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VI. IL DIRITTO COME ORDINAMENTO
La nozione di ordinamento, al pari di quella di norma, è entrato nel gergo comune di giuristi e non: l’idea
che parlare di diritto vuol dire parlare anche di ordinamento è entrata nell’uso comune. In questo capitolo
Kelsen porta una nozione che è tutt’ora centrale nell’idea di ordinamento odierna. Partiamo dalla definizio-
ne che Kelsen da di ordinamento a pag. 95, il diritto come ordinamento è un sistema di norme giuridiche. La
nozione di sistema introduce già l’idea che questa pluralità di norma di luogo ad un’unità, ma Kelsen si
chiede subito in che senso una pluralità di norme giuridiche diano luogo ad un ordinamento o sistema giu-
ridico. Egli verrà a dirci subito che il diritto inteso come unità va inserito in una scatola più ampia che è
quella dell’ordinamento normativo in generale, che non porta ancora l’aggettivo di giuridico. Lasciando da
parte per un momento il sistema giuridico, poniamo l’accendo sull’ordinamento o sistema normativo. que-
sto è una pluralità di norme che abbisogna di un qualcos’altro che consenta di classificare questa pluralità
un tutt’uno: questo elemento viene ricondotto a Kelsen norma fondamentale (grundnorm). Kelsen dice che
una pluralità di norme forma un’unità, un sistema, un ordinamento, quando la sua validità può essere ri-
condotta ad un’unica norma come fondamento di tale validità. Le norme facenti parte di un ordinamento
non sono quindi messe lì a caso, ma hanno un certo rapporto con un ulteriore elemento. Questo elemento
ulteriore è un principio su cui si fonda l’unità di una pluralità di norme (principio unificante), ma è anche il
principio da cui dipende la validità delle norme stesse. Sarà possibile considerare valide, in un certo ordi-
namento, le norme che possono essere ricondotte alla norma fondamentale dell’ordinamento stesso. Qui
Kelsen inizia a porre in essere una distinzione tra due diversi tipi di ordinamenti normativi, cioè di insieme
di regole, uno viene tenuto distinto in relazione alle caratteristiche e alla specie di questo principio unifican-
te; l’altro è in relazione al diverso rapporto che esiste tra gli elementi dell’ordinamento, le singole norme, e
questo principio di unificazione. Nel porre in essere questa distinzione verrà richiamata la morale.
Il primo tipo di ordinamento normativo è di ordinamenti statico-materiali, che riguarda gli ordinamenti mo-
rali. Si tratta di un tipo di ordinamento in cui le norme sono valide e si possono considerare come apparte-
nenti ad un determinato ordinamento in forza del loro contenuto, il quale si ricava dal principio unificante,
sempre dalla norma fondamentale, attraverso una deduzione logica. Questo ordinamento è definito mate-
riale, o contenutistico, dal momento che le norme sono considerate appartenenti a tale ordinamento in ra-
gione del loro contenuto, è un tipo di ordinamento in cui quello che rileva è il contenuto delle norme. que-
sto contenuto si ricava da una norma fondamentale, che in questo caso è rappresentata da principi morali.
È un tipo di sistema in cui ciò che importante per stabilire la validità e l’appartenenza delle norme è il con-
tenuto delle stesse, ed è inoltre un sistema definito statico, poiché in un certo senso tutte le norme sono
già contenuto nei principi fondamentale e si ricavano con una mera deduzione da questo principio. Un or-
dinamento di questo tipo può cambiare solo se si cambia la norma fondamentale. Come esempio di questo
primo modello di ordinamento normativo Kelsen adduce le norme tu non devi mentire, tu non devi ingan-
nare, tu devi mantenere la tua promessa, sono tutte dedotte dalla norma fondamentale del principio della
veridicità.
Il secondo tipo di ordinamento normativo è un ordinamento che Kelsen definisce dinamico-formale, che ri-
guarda l’ordinamento giuridico. Per evidenziare la differenza con le morale, Kelsen dice subito che
l’ordinamento giuridico è di diversa specie, rispetto a quello esposto precedentemente. Gli ordinamenti di-
namici-formali sono sistemi in cui le norme sono valide in forza del modo di produzione, qualsiasi contenu-
to può farne parte, può essere diritto, a patto che venga prodotto rispettando le formalità nella loro produ-
zione. È la norma fondamentale che stabilisce il modo (competenze e procedure) in cui devono essere pro-
dotte le singole norme di un ordinamento giuridico. Formale vuol dire un ordinamento in cui ha primaria
rilevanza per accertare la validità delle norme, e quindi la loro appartenenza all’ordinamento, il modo in cui
sono state prodotte: formale può qui essere usato come sinonimo di procedurale. Questo ordinamento è
dinamico poiché non è bloccato, le norme non sono contenute in un principio fondamentale, ma è aperto
all’acquisizione di nuove norme con diversi contenuti, a condizione che si tratti di norme che rispettino le
procedure di formazione della norma giuridica. Rispetto al tentativo di dotarsi di criteri costruiti ragionando
sul singolo pezzo, adesso siamo entrati in un ottica in cui si può subito distinguere se siamo in presenza di
una norma giuridica o no ragionando sulla collocazione del singolo pezzo in qualcosa di più ampio,
l’ordinamento. Una norma, al di là della norma in questione, comunque sia giuridica se la possiamo consi-
derare appartenente all’ordinamento giuridico e in quanto tale valida. Una norma giuridica è valida quando
è validamente posta, cioè quando è prodotta da un soggetto competente secondo le procedure previste.
Una norma è posta come norma giuridica sempre e soltanto per il modo in cui è stata posta, secondo un
metodo specifico, quindi il diritto vale soltanto come diritto positivo, cioè come diritto posto. Kelsen si
preoccupa sempre che in linea di principio una norma che sia stata validamente prodotta rimane norma
giuridica anche se ha un contenuto che possiamo trovare contrastante o criticabile anche e soprattutto ri-
spetto alla morale. La giuridicità non dipende in prima istanza dal contenuto della norma, ma dalla compe-
tenza di chi l’ha prodotta e dal rispetto delle formalità. La norma fondamentale di un ordinamento giuridico
positivo altro non è che la norma regolatrice della produzione stessa delle norme. Da questa norma fonda-
mentale non si possono dedurre le norme che escono dall’ordinamento. Questa produzione ha luogo in di-
verse forme e diversi livelli, può avvenire per mezzo della consuetudine, della legislazione, atti di giurisdi-
zione o negozi giuridici. Se si chiede il perché di un determinato atto coattivo come la restrizione della liber-
tà e se possiamo ritenere che sia un atto giuridico si deve avere la risosta seguente: questo atto deve essere
stato disposto da una norma individuale, cioè da una sentenza. Ma perché questa sentenza sia conforme
all’ordinamento, essa deve essere stata pronunciata nel rispetto del livello superiore, del codice penale. Ma
se ci si chiede se il codice penale sia un insieme di norme valide occorrerà rapportarlo alla costituzione dello
Stato. Se ci si chiede dove sia il fondamento della Costituzione bisogna arrivare a qualche cosa che ci per-
metta di rispondere alla domanda, questo comporta che si metta in campo questo ulteriore presupposto
che Kelsen chiama norma fondamentale.
La norma giuridica può essere qualificata o valutata secondo tre criteri. Anzitutto la validità della norma
giuridica, in secondo luogo la giustizia, un’altra qualifica che si pone rispetto alle regole è quella
dell’efficacia. Da questi tre criteri di valutazione del diritto si possono distinguere tre concezioni del diritto
diverse: il giusnaturalismo, il giuspositivismo e il giusrealismo. Per potersi orientare in queste diverse con-
cezioni del diritto è importante capire queste tre diverse qualificazioni. Parlando di validità si intende la
qualifica che si può attribuire ad una norma in virtù innanzitutto della modalità di produzione, come sopra
esposto. La qualifica di giustizia è nettamente diversa, qui si fa riferimento ad un sistema di valori o principi
(assoluti o relativi). L’efficacia è infine una qualifica che mette in campo il rapporto tra la norma e i soggetti
tenuti alla sua osservanza, è efficace la norma osservata dai cittadini e/o applicata dagli organi giudiziari.
Quello che dice Kelsen sostanzialmente è che il diritto deve essere ed è slegato da principi morali del senti-
re comune. Se noi prendiamo ad esempio il reato di adulterio, che era disposto dal codice penale fino a
qualche anno fa, con la depenalizzazione dell’adulterio, il fatto non interessa più il diritto, ma non per que-
sto il sentire comune lo ritiene moralmente lecito. Lo sforzo del giuspositivismo di staccare il diritto dalla
morale si spende soprattutto nel far prevalere la validità a discapito della giustizia, la quale è sempre stata
posta al primo posto per il giusnaturalismo. Nell’ottica giuspositivista, una norma è validamente posta e
deve essere perciò rispettata quando viene prodotta nel rispetto delle competenze e delle procedure e ciò
è necessario e sufficiente per qualificare una norma giuridica come valida. In altre parole, una norma pro-
dotta in conformità dei criteri di produzione è valida indipendentemente dalla sua conformità a principi e
valore considerati moralmente rilevanti, cioè indipendentemente dalla giustizia e dal fatto di essere osser-
vata o meno dai suoi destinatari, cioè indipendentemente dall’efficacia. Il criterio della giustizia viene inve-
ce ribadito dal giusnaturalismo, il quale avvalora una qualificazione della norma per la sua conformità a va-
lore preordinati. In questa prospettiva il diritto diventa uno strumento della mora e quindi nel momento in
cui non ingloba i principi morali, viene rilevato un giudizio di invalidità, poiché non conforme al criterio di
giustizia. Per il giusnaturalismo il diritto è sempre subordinato alla morale, da cui non può prescindere. Il
giusnaturalismo riconduce la validità alla giustizia, ritenendo valide solo le norme conformi al diritto natura-
le, cioè alla morale. La teoria giuspositivista è stata utilizzata dalla difesa nel processo di Norimberga, dispo-
sto che un ordinamento valido deve essere seguito e rispettato, i generali nazisti altro non facevano che ri-
spettare le scelte validamente prescritte nell’ordinamento nazista, è chiaro che una conclusione simile non
sarebbe accettabile, giacché i tre criteri di validità, giustizia ed efficacia vanno presi tutti in considera