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Bleuler e la schizofrenia

Il termine schizofrenia è stato coniato da Eugen Bleuler nel 1908, il quale inizialmente descrisse i suoi sintomi come le “quattro A”: appiattimento dell’affetto, autismo, associazione ridotta di idee e ambivalenza. Puntò su ereditarietà della schizofrenia: alcuni sintomi sono fisiogeni o primari a cause sconosciute, altri sintomi sono psicogeni o secondari come scissione tra efficacia e intelligenza. Bleuler, invece, non concepiva questa sindrome come una demenza, poiché i suoi pazienti che ne erano affetti, se adeguatamente trattati, tendevano a migliorare e non a peggiorare nel tempo, quindi coniò un termine a sé stante, “schizofrenia” appunto. Gli studi di Bleuler, inoltre, proponevano per primi la possibilità reale di guarire da questo disturbo. Il nucleo patogenetico è rappresentato da una scissione delle funzioni psichiche: di qui il termine di schizofrenia, neologismo nato dalla combinazione di schizein (dividere) e fren (spirito, intelligenza), che rimanda alla scissione, disarticolazione, disaggregazione delle funzioni psichiche e della personalità come fatto clinico centrale.

Janet e l'analisi psicologica

Il contributo di Pierre Janet

Pierre Janet fu il fondatore della corrente francese conosciuta come analisi psicologica, nonché uno dei grandi teorici del fenomeno dell’automatismo psicologico e dell’isteria. La psicologia dinamica, così come la psichiatria dinamica, sono basate sulle sue tesi. Influenzato dal clima culturale che si respirava in Francia, in cui veniva dato ampio rilievo alla suggestione e all’ipnotismo anche con l’organizzazione di spettacoli pubblici, Janet iniziò i suoi studi a Le Havre dove insegnava filosofia, ipnotizzando una giovane donna, Léonie, non solo direttamente ma anche a distanza, attraverso prescrizioni suggestive che lei avrebbe eseguito.

Da queste prime osservazioni Janet intraprese un lavoro sistematico di ricerca in ospedale con numerosi pazienti, che fu successivamente presentato nella sua tesi L’automatisme psychologique. Nel libro venivano approfonditi i fenomeni psicologici definiti di automatismo totale, come ad esempio il sonnambulismo e la catalessia, ma anche quelli di automatismo parziale che occupano soltanto una parte della mente, come le distrazioni o la presenza di stati psicologici simultanei caratterizzati da immagini improvvise, che irrompono nella mente mentre il pensiero è rivolto altrove. Janet collegò questi fenomeni psicologici alla rottura di due attività fondamentali della mente, quella creatrice che opera realizzando nuove sintesi, dando vita alla coscienza personale e quella riproduttrice che riattiva «sintesi antiche che in passato avevano la loro ragion d’essere».

In altri termini questi fenomeni automatici e non controllabili sono legati alla riattivazione inconsapevole di precedenti esperienze archiviate nella memoria ed associate ad un restringimento della coscienza. Al di sotto del funzionamento psichico cosciente vi è un mondo subconscio caratterizzato da istinti ed emozioni più elementari che creano un’alternanza di stati di coscienza diversi che comportano fenomeni di automatismo psicologico non collegati alla personalità. E per usare le parole di Janet deriverebbero da uno stato di «miseria psicologica».

Teorie e metodi di Janet

  • La mente ha un funzionamento gerarchico: alcune parti del cervello servono a tenere insieme o frenare le altre, operando un’azione di sintesi e di elaborazione di informazioni provenienti dalle zone più “basiche” ed alle spinte istintive e impulsive generate dall’individuo.
  • Parlare di trauma significa parlare di qualcosa che corrompe questa capacità di sintesi della mente, producendo quello che Janet stesso chiamava dis-aggregation.
  • La “disaggregazione” (concetto che oggi chiamiamo dissociazione), al tempo accostata anche al concetto di dissoluzione, era descritta da Janet come un processo di progressiva de-strutturazione della mente nei suoi meccanismi e parti costituenti: alcuni traumi sembravano avere il potere di avviare un processo di dis-aggregazione.
  • Per trauma Janet intendeva un evento in grado di impiantarsi nella storia del soggetto, creando uno spartiacque tra il prima e dopo, in grado di mettere a repentaglio il senso di incolumità e sicurezza/stabilità dell’individuo sia a livello fisico che psichico.

Queste teorie, per una serie di ragioni storiche, furono poco sviluppate dalla psicologia del ‘900. Sigmund Freud ne riprese alcuni tratti (con alcuni aspetti di fondo però differenti) ma finì per dare molto più spazio ad aspetti inerenti la sessualità. Freud definì analisi la prima fase della sua indagine, nella quale studiava i sintomi che insorgevano a causa di quelle che definiva le idee fisse subconsce, prodotte da eventi traumatici. La seconda venne definita fase della sintesi, nella quale venivano osservate le dinamiche e lo sviluppo della malattia. Il momento dell’analisi sottolineava l’assenza di una sintesi tra le funzioni psichiche, funzioni che sono invece sintetizzate tra loro in un individuo normale o, in altre parole, la presenza di una scissione.

Nel 1898, con il volume Nevrosi e idee fisse, Janet perviene ad una teoria generale sull’isteria e sulla nevrosi. Freud ne criticò duramente le basi teoriche centrali: secondo il padre della psicoanalisi, infatti, tale teoria riduce l’isteria ad una debolezza costituzionale e non riconosce l’importanza dell’opposizione intrapsichica come causa della malattia né è in grado di indicare le cause e i processi di coesione e dissociazione.

Negli anni successivi, con le opere L’evoluzione psicologica della personalità (1930) e La forza e la debolezza psicologiche (1932), Janet elaborò ulteriormente i concetti di forza psicologica e di tensione psicologica. La forza indica la quantità di energia psichica impiegata nelle attività psicologiche e la tensione indica il livello di sintesi cui appartengono tali attività. La sindrome astenica, ad esempio, è data da scarsa forza psicologica, che limita la possibilità di svolgere attività psicologiche complesse e continue; la sindrome ipotonica, invece, è data da scarsa tensione psicologica con semplificazione del livello di attività psichica e manifestazioni psicosomatiche e psicopatologiche della forza psichica inespressa.

Sebbene la concezione energetica dell’attività psichica fu basilare per la teoria della condotta sviluppata da Janet negli anni Venti e Trenta, gli aspetti sociogenetici divennero progressivamente più importanti. Il termine condotta viene ad indicare per Janet la dinamica delle tendenze intese come disposizioni della psiche a compiere certe azioni secondo una complessità via via differenziata. L'autore distingue, a questo proposito, tre livelli di tendenze — inferiore, medio e superiore — all'interno dei quali vanno individuati nove tipi di tendenze, dalle tendenze riflesse, comuni a tutti gli individui umani, alle tendenze progressive, che caratterizzano la condotta specifica di ogni individuo e ne esprimono gli aspetti più razionali.

È importante sottolineare che l'aspetto che distinse la psicologia della condotta di Janet dalle teorie basate esclusivamente su una concezione evolutiva-gerarchica delle funzioni psichiche consiste nel fatto che queste ultime consideravano l'organizzazione psichica come il risultato dello sviluppo filogenetico e ontogenetico del sistema nervoso mentre a suo avviso la condotta umana è mediata da azioni di origine sociale. Su queste basi, con una teoria che influenzò notevolmente lo psicologo russo Vygotskij, Janet considerò memoria e linguaggio non come il prodotto di un’evoluzione del sistema nervoso, ma come processi sviluppatisi all’interno delle relazioni sociali. Memoria e linguaggio sono quindi condotte sociali, sistemi di mediazione tra un individuo e gli altri. La memoria umana è memoria sociale e culturale, rappresentata da un insieme di informazioni e azioni significative in un preciso ambito socioculturale. Analogamente, anche il linguaggio si sviluppa primariamente nella comunicazione tra gli individui, tra il bambino e la madre e tra il bambino e gli altri, e solo successivamente assurge a strumento per il pensiero interiore.

Janet distingueva la forza psicologica dalla tensione psicologica. Per tensione psicologica intendeva la capacità di “mantenere” la complessità, di “creare ordine e di fare sintesi”. Intendeva in questo senso il lavoro dell’Io come un lavoro di “sintesi” (l’Io è un coordinamento). Questa tensione “superficiale” (come la tensione superficiale dell’acqua) permette all’individuo di percepirsi unitario, coeso e coerente. Al di sotto di questa, Janet considerava allo stesso tempo la presenza di una forza psicologica, di origine temperamentale, per la verità poco spiegata da Janet stesso se non come un misto tra forza muscolare (corpo) e forza morale (mente).

La metodologia sperimentale di Janet

Il metodo di Janet era di tipo sperimentale e si basava su due fasi:

  • Analisi psicologica che iniziava da un’approfondita conoscenza del paziente, della sua vita, dell’istruzione, del carattere e delle idee. Era inoltre necessaria un’osservazione del comportamento, minuziosamente trascritta. I sintomi dovevano essere classificati sulla base della loro profondità: a livello più superficiale si collocavano gli offuscamenti, che egli paragonava alle suggestioni post-ipnotiche; a livello intermedio vi erano idee fisse subconscie derivanti da eventi traumatici; a livello più profondo il nucleo morboso, prodotto da fattori ereditari, da gravi malattie fisiche passate e da avvenimenti traumatici precoci.
  • Sintesi psicologica, ossia una ricostruzione dello sviluppo della malattia, basata sulla concezione che nella mente umana nulla va perduto. La patologia era secondo lui connessa alla presenza di idee fisse subconscie, suddivise in:
    • Idee fisse primarie, che costituivano le manifestazioni sintomatiche principali.
    • Idee fisse derivate, di tipo secondario, risultanti dall’associazione con quella principale.
    • Idee fisse stratificate, anch’esse secondarie, ma antecedenti cronologicamente quella principale.
    • Idee fisse accidentali, secondarie, nuove e provocate da aspetti della vita quotidiana, facilmente modificabili.

I risultati principali della sua analisi psicologica possono essere riassunti nei seguenti punti:

  1. Esistono livelli intermedi di idee subconscie. La causa di esse era di solito un avvenimento traumatico, diventato subconscio e sostituito da sintomi. Tale processo era a suo avviso connesso ad un restringimento del campo di coscienza.
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Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/07 Psicologia dinamica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher awakeninglotus di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia dinamica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica "e-Campus" di Novedrate (CO) o del prof Spadaro Paola Francesca.
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