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ANTIAGGREGANTI PIASTRINICI
I più usati sono i derivati salicilati, l’aspirina (che studieremo quando faremo i FANS). L’acido
acetil-salicinico infatti, è un farmaco con azione anti-infiammatoria legata al blocco delle
ciclooosigenasi (COX). A livello piastrinico il prodotto della COX è il trombassano che induce
l’aggregazione piastrinica che viene quindi bloccata dall’azione dell’ aspirina con riduzione del
rischio di trombi. Essendo le piastrine prive di nucleo l’effetto antiaggregante dura per tutta la vita
dell’emazia (7-10 gg) in quanto non è in grado di sintetizzare nuova COX, il blocco dell’enzima è
così irreversibile fin quando non ne viene sintetizzato dell’altro. Il vantaggio è così quello di poter
usare l’aspirina a dosaggi più bassi rispetto al normale (300-500mg) perche si ha un effetto
cumulativo, solo nei soggetti a rischio si usano 160-230 mg al gg ma anche solo 70-100 mg al gg
sono sufficienti per l’effetto antiaggregante e ridurre il rischio di ictus. Quindi questa è una terapia
molto usata. Usare dosi più alte comportano anche effetti collaterali di cui parleremo quando
faremo gli anti-infiammatori.
PATOGENESI ISCHEMIA
Pur essendo i farmaci più usati la TPA e l’aspirina, la ricerca sta cercando di identificare nuovi
bersagli farmacologici, e per poterlo fare bisogna comprendere i vari fattori coinvolti nell’ischemia.
Il danno ischemico, abbiamo detto è dovuto ad un problema vascolare, come un ostruzione, ma in
realtà vi è anche una risposta di tipo infiammatoria da parte dei vasi che determina l’attivazione di
una serie di fattori che portano ad edema ed emorragia come le metalloproteasi (o metallo
proteinasi?) che sono state molto studiate e si pensa possano essere un bersaglio farmacologico.
Esse sono enzimi che degradano la matrice cellulare e possono essere responsabili del danno
vascolare. Ne esistono molti tipi e in particolare 2 sono coinvolte nello stroke, quelle di tipo 2 e di
tipo 9, queste infatti sono attivate in modelli di ischemia in ratti e topi (sta mostrando una slide con
topi), e si è visto che in seguito ad ischemia c’è per un processo infiammatorio, un aumento della
permeabilità della BEE (mostrato nella sl con un colorante rispetto al controllo), in caso di topi che
sono knock out per la metallo proteinasi 9, la quantità di colorante che attraversa la BEE è ridotto
(bassa permeabilità). L’assenza di questi enzimi riduce quindi la permeabilità della BEE, ma essi
sono stati correlati anche ad una riduzione del danno ischemico. Quindi topi konck out per le
metalloproteinasi hanno ridotta permeabilità della BEE ma anche riduzione del danno ischemico.
Si stanno quindi studiando farmaci inibitori delle metalloproteasi che limitano l’entità
dell’emorraggia, dei processi infiammatori, dei danni ischemici, da dover somministrare in
associazione con la TPA. Sono interessanti enzimi perche modulati anche da ioni come lo Zn che
ha un ruolo in questa stessa patologia.
NEUROPROTEZIONE e POSSIBILI TERAPIE
Fin ora abbiamo visto che il danno è a livello vascolare (importante nel trattamento acuto), ma si
vuole ridurre il danno anche a livello dei neuroni. La neuro protezione è stata studiata a partire da
una iniziale idea degli anni ‘70-’80 su cui si è poi molto lavorato (sta mostrando una tabella che
risale agli anni ’80, 1985-1986) : si ha una riduzione del flusso ematico, una riduzione quindi del
trasporto dell’O2 e del glucosio,una riduzione dell’ATP, morte cellulare. L’idea era quella di
interferire con questi passaggi riducendo la morte cellulare. La riduzione dei ATP determina eventi
ionici tra cui l’aumento di Na e depolarizzazione della membrana e quindi aumento del Ca che
comporta danni cellulari. L’aumento di ca però, e la depolarizzazione, sono associati alla
liberazione di NT; nel caso dell’ischemia del cervello il NT maggiormente rappresentato è il
glutammato che così viene massivamente rilasciato in caso di ischemia. Si è pensato quindi di
usare farmaci bloccanti dei recettori del glutammato con l’idea così di bloccare tutti gli eventi a
monte che portano a morte neuronale, in realtà la cosa è più complessa. Ma sicuramente il danno
ischemico porta a liberazione del glutammato e attivazione dei suoi recettori ionotropi e
metabotropi. Una volta che il glutammato ha agito a livello recettoriale vi è una prima fase detta di
INDUZIONE poi una di AMPLIFICAZIONE per attivazione dei segnali di trasduzione intracellulari e
una di esecuzione di espressione con danni citoscheletrici e morte neuronale che può essere
legata a necrosi (più rapida e correlata alla quantità di calcio che entra dai recettori NMDA) oppure
morte per apoptosi (processo più lento).
Il glutammato può essere ricaptato tramite trasportatori (cotrasportatori Na-glutammato) che però
sono bloccati in caso di depolarizzazione (condizione ischemica) con aumento del NT nello spazio
sinaptico, ed aumento della’attivazione recettoriale.
Il primo recettore studiato è quello dell’NMDA, formato da diverse sub unità, ma l’aspetto più
interessante è che è molto permeabile al Ca, ione correlato al danno eccito tossico. Esiste poi un
recettore per il kainato permeabile al Na e uno dell’AMPA che può essere permeabile al Na e al Ca
a seconda della composizione di sub unità. Inizialmente si è parlato di un danno al recettore
dell’NMDA, poi i recettori metabotropi sono stati maggiormente coinvolti soprattutto dal punto di
vista regolatorio e ad es. l’attivazione di recettori metabotropi inibitori a livelli presinaptico potrebbe
ridurre il rilascio del glutammato con effetto protettivo, si è quindi pensato di usare agonisti per
questi recettori.
Quindi la sequenza è : recettori per NMDA-> Ca-> danno (proteasi)
Il recettore per l’NMDA è stato quindi il primo bersaglio farmacologico studiato, e si sanno diversi
siti per la modulazione di esso e diversi farmaci, tra essi antagonisti competitivi come AP5, APP,
CPP che bloccano il recettore legandosi in modo competitivo al sito di legame dell’NMDA; altro
farmaco importante è l’MK801, esso è antagonista non competitivo una volta legato il recettore lo
blocca in modo irreversibile; altro fattore è il Mg (il cui blocco è rimosso da depolarizzazione
consentendo il passaggio del calcio). Altri siti sono quelli per la glicina che fa da co-agonista, la sua
presenza aumenta l’attività del recettore dell’NMDA, vi poi il sito di legame per i protoni che
riducono l’attività recettoriale, e nella porzione citoplasmatica vi sono siti per la fosforilazione per
aumentare l’attività del recettore.
(Sta mostrando una slide con ischemia in vitro )con ischemia in vitro per deprivazione di O2 e
glucosio (OGD), si ottiene un danno simile a quello ischemico che si può bloccare con MK801
(antagonista non competitivo),e CNQX (antagonista recettori del kainato). L’MK801, previene la
frammentazione dei prolungamenti che si presenta in ischemia in vitro.
Si è pensato quindi di usare farmaci che bloccano il recettore principalmente coinvolto nella
patoogia(per limitare il danno neuronale), che però non hanno avuto successo nei trials clinici che
sono stati sospesi per gli effetti collaterali, es. l’antagonista competitivo SEMPOTE o
(SENFOTE??) che usato a livello preclinico (cellule-animali) ha dato ottimi risultati (come gli altri
farmaci testati) ma nell’uomo bisogna tener conto degli aspetti farmacocinetici. Nell’uomo infatti
questo farmaco provocava altri effetti oltre quello sull’ischemia, come agitazione, allucinazioni,
febbre, ipertensione, provocava emorragie, in alcuni casi coma e morte del paziente. Quindi con
un profilo di questo tipo i trial clinici (testati su pazienti resistenti ad altre terapie) sono stati
sospesi . un’altre possibile terapia è stata quella del FAST MG, ossia l’uso del Mg che come
sappiamo blocca in modo fisiologica il canale, si è quindi pensato di aumentare questo blocco
aumentando le [] di Mg. In questo caso gli effetti collaterali non sono molto importanti ma anche gli
effetti terapeutici risultano essere lievi.
Altro farmaco è il GABESTIN, un antagonista del sito della glicina (la quale è un co-agosina del
recettore dell’NMDA), bloccando il sito della glicina si dovrebbe avere una riduzione della attività
del recettore con aumento della sopravvivenza, effetti molto evidenti negli animali ma che soloin
alcuni soggetti umani, giovane, con lievi stroke, ha mostrato effetto terapeutico.
Altro farmaco è l’ELIPRODIL, antagonista non competitivo che blocca il sito delle poliammide,
inizialmente visto come un’ottima possibilità, ma anche in questo caso gli effetti collaterali hanno
fatto bloccare i trilas clinici.
Nel 2001 TUTTI i trials clinici per farmaci verso il recettore dell’NMDA sono stati sospesi sia
perché poco efficaci rispetto alle conseguenze dell’attacco ischemico, sia per l’elevata tossicità
(effetti tossici no mostrati negli animali che risultano avere una regressione completa ma
nell’uomo). Anni di lavoro di industrie tipo Roche che hanno investito tanto in questo campo buttati
al vento .
L’idea di usare antagonisti dell’NMDA era basata sul fatto che il glutammato rilasciato attiva tutti i
recettori in particolare l’NMDA con aumento del Ca che porta ad attivazione di nNos, al rilascio di
Ca dai compartimenti citoplasmatici, rilascio di radicali liberi con morte cellulare
Perche questi farmaci non sono efficaci o meglio lo sono sono nei modelli animali?
In realtà i recettori dell’NMDA costituiscono solo uno degli aspetti, la loro attivazione non avviene
solo a seguito di un evento ischemico, ma anche in condizioni fisiologiche quindi probabilmente il
blocco può comportare la riduzione del calcio che si può essere importante nella patologia ma può
così limitare anche le trasduzioni che devono fisiologicamente avvenire. Molti credono che il
glutammato non c’entra nulla, in realtà bisogna considerare che i recettori per l’NMDA sono
localizzati a livello sia pre che post- sinaptico e soprattutto quelli post-sinaptici sono importanti per
la sopravvivenza neuronale. Cioè l’aumento del calcio derivante dall’attivazione di questi recettori
potrebbe essere importante per l’attivazione di chinasi coinvolte nella fosforilazione di fattori di
trascrizione quali CREB coinvolto nell’espressione dei geni pro-survivor (gia visto nella
depressione con l’attivazione del BDNF nella teoria neurotrofica) e molte delle spiegazioni del
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