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Il colore delle sostanze/molecole è dovuto
alla loro capacità di assorbire solo alcune
componenti “colorate” della luce (non
viene assorbita tutta la luce).
Il colore che si vede è dovuto alle
componenti della luce non assorbite.
(alla luce che NON è stata assorbita)
Ad esempio, un campione che assorbe la radiazione rossa appare di colore blu-verde (il colore della
radiazione luminosa non assorbita).
Maggiore è la concentrazione della sostanza che assorbe nel rosso, più intenso è il colore blu-verde
emesso.
Le radiazioni del visibile hanno lunghezza superiore a 360 nm.
Tra i 500 e i 580 nm ci sono le radiazioni del visibile che vengono maggiormente utilizzate in
biochimica e in biologia.
Esempio: Dosaggio del glucosio
Reazione primaria
D-glucosio + H O + O ← — → D-glucono-1,4-lattone + H O
2 2 2 2
Essa viene catalizzata da GOD.
Il glucosio in presenza di acqua e ossigeno viene ossidato con conseguente formazione di acqua
ossigenata (e un'altra molecola ovvero il D-glucono-1,4-lattone).
In questo caso si sta dosando il glucosio, NON un enzima; quindi si sta dosando il metabolita.
Le due molecole formate, comunque, NON sono visibili quindi si accoppia alla reazione I una
reazione II.
Reazione secondaria
H O + molecola non colorata —-→ molecola colorata (indicatore) + H O
2 2 2
Essa viene catalizzata da POD.
Il prodotto che si ottiene è colorata; quindi si osserva un aumento nell'assorbimento del visibile.
Read out: diminuzione di A .
540
Modificare la struttura del substrato enzimatico
Un'ulteriore strategia che viene utilizzata per seguire la formazione di un prodotto in una reazione
catalizzata da un enzima consiste nella modifica chimica del substrato per l'enzima da dosare.
Ovviamente è essenziale che tale modifica chimica NON infici la reazione enzimatica stessa.
Esempio
La beta-galattosidasi è un enzima che scinde il lattosio in galattosio e glucosio.
La betagalattosidasi, per essere attiva, NON necessita di tutta la molecola del lattosio ma solamente
della sua porzione betagalattosidica; cioè i suoi substrati devono possedere solo la porzione
betagalattosidica del lattosio, non si necessita di quella glucosidica.
Quindi è possibile utilizzare un analogo del lattosio che mantiene la porzione galattosidica del
lattosio ma in cui la porzione glucosidica è sostituita da un gruppo nitrofenile.
L'enzima beta-galattosidasi, scindendo suddetto analogo, porta alla formazione di galattosio e para-
nitrofenolo (è la molecola che si ottiene al posto del glucosio).
Il paranitrofenolo si scinde spontaneamente per generare para-nitrofenolato che emette
fluorescenza.
Quindi un altro modo per seguire una reazione enzimatica (oltre alla formazione di un prodotto
colorato, di analisi dei cofattori e reazioni accoppiate), consiste nel modificare la struttura chimica
del substrato su cui l'enzima che vogliamo dosare agisce.
I saggi enzimatici accoppiati
NON ci sono molti enzimi in biochimica clinica che catalizzano reazioni di ossidoriduzione e
quindi la cui attività è facilmente seguibile mediante l'analisi dei cofattori redox e neppure molti
enzimi che producono molecole colorate.
Pertanto, si utilizzano i saggi enzimatici accoppiati.
I saggi enzimatici accoppiati prevedono che il prodotto di una prima reazione enzimatica, che può
essere difficile da rivelare, è utilizzato come substrato di una seconda reazione enzimatica che porti
alla formazione di un prodotto più facile da quantificare.
Attraverso questi saggi è possibile definire le unità internazionali dell'enzima di interesse (dosare
l'enzima).
Affinché i saggi enzimatici accoppiati siano efficienti e corretti, ovvero possa essere determinata
correttamente la quantità di enzima nel campione (dosaggio enzimatico) è necessario:
che i due enzimi delle reazioni lavorino alle medesime condizioni in termini di pH, T, forza
• ionica in quanto questi due enzimi vengono inseriti all'interno della stessa provetta.
Fortunatamente, la maggior parte degli enzimi del corpo umano lavora nelle stesse
condizioni.
Se i due enzimi lavorassero a condizioni differenti, allora le due reazioni enzimatiche da essi
catalizzate proseguirebbero con velocità differenti e pertanto verrebbe alterato il dosaggio
enzimatico
che venga rimosso istantaneamente il prodotto della prima reazione: l’enzima indicatore
• della reazione deve essere in grado di rimuovere istantaneamente TUTTO il prodotto
formato nella reazione primaria per prevenire o minimizzare la reazione inversa.
(quindi questo enzima deve lavorare in condizioni ottimali)
Infatti, si tratta di reazioni reversibili ovvero reazioni che lavorano vicino all'equilibrio;
quindi è essenziale che il prodotto della prima reazione che si forma sia rimosso molto
velocemente per evitare che venga innescata la reazione inversa e che non tutto il prodotto
della prima reazione sia indirizzato alla seconda
che per ciascuno dei due enzimi si abbia eccesso di substrato in modo che la velocità
• enzimatica sia dipendente esclusivamente dalla quantità dell'enzima (che catalizza la
reazione primaria) presente (che vogliamo dosare)
E' cioè necessario che entrambe le reazioni (reazione primaria e reazione secondaria) mantengano
la propria linearità (cinetica di ordine 0) attraverso la modulazione dei diversi parametri (substrato,
temperatura, forza ionica, pH ecc).
Esempio 1: Dosaggio delle amminotransferasi (ALT, AST) (non serve saperlo)
Reazione primaria
L-aspartato + α-chetoglutarato ←—→ ossalacetato + L-chetoglutarato
Essa viene catalizzata dalla AST.
Le AST sono enzimi molto attivi nel fegato; il loro dosaggio nel siero del paziente è sensibile ed è
specifico per condizioni di disfunzione epatica.
I due prodotti della reazione (ossalacetato e L-chetoglutarato) NON hanno alcuna proprietà spettrale
che consente di visualizzarli; quindi, alla reazione primaria viene accoppiata una reazione
secondaria.
Reazione secondaria +
+
Ossalacetato + NADH + H → L-malato + NAD (indicatore)
Essa viene catalizzata dalla malico deidrogenasi.
L'ossalacetato viene ridotto con ossidazione della NADH.
Read out: diminuzione di A .
340
Si riduce l'assorbanza a 340 nm poiché si riduce la quantità di NADH presente nel campione
rispetto alla condizione iniziale.
Se il NADH viene ossidato per ridurre l'ossalacetato a malato, infatti, si riduce l'assorbanza a 340
nm.
Tale riduzione è tanto maggiore quanto maggiore è la riduzione del NADH nella reazione e quindi
quanto maggiore è la quantità di malato che viene prodotto.
Esempio 2: Dosaggio delle amminotransferasi (ALT, AST)
Reazione primaria
L-aspartato + α-chetoglutarato ←—→ ossalacetato + L-chetoglutarato
La reazione viene catalizzata da AST
Reazione secondaria +
+
Ossalacetato + NADH + H → L-malato + NAD (indicatore)
La reazione viene catalizzata dalla malico deidrogenasi
Read out: diminuzione di A .
340
In questa reazione NON viene dosato direttamente l'enzima ma si sta misurando il NAD (ovvero
viene valutata la formazione di questa molecola analizzando la riduzione dell'assorbanza a 340 nm).
Infatti noi dovremmo definire le unità internazionali della AST (moli di glutammato che si formano
nell'unità di tempo) ma queste non sono direttamente misurabili poiché nessuno dei due prodotti
della reazione risulta essere visibile/misurabile.
Per questo motivo, alla prima reazione ne accoppio una seconda.
Come si può essere sicuri che le moli di NADH che sono state ossidate nell'unità di tempo
corrispondano alle unità internazionali di enzima (che catalizza la prima reazione ovvero AST in
questo caso)?
Per essere certi che le moli di NADH ossidate nell'unità di tempo corrispondono alle moli di
glutammato che vengono formate nell'unità di tempo ad opera dell'enzima AST (enzima che
vogliamo dosare ovvero di cui vogliamo determinare le unità internazionali) è necessario che:
i due enzimi (AST e malico deidrogenasi) lavorino alle medesime condizioni ottimali
• che la malico deidrogenasi rimuova velocemente tutto l'ossalacetato che viene prodotto nella
• prima reazione (quindi che catalizzi velocemente la reazione da esso promossa): tutto
l'ossalacetato prodotto che si forma nella reazione primaria deve essere rimosso
istantaneamente, evitando che abbia luogo la reazione inversa
che ci siano quantità opportune di NADH in modo da ridurre tutto l'ossalacetato che si è
• formato nella prima reazione; se la quantità di NADH non fosse sufficiente, si otterrebbe
una sottostima del dosaggio enzimatico (poiché non verrebbe ridotto tutto l'ossalacetato)
L’enzima indicatore della reazione deve essere in grado di rimuovere istantaneamente TUTTO il
prodotto formato nella reazione primaria per prevenire o minimizzare la reazione inversa.
La reazione secondaria deve funzionare alla concentrazione di substrato (ossaloacetato) dell’enzima
indicatore (malicoDH).
Quindi la malico deidrogenasi deve lavorare alle condizioni ottimali della AST e deve avere
un'attività catalitica ottimale per rimuovere tutto l'ossalacetato prodotto.
Pertanto, per essere certi che le moli di NADH ossidate nell'unità di tempo corrispondano alle moli
di Glu che vengono formate nell'unità di tempo, ci si deve trovare in condizioni di linearità sia
nella reazione primaria sia nella reazione II.
In questo caso, alla fine NON si misurano le moli di glutammato prodotte nell'unità di tempo ma le
moli di NADH ossidate nell'unità di tempo.
La parte più difficile dei saggi enzimatici è la loro interpretazione.
Ricorda!
Da queste reazioni noi dobbiamo determinare la quantità di enzima ovvero stiamo effettuando un
dosaggio enzimatico.
Cioè bisogna definire il numero di unità internazionali dell'enzima di interesse.
LABORATORIO
In laboratorio noi doseremo il glucosio e la CK mediante saggi accoppiati.
Gli approcci che utilizziamo nel dosaggio di questi sono differenti; nello specifico:
nel caso del glucosio: si sta dosando un metabolita, non un'attività catalitica.
• In questo caso, quindi, NON è importante misurare la formazione del prodotto dopo una
certa quantità di tempo.
Invece, è importante aspettare una certa quantità di tempo per essere certi che tutto il
glucosio presente nel campione sia stato ossidato (si deve aspettare che tutto il glucosio
venga consumato)
nel caso della CK: si sta dosando un enzima.
• In