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Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento si sedimentarono le regole fondamentali
dell’economia internazionale.
In principio era il gold standard.
Date:
• 1821: GS adottato in Gran Bretagna, come risposta al problema di come gestire i rapporti
economici internazionali dapprima con l’Impero e successivamente con tutto il resto del
globo.
• 1870s: GS adottato in Francia, Germania e USA.
• 1914: sospensione del GS.
• 1918: tentativo di ripristino del GS, vanificato dalla Grande Depressione.
Il gold standard era un sistema per regolare la rete internazionale dei pagamenti, necessario in un
mondo non più bilaterale che non poteva quindi basarsi sul baratto.
Alla base del funzionamento c’era la garanzia da parte della banca centrale di un paese che la
propria valuta valesse tot grammi in oro – garanzia tanto forte che i creditori potevano riscuotere in
oro i propri debiti.
Il meccanismo prevedeva un pagamento in valuta nazionale da parte dell’acquirente alla propria
banca centrale, che lo trasmetteva in oro alla banca centrale del venditore, dalla quale il venditore
stesso poteva riscuotere il pagamento nella propria valuta.
Il circuito era multilaterale, il che permetteva flussi che non prosciugassero l’oro di un solo paese,
e virtuale, in quanto entrate e uscite si compensavano tra loro e in oro usciva ed entrava solo il
saldo tra le stesse alla fine dell’anno. Una multilateralità che generò due effetti:
Tendenza a pareggiare i surplus (perché non conveniva prosciugare l’oro di un paese) e cioè
1. all’equilibrio.
Evidenziava la differenza tra paesi aventi e non aventi miniere d’oro. I primi infatti
2. potevano riequilibrare il proprio deficit commerciale semplicemente immettendo oro nel
circuito.
Paesi come la Francia inizialmente avversarono molto il GS, tanto da voler fondare un sistema
parallelo basato sull’argento, anche se si dovettero sottomettere allo stesso con il passare del tempo.
Inoltre, essendo che la quantità di oro era decisa dal governo, il GS aumentava l’influenza della
politica sull’economia; non solo, permetteva anche una convergenza del mondo sviluppato su tutti i
piani possibili.
Effetto principale restava la stabilità dei prezzi, dovuta all’autoregolazione e all’intervento della
politica – il che toglieva senso a inflazione e speculazione.
Una delle principali fonti di oro per il sistema erano gli Stati Uniti, che compensavano così gli
squilibri commerciali. In questo periodo si scatenarono infatti diversi gold rush: California (1849),
Australia (1851) e Alaska.
Tuttavia il sistema era ancora dominato dalla Gran Bretagna, che grazie alla superiorità di cui
godeva riuscì a garantire la pax britannica, un periodo senza guerre su larga scala lungo dalla
caduta di Napoleone alla Grande guerra.
Il problema era però l’asimmetria del sistema, all’interno del quale esistevano spazi fortemente
privilegiati, gli spazi imperiali, e spazi non privilegiati. Un qualcosa che si evince dagli elementi
portanti dell’accelerazione:
• Europeizzazione.
• Primato della conoscenza tecnologica.
• Controllo degli elementi naturali.
• Globalizzazione tendenziale di ogni risorsa.
In ogni modo, le diverse politiche finivano per compensarsi: il sistema “grandi potenze liberiste e
piccoli paesi protezionisti” funzionò e garantì in molti casi crescite superiori alla media.
A partire dalla metà dell’Ottocento entrò in scena anche un nuovo attore: il Giappone.
Date:
• 1854: Commodoro Perry in Giappone.
• 1868: inizio della Restaurazione Meji.
Nel 1854 il Commodoro Perry fu inviato dagli USA in Giappone al fine di stabilire contratti
commerciali. I giapponesi percepivano tuttavia gli americani come inferiori, invasori e barbari, il
che li portò a rifiutare ogni accordo. Di fronte al diniego, però, Perry bombardò la città di
Kanagawa arrivando così alla stipula dell’omonimo trattato il 31 marzo 1854. La sveglia forzosa
passò alla memoria collettiva come evento fortuito.
Infatti, nel 1862 ci fu la prima missione diplomatica in Europa, e nel 1868 l’imperatore decise, con
editto, di modernizzare il paese mediante l’intervento dello Stato. Il sistema elaborato era però
semifeudale, con quattro grandi colossi detti Zaibatsu che governavano più di metà dell’economia.
Per dare una dimensione della crescita, l’export triplicò e l’import decuplicò in un arco di cinque
anni.
24 marzo 2014
Sul commercio internazionale vennero nel tempo elaborate diverse teorie:
1. Heckscher – Olin
Dopo il 1929 si trattò di capire come funzionasse il commercio internazionale al fine di farlo
ripartire. Così nel 1933 i due norvegesi teorizzarono che il commercio esistesse grazie alla
distribuzione asimmetrica di risorse tra i diversi paesi e consistesse dunque nella compensazione dei
diversi gradi di efficienza (in termini di risorse, clima, ecc.).
Si basa su diversi assunti:
• Che la circolazione di ogni capitale mobile sia completa.
• Che la stessa tecnologia sia disponibile ovunque.
• Che le differenze di capitali siano compensabili.
Ha il grande vantaggio di permettere di definire il commercio internazionale; inoltre, ha grande
potere politico, poiché affermando che il mercato di autoregola implica lo Stato minimo.
2. 1962, Gravity Theory of Trade (Timbergen)
Partendo dai dati dell’ONU (ne era capo economista) elaborò una teoria “ispirata” alla gravitazione
newtoniana: nota la grandezza di un paese (il suo PIL) e data la distanza con un secondo paese, è
possibile calcolare la possibilità che esistano flussi commerciali tra i due.
Il che ha il vantaggio di risolvere il Paradosso di Samuelson, in quanto spiega come mai esistono
flussi commerciali riguardanti uno stesso prodotto, grazie alla quantificazione della maturazione di
una economia. Inoltre, è facilmente matematizzabile e ha numerose conferme empiriche.
Tuttavia, essendo strettamente legata al PIL, ha scarsissimo valore predittivo.
3. New Theory of Trade
Alla fine degli anni ’70, superata la crisi petrolifera, ci si trovò di fronte al dato fattuale della
reazione di alcuni paesi (es. Europa ovest) e della non reazione di altri (es. Europa est) agli eventi.
Si introdussero quindi, per spiegare questo fenomeno, dei network effects, ossia gli effetti di
istituzioni, legalità, ecc.; e la path dependence, una “misura” della tendenza di un paese alla
modernizzazione, basata sulla sua evoluzione storica.
I vantaggi sono molteplici: soluzione del Paradosso di Samuelson, interpretazione in grado di
spiegare gli eventi, valore predittivo. Tuttavia, a causa della “volatilità” delle variabili misurate, è
difficilmente quantificabile.
3bis. Sviluppi di Krugmann (e Hoffman)
Krugmann “fuse” le teorie del commercio internazionale con la geografia economica, dando così
una spiegazione dei flussi commerciali ed evidenziandone la relazione con determinate aree.
Introdusse per farlo nuove variabili: economie di scala, preferenze dei consumatori, diversità dei
livelli di scambio per beni e servizi, ecc.
Il vantaggio è una formulazione più definita della 3. Tuttavia alcuni elementi sono oggetti di
valutazioni controverse, tra cui le spatial issues, ossia caratteristiche che pesano sulle diverse aree
in termini anche di fama; e l’home market effect, ossia la tendenza di alcuni consumatori ad
acquistare prodotti del proprio paese – due fattori che negano le basi dell’economia neoclassica,
secondo cui le scelte del marcato dipendono solo da prezzi e offerta.
4. Teoria del vantaggio competitivo di Porter.
Nei due libri Il vantaggio competitivo e Il vantaggio strategico Porter partì dall’impresa per
elaborare un discorso globale. Conclusione importante è la dipendenza dell’efficienza da
organizzazione, strategia e capacità di perseguimento degli obiettivi.
Il vantaggio è l’introduzione di una necessaria variabilità nel comportamento degli attori. Il
problema è che Porter non spiega quando, perché o dove si debba cambiare, ma solo la necessità del
farlo.
Sulle teorie si basarono, nel tempo, diverse ricostruzioni storiche.
1999, O’Rourke, Williamson.
Globalization and history: the evolution of a 19th-cenruty economy
Gli scopi erano molteplici:
• Chiarire la terminologia.
• Spiegare il concetto di convergenza.
• Illustrare che quella di fine ‘900 non era la prima globalizzazione.
• Sostenere che i sistemi globalizzati funzionano solo se il paese guida è anche regolatore del
sistema.
2003, Brown
Reluctant partners.
Lo studio procedette attraverso una analisi della storia dei trattati internazionali, nei quali si
bilanciavano interesse per il commercio e protezionismo. Inoltre, sottolineò che l’economia
internazionale era ben più grande della somma delle singole economie.
2006, Pomeranz
The world that trade created.
In un’analisi dal 1400 ad oggi si illustrò la non necessità del decollo europeo e le reazioni culturali,
ecc., all’europeizzazione, nonché le forti ripercussioni globali di eventi locali.
2007, Findlay, O’Rourke
Power and plenty
Fu una revisione e applicazione della H-O, con una particolare focalizzazione sugli aspetti
internazionali, la guerra in primis.
2008, Bernstein
A splendid Exchange
Visione fortemente americano centrica, che vedeva il commercio come sistematore di ogni male,
avente caratteristiche negative tollerabili.
Tra il 1870 e il 1914 si sviluppò la II Rivoluzione Industriale.
Date:
• 1851: prima EXPO al Crystal Palace. (1)
• 1860-70: diffusione degli acciai Bessemer e Martin-Siemens. (2)
• 1870-80: diffusione dei nuovi prodotti chimici (3)
• 1889: motore polifase di Tesla (4).
Come la I RI fu fondata sulla triade ferro, carbone e cotone, la seconda fu fondata su elettricità,
acciaio e chimica.
(1) L’EXPO fu la prima fiera della “genialità” a celebrare la “vittoria del mondo industriale”.
(2) L’acciaio (una lega di ferro e carbonio al 2-4%) era già prodotto manualmente con costi e tempi
altissimi. Il convertitore Bessemer ne consentiva la produzione semi automatica. Il convertitore
Martin-Siemens fu la variante franco-tedesca, adattata alle necessità di quelle miniere.
Contemporaneamente si sviluppò la raffinazione del petrolio, da cui si ricavavano il kerosene e
diversi prodotti di scarto poi usati come combustibili (benzina, diesel).
(3) Lo sviluppo della chimica organica partì dall’anilin