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Non si può dire che Internet sia la fonte di comportamenti e pensieri negativi, ma possiamo
dire che comunità come queste e come altre simili colpiscono gli adolescenti, portandoli a
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costruire un'identità disadattiva, attraverso informazioni e consigli disfunzionali e contro la
normale logica di salute e malattia. L'attività online per i giovani dovrebbe essere
supervisionata, moderata e discussa.
Internet e le tecnologie, ormai, non devono più portarci a pensare a quali cambiamenti
potranno accadere: il cambiamento è già avvenuto, in quanto la rete è diventata non un
mezzo, ma un mondo nuovo. E come ogni nuovo mondo, porta con sé vantaggi (per
l'educazione, l'apprendimento, l'approccio alla cura migliorato grazie all'anonimato, la
comunicazione e altro ancora) e rischi (normalizzazione di comportamenti rischiosi,
accesso a informazioni legate a comporamenti disfunzionali).
Va preso in considerazione il fatto che solo in un quinto dei casi gli adolescenti
percepiscono delle restrizioni sull'uso delle nuove tecnologie da parte dei genitori, e che
quindi il loro accesso avviene in maniera autonoma e con molta disinvoltura, anche se la
maggior parte di questi ragazzi riporta di essere consapevole dei rischi. Tuttavia appare poco
salutare affidarsi solamente al giovane senso di responsabilità di un adolescente, che non
dovrebbe sentirsi solo psicologicamente quando naviga, e dovrebbe poter parlare di ciò con
cui viene a contatto con qualcuno che magari possiede le conoscenze-base necessarie a non
lasciarlo l'unico padrone dello strumento. Delle restrizioni non sempre hanno gli effetti
sperati sui comportamenti a rischio, ma servono comunque dei filtri che proteggano
l'adolescente, come ad esempio un dialogo aperto con lui (da parte di genitori/insegnanti) o
un monitoraggio periodico e diretto delle sue attività sul web, rispettando però la sua
privacy. Internet è in continuo cambiamento, ed è inutile restringere l'accesso
dell'adolescente a determinati siti: molto meglio educarlo e aiutarlo a raggiungere un uso
responsabile di internet, che verrà poi applicato a tutte le interazioni virtuali.
Una preoccupazione particolare è rivolta ai ragazzi che, già nella vita offline, presentano
problematiche o tratti di personalità disfunzionali, come tendenze depressive o tendenza
all'isolamento sociale. Questi ragazzi sono ancora più vulnerabili di fronte a internet e ai
rischi che contiene.
Il vero passo avanti sarebbe quello di rendere la “tecnologia” non più un campo legato ai
soli giovani, ma una conoscenza comune e condivisa anche tra gli adulti, che potrebbero
così avvicinarsi al mondo dei giovani, alle loro interazioni, ai loro dubbi.
Studio di Cantelmi e Talli
Cantelmi e Talli usano il termine più generico di internet related psychopatology (IRP)
per indicare un insieme più ampio e vario di disturbi legati a internet, come la dipendenza da
cyber-sesso, da cyber-relazioni, da giochi di ruolo online e altro ancora.
I termini utilizzati per indicare questi disturbi, comunque, sono molto vari: alcuni autori
sostengono di dover utilizzare nomi più generali per indicare ogni patologia che porti a una
dipendenza da internet, mentre altri autori cercano invece nomi sempre più specifici e
precisi, per indicare le diverse sfumature del problema.
Un altro termine coniato da Cantelmi e Talli è quello di retomania, per sottolineare l'aspetto
“euforizzante” della rete, in grado di provocare episodi simil-maniacali e dissociazione.
Inizialmente, la Young utilizzò come criteri per l'IAD i criteri tipici della dipendenza da
sostanze, ovvero tolleranza, astinenza e craving (desiderio). Successivamente pensò
invece di utilizzare i criteri del gioco d'azzardo patologico, più simile all'IRP poiché in
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entrambi non c'è assunzione di sostanze chimiche. Tuttavia alcuni di questi criteri non erano
applicabili all'IRP, e uno venne creato ex-novo (trascorrere in rete più tempo di quanto
previsto).
Cantelmi e Talli hanno invece proposto criteri articolati in sintomi overt (manifesti) e
covert (occulti), che sono:
• elevato tempo di permanenza online non per motivi scolastici/lavorativi (overt);
• manifestazioni sintomatiche offline, come nervosismo o depressione (overt);
• conseguenze negative legate all'uso eccessivo di internet, come isolamento sociale o
scarso rendimento scolastico/lavorativo (overt);
• irrefrenabile impulso a collegarsi (covert);
• ripetuti e frequenti tentativi di ridurre o interrompere l'uso di internet (covert);
• menzogne frequenti relative all'uso di internet (covert);
• ricorrenti pensieri o fantasie relative ad internet (covert).
Per diagnosticare il disturbo è necessaria la presenza di almeno due sintomi per tipo per
almeno sei mesi, tuttavia non esiste ancora un sistema diagnostico che comprenda la IRP: i
pazienti possono essere inseriti all'interno della categoria dei disturbi del controllo degli
impulsi non altrimenti specificato.
L'incidenza del disturbo varia a seconda del tipo di rilevazione (online o offline) e dello
strumento utilizzato (questionari ispirati a differenti criteri diagnostici). Solitamente le
ricerche online registrano un'incidenza che va dal 5% all'11%. Le differenze possono
dipendere dal tipo di questionario utilizzato, ma anche dall'etnia di appartenenza dei
partecipanti. La somministrazione online, poi, permette di raccogliere molti dati molto
velocemente, ma rischia di coinvolgere soprattutto coloro che usano spesso internet o
pensano di avere un problema nelle modalità di utilizzo.
L'unico studio offline condotto finora, infatti, ha registrato un'incidenza molto più bassa:
intorno allo 0,5%.
Esistono diversi modelli che cercano di spiegare la IRP; il modello ACE della Young
sintetizza i fattori che facilitiano l'insorgere di un disturbo internet-correlato:
• accessibilità immediata e che consente immediata gratificazione;
• controllo sulle proprie attività online, unito a senso di onnipotenza;
• eccitazione, dovuta al grande numero di stimoli a cui si viene sottoposti.
Il modello cognitivo-comportamentale di Davis, invece, si concentra sulle cognizioni e sui
pensieri disadattivi dell'individuo, che sarebbero alla base del comportamento disfunzionale;
queste cognizioni disadattive si genererebbero automaticamente con internet, riguardando il
Sé (dubbi su di sé, sul proprio valore o altro) o il mondo (pensieri del tipo tutto o niente,
tutto buono o tutto cattivo). Queste cognizioni generano un PIU (uso patologico di internet)
che può essere specifico (legato a una funzione specifica di internet, che esisterebbe
indipendentemente da internet perché legato al contenuto erotico, ludico o altro) o
generalizzato (sovrautilizzo multidimensionale della rete, legato all'uso stesso della rete).
Se la cognizione del soggetto riguardo alla virtualità è negativa, allora il soggetto non può
dipendere dalla rete. Se invece è una cognizione positiva, abbiamo diversi casi: se la realtà
esterna viene considerata buona e il soggetto considera buono anche sé stesso, è più
probabile un uso patologico di internet specifico, mentre nel caso in cui il soggetto abbia
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una cognizione negativa su di sé o sulla realtà è più probabile un PIU generalizzato, per
sfuggire alla realtà circostante o per aumentare la propria autostima.
Il modello di Cantelmi, invece, prevede un percorso virtuale che porta il soggetto a livelli
sempre più alti di dipendenza dalla rete. La prima fase è quella tossicofilica, con costante e
crescente attenzione verso la casella e-mail e una certa persistenza nella navigazione; la fase
successiva sarebbe quella tossicomanica, con iperfocalizzazione su chat e altre applicazioni
e costruzione di un'identità sempre più sfaccettata e multipla.
Grohol ritiene che i soggetti affetti dal disturbo non siano frequentatori abituali della rete,
ma dei nuovi utenti che rimangono “incantati”; anche i frequentatori abituali possono andare
incontro al disturbo, ma solo dopo aver scoperto una nuova applicazione attraente. Sia i
nuovi che i vecchi utenti, comunque, raggiungeranno autonomamente lo stadio III, quello
dell'equilibrio.
Le motivazioni che spingono all'utilizzo di internet sono molteplici: svago, alleggerimento
della tensione, ricerca di una nuova eccitante identità, l'anonimato, la ricerca di amicizie. È
difficile stabilire un profilo di personalità dell'utilizzatore medio di internet, ma secondo uno
studio, tutti i soggetti con IRP avrebbero in comune il tratto schizoide, caratterizzato da
difficoltà a formare relazioni sociali stabili e tendenza a isolarsi. Il rimanere per molte ore al
computer è compatibile con tale tendenza a isolarsi, dimostrando di preferire le cose alle
persone. Un'altra caratteristica molto frequente è il sesso maschile, in quanto è stata
dimostrata una maggiore frequenza di maschi nei soggetti con IRP (perché più dediti a
videogames, sesso virtuale o gioco d'azzardo).
Un'altra ipotesi riguarda il fatto che le persone con un locus of control interno sarebbero
attratte dalla rete per la possibilità di controllo che offre (scegliere cosa vedere, sentire,
visitare).
Una classificazione interessante è quella di Cantelmi, che distingue retomani per fuga e
retomani per azione. Il retomane per fuga usa la rete come scappatoia dalla situazione
depressiva reale in cui si trova; si sente estraneo al mondo, ha bisogno di anestetizzare il
dolore in un mondo nuovo e non ha aspettative di miglioramento: nei casi più gravi si arriva
a sostituire la realtà con la realtà virtuale, arrivando anche a episodi di dissociazione. Il
retomane per azione, invece, usa la rete come “serbatoio” di stimoli da cui trarre il maggior
vantaggio possibile, sia esso sociale, economico o relazionale; l'importante è soddisfare il
bisogno di riuscita e di successo. Cerca di ottenere successo e migliorare la propria
condizione attraverso i contatti o le attività online, e nei casi più gravi si può arrivare ad
ambizioni così alte da sfociare nella mania. Per quanto riguarda gli adolescenti abusatori è
possibile trovare due categorie che si sovrappongono a quelle di Cantelmi: i ritirati sociali
e i sovraesposti sociali. I ritirati sociali sono adolescenti che si autorecludono in casa,
evitando qualsiasi relazione sociale; per la vergogna si dimettono dalla scuola e da ogni
contesto sociale nel quale il loro corpo e il loro nuovo ruolo sociale potrebbero mostrarsi e
falli