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Estratto del documento

Invece dopo la seconda guerra mondiale i soggetti vengono imputati di reato ->processo di Norimberga! Il

compito principale di diritto è realizzare la giustizia. Non sappiamo dire cos’è la giustizia, ma possiamo

riconoscere che cosa radicalmente non è giustizia! Kelsen riscrive quindi una seconda teoria giustificando di

più la sua idea che la procedura implica sempre un’inefficienza. Non ammettiamo che qualunque contenuto

diventi diritto, tuttavia ci siamo posti il problema di identificare un principio tramite il quale includere o

escludere quel contenuto come giuridico: principio di legittimità. A differenza di quello di legalità, rinvia al

contenuto di quella enunciazione e in particolare ci riporta a quella difficoltà di rintracciare nel testo il

senso stesso di quel testo. La Corte Costituzionale ha questo compito, di giudicare la legittimità delle leggi

osservando quella legge e confrontandola con la costituzione, dove ci sono i principi. Si tratta allora di

identificare i principi e di rintracciarli nelle norme.

Principio di legalità: modalità con cui la disposizione è diritto

Principio di legittimità: non fa riferimento solo alle procedure, ma anche al contenuto.

Interpretazione: sancisce l’arbitrarietà del diritto, è un’attività che prevede che qualcuno la compia, le

forme di interpretazone si devono attenere a dei principi.

Interpretazione autentica: quella del legislatore

Interpretazione legale o giudiziaria: quella dei giudici

Secondo le modalità:

1. Grammaticali

2. Sistemiche

3. Logiche

Art. 12 delle preleggi identifica l’interpretazione giudiziaria. Si parte da un oggetto che ha più norme a cui

devo applicare una sola applicazione.

La dimensione arbitraria persiste. Due forme di interpretazione:

1. Statica: si attiene alla legge: certezza del diritto

2. Dinamica: ridefinisce i principi: il diritto è corrispondente a ciò che vuole rappresentare.

Il diritto non è oggettivo ma implica una soggettività->si evita un arbitrio puro. La soggettività è articolata

(es. controllo sulle motivazioni della sentenza.

4 Lezione 2/03/2012

Terza classificazione

Ciascuno di questi concetti ci serve per interrogare la modalità con la quale ci rappresentiamo il diritto.

Queste definizioni provengono da quella rappresentazione del mondo del diritto che abbiamo ereditato

dalla modernità. Questa rappresentazione del diritto ritrova la sua configurazione nella modernità.

Appartiene a questa rappresentazione le fonti del diritto.

Fonti del diritto

Le fonti del diritto sono atti o fatti che sono idonei a produrre effetti giuridici. Indica l’origine e garantisce la

legittimità di quanto permette di assurgere alla legittimità giuridica. La dimensione essenziale del mondo

del diritto è identificare limiti ai comportamenti.

In questo senso la disciplina delle fonti del diritto serve a darci questa essenziale garanzia: dobbiamo

attenerci ad essa se quel comando proviene da un soggetto che può effettivamente darci quel comando.

Giusnaturalismo indica la scuola di pensiero che si afferma a partire dal tardo 600 e che procede attraverso

quel processo che viene definito secolarizzazione (trasformazione dell’ordine rappresentativo del potere,

che viene ricondotto a una sorte di relazione innata degli individui). Il diritto diventa la manifestazione di

questo incontro delle volontà razionali. La rappresentazione del diritto naturale moderno ci serve per darci

l’idea di come si pervenga all’affermazione delle fonti del diritto.

Sottendono una specificazione di questo processo della cultura giuridica e la nozione di fonti del diritto è

indicativa della concezione positivistica del diritto. Se da una parte rintracciamo il fondamento teorico

dell’accordo tra gli individui, questo accordo si specifica quando il diritto stesso viene concepito come un

dato. Per questa cultura giuridica il diritto è qualcosa che viene stabilito come tale. Perché determinate

disposizioni divenissero per tutti vincolanti. Richiediamo che ciascuna volta in cui vogliamo che una

determinata disposizione si vincolante per tutti, risponda a determinati requisiti formali: il prius, il requisito

primaria per riconoscere il diritto; rinvia alla forma tramite la quale quella norma si presenta.

Il primo dei requisiti formali che la disposizione deve aver rispettato rinvia all’organo da cui quella

disposizione proviene. Per le leggi è necessario che venga rispettato l’iter parlamentare stabilito nel nostro

ordinamento, per le ordinanze dei sindaci. Ogni disposizione giuridica rintraccia nel nostro ordinamento un

percorso. Il primo dei requisiti formali riguarda propriamente il soggetto che avvia quel determinato iter.

Per questo la teoria delle fonti del diritto costituisce il primo momento per l’identificazione del diritto. Se

dal punto di vista sostanziale identifichiamo i due caratteri della legge: generale ed astratta, il primo

elemento da prendere in considerazione è il rispetto dei contenuti formali. La dimensione con il quale il

giurista si deve confrontare è la forma. L’elemento indispensabile per la sottoscrizione di un atto è la

verifica dei dati. Il primo elemento di nullità di un atto è propriamente quello formale. La dimensione

formalistica del diritto è essenziale: è diritto solo quello che ha assunto la forma del diritto. Questa

rappresentazione del diritto come forma proviene dalla dimensione positivistica cui abbiamo fatto cenno.

Anche una pretesa che potrebbe essere rilevante per la giustizia, non lo diventa se non presenta la forma

essenziale.

Le fonti del diritto possono essere considerate da diversi punti di vista: in senso storico nella misura in cui

riconduciamo quella determinata forma alla tradizione piuttosto che alla giurisprudenza passata, o anche in

senso sociologico: possiamo approcciare la questione delle fonti a partire da quelle rivoluzioni sociali,

culturali, che determinano la variazione nel nostro modo di intendere ad esempio il diritto di lavoro, di

famiglia..

Distinguiamo tra fonti sulla produzione (forme procedurali che investono la produzione delle fonti) e fonti

di cognizione (ad esempio la Gazzetta Ufficiale rende note ai consociati i provvedimenti legislativi assunti in

quel determinato ordinamento). Le fonti servono per risolvere i conflitti.

La teoria delle fonti identifica un ordine gerarchico tra i livelli di informazione. Può avvenire che quanto

venga emanato ad esempio dall’organo locale sia in contrasto con quello che invece a livello nazionale

venga deliberato dal Parlamento. Chiaramente il cittadino dovrà rispettare quello gerarchicamente

superiore. La teoria delle fonti serve per preservare la certezza del diritto e la legalità, ma soprattutto il

principio di uguaglianza. Attraverso questa rigida rappresentazione formalistica del diritto, ciò che si ottiene

come conseguenza è la realizzazione di principi sostanziali. Quando si partecipa a una procedura

concorsuale, al dimensione sostanziale non viene mai esplicitata; tuttavia si esplicitano i requisiti di ordine

formale.

La questione delle fonti del diritto apre a una molteplicità di riflessioni. Evidentemente le fonti

intervengono propriamente per dirci a quali soggetti noi siamo subordinati: identifica propriamente la

modalità relazionale che deve intercorrere tra il cittadino e lo stato. Rispetto a questa relazione che

consiste nel rispondere al quesito: fino a che punto lo Stato può intervenire sulla mia libertà? Sono state

proposte diverse rappresentazioni. La prima rinvia a un’autorizzazione di ordine economico. In particolare

Hayek propone la teoria per la quale sostanzialmente la rappresentazione dell’ordinamento giuridico

dovrebbe in primo luogo rispondere a un’esigenza primaria: il dibattito sulla questione delle fonti diventa

un dibattito sulla quantità di ingerenza che lo Stato può assumere sui cittadini. Le relazioni tra gli individui

otterrebbe la disciplina se si lasciasse che gli individui agissero in modo spontaneo. In altri termini si tratta

di affermare che la teoria delle fonti dovrebbe declinarsi in modo tale da rendere limitatissime le materie

tramite le quali ciascun ordine preposto disciplina le relazioni tra gli individui. Intervenire quindi tramite le

risoluzioni conflittuali, cioè tramite le corti. Fino a che punto dobbiamo accettare come vincolanti le

disposizioni giuridiche? La prospettiva di Hayek ci spiega che è bene che lo stato intervenga il meno

possibile; opposta a questa teoria c’è quella di Keynes.

Keynes ci dice è opportuno che lo Stato che intervenga massicciamente per risolvere le inefficienze. Se

l’ordine spontaneo di Hayek riesce a tutelare quasi esclusivamente il soggetto più forte, allora c’è bisogno

di un terzo che tuteli il soggetto più debole. Rintracciamo attraverso questo semplice riferimento alla teoria

delle fonti due modalità di rappresentazione dell’organizzazione sociale totalmente differente. Tramite

questa teoria delle fonti possiamo rintracciare quale delle due prospettive viene di più presa in

considerazione dal determinato ordinamento x. Ciò che notiamo è che c’è una compresenza delle due

teorie.

Riconduciamo il diritto a queste forme. Diventa estremamente importante quindi capire tramite quali

modalità queste forme vengono realizzate. Per questo quindi dobbiamo rivolgerci alle fonti del diritto, per

riuscire a identificare il modello di società che l’ordinamento propugna. Quindi il legame tra le fonti del

diritto e queste teorie di matrice economica sta nella modalità tramite la quale formuliamo la teoria delle

fonti del diritto.

Qual è quindi il nesso tra le teorie economiche e la teoria delle fonti del diritto? Quando evochiamo la

teoria delle fonti, facciamo sì riferimento agli strumenti e alle modalità con cui il diritto interviene, ma

soprattutto indichiamo che c’è un momento iniziale a partire dal quale il diritto come forma si presenta

nella società per determinare quella società in un determinato modo piuttosto che in un altro. Costituisce il

primo momento per comprendere che tipo di società siamo. Si evince quale sia il modello di società a cui

quell’ordinamento giuridico tende. I modelli di società che si possono realizzare sono molteplici. Quindi, per

capire quale modello di società noi dobbiamo incarnare, ci serve per capire se l’ideale di giustizia di quel

modello corrisponde o meno alle aspirazioni dei singoli consociati. Ci rappresentiamo quindi lo Stato come

soggetto che ci dice cosa possiamo e cosa non possiamo fare. Lo stato limita i nostri comportamenti. Noi

soggetti concediamo allo stato il potere di intervenire sulle nostre condotte. Il primo dato che sappiamo è

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A.A. 2012-2013
79 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher unam92 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Borrello Maria.