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1972 RIFORMA DEL SISTEMA FISCALE
compimento procedimento di progressiva sottrazione dell’autonomia finanziaria dei centri di spesa locali,
processo di accentramento della competenza fiscale in capo allo stato. Ma determina anche un effetto di
sistema, che comincia a spiegare alcune dinamiche instauratesi a partire da quel periodo. DDR n.633 del
(oltre a essere il punto conclusivo del processo di accentramento) ma soprattutto determina dal
1972:
punto di vista fiscale, nel passaggio dal sistema precedente al nuovo sistema basato sull’IRPEF, un
cambiamento del paradigma del sistema fiscale basato sull’ autodichiarazione e autoliquidazione
dell’imposta. Il sistema precedente era basato su una dialettica, su un contraddittorio, istruttoria
procedimentale tra l’amministrazione delle finanze e chi era chiamato a versare le imposte. Significa che il
sistema funzionava così: l’amministrazione fiscale, sulla base di ispezione e controlli, arrivava alla
quantificazione di un ipotetico reddito, ipotetica capacità contributiva del soggetto obbligato. Gliela
presentava, questo contestava prima di tutto l’ammontare del dovuto. C’era quindi un atteggiamento
implicito nel sistema in base al quale l’amministrazione sparava alto e il contribuente cercava di diminuire
di molto il carico fiscale presunto. Si arrivava quindi a una posizione quasi mediana.
La riforma del 72, sulla base di questa pregressa dinamica, passa al sistema della autodichiarazione e
con un passaggio fondamentale: l’amministrazione non poteva contestare
autoliquidazione dell’imposta,
l’importo del contribuente a meno di non instaurare un procedimento se riteneva falsa la dichiarazione
fiscale. Il nuovo meccanismo dunque funziona così: il contribuente mantiene quel comportamento di
cautela e dichiara di meno, ma l’amministrazione in risposta, anticipando implicitamente questo effetto,
aumenta le aliquote, e il contribuente, a sua volta, vedendo l’aliquota molto alta, tende a ridurre il carico
fiscale dichiarato. Due effetti che si influenzano a vicenda. La riforma quindi determina un
due effetti:
effetto di rigidità della politica fiscale e una asimmetria della distribuzione del carico fiscale tra chi può
dichiarare un certo ammontare e chi non può perché sottoposto alla trattenuta alla fonte. Inoltre questo
meccanismo determina anche una rottura del sistema di tutela dei diritti sociali secondo il modello
costituzionale. Analizzando la costituzione abbiamo detto che i diritti sociali non sono tutelati con carattere
di universalità ma che c’è una gerarchia etica, e quindi demanda allo stato il compito di sostenere
finanziariamente solo alcune categorie di diritti sociali. Un paradosso è che è la stessa amministrazione
pubblica che si rende conto dell’inefficacia del proprio sistema di accertamento dei redditi nella creazione
di istituti o strumenti come il “redditometro”, un sistema alternativo. l’amministrazione, adottando questo
sistema, dà per scontato la non attendibilità della dichiarazione della capacità contributiva.
(?) Dagli anni ’70 c’è stata una differenziazione del regime sia di finanziamento sia di tutela che ha favorito
la grande impresa rispetto alla piccola e media impresa. Ci sono stati due shock petroliferi che hanno dato
effetti negativi all’interno dei sistemi nazionali, e hanno causato una progressiva torsione delle attività
economiche verso lo stato. Questa progressiva torsione non ha interessato solo l’apparato pubblico, ma
anche una larga parte del settore industriale privato che operava in stretta sinergia con il sistema pubblico.
Questo legame tra sistema pubblico e sistema privato era emblematicamente rappresentato forse
dall’unico istituto di credito a lungo termine italiano dell’epoca: Mediobanca, che faceva da ponte tra
banche di interesse nazionale e il sistema di finanziamento pubblico. in alcuni casi Le inefficienze del
sistema fiscale sono state usate come un meccanismo improprio di ammortizzazione sociale. Cioè la poca
tutela data alle piccole e medie imprese ha consentito agli operatori di utilizzare le smagliature del sistema
fiscale in funzione di improprio ammortizzatore sociale. Nella stessa logica, possono essere richiamate delle
smagliature tollerate del nostro sistema di controllo valutario. Sappiamo che il sistema italiano negli anni 70
erano in un regime di limitazione al circolo di capitali, e c’erano quindi dei controlli valutari. la rottura del
sistema di Bretton Woods ha consentito il fenomeno delle “svalutazioni (le prime nel ‘71-‘72,
competitive”
altre nel ’92, e eventualmente in caso di uscita dall’euro) e tesaurizzazione fatta da alcune imprese di
moneta di valuta pregiata rispetto alla detenzione del risparmio in valuta nazionale: a partire dalle
svalutazioni competitive, piccole e medie imprese hanno potuto tutelare il proprio risparmio grazie
all’aggiramento delle restrizioni valutarie che all’epoca –sistema di controllo della circolazione dei capitali.
Quando abbiamo parlato del sistema dei due forni abbiamo detto che il risparmio in valuta nazionale (lira)
era attaccato dall’inflazione. Tra i vari strumenti usati dalle piccole imprese (in un contesto nel quale erano
sfavorite rispetto alla grande impresa) c’è stata la possibilità di recuperare dei margini di competitività
attraverso la svalutazione della moneta nazionale. Questo perché le importazioni di beni da un paese con
valuta che si sta deprezzando sono proporzionalmente più convenienti. Questo determina un progressivo
ribilanciamento della bilancia commerciale. Da noi questo fenomeno è servito a far recuperare quella
produttività che le imprese di per sé non avevano a causa dell’inefficienza del sistema in cui operavano
(alto costo del lavoro, della burocrazia ecc.). chi aveva questa possibilità si teneva però il risparmio in
violazione delle norme sul divieto di espatrio dei capitali, tesaurizzava mantenendo il risparmio in valuta
estera. Questo è un altro degli ammortizzatori sociali impropri, delle scappatoie. In Italia è successo perché
una serie di regolamentazioni restrittive dei mercati hanno indotto necessariamente a trovare delle
scappatoie.
-
Negli anni ’70 c’è una progressiva restrizione degli ambiti di manovra dell’iniziativa economica privata.
Quello che interessa a noi è la restrizione che va oltre le ipotesi ammissibili secondo il rapporto tra l’art 41 e
43, come la costruzione di albi e di sistemi amministrativi di controllo dell’accesso al mercato. Legge 476
segna il punto di avvio di processo di progressiva compressione del diritto di iniziativa economica.
del 1971
Bisogna iscriversi ed è strumento di controllo. Un settore nel quale questi albi a iscrizione obbligatoria
hanno avuto un effetto importante per la limitazione del dir di iniziativa economica è il settore degli
L’iscrizione obbligatoria agli albi diventa una precondizione per poter partecipare ad
appalti pubblici.
appalti pubblici. E tra i requisiti che bisognava dimostrare per l’iscrizione c’era quello di dimostrare una
Questo determinava effetti di restrizione della concorrenza nella
precedente esperienza nel settore.
partecipazione a queste gare. Tra le conseguenze, costi abnormi rispetto all’omologo servizio o prodotto
venduto sul mercato privato e in genere rispetto agli omologhi servizi degli altri stati. Questi fenomeni ha
dato effetti di sistema di lungo periodo dai quali si inizia a uscire soltanto dagli anni 90 in virtù della
progressiva modifica della legislazione nazionale in materia di appalti in recepimento delle direttive
europee .
DOTTRINA DEGLI ONERI IMPROPRI
Altro esempio della disarticolazione del sistema costituzionale in riferimento all’articolo (alterazione
41.3
del rapporto tra attività economica pubblica e privata) è quello relativo al superamento del principio di
(corrispondenza tra ricavi e tariffe). Negli anni ’70 I due shock petroliferi determinano delle
economicità
esigenze di riconversione industriale in tutti i sistemi nazionali e quindi anche nel nostro. Da noi però
progressivamente il principio di economicità viene superato dall’affermazione della dottrina degli oneri
Il principio di economicità voleva che i costi fossero coperti dai ricavi e imponeva che nel caso in
impropri.
cui ci fosse un aumento dei costi bisognava o aumentare le tariffe o smettere quella produzione non più
sostenibile. Questo fenomeno negli anni 70 ha messo a dura prova il sistema delle partecipazioni statali. In
base alla dottrina degli oneri impropri venivano addossate all’apparato pubblico allargato (anche alle
imprese) compiti di svolgere attività in funzione anticiclica dell’andamento del trend economico. Ovvero ha
posto un ulteriore aggravamento in capo allo stato dell’onere finanziario del mantenimento in vita di
imprese e di attività non più sostenibili. Questo ha determinato 1) progressiva e
due effetti di sistema:
inesorabile dei manager. Sganciamento della permanenza in vita dell’impresa dalla
deresponsabilizzazione
condotta dell’impresa stessa. Un ripianamento delle perdite a piè di lista. Fenomeno di di queste
torsione
imprese verso lo stato e di Manager non giudicati in base alle loro performance
trascinamento.
economiche, ma in base alla aderenza o meno delle loro azioni all’attività del governo (ministero delle
partecipazioni statali). 2) Questo modo di operare si pone in contrasto diretto con le norme europee in
La normativa europea non prevede un divieto tout court, assoluto, ma
materia di divieto di aiuti di stato.
sistema che prevede un divieto che può essere temperato da una autorizzazione rilasciata dalla
commissione e in alcuni casi ci sono autorizzazioni ex lege, cioè ipotesi in cui gli aiuti di stato sono
automaticamente ammessi, in altri c’è una valutazione discrezionale che la commissione fa sul progetto di
aiuto. La commissione non accetta, tra le varie tipologie di aiuto, gli aiuti di “mero sostentamento in vita”
dell’impresa, cioè quelli che noi davamo. Il principio europeo in relazione al regime giuridico delle attività
economiche è quello dell’indifferenza del regime proprietario: per il diritto europeo non conta se una
attività economica è pubblica o privata, l’importante è che tutti e due i regimi d’impresa rispettino le stesse
norme. Tra le varie norme, ci sono quelle sugli aiuti di stato. Le norme sugli aiuti di stato erano aggirate col
meccanismo usato nel nostro sistema interno: cioè lo stato per garantire le sopravvivenza dell’impresa lo
stato agiva attraverso il progressivo aumento della partecipazione azionaria d