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Il rimborso nel diritto tributario:
Il rimborso ha cessato da tempo di essere una situazione patologica o atipica nel campo del rapporto
tributario come prima era, infatti nel passato il rimborso era visto come un fatto eccezionale che
generalmente nasceva da errori nel versamento o dalla abrogazione della norma impositiva. Oggi con
l’estensione dei prelievi anticipati tendendo ad acquisire nel minor tempo possibile anche a titolo di solo
acconto le somme dovute, per cui vi sono due acconti per l’imposta sui redditi si versa a Maggio ed a
Novembre quando ancora l’anno non è concluso o nell’IVA ove tutto avviene in acconto, tutto questo fa si
che il rimborso da condizione eccezionale quale era passi a una condizione del tutto probabile. Questo
rimborso in ambito di rapporto tributario può avvenire o d’ufficio nel senso che l’amministrazione
finanziaria rileva autonomamente che il contribuente abbia il diritto di vedersi restituita una parte di
contributo versata; altra modalità invece di rimborso nel campo del diritto tributario può avvenire su istanza
del contribuente in questo caso trova applicazione i termini di decadenza quindi un effetto previsto dalla
legge connesso alla circostanza che un determinato diritto possa essere esercitato entro un preciso lasso di
tempo, se il tempo trascorre in vano l’intervento della decadenza paralizza l’esercizio del diritto ma non ne
determina un estinzione. A differenza invece della prescrizione che è sempre legata da limiti temporali che
però causano oltre alla paralisi dell’esercizio del diritto un estinzione del diritto stesso. Ebbene il rimborso
dell’imposta è solitamente legato a dei termini di decadenza oltre che anche a termini di prescrizione, i
termini di prescrizione ordinaria sono di 10 anni, solitamente i termini di decadenza sono più brevi di quelli
di prescrizione, per esempio nel campo delle imposte sui redditi il termine di decadenza è di 48 mesi per
l’IVA ordinariamente trova applicazione un termine biennale di decadenza. Chiaramente il diniego di
rimborso o il silenzio dell’amministrazione riguardo all’istanza di rimborso possono dal contribuente essere
impugnati e portati innanzi il giudice tributario. Il rimborso chiaramente può implicare anche la irrogazione
di interessi definiti in misura dalla legge, ovviamente il rimborso può anche essere richiesto nell’ambito di
atti previsti nel provvedimento tributario.
Le sanzioni nel diritto tributario:
Il presupposto della sanzione è l’illecito questa regola vale per tutti i diritti sanzionatori quindi tipicamente
per definizione vale per il diritto penale, ossia quel diritto che notoriamente ruota attorno all’illecito penale
quindi a una violazione della legge che configura una rilevanza penale, quindi la realizzazione di un reato.
Anche nel campo del diritto tributario vi è una teoria dell’illecito quindi comportamenti che configurano una
violazione di norme che impongono obblighi. L’illecito di per sé non ha necessariamente una rilevanza
penale lo ha solo se quella violazione è punita con una sanzione penale come l’arresto e la reclusione o
l’ammenda se si tratta di una sanzione pecuniaria. Quindi l’illecito tributario è comunque una violazione di
obblighi previsti dalla legge tributaria esso può avere una rilevanza esclusivamente amministrativa e dunque
tributaria oppure per i fatti riconosciuti come più pericolosi per la comunità sociale assumono una rilevanza
penale. Per cui nel campo delle sanzioni tributarie si distinguono le mere sanzioni pecuniarie o
amministrative e le sanzioni penali. Per scrivere la disciplina delle sanzioni tributarie si è dedicata una
riforma nel 1997 che hanno i numeri 471 – 472 – 473 questo sistema delle sanzioni tributarie è disegnato sul
modello penalistico, i caratteri fondamentali del modello penalistico sono:
• Il principio di legalità (nullum crimen sine leges): quindi nessun reato senza una legge che lo
prevede, ma alcuni sostengono che non solo serve la legge ma deve essere una legge che pre –
esiste al comportamento;
• Il principio di irretroattività della legge penale: nessuna legge successiva può punire un
comportamento già adottato, questo perché vi deve essere una consapevolezza di illiceità del
comportamento;
• Il principio di personalità: la responsabilità di un illecito è personale, questo principio si collega
con quello di intrasmissibilità agli eredi; 22
• Il principio del favor rei: questo principio comporta che se un determinato comportamento era
punito da una legge che viene successivamente abrogata la nuova legge se è più favorevole
all’autore della violazione si applica anche ai suoi comportamenti regressi, di conseguenza la
retroattività della legge penale è possibile solo se a favore del responsabile e non contro esso.
Questi appena elencati sono alcuni dei principali principi generali in campo sanzionatorio, elaborati in diritto
penale ed estesi poi anche al campo delle sanzioni tributarie che quindi più o meno rispondono a questi
criteri con i temperamenti e le modifiche che si legano al fatto che in campo tributario è molto forte
l’elemento pecuniario, perché abbiamo ribadito che la sanzione tributaria è solitamente una sanzione
pecuniaria. Insieme a questi principi di ambito penalistico sono poi stati introdotti degli istituti tendenti a
stimolare nel contribuente il ravvedimento è trova attuazione nell’istituto del ravvedimento operoso ossia la
circostanza che il contribuente che abbia compiuto una violazione possa porre in essere dei comportamenti
tendenti a eliminarne gli effetti e in questo caso la sanzione applicabile si riduce. Non si può parlare di una
differenza ontologica tra le violazioni tali che alcune siano qualificate come violazioni amministrative e altre
siano qualificate come violazioni penali, il comportamento è apprezzato dal legislatore e valutato in alcuni
casi di particolare offensività per gli interessi della collettività e il legislatore stesso lo qualifica come illecito
tributario di rilevanza penale e vi riconnette l’applicazione di una sanzione penale, in definita quindi nei
manuali si trova una sezione della parte relativa al sistema sanzionatorio costituito dalle cosiddette sanzioni
amministrative fiscali che sono principalmente di natura pecuniaria, e invece una seconda parte che attiene
alle sanzioni tributarie penali che conseguono alla commissione di reati tributari, come detto il sistema
fondamentalmente si ispira ai principi che vigono in materia penale. La sanzione oltre ad avere un carattere
afflittivo e deterrente (tipici di tutte le sanzioni) in quelle tributarie vi è poi anche molto forte un carattere
patrimoniale e quindi risarcitorio per il quale la sanzione finisce per divenire un entrata essa stessa alla stessa
stregua del tributo, a ciò si aggiunge il fatto che l’obbligazione tributaria è un obbligazione ex legge e quindi
indisponibile per definizione abbiamo detto che il legislatore può modificarla, di meno questo discorso si
pone per le sanzioni non a caso tutti i condoni più che incidere sul quantum dovuto a titolo di tributo
incidono sulla quantità di sanzioni dovute, anche quegli istituti di ravvedimento spingono proprio
sull’abbattimento delle sanzioni. Passiamo ora ad analizzare sommi capi il sistema penale tributario
ponendoci subito un quesito ossia: “se il presupposto per l’applicazione di una sanzione è il compimento di
un illecito tributario nel caso specifico del sistema penale tributario dunque di un illecito a rilevanza penale
per poter procede all’applicazione della sanzione applicate dal giudice, come fa il giudice penale a perseguire
un soggetto per un suo comportamento che avrebbe una rilevanza penale se questo comportamento come
illecito se non è stato in qualche modo accertato?” ebbene questo quesito è stato posto per prima negli anni
70, perché allora vigeva un principio chiamato pregiudiziale tributaria questo principio presupponeva che il
giudice penale poteva conoscere di un reato tributario solo quando l’accertamento tributario fosse divenuto
definito o perché non impugnato o se a seguito della sua impugnazione fosse intervenuta una sentenza
passata in giudicato. Questo principio risiedeva sulla considerazione corretta che per procedersi nei confronti
del reato bisognava prima accertarsi che la violazione esista, questo principio però peccava di scarsa
efficienza perché l’accertamento tributario si prendeva da sé 4 anni poiché da quando è stata presentata la
dichiarazione l’amministrazione ha 4 anni per poter fare l’accertamento se poi ipotizziamo che l’avviso di
accertamento fosse stato impugnato allora negli anni 70 vi erano 4 gradi di giudizio in ipotesi quindi per
arrivare a un giudicato se il contribuente la tirava per le lunghe potevano passare anche 15 anni con la
conseguenza che l’azione penale poteva continuare quindi dopo 15 anni con tutti i rischi di prescrizione con
la conseguenza finale ovvia che vi fossero pochissimi processi per reati tributari. Nel 74 venne sollevata la
questione di legittimità costituzionale del principio di pregiudiziale tributaria con riferimento a una
fattispecie molto importante quella della falsa fatturazione, la corte costituzionale riconobbe che questo
principio non corrisponde a una corretta applicazione delle norme poiché di fatto paralizza senza ragione
l’azione penale dichiarando l’illegittimità costituzionale del principio di pregiudiziale tributaria. Però capita
spesso che dopo la pronunzia della corte costituzionale l’ordinamento rimane un po’ “zoppo” questo è
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dovuto al fatto che la corte costituzionale quando dichiara illegittima una norma lascia una sorta di vuoto
normativo che spetta di essere ricostruito dal legislatore stavolta su presupposti corretti, in quanto la corte
può limitarsi solo a sentenziare la legittimità o meno di una norma. Tornando al nostro caso il legislatore
quindi preso atto che la pregiudiziale tributaria venne meno capì che si andava un po’ a ruota libera cioè i
giudici penali erano liberi di poter iniziare l’azione però le norme incriminatici erano le vecchie disegnate su
una logica di pregiudiziale tributaria, il legislatore intervenne nel 1982 con un provvedimento nel quale per
metà del provvedimento si prevedeva un provvedimento di riscrittura del sistema penale tributario, nelle
norme successive introduceva un condono tributario. Queste norme contenute nella legge 516 del 1982
seguivano un ragionamento che venendo meno la pregiudiziale tributaria non vi era più quel filtro anticipato
di accertamento della violazione, bisognava immaginare che la