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Lezioni, Psicologia della Devianza Pag. 1
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Non si può dire che Internet sia la fonte di comportamenti e pensieri negativi, ma possiamo

dire che comunità come queste e come altre simili colpiscono gli adolescenti, portandoli a

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costruire un'identità disadattiva, attraverso informazioni e consigli disfunzionali e contro la

normale logica di salute e malattia. L'attività online per i giovani dovrebbe essere

supervisionata, moderata e discussa.

Internet e le tecnologie, ormai, non devono più portarci a pensare a quali cambiamenti

potranno accadere: il cambiamento è già avvenuto, in quanto la rete è diventata non un

mezzo, ma un mondo nuovo. E come ogni nuovo mondo, porta con sé vantaggi (per

l'educazione, l'apprendimento, l'approccio alla cura migliorato grazie all'anonimato, la

comunicazione e altro ancora) e rischi (normalizzazione di comportamenti rischiosi,

accesso a informazioni legate a comporamenti disfunzionali).

Va preso in considerazione il fatto che solo in un quinto dei casi gli adolescenti

percepiscono delle restrizioni sull'uso delle nuove tecnologie da parte dei genitori, e che

quindi il loro accesso avviene in maniera autonoma e con molta disinvoltura, anche se la

maggior parte di questi ragazzi riporta di essere consapevole dei rischi. Tuttavia appare poco

salutare affidarsi solamente al giovane senso di responsabilità di un adolescente, che non

dovrebbe sentirsi solo psicologicamente quando naviga, e dovrebbe poter parlare di ciò con

cui viene a contatto con qualcuno che magari possiede le conoscenze-base necessarie a non

lasciarlo l'unico padrone dello strumento. Delle restrizioni non sempre hanno gli effetti

sperati sui comportamenti a rischio, ma servono comunque dei filtri che proteggano

l'adolescente, come ad esempio un dialogo aperto con lui (da parte di genitori/insegnanti) o

un monitoraggio periodico e diretto delle sue attività sul web, rispettando però la sua

privacy. Internet è in continuo cambiamento, ed è inutile restringere l'accesso

dell'adolescente a determinati siti: molto meglio educarlo e aiutarlo a raggiungere un uso

responsabile di internet, che verrà poi applicato a tutte le interazioni virtuali.

Una preoccupazione particolare è rivolta ai ragazzi che, già nella vita offline, presentano

problematiche o tratti di personalità disfunzionali, come tendenze depressive o tendenza

all'isolamento sociale. Questi ragazzi sono ancora più vulnerabili di fronte a internet e ai

rischi che contiene.

Il vero passo avanti sarebbe quello di rendere la “tecnologia” non più un campo legato ai

soli giovani, ma una conoscenza comune e condivisa anche tra gli adulti, che potrebbero

così avvicinarsi al mondo dei giovani, alle loro interazioni, ai loro dubbi.

Studio di Cantelmi e Talli

Cantelmi e Talli usano il termine più generico di internet related psychopatology (IRP)

per indicare un insieme più ampio e vario di disturbi legati a internet, come la dipendenza da

cyber-sesso, da cyber-relazioni, da giochi di ruolo online e altro ancora.

I termini utilizzati per indicare questi disturbi, comunque, sono molto vari: alcuni autori

sostengono di dover utilizzare nomi più generali per indicare ogni patologia che porti a una

dipendenza da internet, mentre altri autori cercano invece nomi sempre più specifici e

precisi, per indicare le diverse sfumature del problema.

Un altro termine coniato da Cantelmi e Talli è quello di retomania, per sottolineare l'aspetto

“euforizzante” della rete, in grado di provocare episodi simil-maniacali e dissociazione.

Inizialmente, la Young utilizzò come criteri per l'IAD i criteri tipici della dipendenza da

sostanze, ovvero tolleranza, astinenza e craving (desiderio). Successivamente pensò

invece di utilizzare i criteri del gioco d'azzardo patologico, più simile all'IRP poiché in

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entrambi non c'è assunzione di sostanze chimiche. Tuttavia alcuni di questi criteri non erano

applicabili all'IRP, e uno venne creato ex-novo (trascorrere in rete più tempo di quanto

previsto).

Cantelmi e Talli hanno invece proposto criteri articolati in sintomi overt (manifesti) e

covert (occulti), che sono:

• elevato tempo di permanenza online non per motivi scolastici/lavorativi (overt);

• manifestazioni sintomatiche offline, come nervosismo o depressione (overt);

• conseguenze negative legate all'uso eccessivo di internet, come isolamento sociale o

scarso rendimento scolastico/lavorativo (overt);

• irrefrenabile impulso a collegarsi (covert);

• ripetuti e frequenti tentativi di ridurre o interrompere l'uso di internet (covert);

• menzogne frequenti relative all'uso di internet (covert);

• ricorrenti pensieri o fantasie relative ad internet (covert).

Per diagnosticare il disturbo è necessaria la presenza di almeno due sintomi per tipo per

almeno sei mesi, tuttavia non esiste ancora un sistema diagnostico che comprenda la IRP: i

pazienti possono essere inseriti all'interno della categoria dei disturbi del controllo degli

impulsi non altrimenti specificato.

L'incidenza del disturbo varia a seconda del tipo di rilevazione (online o offline) e dello

strumento utilizzato (questionari ispirati a differenti criteri diagnostici). Solitamente le

ricerche online registrano un'incidenza che va dal 5% all'11%. Le differenze possono

dipendere dal tipo di questionario utilizzato, ma anche dall'etnia di appartenenza dei

partecipanti. La somministrazione online, poi, permette di raccogliere molti dati molto

velocemente, ma rischia di coinvolgere soprattutto coloro che usano spesso internet o

pensano di avere un problema nelle modalità di utilizzo.

L'unico studio offline condotto finora, infatti, ha registrato un'incidenza molto più bassa:

intorno allo 0,5%.

Esistono diversi modelli che cercano di spiegare la IRP; il modello ACE della Young

sintetizza i fattori che facilitiano l'insorgere di un disturbo internet-correlato:

• accessibilità immediata e che consente immediata gratificazione;

• controllo sulle proprie attività online, unito a senso di onnipotenza;

• eccitazione, dovuta al grande numero di stimoli a cui si viene sottoposti.

Il modello cognitivo-comportamentale di Davis, invece, si concentra sulle cognizioni e sui

pensieri disadattivi dell'individuo, che sarebbero alla base del comportamento disfunzionale;

queste cognizioni disadattive si genererebbero automaticamente con internet, riguardando il

Sé (dubbi su di sé, sul proprio valore o altro) o il mondo (pensieri del tipo tutto o niente,

tutto buono o tutto cattivo). Queste cognizioni generano un PIU (uso patologico di internet)

che può essere specifico (legato a una funzione specifica di internet, che esisterebbe

indipendentemente da internet perché legato al contenuto erotico, ludico o altro) o

generalizzato (sovrautilizzo multidimensionale della rete, legato all'uso stesso della rete).

Se la cognizione del soggetto riguardo alla virtualità è negativa, allora il soggetto non può

dipendere dalla rete. Se invece è una cognizione positiva, abbiamo diversi casi: se la realtà

esterna viene considerata buona e il soggetto considera buono anche sé stesso, è più

probabile un uso patologico di internet specifico, mentre nel caso in cui il soggetto abbia

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una cognizione negativa su di sé o sulla realtà è più probabile un PIU generalizzato, per

sfuggire alla realtà circostante o per aumentare la propria autostima.

Il modello di Cantelmi, invece, prevede un percorso virtuale che porta il soggetto a livelli

sempre più alti di dipendenza dalla rete. La prima fase è quella tossicofilica, con costante e

crescente attenzione verso la casella e-mail e una certa persistenza nella navigazione; la fase

successiva sarebbe quella tossicomanica, con iperfocalizzazione su chat e altre applicazioni

e costruzione di un'identità sempre più sfaccettata e multipla.

Grohol ritiene che i soggetti affetti dal disturbo non siano frequentatori abituali della rete,

ma dei nuovi utenti che rimangono “incantati”; anche i frequentatori abituali possono andare

incontro al disturbo, ma solo dopo aver scoperto una nuova applicazione attraente. Sia i

nuovi che i vecchi utenti, comunque, raggiungeranno autonomamente lo stadio III, quello

dell'equilibrio.

Le motivazioni che spingono all'utilizzo di internet sono molteplici: svago, alleggerimento

della tensione, ricerca di una nuova eccitante identità, l'anonimato, la ricerca di amicizie. È

difficile stabilire un profilo di personalità dell'utilizzatore medio di internet, ma secondo uno

studio, tutti i soggetti con IRP avrebbero in comune il tratto schizoide, caratterizzato da

difficoltà a formare relazioni sociali stabili e tendenza a isolarsi. Il rimanere per molte ore al

computer è compatibile con tale tendenza a isolarsi, dimostrando di preferire le cose alle

persone. Un'altra caratteristica molto frequente è il sesso maschile, in quanto è stata

dimostrata una maggiore frequenza di maschi nei soggetti con IRP (perché più dediti a

videogames, sesso virtuale o gioco d'azzardo).

Un'altra ipotesi riguarda il fatto che le persone con un locus of control interno sarebbero

attratte dalla rete per la possibilità di controllo che offre (scegliere cosa vedere, sentire,

visitare).

Una classificazione interessante è quella di Cantelmi, che distingue retomani per fuga e

retomani per azione. Il retomane per fuga usa la rete come scappatoia dalla situazione

depressiva reale in cui si trova; si sente estraneo al mondo, ha bisogno di anestetizzare il

dolore in un mondo nuovo e non ha aspettative di miglioramento: nei casi più gravi si arriva

a sostituire la realtà con la realtà virtuale, arrivando anche a episodi di dissociazione. Il

retomane per azione, invece, usa la rete come “serbatoio” di stimoli da cui trarre il maggior

vantaggio possibile, sia esso sociale, economico o relazionale; l'importante è soddisfare il

bisogno di riuscita e di successo. Cerca di ottenere successo e migliorare la propria

condizione attraverso i contatti o le attività online, e nei casi più gravi si può arrivare ad

ambizioni così alte da sfociare nella mania. Per quanto riguarda gli adolescenti abusatori è

possibile trovare due categorie che si sovrappongono a quelle di Cantelmi: i ritirati sociali

e i sovraesposti sociali. I ritirati sociali sono adolescenti che si autorecludono in casa,

evitando qualsiasi relazione sociale; per la vergogna si dimettono dalla scuola e da ogni

contesto sociale nel quale il loro corpo e il loro nuovo ruolo sociale potrebbero mostrarsi e

falli

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
102 pagine
1 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/05 Psicologia sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Zanna15 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia della devianza e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Ripamonti Adriana.