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Interpretazione del Provvedimento

l provvedimento amministrativo, come ogni atto giuridico, è oggetto di attività interpretativa da parte di tutti

coloro che devono applicarlo. Mediante l’interpretazione infatti, l’atto viene identificato nella sua specie e

determinato nel suo contenuto dispositivo, e perciò negli effetti che va a produrre. solo una volta effettuata

questa operazione l’atto può essere valutato nella sua legittimità. Come più volte confermato dalla

giurisprudenza, “L’interpretazione degli atti amministrativi soggiace alle stesse regole sull’interpretazione

dei contratti”, con alcune ovvie eccezioni ( Interpretazione delle clausole generali nel senso sfavorevole alla

parte da cui provengono), in quanto il provvedimento va inteso in modo coerente col soddisfacimento

dell’interesse pubblico. Preminente importanza spetta all’interpretazione letterale delle espressioni usate nel

testo dell’atto, con riferimento ai singoli atti procedimentali. Nel caso di più interpretazioni possibili, deve

privilegiarsi quella che dà all’atto un qualche effetto anziché nessuno (Principio della conservazione degli

atti giuridici). L’interpretazione dei regolamenti e degli atti amministrativi fornita dall’amministrazione da

cui promanano, non configura un’ipotesi d’interpretazione autentica, consentita solo al legislatore.

L’amministrazione quindi può dare chiarimenti successivi circa il modo di intendere un determinato atto, ma

questi non vincolano l’interprete.

Il contenuto dell’atto assume caratteristiche peculiari, quando il provvedimento è negativo. Infatti l’atto

giuridico non produce alcun effetto, alcuna modificazione giuridica esterna in ordine alla posizione

soggettiva del richiedente. Il contenuto dispositivo del provvedimento negativo sta proprio in ciò, di non

produrre l’effetto che l’esercizio positivo del potere comporterebbe. L’atto è naturalmente impugnabile, in

quanto esprime la volontà di non produrre una determinata situazione giuridica. L’art 10-bis L. proc. amm.

prevede che nel caso in cui emerge l’esigenza di respingere l’istanza di parte, debbono essere comunicati i

motivi che ostano all’accoglimento della domanda.

Il profilo funzionale del provvedimento sta nello scopo di interesse pubblico concretamente perseguito. Esso

non può mancare, in quanto tutti i poteri amministrativi sono finalizzati, ed il fine perseguito rileva sempre in

ogni manifestazione dell’azione amministrativa. In diritto Amministrativo non si pone il problema della

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causa, perché tutti i poteri sono tipici e nominati, e non sussiste quindi alcuna ragione che rende necessaria

l’individuazione della causa. Il negozio atipico infatti è lecito, quando esprime interessi meritevoli di tutela;

il provvedimento atipico invece non esiste, salve limitate eccezioni. Ci troviamo quindi di fronte due modelli

strutturali completamente differenti.

Viceversa, il motivo esprime la ragione, lo scopo, l’interesse pubblico concretamente perseguito

dall’amministrazione con quel determinato provvedimento. Esso deve essere espresso, cioè esternato

chiaramente attraverso espressioni idonee (Tale previsione è introdotta nell’ordinamento italiano dalla L.

proc. amm, e nel diritto europeo). Unitamente all’obbligo della motivazione, è stabilito anche quello della

comunicazione della stessa insieme al provvedimento. La L. proc. amm. prevede inoltre che ove la

motivazione sia contenuta in un altro atto della fase istruttoria o decisoria, quest’atto deve essere chiaramente

richiamato nel testo, e non genericamente. Deve quindi essere reso disponibile agli interessati, che devono

essere informati del luogo in cui l’atto è reperibile.

La Fase Decisoria negoziata

L’art 11 L. proc. amm., consente all’Amministrazione procedente di concludere accordi con gli interessati al

fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale, ferma restando l’esigenza del

perseguimento del pubblico interesse, e senza pregiudizio dei diritti dei terzi. Altresì è possibile concludere

accordi in sostituzione del provvedimento. La norma ha introdotto nel nostro ordinamento la figura del

contratto di diritto pubblico, sia pure con ambito applicativo limitato. In termini generali si tratta

dell’esercizio di poteri amministrativi discrezionali, il cui contenuto dispositivo degli atti nei quali il potere si

estrinseca può essere oggetto di negozio con effetti sostitutivi o integrativi del provvedimento. Gli accordi in

oggetto diventano un modulo procedimentale di esercizio del potere amministrativo, alternativo al

provvedimento.

L’accordo Sostitutivo è atto conclusivo di un procedimento, e si situa dunque in una fattispecie

procedimentale che utilizza un modulo di diritto comune. Accordi sostitutivi tradizionali sono quelli legati

all’espropriazione. Nel momento in cui viene dichiarata la pubblica utilità dell’opera, e fino alla data in cui è

eseguito il decreto di esproprio, il proprietario ha il diritto di concludere col soggetto beneficiario

dell’espropriazione un accordo di cessione del bene. L’accordo sostitutivo deve avvenire nell’ambito del

procedimento, una volta avutasi la dichiarazione di pubblica utilità dei beni, altrimenti resta una

compravendita di diritto comune. Le controversie riguardanti gli accordi sono riservate alla giurisdizione

esclusiva del giudice amministrativo. Circa la forma, è richiesta ad substantiam l’atto scritto. l’accordo deve

essere preceduto da una determinazione dell’organo competente ad adottare il provvedimento che esplica i

motivi che inducano l’amministrazione a concludere l’accordo. L’accordo non può contenere disposizioni

che non si sarebbero potuti produrre attraverso il provvedimento. Per il resto agli accordi si applicano i

principi del codice in materia di obbligazioni e contratti (libro IV del codice).

Come è noto, il negozio lega comunque le parti e non consente a qualcuna di esse di sciogliersi

unilateralmente dal vincolo. Viceversa il provvedimento amministrativo non produce analogo vincolo in

capo al suo autore, anche se esso è costitutivo di un rapporto tra più soggetti. Vige anzi l’opposto principio,

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dell’autotutela decisoria, che indice la capacità dell’amministrazione di intervenire ex post sul

provvedimento emanato, e perciò sul rapporto da questo costituito per eliminarlo giuridicamente, in quanto

apparse ad un riesame in contrasto con l’assetto degli interessi pubblici. Come è evidente tale disciplina non

è totalmente applicabile agli accordi sostitutivi, pertanto resta ferma la possibilità di un autotutela legata, che

prevede il recesso unilaterale per sopravvenuti motivi di pubblico interesse. Questo “recesso” si configura

quindi come una revoca del provvedimento amministrativo sostitutivo dell’accordo. Il recesso è quindi

prodotto non da vizi di merito, ma per successivo contrasto con gli interessi pubblici. Tale autotutela è però

legata alle previsioni di norma, cioè ad un eventuale indennizzo per pregiudizi verificatisi in danno del

privato ( resta dubbia l’entità dell’indennizzo).

Al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento, vengono utilizzati i c.d. accordi

integrativi. L’accordo, al di là degli effetti interinali, non produce effetti sostanziali circa l’assetto degli

interessi cui è inteso, e che potrà essere definito solo con il provvedimento.

L’art 15 L. proc. amm contempla inoltre gli accordi che le Amministrazioni possono concludere tra loro, per

disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune. La principale forma di accordo,

è il c.d. accordo di programma, per la definizione e l’attuazione di interventi che richiedono per la loro

realizzazioni l’azione integrata e coordinata di più soggetti pubblici. A tal fine il presidente della regione o

della provincia, promuove la conclusione di un accordo di programma, anche su richiesta degli interessati,

per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi e le modalità. Per “concordare

l’accordo” viene convocata una conferenza la quale si esprime con l’unanimità.

Fase decisoria tacita

In determinati casi il silenzio della pubblica amministrazione come comportamento tacito di fronte ad istanze

di parte non si configura come inadempimento, ma è consentito dalla legge, che conferisce ad esso un

significato decisorio di accoglimento, il c.d. silenzio assenso. In tali casi, a fronte di istanza del soggetto

interessato presentata nelle forme e nelle modalità prescritte, il trascorrere del tempo prefissato senza che

l’amministrazione abbia provveduto o adottato atti interruttivi ammessi, produce l’accoglimento dell’istanza.

Il silenzio acquista in questo caso un contenuto decisorio, identificato nel contenuto dell’istanza quale

determinato dallo stesso interessato. Il silenzio assenso si configura come strumento inteso a semplificare la

fase decisoria del procedimento, soltanto in casi di poteri a bassissimo contenuto discrezionale. Il silenzio

assenso è molto diffuso nell’ambito dell’attività di controllo e nelle opere di recupero

abitativo. Esso non si configura come un atto ma come fatto.

Il nuovo testo dell’art. 20 L. proc amm riformulato nel 2005 dispone che nei procedimenti ad istanza di parte

per il rilascio di provvedimenti amministrativi, il silenzio dell’amministrazione competente equivale a

provvedimento di accoglimento della domanda, senza necessità di ulteriori istanze o diffide se

l’amministrazione non comunica alcun provvedimento di diniego. L’indizione di una conferenza di servizi

può tuttavia allungare di molto i tempi procedimentali. Il nuovo articolo inoltre, rafforza ulteriormente la

disciplina del silenzio assenso estendendone il campo di applicazione. Il silenzio è adesso valido per tutti i

procedimenti ad iniziativa di parte, ad eccezione delle ipotesi direttamente individuate dalle legge, che

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coinvolgono gli interessi di maggior peso per la vita associata (ambiente, difesa, sicurezza, immigrazione,

salute etc.).

Leggendo l’articolo in combinazione con l’art 2 (provvedimento espresso necessario), possiamo qualificare il

silenzio assenso non come un inadempimento dell’amministrazione, ma come un vero proprio

provvedimento amministrativo tacito: l’inerzia vale ex lege come un provvedimento, che l’amministrazione

può annullare in sede di autotutela. Nel caso di domanda irregolare o incompleta, l’amministrazione ne dà

comunicazione al richiedente entro dieci giorni indicandone

Dettagli
A.A. 2014-2015
72 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/10 Diritto amministrativo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher feanor09-votailprof di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto amministrativo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Libera Università internazionale degli studi sociali Guido Carli - (LUISS) di Roma o del prof Pajno Alessandro.