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Estratto del documento

• I. II. III. IV. V.

Oltre che per il tipo di lignificazione, i vasi si possono distinguere in due categorie in base al tipo di

parete trasversale:

Vasi aperti, o trachee, in cui la parete trasversale viene completamente riassorbita; essa dunque

• non si vede, al massimo si può vedere un cercine anulare costituito dai residui di due pareti

sovrapposte che sono state digerite da enzimi

Vasi chiusi, o tracheidi, in cui la parete trasversale non è completamente riassorbita ma è talmente

• traforata che non ostruisce il passaggio della linfa

Le trachee sono molto più larghe delle tracheidi e, nelle trachee, il trasporto della linfa è molto più

efficace perché, essendo più grandi, è minore l’attrito sulle pareti laterali. Le tracheidi, invece, sono

lunghe e strette, a volte con punteggiature semplici o areolate. Al microscopio si possono vedere le

pareti trasversali traforate, formate dalle pareti di entrambe le cellule adiacenti. Di solito le pareti

trasversali sono oblique, per cui le tracheidi sono a punta; esistono vari modelli di perforazione

della parete trasversale.

Le trachee, invece, sono molto più larghe e corte e presentano una serie di punteggiature per

scambiare l’acqua e le sostanze con altri vasi o col parenchima che circonda il vaso. Le fibre

sclerenchimatiche aiutano a sostenere il vaso.

Nelle tracheidi, l’acqua passa da una cellula all’altra, mentre nelle trachee il flusso è continuo. Nel

caso insieme all’acqua entri una bolla d’aria e si infili nel vaso, nelle tracheidi, che hanno aperture

più piccole, la bolla non riesce a passare, mentre le trachee, più larghe, vengono ostruite; per questo,

le trachee sono più danneggiate delle tracheidi dall’embolia.

Ma quando un vaso non funziona più o non è più utile, che cosa succede? Alcune cellule

parenchimatiche, dette tille, si infilano nel vaso e lo riempiono, chiudendolo. Questo succede, ad

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Giorgia Palladino

esempio, se il vaso viene infettato da un patogeno, in modo che questo non si diffonda in tutta la

pianta. Nel caso le tille lignifichino, il vaso diventa tanto pesante da non galleggiare più sull’acqua.

Il terzo elemento che caratterizza il tessuto vascolare, dopo trachee e tracheidi, sono le

fibrotracheidi. Le trachee e le tracheidi, infatti, sono tipiche delle angiosperme. Le gimnosperme,

invece, hanno particolari vasi detti fibrotracheidi: hanno la stessa struttura delle tracheidi, ma hanno

la funzione sia di trachee che di fibre.

Le pareti longitudinali di questi vasi sono abbastanza inspessite, ma con punteggiature che

consentono lo scambio. In questo caso, attorno ai vasi non troviamo cellule parenchimatiche ma

altre fibrotracheidi. Inoltre, le punteggiature areolate di questi vasi sono diverse da quelle delle

angiosperme, che hanno punteggiature semplici. Nelle punteggiature delle gimnosperme, infatti, la

parete secondaria si solleva e forma una specie di cupola: tale parete presenta un inspessimento,

detto toro, agganciato a delle briglie elastiche che lo tengono sospeso. Il toro è un disco rigido che

può spostarsi e destra o sinistra per chiudere la punteggiatura; è quindi una valvola che risponde a

una differenza di pressione osmotica nella cellula a destra o a sinistra tra le due adiacenti.

Ma come si differenzia un vaso? Una cellula meristema viva comincia ad allungarsi e, al suo

esterno, cominciano ad apporsi degli anelli lignificati. Una volta posta la parete secondaria

lignificata la cellula muore e l’allungamento può continuare a seconda di come è stata lignificata.

Durante il processo di formazione della parete secondaria, si formano delle protuberanze all’interno

della parete primaria, che saranno parti di quella secondaria, che si sviluppano verso l’interno della

cellula e in cui comincia a deporsi la lignina. Finita questa operazione e formate le spirali o gli

anelli di lignina, la cellula digerisce le pareti trasversali con degli enzimi accumulati nel vacuolo e

che, al momento della morte programmata della cellula, digeriscono anche il citoplasma e gli

organuli; in questo modo, una volta morta, la cellula rimane vuota.

Il tessuto cribroso

Questo tessuto trasporta le sostanze elaborate con meccanismi attivi che richiedono dispendio di

energia: gli elementi cribrosi, infatti, vengono caricati con la linfa elaborata attraverso delle pompe.

Poi, nei punti di utilizzo, altre pompe riversano le sostanze nel tessuto circostante. La velocità di

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flusso della linfa elaborata è molto più bassa di quella grezza e va da 10 a 100 cm all’ora.

All’interno della linfa elaborata troviamo soprattutto saccarosio (50-200 mg/ml), amminoacidi,

acidi organici, ormoni e vitamine.

Gli elementi che trasportano la linfa elaborata sono i tubi cribrosi, più specializzati, nelle

angiosperme e le cellule cribrose nelle altre piante vascolari. Queste cellule comunicano attraverso

pareti trasversali, dette placche cribrose, e aree cribrose fornite di pori di ampie dimensioni. Le

cellule compagne vive (nelle angiosperme) e le cellule albuminose vive (nelle altre piante vascolari)

sono associate ai tubi e alle cellule cribrose e sono indispensabili per la loro attività (sono

considerate parenchima di trasferimento); infatti, queste cellule controllano le attività metaboliche

degli elementi cribrosi.

I tubi cribrosi sono quasi vuoti e il loro nucleo degenera molto presto; per questo hanno attività

metaboliche davvero molto limitate e, per il resto, si affidano alle compagne; per questo non si sa se

considerare i tubi del tutto vivi o morti. In ogni caso, i tubi hanno delle pareti molto inspessite, con

dei pori sulle pareti laterali e altri pori più grossi sulla placca cribrosa. Nelle cellule del tubo

troviamo plastidi specifici e alcune membrane, a volte anche mitocondri. Le cellule compagne si

trovano accanto ai tubi, mentre attorno troviamo le normali cellule parenchimatiche.

Le placche cribrose possono essere, in base a come sono perforate, semplici o composte, nel caso in

cui i canali delle placche siano rivestiti di callosio; questo materiale accumulato sulla placca è di

origine proteica.

I plastidi e i mitocondri all’interno dei tubi forniscono l’energia necessaria (ATP) per permettere il

trasporto attivo della linfa.

Il tubo cribroso e le cellule compagne derivano da un’unica cellula madre che si divide in una

cellula cribrosa e in cellule compagne più piccole che, al contrario dei tubi, non si differenziano.

Abbiamo detto che nel tubo cribroso il nucleo degenera presto in quanto la cromatina si accumula

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Giorgia Palladino

in blocchi e viene digerita; si rompe il tonoplasto del vacuolo e rimane del materiale informe che è

ciò che resta del citoplasma. Intanto, le pareti trasversali si perforano a formare dei pori sulla

placca, in modo che ogni cellula sia in continuità con quella adiacente e la linfa elaborata possa

scorrere all’interno del tubo.

Finito il differenziamento, nel tubo rimangono le pareti longitudinali, le placche cribrose, i plastidi

del tubo con all’interno dei granuli di amido, i mitocondri e le membrane del reticolo

endoplasmatico. Le cellule compagne, invece, sono vive, metabolicamente attive e hanno pori che

attraversano le pareti adiacenti al tubo cribroso (punteggiatura semplice). Nella zona a contatto col

tubo si trovano, all’interno del tubo, le membrane del reticolo endoplasmatico. Mentre il tubo

cribroso è vuoto, le cellule compagne intorno hanno un citoplasma molto denso, perché sono molto

attive; la zona di contatto tra compagne e tubo è molto affollata. Inoltre, le compagne presentano,

nella parete, digitazioni verso l’interno e che hanno lo scopo di aumentare la superficie della

membrana plasmatica e, quindi, la superficie di scambio con le cellule parenchimatiche

(punteggiatura complessa) e con il tubo cribroso (punteggiatura semplice).

Di solito, l’elemento cribroso lavora una sola stagione vegetativa. Dunque, quando non viene più

utilizzato, la placca cribrosa viene avvolta da un blocco di callosio molto più spesso di quello che,

di solito, avvolge i pori; questo blocco di callosio forma un tappo intorno alla placca che blocca il

trasporto longitudinale (tutto questo avviene in autunno, per proteggere la pianta dal freddo

dell’inverno).

I due tessuti conduttori, vascolare e cribroso, sono integrati, non isolati, tra loro e con altri tessuti,

formando complessi con funzione di trasporto, di sostegno e di riserva. Il sistema conduttore,

infatti, è organizzato in fasci, insiemi di tessuti diversi, a decorso longitudinale. Tali fasci si

dividono in due categorie diverse:

Xilema, o legno, formato da tessuto vascolare (vasi), meccanico (fibre) e parenchimatico

• (parenchima)

Floema, o libro, formato da cellule o tubi cribrosi, cellule compagne o annesse, tessuto meccanico

• (fibre) e tessuto parenchimatico (parenchima)

I fasci xilematici e floematici sono detti incompleti perché si associano tra loro a formare un fascio

completo cribro-vascolare o libro-legnoso; tali fasci si trovano nel cilindro centrale.

Fusto o radice primaria:

Tegumento (epidermide o rizoderma)

- Corteccia

- Cilindro centrale (al cui interno si

- trova in sistema conduttore)

Midollo (che ci può essere o meno)

-

Esistono cinque principali tipi di fasci completi, in base a come sono disposti uno rispetto all’altro i

due fasci incompleti:

Collaterale chiuso (I); il fascio si divide a metà tra floematico e xilematico e non consente un

• accrescimento secondario del fusto. Questo tipo di fascio è caratteristico delle angiosperme

Collaterale aperto (II); il fascio si divide a metà tra fascio floematico e quello xilematico ma, a

• metà tra essi, si trova uno strato di cambio (meristema), per cui questa struttura consente un

accrescimento secondario. Anche questo fascio è tipico delle angiosperme

Bicollaterale (III); in questo fascio, troviamo il floema all’esterno e lo xilema all’interno. I due

• fasci sono separati da due strati di cambio meristematico. Tale fascio si trova in alcune

dicotiledoni 21  

Giorgia Palladino

Radiale (IV); il floema è interrotto dallo xilema, che forma una specie di croce al centro del fascio.

• Come dice il nome, questo fascio è caratteristico di tutti i tipi di radici, indipendentemente dal tipo

di pianta

Concentrico perifloematico (V); il floema riveste interamente lo xilema, che si trova al centro del

• fascio. Analogamente, possiamo avere anche un fascio concentrico perixilematico (VI) dove la

situazione è inversa. Questo tipo di fascio deriva dal collaterale chiuso e spesso si trova nelle

pteridofite (II)

(I) Floema Floema

Floema (III)

Cambio Cambio

Xilema Xilema

Xilema  

(V , VI)

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
37 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/08 Antropologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher 12Gio di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biodiversità ed Evoluzione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Serafini Fracassini Donatella.