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REDDITI DI CAPITALE
Sono quelle categorie di redditi, le quali non hanno una definizione.
Chiarimento sulla differenza in ambito del diritto tributario tra definizione ed elencazione
casistica:
Incontreremo spesso durante il corso delle fattispecie dove il legislatore si può trovare di fronte a
una scelta, dove la scelta è rappresentata da: formulare da un punto di vista legislativo una
definizione della fattispecie oppure rinunciare a questo, non fornire una definizione della
fattispecie ed effettuare una cosiddetta elencazione casistica, fornire un'elencazione dei fatti che
comportano reddito imponibile. Questa differenza si può constatare con I Redditi di Capitale. Nei
Redditi di Capitale Art. 44, non troverete all'interno della legge una definizione di reddito di
capitale, troverete al contrario una elencazione di redditi che il legislatore ha stabilito essere
redditi di capitale. Non è banale la differenza tra I due, un conto è dire: è reddito di Capitale tutto
ciò che proviene da una disponibilità finanziaria, potrebbe essere una definizione dei Redditi di
Capitale, probabilmente insufficiente e carente, ma potrebbe essere una definizione, tutto sta nel
decidere se è opportuno dare definizione. I teorici del diritto propendono per la prima soluzione,
nell'ambito del codice civile abbiamo definizione di proprietà, di compravendita, possesso,
usucapione e via dicendo, quelle sono definizioni dettate dal legislatore, non abbiamo definizioni
di redditi di capitale ma al contrario un elenco di casi che sono redditi di capitali.
Perché? Perché l'ha stabilito il legislatore, tutti I redditi se percepiti, sono all'interno dell'art. 44,
motivo per cui si rinuncia alla definizione e si abbraccia la tesi dell'elencazione casistica, in questa
fattispecie I Redditi di Capitale non sempre si prestano ad una definizione sistematica, perché sono
soggetti ad una sorta di mutevolezza, in quanto elaborano degli strumenti finanziari di reddito che
non si sa bene cosa siano e allora sorge il problema che se non sono incasellati nella definizione
fuoriescono e rischiano di non essere tassati e allora il legislatore preferisce rappresentare
un'elencazione dei redditi, se poi si accorge che è stato inventato un nuovo strumento finanziario
e quel tipo di reddito non è nell'elenco lo può sempre aggiungere se no risulterebbe difficile
andare a modificare la legislazione dei redditi di capitale.”
Caratteristica Redditi di Capitale
Sono redditi che vengono tassati senza tenere conto dei costi sostenuti: fattispecie importante
sulla quale è rilevante soffermarsi. Per meglio spiegare la fattispecie, occorre evidenziare il
confronto con I Redditi fondiari, costituiti dal reddito medio ordinario ritraibile da quel
determinato bene immobile o terreno, infatti il legislatore ha stabilito che colui che attribuisce il
reddito al determinato bene deve tener conto in via presuntiva anche dei costi sostenuti per la
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manutenzione, quindi noi ci fidiamo del “Sig. Catasto”, infatti nel momento che ha stabilito la
Rendita del mio alloggio di C.so Traiano 65, di 3,5 vani, di Euro 412,00 ha considerato I costi teorici
per le spese di manutenzione di Euro 200,00, (612-200). Il Reddito catastale al netto dei costi, al
contrario I redditi di capitale non prevedono questa peculiarità, sono tassati così come sono
percepiti. Ho percepito un dividendo, un interesse, un differenziale positivo di pronti contro
termine, ebbene quell'ammontare che ho incassato è un reddito. Nell'ipotesi in cui per conseguire
quel reddito ho sostenuto dei costi che può essere ad es: la rivista finanziaria a cui sono abbonato
che mi ha permesso di individuare quello strumento finanziario che ho sottoscritto oppure la
consulenza del consulente immobiliare che mi ha suggerito di acquistare quello strumento, questi
costi non sono fiscalmente deducibili dal reddito di capitale. Il Reddito di capitale è una sorta di
eccezione, la tassazione di reddito al lordo non deve essere così scontato, l'art. 53 della
Costituzione dove esprime il principio della capacità contributiva si insinua anche il principio di
effettività, lo Stato può tassare un reddito purché quel reddito sia un reddito effettivamente
percepito, il principio di effettività si porta con sé una regola che per essere un reddito effettivo si
deve decurtare i costi che si sono sostenuti. Se il reddito viene tassato al lordo dei costi non viene
tassato un reddito effettivo, con la violazione dell'art. 53 della Costituzione. Siamo nella fattispecie
dei redditi di capitali e non si ha la facoltà di tener conto dei costi sostenuti per conseguire il
reddito, è vero, ma anche se si facesse ricorso alla Corte Costituzionale, con riferimento a
determinati fatti il GIP non riterrebbe rilevanti i costi per conseguire tale reddito e pertanto si è
ritenuto tassare al lordo. Altro principio che attiene ai redditi di capitale è che sono tassati
secondo il principio di cassa,assumono rilevanza fiscale quando sono stati percepiti. Caso di scuola:
nel caso in cui i redditi di capitale siano sul c/c al 31/12/n ma con valuta al 5/1 dell'anno
successivo, assume rilevanza fiscale al 31/12/n, sono imponibili o no, si possono spendere o no,
anche il principio di cassa non è scevro da dubbi, in questo caso interventi della giurisprudenza.
Redditi di Capitali categoria DIVIDENDI
Premessa
Si stanno trattando redditi nel contesto Imposta persone fisiche, ma taluni redditi che stiamo
analizzando potrebbero anche confluire nei Redditi d'Impresa, in quel caso saranno assoggettati
alle regole per redditi d'impresa. Ora analizzeremo alcune peculiarità di reddito di impresa che
riguardano in particolare i DIVIDENDI e cioè art. 44, infatti le tipiche categorie reddituali che
ritroviamo all'interno del Reddito d'Impresa sono i dividendi. Quando si fa riferimento ai Redditi di
Capitale si intende sempre Interessi o Dividendi, anche dal punto di vista del regime tributario, essi
hanno un regime tributario completamente diverso, in particolare i dividendi sono caratterizzati
dal fatto che rappresentano un utile per il socio, ma l'utile che percepisce il socio sotto forma di
dividendo è un utile che in verità è già stato prodotto e tassato dall'impresa. E' noto a tutti noi, che
l'impresa consegue un risultato d'esercizio, quel risultato d'esercizio viene assoggettato a
tassazione e l'impresa paga le imposte. L'impresa/società una volta che ha pagato le imposte avrà
il suo utile netto, che è quella grandezza/importo che l'assemblea dei soci, chiamata a deliberare
in merito all'approvazione o meno del Bilancio è chiamata a decidere la destinazione dell'utile.
L'assemblea dei soci può deliberare per la distribuzione dell'utile d'esercizio o l'accantonamento
dell'utile, patrimonializzazione. Nel momento in cui la società decide deliberare la distribuzione
dell'utile d'esercizio quell'utile diventerà dividendo per il socio, ma il socio deve tassare quell'utile
che gli incrementa il capitale. Sappiamo che il dividendo nasce dall'utile d'esercizio con imposte
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gravate alla società e quindi qua si pone un clima che la dottrina tributarista ha sollevato e poi
stata risolta dal legislatore, di come si può eliminare o quanto meno ridurre questa possibile
doppia imposizione che si viene a verificare, perchè l'utile che è stato prodotto per es. da ENI SpA:
ENI SpA ha chiuso l'esercizio con un risultato positivo ma ha pagato le imposte, a quel punto è
residuato un utile netto. Quante volte dobbiamo tassare l'utile netto? In linea di principio il
legislatore dice che si tassa una sola volta, quindi un primo argomento che ha dovuto affrontare il
legislatore tributario è stato quello di come eliminare la doppia imposizione. Vige nel nostro
ordinamento un principio che vieta la doppia imposizione, un reddito non può essere assoggettato
a tassazione due volte. Nel caso dei dividendi frutto dell'utile d'esercizio è emblematico che
abbiamo un reddito che viene tassato due volte, per ovviare a questa doppia imposizione il
legislatore ha appurato che ci sono varie possibilità per eliminarla.
Metodi per eliminare la doppia imposizione sui Dividendi
Un metodo poteva essere quello di rendere fiscalmente deducibile in capo all'impresa il
pagamento dei dividendi. Quando la società delibera la distribuzione dei dividendi questo evento
non comporta un componente negativo di reddito, non abbiamo un costo a conto economico ma
abbiamo solo un decremento del patrimonio e quindi non avendo un costo a conto economico
non posso dedurre fiscalmente il costo dei dividendi. In teoria se il legislatore avesse
detto”qualora la società deliberi la distribuzione dei dividendi, quell'ammontare è un componente
negativo di reddito fiscalmente deducibile”, allora in quel caso ci sarebbe una sola tassazione in
capo al socio e la società non pagherebbe imposte sull'ammontare distribuito, questo poteva
essere un metodo, infatti alcuni paesi esteri lo hanno adottato.
Un altro metodo, in vigore fino al 2003, Metodo della Imputazione, è un criterio per eliminare la
doppia imposizione ampiamente conosciuto dal diritto tributario internazionale, in particolare,
sono conosciute due modalità per impedire la doppia imposizione: Metodo Imputazione e
Metodo Esenzione, con entrambe le metodologie si elimina la doppia imposizione ma con
modalità diverse.
Metodo dell'Imputazione, prevede che il reddito concorre a formare la base imponibile del
percettore e quindi in quel lasso di tempo abbiamo doppia imposizione, ma al tempo stesso con il
criterio dell'imputazione viene riconosciuto al socio un credito di imposta. Da un lato il socio ha un
reddito imponibile ma al tempo stesso egli può esercitare un diritto di credito che gli permette di
annullare le imposte che sono state pagate dalla società che ha pagato il dividendo. Questo
metodo era stato adottato fino al 2003.
Metodo dell'Esenzione, non viene tassato il reddito in capo al percettore ma solo a colui che lo
distribuisce. Anche questo metodo poteva essere adottato dal legislatore.
Metodo attualmente adottato in Italia: ESENZIONE PARZIALE PERCENTUALE 49,75%
Il nostro legislatore ha adottato il criterio dell'esenzione parziale, che secondo il Professore, non è
proprio corretto definire dell'esenzione parziale, ma lo definirebbe un criterio di Esenzione, per
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capire meglio il perché spiega che occorre fare un passo indietro. Fino al 2003 vigeva il criterio
dell'Imputazione ed era un meccanismo perfetto e consentiva di eliminare l'imposizione in
maniera analitica e precisa