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La risposta di Puškin alle critiche di Fontanier
Successivamente Puškin ritiene importante rispondere a un'altra critica che Fontanier gli volge: "Celebre per la sua immaginazione [avrebbe trovato] in tutti i grandi fatti di cui è stato testimone, non l'argomento per un poema, ma quello per una satira"; Puškin nella prefazione rispose così: "io provrei vergogna a scrivere satire contro il celebrato Condottiero [Ivan Fëdorovič Paskevič (1782-1856), generale, comandante in capo nella guerra contro la Persia (1827-1828); partecipò alla guerra contro i Turchi (1828-1829); nominato maresciallo] che amabilmente mi ospitò all'ombra della sua tenda e che trovò il tempo, nel mezzo delle sue grandi angustie, di rivolgermi un'attenzione lusinghiera".
Oltre all'introduzione Puškin aggiunse due allegati:
- La prima era una nota in francese sulla setta degli Yezidi
- Il secondo era un semplice itinerario e le distanze percorse da Tiflis
Ad Arzrum
Riassunto del Viaggio:
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Il primo capitolo del Viaggio si apre con la narrazione della visita di Puškin al generale Aleksej Ermolov. Quest’ultimo, nonostante la sua politica sanguinaria, era considerato un politico ‘illuminato’.
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Puškin partendo da Mosca decise di allungare il viaggio di duecento verste pur di vedere il suo idolo.
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Caduto in disgrazia, il generale si era messo a riposo e viveva nella sua tenuta nei pressi di Orël. Dai tanti ritratti del generale visti (che erano solitamente di profilo), l’autore si era fatto un’idea precisa della sua figura, ma quando lo incontra lo trova piuttosto diverso, anche se nota la solida corporatura: pare avesse “una testa di tigre su un torso d’Ercole”.
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Egli ha “un volto tondo, occhi grigi ardenti, bianchi capelli a spazzola. […] quando è sovrappensiero e si rabbuia, allora si fa bellissimo e ricorda in maniera sbalorditiva il poetico ritratto dipinto da Dawe”.
(George Dawe (1781-1829), pittore britannico, celebre per aver dipinto, fra l'altro, 329 ritratti, destinati alla Galleria Militare del Palazzo d'Inverno, dei generali russi attivi al tempo dell'invasione napoleonica)
"Ermolov ha modo di criticare più volte l'operato del suo successore al comando delle truppe russe nel Caucaso, il conte Paskevič, divertendosi a canzonarlo chiamandolo conte di Gerico, anziché conte di Erevan. È indubbio che biasimando l'azione del conte, egli intendesse criticare in primo luogo chi l'aveva nominato a quel posto un tempo occupato da lui stesso, ossia lo zar in persona.
Agli occhi di Puškin, il generale non era più il grande conquistatore, l'uomo in cui riporre le grandi speranze, ma restava pur sempre una figura positiva avendo speso la sua vita per fare della Russia una vera potenza.
Si nota il paradosso tra la robusta corporatura del generale da cui scaturisce
un'inevitabile capacità e attivismo fisico, e il suo stato di inoperoso pensionato, quasi prigioniero all'interno della sua tenuta (come una tigre in gabbia).
L'immagine della bestia feroce è subito ripresa nel testo dal poeta allorché ci trasmette il ruggito (rëv) del fiume Terek.
Dopo essersi fermato dal conte per circa 2 ore, decise di intraprendere il viaggio per Tiflis.
Sulla strada incontra i calmucchi (i calmucchi (o anche calmicchi, kalmyki) sono una popolazione mongolica, il principale gruppo etnico della Calmucchia, regione della Federazione Russa, strettamente imparentata con quella degli oirati), ha modo di conoscere una famiglia ma decide di non soffermarsi troppo.
Successivamente intraprende la Strada Militare Georgiana (La famosa Grande Strada Militare Georgiana funge da Nord di Tbilisi attraverso il Caucaso fino al confine con la Russia. Ancora dai tempi antichi venerata dai vari poeti, fu
l'importante collegamento tra l'Asia e l'Europa. Solo dopo l'annessione della Georgia orientale alla Russia nel XIX secolo e lo sviluppo successivo della strada per movimenti di eserciti essa diventò famosa come "Grande Strada Militare"), ma per poterla percorrere devono unirsi ad un convoglio di cosacchi, fanti di scorta e un cannone, per un totale di circa 500 uomini. La narrazione del viaggio continua toccando anche il tema del popolo circasso, simbolo del violento e del diverso. Di loro Puškin dice: "I circassi ci odiano. Li abbiamo banditi dai loro pascoli sconfinati; i loro villaggi sono stati rasi al suolo, intere tribù massacrate. [...] Di rado attaccano i cosacchi se sono alla pari come numero, mai la fanteria, e alla vista di un cannone si danno alla fuga. Al contrario, non perdono mai occasione con un drappello debole o indifeso. Questa zona è piena di dicerie sulle loro malvagità. Non vi saràpressochéalcun modo per domarli, sino a quando non verranno disarmati, come vennero disarmati itatari di Crimea, il che è straordinariamente difficile da realizzare, a causa del retaggio difaide e della vendetta di sangue che dominano fra di loro. Pugnale e sciabola sono parti delloro corpo e il bambino inizia a padroneggiarli ancor prima di ciangottare. Per lorol’omicidio è un semplice gesto. Custodiscono i prigionieri nella speranza del riscatto, ma litrattano con disumanità spietata, li obbligano a lavorare oltre le loro forze, li nutrono dipasta malcotta, li picchiano quando salta loro in mente e mettono loro di sentinella i propriragazzini, i quali, per una parola, hanno il diritto di farli a pezzi con le loro sciabole dabambini.” Quello circasso è un popolo irriducibile, ineducabile, nonostante gli sforzi compiuti dairussi. Essi continuano ad esercitare l’inganno, a privilegiare il tradimento, a inseguire laviolenza e acercare la guerra. Malgrado l'impegno profuso, la russificazione non ha portato ai risultati sperati. Il poeta confida in due soluzioni per educare il popolo circasso: 1. La prima è una soluzione politica: "dobbiamo augurarci che la conquista della regione orientale del Mar Nero, ostacolando i circassi nel commercio con la Turchia, li induca ad avvicinarsi a noi" 2. La seconda è pedagogica: "L'ascendente del lusso può favorirne l'asservimento; il samovar potrebbe essere un'importante innovazione. Vi è un mezzo più forte, più etico, più consono allo spirito del nostro secolo: la predicazione del Vangelo. I circassi hanno abbracciato la fede maomettana molto recentemente. Sono stati irretiti dall'energico fanatismo degli apostoli del Corano, tra i quali si distingueva Mansur, uomo straordinario, che a lungo fomentò il Caucaso contro l'impero russo e infine, catturato da noi, morì nelmonastero Soloveckij. Il Caucaso attende i missionari cristiani. Ma perla nostra ignavia è più facile infondere lettere morte al posto di parola viva e mandarelibri muti a gente che non sa né leggere né scrivere”.
Autore: Ruslana Dovganyuk
La diffusione del benessere di cui godono i russi rispetto ai popoli caucasici potrebberivelarsi un ottimo sistema educativo, iniziando a soddisfare nuovi bisogni con l’introduzione, per esempio, del samovar, ma in maniera inattesa il laico Puškin confessa di contare soprattutto sull’invio dei missionari cristiano-ortodossi per convertire i circassi dall’islam.
Ad un certo punto il cannone li lasciò e procedettero solo con i cosacchi e i soldati, si trovarono a costeggiare la riva sinistra del fiume Terek, egli è descritto con molta precisione: “Le sue onde fragorose mettono in movimento le ruote dei bassi mulini osseti, simili a cucce per cani. Quanto più ci si
addentrava nelle montagne, tanto più strettadiventava la gola. L'angusto Terek scaraventa con un muggito le sue onde torbideattraverso le rocce che gli frenano il passaggio. La gola s'attorciglia lungo il suo corso. Lebasi di pietra dei monti sono levigate dalle sue onde."Durante il viaggio arrivarono al villaggio di Kazbek e ivi Puškin ebbe un incontro e unaconversazione con il principe.
Puškin, impaziente di giungere a destinazione, decide di staccarsi dal convoglio eproseguire a cavallo.
Attraversa il Caucaso e giunge in Georgia, la descrive con le parole molto positive: "Valliluminose, bagnate dall'allegro Aragva, subentrarono alle gole cupe e al terribile Terek. Alposto di nude rocce vedevo accanto a me montagne verdi e alberi da frutta. Gli acquedottidimostravano la presenza di civiltà. Uno di essi mi colpì per la perfezione dell'illusioneottica: l'acqua pare scorra per la montagna dal basso verso
l’alto”.Dopo una complessa percorrenza a piedi su per le montagne ( non riuscendo a trovare icavalli disponibili decise di camminare, questo sottolinea ulteriormente la suadeterminazione a raggiungere Tiflis), giunse a Dušet e venne ospitato anche se con unacerta malfidenza dal governatore della città, un vecchio ufficiale georgiano.La mattina successiva si rimise in viaggio e verso le 11 di sera giunse a destinazione, a Tiflis.Nel secondo capitolo Puškin si trova a Tiflis e ne fornisce una descrizione: “La città mi parvemolto popolosa. Gli edifici asiatici e il bazar mi rammentarono Kišinev. Per le vie strette etortuose correvano asini con le ceste gettate sulla schiena; carri trainati da buoi ostruivanola strada. Armeni, georgiani, circassi, persiani si accalcavano su una piazza dalla piantairregolare; in mezzo a loro si aggiravano giovani funzionari russi in groppa a stalloni delKarabach”. E successivamente fornisce
- Ulteriori informazioni: "Tiflis si trova sulle rive del Kura, in una valle circondata da montagne pietrose. Esse la difendono dai venti da tutti i lati e, arroventandosi al sole, non scaldano, addirittura fanno ardere l'aria immobile. Ecco la causa delle intollerabili calure che regnano a Tiflis [...]. La maggior parte della città è edificata all'asiatica: case basse, tetti piatti. Nella parte settentrionale si innalzano case di architettura europea e nei loro pressi iniziano a prendere forma piazze regolari. Il bazar si suddivide in alcune file; le botteghe sono piene di merci turche e persiane, abbastanza a buon mercato, se si tiene conto del carovita generale [...]. Il clima di Tiflis si dice sia insalubre. Le febbri calde di questa zona sono terribili; le curano con il mercurio, il cui utilizzo è inoffensivo, a causa della calura. I medici ne nutrono i loro ammalati, senza alcun scrupolo".
- Qui Puškin decide di andare nei bagni.