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Secondo la tradizione, la fondazione comportò la creazione di una struttura politica basata su tre aspetti,
rimasti nella storia di Roma:
1. Un capo, detto rex; la monarchia originaria aveva accentuato carattere religioso e subiva grande
influenza da parte delle gentes, rappresentate sia dal Senato sia dall’assemblea
2. Un gruppo di persone importanti, il Senato
3. Il gruppo di coloro che si occupavano della difesa, l’assemblea popolare, che riuniva per curie (su
base territoriale) in comitia (la più antica forma di assemblea sono i comitia curiata)
All’epoca il potere, e quindi la carica di rex, a Roma veniva inizialmente preso da uomini di origine etrusca
(vd. Tarquinio Prisco, Servio Tullio e Tarquinio il Superbo); gli Etruschi sono coloro che diedero a Roma
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struttura in muratura, pavimentarono le strade, costruirono residenza regia, idearono lo schema di guerra a
falange, caratterizzato da una struttura fortemente coesa, quindi funzionante solo grazie a grande
addestramento, forte solidarietà e autorità militare esperta ed assoluta, quindialla tecnica militare etrusca
corrisponde:
• un forte accentramento di potere nel re, che è anche capo militare.
• un mutamento dell’assemblea popolare: a fronte di questo, l’esercito ha bisogno di una struttura
diversa da quella incentrata sulle curie e sulle gentes nobiliari; quello che diventa importante è che
nelle prime file ci siano persone in grado di permettersi armi e armatura, molto costose
trasformazione nella assemblea popolare continua a rispecchiare l’esercito, ma proprio per questo
dà maggior importanza alla ricchezza che all’appartenenza a una gens organizzazione per classi
censitarie
Nel 510-509 la dominazione etrusca entra in crisi: una lega di popolazioni latine e anche una di città greche
meridionali iniziano a combattere gli Etruschi e anche a Roma si genera una rivolta fino alla cacciata degli
Etruschi, fatta coincidere dai Romani con un mutamento sostanziale nel governo della città: non c’è più un
re unico a vita, ma due consoli che durano in carica un anno che ereditano il potere regio ma:
• rispettano il principio della collegialità (possono fare ciò che vogliono se l’altro è d’accordo)
• hanno la responsabilità politica delle loro azioni
Lotte tra patrizi e plebei e inizio dell’espansione
L’uscita dall’ambito etrusco creò a Roma qualche problema sia interno sia esterno.
Dal punto di vista interno, nell’epoca etrusca la città era fiorita, erano state realizzate molte opere, per cui era
affluita a Roma una manodopera esperta con una certa capacità economica gli eredi di queste gentes
etrusche che avevano fondato la città si ritenevano gli unici adatti a ricoprire le cariche, a sfruttare il terreno
pubblico, a costituire la casta sacerdotale furono chiamati patrizi. Ad essi si contrapponeva il resto del
popolo, coloro che non potevano dimostrare di appartenere ad antiche famiglie nobiliari chiamati plebei. Si
creò però un problema: la struttura dell’esercito rimase la stessa quindi chi aveva disponibilità economica
accedeva all’esercito, ma i plebei non potevano accedere alle cariche paradosso plebei minacciavano
secessione e si organizzarono in forme di autogoverno sotto i tribuni; il punto è che i patrizi avevano
bisogno di loro nell’esercito.
A lungo Roma fu teatro di lotte tra il Senato e i consoli (rappresentante dei patrizi) e i tribuni (rappresentanti
dei plebei), con potere di veto sulle decisioni dei consoli riguardanti i plebei.
Dal punto di vista esterno, Roma si ritrovò ad essere una città con dirigenza latina, ma che non era entrata
nella Lega latina (perché erano stati dominati dagli Etruschi) Roma finì per contrapporsi in una battaglia
alla Lega latina si stipulò un trattato per regolare la situazione dei latini che andavano a Roma e dei
romani che andavano in altre città latine. Nel V secolo a.C. Roma attraversò un periodo di depressione
economica e subì varie incursioni, fino ad essere addirittura incendiata. Tuttavia riuscì ad ingrandire a poco a
poco il suo territorio.
Ma il vero momento in cui Roma inizia ad alzare lo sguardo è quando Roma nel 395 riesce a espugnare la
città etrusca di Veio, ostacolo all’espansione verso nord.
Pian piano si allentarono le tensioni sociali, fino a un accordo nel 367, in base al quale ogni anno un console
può essere eletto tra i plebei; si arrivò poi alle leggi liciniae sestiae, con cui si permette ai plebei di accedere
alle cariche più alte, di sfruttare il terreno pubblico, ma si affida ancora la giurisdizione a un magistrato
patrizio detto pretore.
Pacificata la situazione all’interno, Roma può intraprendere una politica estera di espansione; aveva
precedentemente stipulato anche un trattato con Cartagine, rinnovato verso la metà del IV secolo.
Roma riuscì a sconfiggere e sciogliere la Lega latina e ad iniziare l’espansione:
- verso Nord dove c’erano gli Etruschi
- verso Sud, nelle città greche, fonte di ricchezze e cultura
Prima di volgersi alle città greche, Roma deve sconfiggere i Sanniti in tre guerre. Si avviano i rapporti con le
città della Magna Grecia, con cui stipula trattati. Dalla Campania si apre la strada verso la Puglia e le sue
città sul mare, come Taranto. Ma le città di cultura greca della Puglia, preoccupate, chiesero aiuto contro
Roma al re Pirro, che giunse in Italia con gli elefanti sopraffacendo i Romani, i quali riuscirono comunque
ad infliggergli notevoli perdite. Dopo questo Pirro se ne andò e le città pugliesi dovettero accordarsi con
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Roma riuscì quindi a penetrare fino in Calabria, fino allo stretto di Messina; qui si fermarono perché non
erano in possesso di una flotta, e per il momento la politica di espansione romana era stata di due tipi: di
annessione o di sottoposizione con trattati di città che volevano restare indipendenti. Però in Sicilia c’era
una situazione che vedeva fronteggiarsi due zone di civiltà diverse: quella greca di Siracusa e Messina a est,
quella cartaginese a sud e ovest.
Prima guerra punica
Le città greche si scontravano le une con le altre, finché a Messina un gruppo chiese aiuto ai Romani; questo
impensierì tutte le popolazioni della Sicilia, sia quelle greche – allora deboli – sia quelle sotto l’influenza di
Cartagine, che invece reagì subito inizio della prima guerra punica (inizio metà III secolo – fine 241)
trattato di pace che attribuisce ai Romani dominio su Sicilia, Sardegna, Corsica, prima soggetti all’influenza
politica cartaginese.
Con la fine della prima guerra punica si conclude il periodo arcaico e si avvia il periodo preclassico.
Dall’età arcaica all’età preclassica
Murò la politica espansionistica di Roma: il territorio conquistato veniva automaticamente considerato
appartenente al territorio di Roma, ma la sua popolazione non era considerata romana a tutti gli effetti, bensì
considerata peregrina.
Il territorio provinciale venne organizzato come dominio sul territorio e sulla popolazione (che pagava
tributi) e Roma nominò un governatore (pretore) per ciascuna provincia; a Roma inoltre al pretore con
compiti giurisdizionali venne affiancato un altro pretore con i medesimi compiti, ma che si occupava dei
rapporti con gli stranieri.
Fonti del diritto nell’età arcaica
La principale fonte in età arcaica erano i mores, la tradizione, elemento di identità dell’essere Romano, anche
se risalivano ad epoca ancora precedente alla fondazione di Roma; probabilmente erano le consuetudini
seguite dalle gentes che diedero origine alla città.
Con la fondazione di Roma, i re posero in essere alcuni provvedimenti detti leges regiae, solenni pronunce
che il re faceva di fronte all’assemblea popolare per informarla di quanto aveva deciso, presumibilmente
vincolanti dal momento in cui venivano rese pubbliche. Di queste leggi non è rimasto granché; è invece
rimasta con importanza centrale una sorta di raccolta di norme fatta a metà del V secolo, nel periodo di
maggior accanimento delle lotte tra patrizi e plebei, redatta da magistrati speciali (che sostituirono i consoli
per due anni) chiamati decemviri in XII tavole (richieste dai plebei per conoscere esattamente i mores
maiorum). Queste andarono bruciate nell’incendio gallico intorno al 390, ma erano state imparate a memoria
quindi furono forse ricostituite; non sono giunte fino a noi, ma le conosciamo attraverso le citazioni di molti
autori.
Nel diritto delle XII tavole prevalevano gli atti formali, che richiedevano certi gesti, la presenza di certe
persone; gli atti non formali erano pochi e usati per cose di scarsa importanza; anche la giuri-sdizione si
basava su un processo molto rigido e formale.
Si sviluppò l’interpretazione, già presente come interpretazione dei mores svolta dal collegio dei pontefici,
costruttori di ponti ma con competenze religiose era necessario che la giurisdizione fosse affidata a
qualcuno che sorvegli il diritto e lo sappia interpretare conformemente al volere degli dei.
Le XII tavole sono considerate legge, anche se non si è sicuri che siano state votate dall’assemblea popolare,
anche perché erano su modello di quelle greche, redatte da un legislatore o da un gruppo di legislatori
incaricati (forse come decemviri).
Il diritto privato arcaico è un diritto per i cittadini (vd. formula ex iure quiritium = secondo il diritto dei
cittadini / in base alla posizione di cittadino) istituiti fruibili solo da parte dei cittadini, tranne eccezioni
decise dai trattati.
Specialmente dopo le leggi liciniae sestiae troviamo qualche legge in senso vero e proprio (progetto
presentato da magistrato e poi discusso e votato dall’assemblea popolare); queste leggi riguardavano
soprattutto il diritto pubblico e intervenivano relativamente sul privato.
Inoltre, con l’organizzazione della plebe in assemblee popolari basate sul luogo di residenza (non per cento
come l’assemblea dei patrizi), le assemblee prendevano delle deliberazioni che dovevano essere inizialmente
approvate anche dal Senato; ma dopo l’accordo tra patrizi e plebei si ritenne che le deliberazioni delle
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assemblee plebee potessero essere vincolanti per tutti i cittadini (questo era contenuto nella lex ortensia
nel 286).
Nel diritto privato, a parte le XII tavole e altre leggi votate per motivi politici, quello che contava erano le
interpretazioni date dai pontefici.
Sul finire dell’età arcaica, il primo pontefice massimo plebeo si assunse l’incarico di dare risposte ai privati
in pubblico importante perché questo perm