dal lutto
corrisponde, fenomenologicamente, alla situazione in cui la persona in lutto, oltre a sentire la sofferenza
per l’assenza della persona amata, è in grado di ricordare il bene che c’è stato nella relazione, quando
la relazione, oltre che farti male la ritrovi come qualcosa che nella vita ti ha fatto anche molto bene.
A quel punto la risoluzione del lutto, non si risolve nell’abbandono dell’oggetto, come era per Freud,
bensì quando sono in grado di reinteriorizzare la relazione con l’oggetto perduto sotto forma di rapporto
con un oggetto buono. La buona relazione, dopo il lutto deve ricondurre a un buon ricordo. Se ciò non
avviene vuol dire che gli elementi che fanno prevalere l’aspetto distruttivo sono più forti di quelli che
fanno prevalere l’aspetto riparativo. Secondo la Klein avviene perché le cose sono andate male
dall’inizio. Non c’è il modello interno di rapporto con un oggetto buono che protegge. La cattiva
relazione è più forte di quella buona.
Per il modello Kleiniano invece che interiorizzare il modello buono io rimango legato all’oggetto morto.
In una condizione di disperazione.
Disperazione equivale a Distruzione.
Speranza equivale a Creatività. Possibilità di ricostituire le cose danneggiate.
La concezione tipica della Klein: vede l’elemento creativo e riparativo come strettamente connesso alla
dinamica della tolleranza degli stati di lutto. Non ci arriviamo se non attraverso il sostenere l’esperienza
della perdita. Lei ritiene che, comunque, la dipendenza che viene dal riconoscere l’amore verso
l’oggetto è benigna, ci porta a una direzione di sostenere il rapporto con l’oggetto, mentre la
dipendenza persecutoria, derivante dalla necessità di controllarlo altrimenti ci danneggia è una
dipendenza maligna, che produce un grado di sofferenza molto più alto dell’io.
Queste sono le caratteristiche che strutturano la condizione della posizione depressiva e, secondo la
Klein, questo passaggio evolutivo di rapporto con il seno buono, si struttura nella fase in cui il bambino
sostiene il rapporto con la madre attraverso la prima grande esperienza di lutto che è quella costituita
dallo svezzamento.
Note su alcuni meccanismi schizoidi.
All’io primitivo è disponibile come meccanismo di base per contenere l’angoscia, la polarizzazione e la
scissione. Fatto di utilizzare la relazione come contenitore per fantasie che riguardano il rapporto con
l’oggetto buono e fantasie che riguardano il rapporto con l’oggetto cattivo.
Altro aspetto importante è quel del fatto che la quota id angoscia percepita viene trattata proiettando
l’angoscia nella relazione e trasformando l’ostilità in un senso di persecuzione.
Questi due meccanismi di difesa costituiscono la parte della teoria che aggancia all’esistenza di
meccanismi di difesa che erano già stati descritti: paranoia, proiezione, scissione.
** per quanto riguarda la scissione la Klein fa una reinterpretazione del caso Schrebert di Freud.
Considera questa analisi come la prima analisi di un caso di psicosi in cui lei interpreta il vissuto di
catastrofe totale del presidente come l’effetto della scissione dell’io, come il suo vissuto connesso alla
polarizzazione della relazione con il padre. Quindi alla scissione dell’io.
Il terzo meccanismo fondamentale, che ha reso questo scritto molto importante, è introdotto dalla Klein.
Si tratta di un meccanismo strettamente interpersonale, un meccanismo che per poter essere reso
disponibile a un individuo deve implicare l’esistenza di una relazione reale con un’altra persona che è
del tutto implicata nel meccanismo di difesa.
È una DIFESA INTERPERSONALE ed è una cosa completamente nuova.
Nel meccanismo di IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA, affinché la difesa abbia successo ci deve essere
un concorso di attività. È una difesa che funziona veramente in maniera interpsichica, ci vogliono due
individui in relazione, non si può attuare all’interno della testa di una persona sola.
È proprio questa identificazione proiettiva che ha aperto una nuova dimensione, totalmente diversa, di
intendere la relazione interpersonale anche la clinica.
Il caso di Gabbart.
Cosa distingue una situazione benigna da una maligna? Una situazione in cui l’intensità dei sentimenti
e l’estremità dei vissuti che sono stati nella relazione terapeutica è tale da costituire una minaccia alla
possibilità stessa di mantenere la relazione. Il termine BENIGNO è definito per riferimento a situazioni
in cui la manifestazione di sentimenti positivi o negativi è ancorata all’interno di un’alleanza terapeutica
mentre si parla di una situazione MALIGNA quando la percezione che i partecipanti hanno del loro
vissuto è tale da essere sentita come una minaccia alla possibilità di portare avanti la relazione.
Questa situazione implica anche una grossa difficoltà di arrivare a una lettura di questi sentimenti
estremi.
La dimensione dell’odio è talmente pervasiva e immediata che minaccia la possibilità stessa che il
terapeuta mantenga una capacità di pensare a quello che sta succedendo.
Una dimensione di un sentimento che è difficile da trattare, anzi per lunghe fasi della terapia sembra
totalmente inaccessibile. Prevale una dimensione distruttiva.
Il paziente è chiamato ACCA (iniziale di Hate).
Acca, 28 enne divorziato, andò in analisi dopo due anni di terapia con un altro analista, quell’esperienza
fu interrotta a causa di un trasferimento dell’analista in un’altra città.
Un primo punto riesce ad aiutarci a farci capire come riconoscere una situazione in cui il modo di
percepire la relazione è dominato dalla sensazione che ciascuno dei partecipanti ha di avere un
accesso diretto alla realtà. Ognuno pensa che l’altro, con il suo reale comportamento, sia la causa dei
sentimenti negativi e della situazione di disagio che si viene a creare. Si nota il fatto che, in questo
pensiero, si perde la considerazione di quanto uno, con il suo proprio vissuto, partecipi alla costruzione
di una presa di contatto con la realtà. La sensazione qui è che ognuno vede le cose come stanno salvo
il fatto che la visione di questa due persone è opposta e contrastante. Non c’è la consapevolezza della
prospettiva soggettiva.
L’assenza di rabbia è un’assenza di rabbia rispetto alle esperienze precedenti della vita che lascia
vedere come in questa fase, non c’è alcuna possibilità di comprendere la differenza tra una situazione
del passato remoto (propria vita individuale), la precedente vita terapeutica e quello che accade nel “qui
ed ora” nel rapporto con il nuovo terapeuta. Tutto è dominato dalla presenza di un sentimento estremo
considerato una reazione a un dato di fatto della realtà. Questa condizione risulta poco favorevole a
una comprensione terapeutica.
Altra caratteristica della situazione schizoparanoide è la difficoltà del tenere insieme le cose.
Le recriminazioni del paziente nei confronti dell’analista non sono del tutto deliranti, corrispondono a
una lettura di elementi presenti nella relazione. La presenza di qualcosa che potrebbe essermi di aiuto
ma che sento che mi si nega mi fa sentire quella cosa buona come qualcosa che diventa rapidamente
oggetto di odio. Nella posizione schizoparanoide i vissuti sono molto intensi e c’è la caratteristica ch