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TIPOLOGIE
Che tipi di intermediari si possono individuare?
Usiamo il termine partner perché l’azienda deve collaborare con essi, perché questi
aggiungono valore ed impattano sulle percezioni del cliente. Dunque bisogna
collaborare con essi e trovare un modo per aumentarne il valore.
Allora, abbiamo:
• “Partner orientati ai volumi”: rivenditori, grandi distributori che vendono elevate
quantità di prodotto all’impresa o ad altri rivenditori
• “Partner orientati al valore”: VARsOEMs, agenti, che offrono valore aggiunto alla
costumizzazione e l’adattamento. 50
• “Service and supportpartners”: partner specializzati che non vendono ma danno
servizi di supporto nella vendita o post-vendita.
• “Solutionpartners”, imprese che combinano gli offeringsdi diversi fornitori in
base alle esigenze dei clienti. Sono attori che intermediano tra l’azienda e il
cliente, integrando l’offerta, anche con i prodotto dei concorrenti.
Dunque, l’impresa non ha a che fare solo con clienti ma anche con intermediari
commerciali che spesso vengono trattati come clienti (infatti spesso OEM acquistano
dall’azienda per poi creare una soluzione d’offerta aggiungendo ed integrando con altri
prodotti. Dunque, questi OEM sono sia degli intermediari sia dei clienti).
L’azienda spesso usa entrambi i canali:
• Diretto (arancione) attraverso per esempio un sales manager, key account
manager, global account manager. Questi ultimi due sono i responsabili dei
clienti più importanti.
• Indiretti (verde). Questi partner di canale vanno gestiti sia come intermediari sia
come clienti. Si hanno qui figure come il Channel Manager.
Un problema legato all’avere una struttura distributiva di canali multipli ed ibridi è che
spesso questi si sovrappongono, ossia il cliente è contattato da diverse interfacce e in
modo non omogeneo. Ciò crea un impatto negativo sul cliente, quindi bisogna
coordinare i canali e suddividere i lavori.
(es. dal cliente si presenza sia il manager che l’agente di vendita)
Questo problema accade sia con i canali misti, sia per lo stesso canale (es. dal cliente
si reca sia l’agente che il dealers).
Una possibile soluzione è quella di suddividere i compiti tra canale diretto ed indiretto
in base alla logica dimensionale e alla complessità del prodotto:
• Complessità elevata –> gestione diretta
• Complessità bassa –> gestione attraverso il canale indiretto.
Quando si devono riorganizzare i sistemi distributivi è necessario porre attenzione a:
• Sovrapposizioni
• Impatti sugli aspetti relazionali (perché per esempio il cliente preferisce un
contatto personale con il dealer).
Inoltre è difficile creare una coesione tra diverse figure della distribuzione, perché essi
recepiscono la collaborazione e la condivisione delle informazioni come una privazione
della propria istintività e dei propri clienti.
Gestire il canale distributivo come una rete è necessario perché i distributori non sono
dei meri trasportatori ma essi sono dei centri di competenza, degli attori chiave
nell’erogazione e nella creazione delle percezioni dei clienti. Occorre quindi avere un
approccio agli attori del canale che valorizzi il contributo che possono dare al valore
creato.
Dunque, devo far sì che essi lavorino sinergicamente, collaborino e non siano in
conflitto, ma come?
O convincendo che la collaborazione porta a ritorni più alti del conflitto, o esercitando
il potere. 51
Questa collaborazione è ottenibile incentivando la specializzazione degli attori e
trovando meccanismi di coordinamento:
• ciascun attore si specializza in ciò che sa fare meglio (in modo che non vi siano
sovrapposizioni di ruoli e lavori) (es. se l’idraulico fa anche lavori da elettricista,
ma non li fa bene poi il cliente deve chiamare uno specialista e ciò riduce la sua
opinione dell’azienda).
• ciò implica che il suo servizio sarà di alta qualità
• esso rinuncia a ciò che sa fare meno bene a favore di altri attori
• tutti collaborano per migliorare la qualità del servizio globale
LA GESTIONE DEL CANALE
Gestire il canale distributivo è quindi complicato ed è un discorso strategico.
Ciò vuol dire:
• Promuovere le sinergie: impegno comune a lavorare e a crescere insieme per
dare valore al cliente
• Ridurre i conflitti e promuovere la partnership
• Creare senso di appartenenze.
• Supportare il partner commerciale attraverso
Analisi di mercato anche per il partner
o Politiche di sostegno del prezzo
o Supporto operativo, logistico e tecnico
o Programmi di formazione congiuna.
o
Investire sul partner di canale significa scommettere su uno dei essi, aiutarlo a
crescere, collaborando con esso. Dunque, l’azienda per convincere i distributori
a collaborare da loro qualcosa in cambio: li aiuta a svilupparsi.
• Limitare l’esclusiva di vendita.
Si potrebbe pensare che sia meglio avere dei partner esclusivi che vendano solo
i prodotti del fornitore. A volte molte azienda, soprattutto le più grandi, invece
non richiedono l’esclusiva perché ritengono che sia meglio che i propri partner
commerciali gestiscano anche brand concorrenti perché in tal modo essi hanno
maggiori possibilità di sperimentare e apprendere da ciò che fa la concorrenza.
Inoltre ciò porta informazioni all’azienda su come si stanno muovendo i
concorrenti. Tuttavia anche in questo caso bisogna ragionare in una logica
costi/benefici. Se costa di più non chiedere l’esclusiva allora è meglio farlo (se
costa anche in termini di vendibilità del prodotto, perché se vendo all’estero
attraverso un rivenditore locare che privilegia le marche locali ciò mi costa di
più che l’esclusiva).
Uno dei problemi delle imprese b2b è l’utilizzo del canale diretto od indiretto. La scelta
tra le alternative di canale si basa su diversi parametri:
• costi (con il canale diretto sono maggiori i costi fissi, mentre con quello indiretto
sono maggiori quelli variabili);
• controllo (il canale diretto consente maggiore controllo dei clienti e delle
informazioni)
Non esistono soluzioni migliori a priori, l’azienda dovrà fare una serie di valutazioni in
base a:
• prodotto 52
• mercato
• obiettivi che intende raggiungere
e dovrà valutare i pro e i contro del canale diretto ed indiretto, basandosi sui seguenti
presupposti :
• Costi: il canale indiretto comporta maggiori cosi variabili; quello indiretto
maggiori costi fissi e la possibilità di controllarlo ed influenzarlo maggiormente.
• Presidio del mercato: con il canale diretto è maggiore perché in tal modo
l’azienda si rapporto direttamente con il cliente mentre con il canale indiretto è
il venditore a gestire il cliente.
• Elementi motivanti: per il venditore diretto possono essere il denaro e la
carriera mentre per quello indiretto sono solo gli incentivi economici.
• Orientamento all’imprenditorialità: essa è maggiore nel venditore indiretto,
che è indipendente e sopravvive autonomamente, mentre il venditore diretto ha
le spalle coperte dall’azienda e può aver minor spirito imprenditoriale.
• Riferimento: il venditore diretto fa gli interessi dell’azienda, mentre quello
indiretto fa gli interessi del cliente, ossia ha un maggior orientamento al cliente
perché è grazie ad esso che egli sopravvive.
• Ritorni informativi: con il canale diretto si hanno ritorni informativi immediati,
mentre con l’intermediario l’informazione è fonte di potere, ossia egli può
detenerle o modificarle per aumentare il proprio potere.
• Tendenza la multiple sourching da parte del cliente: il venditore diretto
cercherà di controllare l’ampliamento del parco fornitori del cliente e di far
selezionare l’azienda; al contrario il venditore indiretto non si preoccupa di
questo, non fa il gioco dell’azienda, egli asseconderà il cliente nella sua scelta
perché ciò che gli interessa è mantenere il cliente.
Dunque, da queste diversità l’azienda può scegliere quale canale preferisce in base al
prodotto/mercato/strategia.
APPROCCI VERSO GLI INTERMEDIARI COMMERCIALI
Un altro aspetto su cui ragionare è il tipo di approccio da avere con il canale scelto. È
necessario far lavorare il canale come partner.
Cosa cambia da aver una strategia transazionale o una strategia di partnership?
Un approccio negoziale significa che 53
• il canale viene specializzato e percepito come un mediatore attraverso cui si
veicola il prodotto, con cui è necessario gestire gli aspetti amministrativi
• Significa avere l’idea che il canale debba garantire maggiori introiti, maggiori
clienti.
• Significa influenzare i prezzi, ossia l’intermediario cercherà di aumentare i propri
margini comportando un maggior prezzo per il cliente finale
Se il distributore è prevalentemente un mezzo per aver maggior profitti, non lo si
concepisce come creatore di valore, allora non ci sarà interesse ad aiutarlo o ad
investire su di lui.
In tal caso la logica prevalente era quella di sell-in.
Tuttavia, oggi, il canale è concepito come portatore di valore. Allora l’azienda deve
assumere una logica di sell-out. Quindi, il fatto che l’intermediario riesca a collocare i
prodotti o a trovare i clienti non è solo un problema del canale ma anche dell’azienda
stessa.
L’azienda assume una logica di sell-out, ossia di aumento del valore dell’offerta
attraverso il contributo del canale. Questo è possibile adottando un approccio di
partnership, in cui la soddisfazione del cliente diventa un obiettivo sia del canale che
dell’azienda, che si può ottenere attraverso la collaborazione. Ciò comporta che
l’azienda si interessi al canale, investa su di esso e lo supporti.
Un trend che si sta affermando oggi nei mercati b2b è la necessità di presidiare
direttamente i clienti, ossia, mentre prima le aziende lavoravano prevalentemente
con gli agenti o i partner commerciali, oggi, di fronte a clienti più esigenti e complessi,
si cerca di presidiare il cliente direttamente con proprie strutture e figure. Quindi, si
registra un aumento degli investimenti nella creazione di filiali aziendali all’estero per
presidiare direttamente il cliente. Si registra il tentativo di saltare il canale e di far
crescere il contatto diretto con il cliente.
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